| Onorevoli Colleghi! - "La Comunità contribuisce al
conseguimento di un livello elevato di protezione dei
consumatori, mediante azioni specifiche di sostegno e di
integrazione della politica svolta dagli Stati membri al fine
di tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici
dei consumatori e di garantire loro un'informazione adeguata".
Così, nel Trattato di Maastricht, i Paesi della Comunità
europea hanno riaffermato il principio della tutela dei
diritti del consumatore, che ormai appartengono a pieno titolo
alla categoria dei diritti fondamentali della persona.
Questa affermazione non deve stupire. I diritti della
persona, anche quelli fondamentali, hanno carattere storico.
Si affermano in particolari circostanze contrassegnate da
lotte per l'affermazione di nuove libertà contro vecchi
poteri; emergono gradualmente, non tutti in una volta e non
una volta per sempre. La libertà religiosa è un effetto delle
intolleranze confessionali di ogni segno; le libertà civili
della lotta dei Parlamenti contro i sovrani assoluti; le
libertà politiche e quelle sociali, della nascita, crescita e
maturità del movimento dei lavoratori salariati, dei contadini
nullatenenti e dei poveri che chiedono ai pubblici poteri non
solo il riconoscimento della libertà personale e delle libertà
negative, ma anche la protezione del lavoro contro la
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disoccupazione, i primi rudimenti d'istruzione contro
l'analfabetismo e l'assistenza per l'invalidità e la
vecchiaia, tutti bisogni a cui gli industriali e i proprietari
terrieri potevano provvedere da soli.
Accanto ai diritti sociali, che sono stati anche chiamati
della seconda generazione, oggi sono emersi i cosiddetti
diritti della terza generazione. Questi ultimi costituiscono
una categoria ancora molto eterogenea, che comprende il
diritto a vivere in un ambiente non inquinato, il diritto alla
salute, il diritto alla qualità dei prodotti che vengono
consumati e dei servizi usufruiti; in una parola il diritto
alla qualità della vita. Ma nuove richieste si affacciano, e
già si parla di diritti della quarta generazione riguardo agli
effetti sempre più sconvolgenti della ricerca biologica, che
potrebbe consentire manipolazioni del patrimonio genetico di
ogni singolo individuo.
I diritti, quindi, nascono quando l'aumento del potere
dell'uomo sull'uomo, che segue inevitabilmente al processo
tecnico, cioè alla crescita della capacità degli esseri umani
di "usare" la natura, gli altri esseri umani e gli animali,
crea nuove minacce alla libertà dell'individuo oppure consente
nuovi rimedi alla sua indigenza. Minacce cui si contravviene
con richieste di limiti del potere, rimedi cui si provvede con
la richiesta allo stesso potere di interventi protettivi; alle
prime corrispondono i diritti di libertà o ad un non fare da
parte dello Stato; ai secondi i diritti sociali o ad un agire
positivo dello Stato. Per quanto le richieste dei diritti
possano essere disposte cronologicamente in diverse fasi, o
generazioni, le loro specie rispetto ai poteri costituiti sono
sempre due soltanto: o impedirne i malefici oppure ottenerne i
benefici.
Nella lunga storia di questo confronto si è passati dalle
guerre di religione alle rivoluzioni, dalle lotte sociali al
confronto, a volte anche aspro, dei movimenti e delle
associazioni popolari con le istituzioni. Negli ultimi due
decenni la battaglia per l'affermazione dei diritti della
terza generazione ha messo in evidenza un elemento nuovo: il
ruolo indispensabile degli strumenti istituzionali per una
realizzazione concreta sia dei diritti civili, sia dei bisogni
e interessi racchiusi dal termine "qualità della vita".
Anche associazioni e movimenti nati in netta
contrapposizione alle istituzioni per la difesa dell'ambiente,
dei malati, dei portatori di handicap e dei consumatori
hanno in gran parte modificato la loro azione, passando dalla
lotta alle istituzioni tout court alla lotta contro le
istituzioni inefficienti e negatrici. Questa nuova dimensione
del contrasto tra società civile e istituzioni può portare a
un risultato positivo: un dialogo concreto e costruttivo volto
ad assicurare dignità e ruolo politico-istituzionale a nuove
forme di rappresentanza, senza declassare il ruolo tipico e
proprio dell'amministrazione pubblica.
E' un obiettivo certamente difficile da raggiungere, ma
ampi spazi si stanno aprendo in alcuni settori come quelli:
a) della consultazione permanente da parte delle
istituzioni;
b) della cooperazione funzionale in specifici
momenti su questioni particolari, rispetto alle quali l'azione
dei pubblici poteri possa essere potenziata dall'apporto di un
volontariato esperto e motivato;
c) della rimozione delle "barriere burocratiche",
dell'informazione e del controllo dei cittadini.
In quest'ultima direzione si sono recentemente aperti, per
effetto di alcune leggi e circolari ministeriali, piccoli, ma
significativi spazi: dal diritto a identificare i funzionari
pubblici responsabili di un servizio o di una pratica e a
rivolgere loro specifiche contestazioni (circolare del
Ministro per la funzione pubblica n. 36870 del 5 agosto
1989); a quello di potersi autocertificare alcune condizioni
di cittadino (legge 4 gennaio 1968, n. 15, riesumata dopo
venti anni di mancata applicazione); a quello di disporre di
un "difensore civico" cui rivolgersi gratuitamente contro gli
abusi della pubblica amministrazione (legge 8 giugno 1990, n.
142); a quello di chiamare la pubblica amministrazione a
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chiarire e dichiarare le ragioni dei suoi provvedimenti (legge
7 agosto 1990, n. 241).
