| Onorevoli Colleghi! - L'indispensabile punto di
partenza per ogni discussione sul Corpo della guardia di
finanza non può che essere, oggi, il processo di integrazione
europea attualmente in corso.
Il punto più evidente, in questo contesto, è il seguente:
tutti i Corpi di polizia di tutti gli Stati europei sono a
struttura civile e ben distinti dalle Forze armate
tradizionali (esercito, marina ed aeronautica).
Nella realtà italiana, dopo l'avvenuta riforma della
Polizia di Stato, della Polizia penitenziaria e del Corpo
forestale dello Stato, la natura militare del Corpo della
guardia di finanza è l'unica eccezione, difficilmente
giustificabile dal punto di vista sia giuridico che
strutturale.
L'unica giustificazione di tale realtà è di carattere
storico. Nel 1906 il Corpo, già civile sin dal 1861, fu
mobilitato per il solo motivo che, così facendo, poteva
usufruire del bilancio più ricco destinato alla difesa
nazionale e migliorare così le condizioni di funzionalità del
Corpo e di vita dei suoi appartenenti. Già nel 1945, con il
Governo nato dalla Resistenza, il Gabinetto Parri propose la
smilitarizzazione del Corpo. Il progetto non andò in porto
solo perché la drammaticità di quegli anni impedì di portarlo
a termine.
E' fin troppo evidente che l'attuale situazione è non solo
diversa ma esattamente opposta rispetto a quell'epoca. Oggi
grazie alla riforma della Polizia di Stato, sono le tre Forze
armate tradizionali che si adeguano alle normative dei Corpi
di polizia.
Concludendo, non esiste, al giorno d'oggi (o, almeno, non
è stata ancora data) nessuna giustificazione valida atta a
mostrare il motivo per il quale un Corpo con compiti
essenzialmente di polizia economica e fiscale debba essere
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considerato al pari dei bersaglieri e dei paracadutisti.
Appare evidente che, alla luce degli ultimi eventi giudiziari,
che hanno visto coinvolti per reati contro la lealtà e la
sicurezza dello Stato alti ufficiali delle Forze armate, la
tradizionale giustificazione della maggior tutela morale
fornita dallo status militare è assolutamente fuori
luogo.
L'eliminazione dello status militare e la
sindacalizzazione del nuovo Corpo della polizia finanziaria
deve essere l'obiettivo prioritario tenuto conto delle
seguenti realtà e obiettivi.
La questione morale del Corpo della guardia di finanza.
L'imprescindibile esigenza di restituire credibilità a
un organismo dello Stato che dal 1976, e cioè dalle vicende
dello "scandalo petroli" sino alle recentissime inchieste sui
fenomeni di corruzione e di associazione a delinquere da parte
della procura della Repubblica di Milano, ha perso, in gran
parte, la fiducia e la considerazione dell'opinione
pubblica.
Un'opera di moralizzazione che non può essere delegata
alla magistratura ordinaria né, tanto meno, alla "commissione
interna" del Comando generale che, in due anni di "intense
indagini", non ha prodotto alcun risultato apprezzabile.
Un'opera di moralizzazione resa ancor più evidente e
delicata in relazione alle possibili devianze dei "servizi
informazione" o di altre strutture informative per le quali
risulta impossibile, allo stato attuale, un controllo
democratico da parte delle istituzioni.
L'esito della raccolta delle firme ha sancito da parte
dell'opinione pubblica la volontà di proporre un referendum
che elimini la stortura di Corpo militare, quale ultimo
baluardo dello spesso muro protettivo delle supreme gerarchie
militari.
A sostegno, quindi, della imprescindibile necessità della
riforma del Corpo della guardia di finanza non si può non
tenere in considerazione la volontà dei cittadini, che hanno
inteso manifestare in favore di una "liberazione" del Corpo
della guardia di finanza da tutti i vincoli militari,
economici e politici.
Il coordinamento reale delle Forze di polizia.
E' quanto mai necessario che finalmente si arrivi a
codificare ed a coordinare esattamente le competenze di ogni
Corpo di polizia per eliminare tutti i rischi di
sovrapposizioni e frammentazioni operative.
D'altro canto il Corpo non potrebbe sentirsi sminuito se
dovesse svolgere esclusivamente sia compiti di indagini
economico-patrimoniali che di repressione delle evasioni
fiscali di elevata pericolosità.
In termini concreti è necessario quindi il disimpegno del
Corpo della guardia di finanza dagli spazi doganali, dove
divide con gli uffici finanziari responsabilità amministrative
che non competono a un organo di polizia.
