| Onorevoli Colleghi! - Non tutti, per fortuna, nel corso
della loro vita devono fare ricorso alle cure di un chirurgo.
Così non è invece per quel che riguarda le terapie
odontoiatriche: chi più e chi meno, chi presto e chi tardi, ma
comunque tutti nella vita hanno bisogno di sottoporsi a
terapie dei denti e del cavo orale. Verificata, su queste
premesse, l'enorme richiesta di cure odontoiatriche, ne
consegue che il numero di sanitari operanti nel settore è
estremamente elevato. Eppure mentre per il chirurgo e per
tutti gli altri operatori sanitari esistono norme, regole,
ordinamenti che tutelano il professionista, la sua categoria
ed i pazienti che si affidano alle sue cure, per l'odontoiatra
esistono leggi, decreti, sentenze della Corte costituzionale
lacunose, ambigue ed in aperta contraddizione le une con le
altre. Ciò ha portato a gravi conseguenze sotto l'aspetto
legale e pratico: la mancanza di un ordine professionale
specifico, l'assenza di un suo regolamento e di una sua
strutturazione impediscono da un lato la tutela della
professione e del professionista e, dall'altro, la tutela del
cittadino in quanto paziente. La palude legislativa che
regola, a tutt'oggi, la professione dell'odontoiatra,
impedisce infatti al cittadino di avere piena consapevolezza e
coscienza della figura sanitaria a cui affidarsi per le cure
odontoiatriche, creando così i presupposti per il dilagare
dell'abusivismo e del prestanomismo professionali.
Fino all'entrata in vigore della legge 24 luglio 1985, n.
409, per l'esercizio della professione di odontoiatra era
richiesta la laurea in medicina e chirurgia e la relativa
abilitazione con o senza lo specifico diploma di
specializzazione in campo odontoiatrico. Nell'anno 1980, in
ottemperanza alle normative della Comunità europea, con
decreto del Presidente della Repubblica 28 febbraio 1980, n.
135, fu istituito il corso di laurea in odontoiatria e protesi
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dentale. A seguito di questa istituzione, fu emanata la legge
24 luglio 1985, n. 409, "Istituzione della professione
sanitaria di odontoiatra e disposizioni relative allo
stabilimento e alla libera prestazione dei servizi da parte di
dentisti cittadini di Stati membri della Comunità europea".
Il legislatore, nella legge n. 409 del 1985, ha voluto
tenere presente e regolamentare l'esercizio della professione
non solo da parte dei neo-laureati in odontoiatria, ma anche
da parte dei laureati in medicina e chirurgia in possesso del
diploma di specializzazione in campo odontoiatrico o
sprovvisti di esso ma iscritti al relativo corso di laurea
antecedentemente all'emanazione del decreto del Presidente
della Repubblica 28 febbraio 1980, n. 135, e più precisamente
prima del 28 gennaio 1980. Nella legge istitutiva della
professione, venivano previsti due albi professionali separati
presso un unico ordine e cioè l'albo professionale dei medici
chirughi e degli odontoiatri. Per i laureati in medicina e
chirurgia provvisti di specifica specializzazione non veniva
fissato obbligo d'iscrizione all'albo professionale degli
odontoiatri, ma era lasciata loro la possibilità d'iscrizione
al solo albo professionale dei medici chirurghi con una
speciale annotazione di qualifica. Per i laureati in medicina
e chirurgia, iscritti antecedentemente al 28 gennaio 1980,
privi di specialità in campo odontoiatrico, era prevista
invece la possibilità di opzione, entro cinque anni dalla data
di entrata in vigore della legge, tra l'albo professionale dei
medici chirurghi e quello degli odontoiatri. La legge n. 409
del 1985, che avrebbe dovuto istituire e regolamentare la
professione di odontoiatria, portò invece con l'ambiguità, la
lacunosità ed anticostituzionalità delle norme in essa
contenute, ad un caos nella categoria professionale ed
all'esplosione di una serie di conteziosi e ricorsi alla Corte
costituzionale.