Ma questo non è ancora sufficiente perché utenti e
consumatori in Italia non sono adeguatamente tutelati. La
normativa del nostro Paese a tutt'oggi è molto lontana
dall'essere adeguata alle direttive comunitarie, anche se
esiste qualche felice eccezione come quella sulla
responsabilità per i danni causati da prodotti difettosi,
recepita dal nostro ordinamento con il decreto del Presidente
della Repubblica 24 maggio 1988, n. 224. All'inizio abbiamo
fatto riferimento al Trattato di Maastricht, ma già da molto
tempo prima la Comunità europea aveva posto tra le sue
priorità la realizzazione di una seria politica in favore dei
consumatori per quanto riguarda il mercato, la distribuzione e
i servizi. Nel preambolo del Trattato di Roma si afferma che
lo scopo essenziale del Trattato è il miglioramento costante
delle condizioni di vita e di occupazione della popolazione:
all'articolo 100A del Trattato istitutivo della Comunità
europea, al paragrafo 3, si aggiunge una dimensione esplicita,
affermando che la Commissione, nelle sue proposte in materia
di sanità, di sicurezza, protezione dell'ambiente e protezione
dei consumatori, si basa su un livello di protezione
elevata.
Dal 1961, quando Sicco Mansholt, commissario per
l'agricoltura, riunì per la prima volta i rappresentanti dei
consumatori, la Commissione ha cercato di sviluppare una
politica di tutela dei consumatori. Tuttavia a tale politica è
stata dedicata una seria attenzione per la prima volta nel
1972 quando, in occasione dell'ampliamento degli Stati membri
della Comunità europea, i capi di Stato e di governo dei sei
Paesi fondatori sollecitarono un maggiore sforzo per studiare
i problemi pratici dei cittadini. In seguito a tale passo, nel
1973 la Commissione istituì un servizio specializzato
incaricato di occuparsi della protezione dell'ambiente e della
tutela dei consumatori, e creò un Comitato (poi Consiglio)
consultivo dei consumatori.
Nell'aprile del 1975 venne adottato un primo programma per
la tutela dei consumatori, ma soltanto a partire dal 1981, con
l'adozione del secondo programma da parte del Consiglio dei
ministri, la politica dei consumatori incominciò a svilupparsi
in modo sensibile. Il primo Consiglio dei consumatori ha avuto
luogo nel 1983 e da allora le riunioni del Consiglio dedicate
a tale politica sono diventate una delle regolari attività
della Comunità europea. Attività che nel 1989 ha portato alla
definizione del "Piano di azione triennale di politica dei
consumatori 1990-1992", in cui venivano individuati quattro
settori prioritari:
1) la rappresentanza dei consumatori;
2) l'informazione dei consumatori;
3) la sicurezza dei consumatori;
4) le operazioni commerciali dei consumatori.
Il piano, nella sua fase iniziale, prevedeva sforzi
intensi di tutti i Paesi membri per garantire l'attuazione
delle direttive comunitarie rilevanti per la difesa dei
consumatori. Nonostante tutto ciò l'Italia continua a essere
l'unico Paese della Comunità europea che, insieme alla Grecia,
non possiede una legge quadro organica di protezione dei
consumatori ed utenti. Beninteso: esistono numerose leggi,
anche attuative, delle direttive comunitarie che, specie negli
ultimi anni, hanno reso meno insufficiente il quadro normativo
sostanziale. Ma manca un'organicità di politica di protezione
dei consumatori e utenti: che solo una "legge di
organizzazione" può dare. Questa legge, appunto a tutt'oggi
non esiste in Italia. Una lacuna che è necessario colmare al
più presto. Tutelare i consumatori e i loro diritti significa
dare la possibilità ai cittadini di partecipare più
attivamente alle scelte in termini di servizi e prodotti
offerti, contribuendo a determinare un mercato in cui il
rispetto della qualità e la rispondenza alle esigenze degli
utenti siano in primo piano. Proteggere i consumatori vuol
dire compiere un importantissimo passo in avanti in termini di
miglioramento nella fruizione dei diritti civili, impegnandosi
per la difesa di una migliore qualità della vita e per
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l'affermarsi di un sistema produttivo che rispetti e
salvaguardi l'ambiente.
In questa direzione si muove la presente proposta di
legge, che come obiettivo prioritario si pone l'istituzione di
due organismi, un garante e un Consiglio, con l'incarico di
tutelare in modo efficace i diritti dei consumatori e degli
utenti.
La proposta di legge si differenzia da altre animate da
coincidenti scopi e finalità (e talora caratterizzate da
soluzioni tecniche parzialmente analoghe) essenzialmente per
due ragioni di profondo significato politico;
a) attraverso l'istituzione del garante e del
Consiglio (al primo collegato) si sottrae la politica di
protezione dei consumatori alle (contingenti e spesso
divergenti anche nel breve termine) influenze del potere
esecutivo;
b) attraverso l'accentuazione dei poteri di
proposta e di consenso nell'attuazione di progetti di
riconosciuto rilievo collettivo (nonché del potere di
rappresentanza anche sul piano processuale) si rifiuta ogni
concezione "assistenzialistica", come quelle che prevedono
finanziamenti "a pioggia" a favore delle diverse associazioni.
Le quali associazioni devono ricevere dalla legge sostegni e
non sussidi, dovendo provvedere alle proprie necessità di
funzionamento attraverso i contributi dei soci ed i
corrispettivi dei servizi resi ai soci, ai cittadini, alle
istituzioni, specie locali.
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