| Onorevoli Colleghi! - La legislazione disciplinante la
produzione, distribuzione al commercio e somministrazione di
alimenti e bevande si presenta nell'ordinamento giuridico
italiano particolarmente affollata, disordinata e
contraddittoria. Questo perché si è legiferato sempre sotto la
spinta di "emergenze" o di sollecitazioni esterne, mai
coordinando adeguatamente il nuovo con il preesistente e mai
creando una "cornice" normativa generale in cui inserire le
ulteriori disposizioni.
Il quadro si è ulteriormente complicato per l'incalzare,
ormai frenetico, di normative CEE. Si stimano, forse per
difetto, in circa quattrocento i provvedimenti, tra leggi e
decreti, in vigore nel settore.
Assolutamente difficile e fallimentare si sta rivelando
l'azione giudiziaria per l'applicazione ed il rispetto di
queste normative. Un riscontro oggettivo a tale asserzione è
dato dall'annuale pubblicazione - a cura del Ministero della
sanità in applicazione dell'articolo 8 della legge n. 462 del
1986 - nella Gazzetta Ufficiale dell'elenco dei
condannati nell'anno precedente per reati di frode o
sofisticazione alimentare. Invero, a fronte di una media di
circa quindicimila denunce di illeciti da parte dei soli
carabinieri dei Nuclei anti sofisticazione (NAS) (e ad almeno
altrettante degli altri organi di vigilanza sanitaria e di
repressione delle frodi agrarie) si riscontrano solo alcune
(due o tre) centinaia di sentenze irrevocabili di condanna da
parte dei giudici.
Ad un'attenta analisi di tali decisioni, però, si osserva
che:
vi sono disparità di trattamento di casi identici non
solo per entità della pena, ma persino per la qualificazione
dell'illecito, non solo da un ufficio giudiziario ad un altro,
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ma persino all'interno dello stesso ufficio;
vengono irrogate spesso sanzioni lacunose per le
cosiddette "pene accessorie" che spesso hanno funzione di
prevenire altri illeciti;
vengono omesse contestazioni degli illeciti più gravi
configurabili nel corpo della stessa fattispecie
processuale.
Naturalmente, vi sono, di tanto in tanto, sentenze che si
distinguono per completezza e correttezzza tecnica ed il cui
condannato riceve il "privilegio" di una sentenza
"esemplare".
Tutto questo nasce non solo e non tanto dalla "massa" di
normative del settore, ma soprattutto dalla loro intrinseca
difficoltà tecnica, legata alla interdisciplinarietà dei
contenuti. Infatti, questi attengono a discipline scientifiche
eterogenee e distanti dall'area culturale di giurisprudenza
cui il magistrato appartiene. Si tratta, invero, di norme
coinvolgenti nozioni di bromatologia, merceologia,
microbiologia, tossicologia, igiene, ingegneria alimentare,
veterinaria, ed altre, che l'ordinaria cultura giuridica
assolutamente ignora e che il giudice, quand'anche si avvalga
di esperti (ma questo può accadere solo previa apertura del
procedimento e non al momento di ricezione e studio di una
denuncia), solo in modo molto approssimativo può gestire.
Questo perché la formazione culturale e professionale del
magistrato presenta a tutt'oggi un vuoto totale per questo
settore - pur così attuale e significativo sul piano economico
oltre che su quello della salute pubblica - dell'ordinamento
giuridico nazionale.
Infatti le facoltà di giurisprudenza delle università
nazionali non hanno attivato in materia nessuna cattedra né
scuole o corsi di specializzazione post- laurea.
Neppure questo settore legislativo viene considerato nei
programmi e nelle materie di concorso per l'accesso in
magistratura.
Solo i vincitori e solo quelli inizialmente destinati alle
preture, negli ultimi anni, hanno ricevuto un insegnamento
specifico in materia attraverso seminari, della durata di solo
mezza giornata.
Si consideri che i carabinieri aspiranti all'inserimento
nei nuclei NAS frequentano un corso di 45 giorni con selezioni
finali consistenti in prove scritte ed orali.