Identico discorso vale per i servizi di polizia marittima
e di frontiera i quali dovrebbero essere affidati,
rispettivamente, al Corpo delle capitanerie di porto, in
attesa dell'istituenda Guardia costiera, e alla Polizia di
Stato.
Per quanto concerne i soccorsi in mare ed in montagna
dovrebbero essere affidati alle strutture regionali e
nazionali della protezione civile.
Come dovrebbe essere affidata ad un unico organismo,
composto da elementi dei vari Corpi di polizia, la lotta al
traffico ed allo spaccio di sostanze stupefacenti.
La più efficace e qualificata lotta all'evasione
fiscale.
La democrazia di un Paese civile si misura anche con il
metro della giustizia fiscale. In un periodo storico come
quello attuale dove è sempre più difficile assicurare
l'efficienza dello Stato sociale, dove la criminalità
organizzata utilizza gli strumenti dell'alta finanza, delle
intermediazioni mobiliari, della costituzione di holding
internazionali del crimine, e dove ai cittadini si chiedono
ancora sacrifici in nome di una unità economica europea, non
si può non ritenere i compiti assegnati al Corpo di
fondamentale importanza ai fini di una reale giustizia
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sociale, per il mantenimento delle regole di mercato, per il
mantenimento di un equilibrio internazionale ma soprattutto
per una doverosa equità fiscale.
E' ben chiaro che ogni riforma è in funzione di una
maggiore efficienza e funzionalità del Corpo.
L'attuale organizzazione del Corpo della guardia di
finanza vede una grande proliferazione di comandi ed incarichi
a volte inutili e quindi una conseguente dispersione di
personale.
E' noto che solo il 24 per cento del personale è impiegato
nella lotta all'evasione fiscale. Nella sostanza recuperando
"forza lavoro" dai settori prettamente militari,
logistico-amministrativo e alle dipendenze di varie
amministrazioni finanziarie, e, comunque, attraverso una
efficace riqualificazione del personale, assumerebbe
un'importanza e una capacità di intervento sicuramente più
produttiva per gli interessi generali del Paese e della
collettività.
In un momento storico dove l'evasione assume sempre di più
la configurazione delittuosa è richiesto infatti l'impiego di
una polizia finanziaria investigativa altamente qualificata,
che, sorgendo dalle ceneri del Corpo della guardia di finanza,
si qualificherà come organo complementare e non già
sovrapposto alle altre Forze di polizia.
Inoltre non si devono sottovalutare alcuni aspetti
fondamentali quali il costo dell'accertamento dei tributi che
risulta essere il più alto dei Paesi industrializzati e che
l'evasione fiscale continua ad essere, da troppi anni,
drammaticamente elevatissima, in contrapposizione alla
pressione fiscale e contributiva che raggiunge per le imprese
oltre il 60 per cento del reddito operativo.
Pertanto una riforma del Corpo della guardia di finanza è,
in questo momento, quanto mai auspicabile e necessaria, anche
in considerazione del fatto che non risulta affatto completata
l'imprescindibile armonizzazione tra i Corpi di polizia ad
ordinamento civile e quelli ad ordinamento militare sulla base
delle recenti disposizioni normative emanate in attuazione dei
princìpi della legge n. 216 del 1991.
Ed è proprio in questo contesto di armonizzazione, di
coordinamento e di cooperazione, che la legge di riforma del
Corpo della polizia finanziaria dovrà essere emanata,
mutuando, tra l'altro, i suoi princìpi fondamentali dalle
leggi che hanno già riformato il Corpo della polizia di Stato
e, recentemente, il Corpo della polizia penitenziaria e cioè
la legge 1^ aprile 1981, n. 121, e la legge 15 dicembre 1990,
n. 395, confermando alcuni elementi di correzione introdotti
dalle recenti disposizioni della legge 29 aprile 1995, n. 130,
del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, del decreto
legislativo 12 maggio 1995, n. 199, e del decreto del
Presidente della Repubblica 31 luglio 1995, n. 395, ma,
soprattutto, introducendo necessariamente i princìpi
fondamentali di democratizzazione e sindacalizzazione del
Corpo che, uniti ai princìpi di efficienza e meritocrazia del
personale, di efficacia e certezza dell'azione del Corpo e di
economicità della struttura farà del Corpo della polizia
finanziaria l'indispensabile strumento che attraverso la lotta
all'evasione fiscale contribuirà a garantire la giustizia
sociale e l'incremento di un naturale sviluppo
economico-produttivo.
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