| PAOLO MAMMOLA. Signor Presidente, interverrò brevemente
poiché ritengo che avremo modo di discutere in maniera più
ampia sul provvedimento nelle fasi successive del suo esame in
aula, in particolare quando andremo a sviscerare le sue
diverse parti valutando gli emendamenti che, lo preannuncio,
il nostro gruppo presenterà in numero cospicuo. Sul
provvedimento, abbiamo già svolto un approfondito dibattito in
Commissione, dove abbiamo avuto modo di evidenziare che, pur
considerando il provvedimento utile e necessario, tuttavia,
nel suo testo attuale, non è rispondente alle esigenze ed alle
necessità che si dovevano affrontare. Credo che avremo modo di
entrare più nello specifico e aprire una fase di discussione,
in particolare, su alcune parti del provvedimento che non
contengono le soluzioni prospettate ai problemi posti. Mi
riferisco, ad esempio, agli articolo 16 e 17 che prevedono
alcune modifiche alla legge n. 84, che ci sono state
suggerite, o meglio imposte, a livello comunitario per
adeguare il sistema normativo del nostro paese, appunto, a
quello comunitario. Abbiamo ricevuto tali solleciti dalla
Commissione europea in materia di lavoro portuale, in quanto,
con provvedimenti precedenti, avevamo introdotto nel nostro
sistema normativo alcune disposizioni che non andavano nella
direzione della consolidata normativa delle direttive
comunitarie.
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Di conseguenza, il Governo risponde con il disegno di
legge in esame e noi verifichiamo che alcune parti dello
stesso, che avrebbero dovuto riportare l'ordinamento
legislativo del settore nell'ambito della normativa
comunitaria, non l'abbiano fatto. A nostro avviso, quindi, non
abbiamo risposto alle suddette sollecitazioni.
Entreremo nel dettaglio in seguito, quando dovremo
esaminare le proposte emendative e le soluzioni alternative
che noi porremo all'attenzione del Governo e dell'Assemblea.
Per il momento, sottopongo all'attenzione dell'esecutivo
alcune valutazioni di carattere strettamente politico.
Nel corso dell'attuale legislatura, come dicevo, abbiamo
ricevuto più volte sollecitazioni a livello comunitario, al
fine di adeguare ulteriormente le nostre normative alle
direttive comunitarie, ad un impianto che, ormai, è diventato
l'asse portante dei sistemi normativi a livello nazionale.
Abbiamo fatto una scelta politica, vale a dire aderire alla
Comunità europea, e sappiamo che oggi nell'ordinamento
sovranazionale i paesi che hanno dato formale adesione alla
stessa devono adeguare le loro norme a direttive, criteri e
princìpi che vengono stabiliti a livello sovranazionale da un
organismo del quale abbiamo liberamente scelto di fare parte.
Non possiamo continuare, quindi, a fare la "politica dei due
forni", da un lato si opera in un certo modo, dall'altro in un
altro; non si possono seguire princìpi diversi a livello
comunitario e in casa nostra. Insomma, non possiamo più tenere
i piedi in due staffe, ma dobbiamo fare scelte precise.
Pongo con forza all'attenzione del Governo il fatto che,
purtroppo, nel corso dell'attuale legislatura i vari governi
di centrosinistra si sono contraddistinti, soprattutto nel
settore del quale oggi stiamo discutendo, quello dei
trasporti, per essere stati ripresi a livello comunitario,
quasi annualmente - anzi senza "quasi" - per un provvedimento,
o per un altro, in vari settori, subendo le conseguenti
sanzioni.
La Comunità europea ci ha dato, quindi, indirizzi di
differente orientamento rispetto alle leggi che avevamo
approvato nel Parlamento di questo paese. Posso ricordare le
procedure di infrazione che abbiamo subito per le leggi
sull'autotrasporto, nonché le vicende di Malpensa, che ci
hanno visto continuamente soggetti agli strali della Comunità
europea.