In pratica, il magistrato resta un "generico" a fronte di
una materia e di interlocutori "specialisti". Infatti:
"specialista" è l'autore della frode alimentare in
quanto si occupa solo di alimenti, anzi di un solo alimento su
cui concentra le sue cognizioni tecnico-giuridiche per violare
la legge e realizzare i propri illeciti interessi;
"specialista" è l'organo di vigilanza sanitaria o di
repressione delle frodi, addestrato sul piano tecnico e
giuridico solo per quell'attività;
"specialista" è il laboratorio pubblico di analisi
presso il quale si indagano i profili igienici e qualitativi
dei prodotti alimentari ed i cui referti, di contenuto
assolutamente "specialistico", costituiscono la base
essenziale per un corretto avvio del procedimento giudiziario
e, spesso, per la sua stessa definizione;
"specialista" è l'avvocato difensore dell'imputato in
quanto, seguendo costantemente le vicende del
produttore-cliente, è divenuto a sua volta un esperto sia
delle normative sia dei fatti tecnici afferenti allo specifico
settore alimentare in cui opera (e viola la legge) il cliente
medesimo.
Unico ad essere un "generico" è dunque il magistrato.
Le difficoltà di quest'ultimo sono, peraltro, aumentate a
partire dal 1^ gennaio 1993 con l'abolizione delle barriere
doganali tra i Paesi membri della Unione europea e con la
conseguente necessità di valutare la conformità del prodotto
alimentare fabbricato in area comunitaria rispetto alla
normativa del Paese in cui è ubicata l'azienda di
produzione.
Sono agevolmente intuibili i rischi per la salute pubblica
e le alterazioni del mercato che possono derivare da una
magistratura che non sia all'altezza professionale per la più
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corretta ed attenta gestione ed applicazione delle normative
in materia.
Soluzione istituzionale ottimale e definitiva risulta,
dunque, quella della creazione presso gli uffici giudiziari,
tanto nella fase di indagine quanto in quella decisionale, di
una struttura specializzata e destinata esclusivamente alla
trattazione dei procedimenti in materia alimentare.
Ripetendo l'esperienza, globalmente positiva, costituita
dalla creazione dell'autonoma e specializzata sezione lavoro
presso le preture ed i tribunali, si tratta di creare sezioni
in cui magistrati addetti siano impegnati solo dagli illeciti
in materia alimentare e siano preparati miratamente su questo
settore normativo, anche attraverso l'acquisizione delle
necessarie informazioni interdisciplinari. Questo sia
attraverso una prima fase di specializzazione sia attraverso
successivi, periodici ed obbligatori corsi di
aggiornamento.
Ne risulterebbero:
maggiore omogeneità delle decisioni su tutto il
territorio nazionale, così riducendo al minimo i margini di
discrasia giudiziaria ai danni od a favore degli operatori
economici di una od altra parte del territorio;
maggiore celerità ed accuratezza delle decisioni
giudiziarie.
La creazione di un ufficio giudiziario specializzato rende
opportuno - anche per
una razionalità d'uso delle risorse professionali che si
vengono così a creare - concentrare nello stesso gli illeciti
in materia, indipendentemente dai limiti di competenza per
entità della pena (sarebbe assurdo che nei casi più gravi e
perciò più gravemente sanzionati intervenga, come del resto
oggi accade, un ufficio i cui magistrati non siano
specializzati e che comunque molto più sporadicamente si
occupino della materia) e dalla natura, penale od
amministrativa, dell'infrazione.
Il carattere "autonomo" delle sezioni specializzate
all'interno degli uffici di appartenenza comporterà che
l'accesso e l'allontanamento del magistrato dalle stesse
avvenga con i meccanismi e le garanzie attualmente previste
per i veri e propri trasferimenti.
Dal momento che ricorrono problemi similari - sia per la
complessità e la difficoltà tecnica delle normative, sia per
la necessità di garantire interventi giudiziari rapidi ed
omogenei il più possibile sul territorio nazionale - si rende
opportuno che la competenza delle sezioni giudiziarie
specializzate, proposte per gli illeciti in materia
alimentare, sia estesa anche agli illeciti ai danni
dell'"ambiente" ovvero alle infrazioni alle normative
sull'inquinamento ambientale.
Le ragioni a fondamento di tale ulteriore competenza
possono essere agevolmente desunte - con i mutamenti necessari
- da quanto esposto in ordine alla necessità medesima per il
settore alimentare.
Si verrebbe così a realizzare una struttura giudiziaria
professionalmente qualificata e di efficienza operativa degna
dei beni sociali - salute pubblica ed ambiente (a parte i
risvolti non secondari sull'economia) - che le normative
"speciali" del settore rischiano altrimenti di garantire solo
sulla carta.
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