Il primo colpo alla già traballante legge 24 luglio 1985,
n. 409, arrivò dalla legge 31 ottobre 1988, n. 471, che
prevedeva per gli iscritti al corso di laurea in medicina e
chirurgia negli anni 1980-81, 1981-82, 1982-83, 1983-84,
1984-85, soggetti questi che erano già a conoscenza
dell'esistenza del corso di laurea specifico di una facoltà
istituita a numero chiuso, la possibilità di optare per uno
dei due ordini professionali entro il 31 dicembre 1991. Il
secondo colpo, e ben più letale, alla legge n. 409 del 1985,
arrivò con la sentenza n. 100 del 1989 della Corte
costituzionale, che evidenziava disparità di trattamento di
soggetti aventi lo stesso diritto e abrogava parte degli
articoli 4, 5 e 20 della legge 24 luglio 1985, n. 409, ponendo
su uno stesso piano specialisti e non, dando a questi ultimi
possibilità d'iscriversi anche all'albo professionale degli
odontoiatri restando iscritti a quello dei medici, senza
limiti di tempo e, secondo un'interpretazione della
Commissione centrale esercenti la professione sanitaria, dando
loro possibilità di usufruire della sola annotazione.
La convivenza di due albi professionali in uno stesso
ordine ha evidenziato in maniera sempre più evidente le
difficoltà organizzative e di conduzione di una siffatta
situazione, anche perché la legge n. 409 del 1985, trasferendo
i poteri di cui alle lettere c), f) e g)
dell'articolo 3 del decreto legislativo del Capo
provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, ha
assegnato alle relative commissioni degli odontoiatri e dei
medici i poteri disciplinari, quello di interposizione nelle
controversie e quello di designazione dei rappresentanti della
specifica professione lasciando le altre incombenze e
soprattutto la tenuta dell'albo professionale ancora alla
competenza del consiglio dell'ordine. Tale complessa
situazione ha comportato il realizzarsi di una realtà quanto
mai variegata ed a volte contraddittoria in ambito nazionale.
Vi sono ordini dove tutti gli esercenti l'odontoiatria sono
iscritti al rispettivo albo professionale ed altri invece
dove, a seconda dell'interpretazione condivisa, le normative
variano apparentemente senza limiti ben precisi. E' chiaro
quindi che la creazione di un ordine autonomo degli esercenti
l'odontoiatria, che metta fine ad una situazione inaccettabile
per una professione tanto importante e delicata, è ormai
condizione obbligatoria anche nell'ottica della realtà
europea.
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Di questa necessità è convinta sostenitrice la Federazione
nazionale degli ordini dei medici chirurghi ed odontoiatri e
lo sono anche le associazioni più rappresentative di
categoria. Da tutto quanto sopra esposto appare inequivocabile
che il titolo I, e più specificatamente gli articoli 1, 2, 3,
4, 5, 6 e 20 della legge 24 luglio 1985, n. 409, hanno
completamente disatteso le aspettative e se ne rende
necessaria la sostituzione.
Viene presentata pertanto questa proposta di legge che,
colmando il vuoto legislativo inerente la professione e nella
salvaguardia delle situazioni pregresse, dà vita all'ordine
professionale degli odontoiatri istituendo i relativi ordini
provinciali, le relative federazioni, l'albo professionale
degli ordini, un sistema previdenziale e misure da attuarsi
contro le piaghe dell'abusivismo professionale e del
prestanominismo. Nella parte riguardante l'ordinamento della
professione è stata presa come punto di riferimento la
strutturazione già esistente per l'ordine dei medici,
ampiamente modificata in relazione alle specifiche esigenze
della professione e tenuto conto delle proposte di modifica da
tempo auspicate dai rappresentanti stessi dell'ordine dei
medici nei confronti del proprio ordinamento.
Si è ritenuto doveroso in prima istanza presentare la
proposta di legge già approvata dalla Commissione affari
sociali della Camera dei deputati il 20 giugno 1995 e
modificata, in minima parte, dalla Commissione igiene e sanità
del Senato della Repubblica il 20 dicembre 1995 sulla quale si
era trovata un'ampia convergenza tra i gruppi politici.
Naturalmente essa potrà essere perfezionata nel corso del
dibattito tenendo conto delle più recenti evoluzioni del
settore.
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