La problematica relativa agli articoli 16 e 17 della legge
n. 84 del 1994, alla quale stiamo mettendo mano, è nata da una
modifica alla legge n. 84 apportata da questo Parlamento, che
noi ci siamo permessi, assumendocene la responsabilità, di
denunciare a livello comunitario come un'iniziativa
legislativa del nostro paese non adeguata alle norme
comunitarie; infatti, oggi ci troviamo a ritoccare il medesimo
argomento. Potremmo citare tranquillamente altri casi di
questo genere.
La domanda che vorrei rivolgere al Governo, in maniera
molto compassata e con molta serenità, è la seguente: vale la
pena di continuare queste battaglie ideologiche - perché di
questo si tratta, alla fine -, non volendo scrivere con
chiarezza le leggi di questo paese e non volendo rispondere in
maniera molto limpida e cristallina agli indirizzi delle norme
comunitarie? E' mai possibile che in questo paese ci dobbiamo
sempre contraddistinguere per la confusione normativa che ogni
legge che variamo in Parlamento crea nel paese, con tutte le
incertezze che ciò si porta dietro? E' mai possibile che
dobbiamo perdere tempo in queste aule - è tempo prezioso - per
correre dietro e porre riparo, su indicazione esterna, a norme
che abbiamo modificato, sapendo già che non potevamo
modificarle? Oggi ne andiamo a ritoccare una per la seconda
volta.
Se il Governo e la maggioranza non aderiranno ad alcune
nostre proposte emendative, che intendiamo presentare e che
dovrebbero dare un quadro di maggiore chiarezza, il nostro
timore, signor sottosegretario, è che, prima della fine della
legislatura, ci ritroveremo magari a ritoccare una terza volta
la legge n. 84
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agli articoli 16 e 17, sui quali abbiamo avuto precise
indicazioni a livello comunitario.
Il Governo ci potrà dire che vi è una sorta di
persecuzione nei confronti del nostro paese e che negli altri
paesi i nostri colleghi ed amici francesi e tedeschi, ad
esempio, riescono a far valere le loro ragioni in maniera più
forte rispetto a noi, ma ciò dipende dal Governo e non certo
da questa Assemblea; dipende dall'autorevolezza del Governo
nella sede comunitaria di Bruxelles nel far valere i propri
diritti.
Tuttavia, ciò non ci deve mettere nella condizione di dire
che gli altri riescono ad ottenere più indulgenza a livello
comunitario, mentre noi veniamo castigati continuamente. I
casi sono due: o vi fate più forza a Bruxelles e riuscite ad
ottenere ciò che ottengono i vostri colleghi degli altri paesi
dell'Unione europea oppure dobbiamo farcene una ragione e
dobbiamo prendere atto che a Bruxelles, come Governo italiano,
non abbiamo la stessa forza che riescono ad esercitare i
Governi degli altri grandi paesi che condividono con noi
l'esperienza comunitaria. Dobbiamo, quindi, fare di necessità
virtù e la virtù, a questo punto, significa accettare con
molta più precisione e puntualità le indicazioni che la
Comunità europea ci dà.
Quindi, signor sottosegretario, questo significa che
bisognerà cominciare a scrivere norme più chiare, che non
abbiano sempre questa alea di incertezza che fa sì che, a
seconda del tipo di lettura, uno stesso comma può essere
oggetto di interpretazioni diverse. Questo purtroppo è il
limite di molte disposizioni legislative e, in particolare, di
quanto è contenuto nel disegno di legge in esame. E' per
questo che ricordo ancora una volta che a Bruxelles c'è sempre
qualcuno che ci invita a leggere con maggiore attenzione, con
ambedue gli occhi, le norme che scriviamo, in modo che le
interpretazioni delle leggi siano univoche. A Bruxelles non è
consentita quell'elasticità di lettura delle leggi che abbiamo
introdotto nel nostro ordinamento, per cui dovremo fare di
questa necessità virtù e, se non vorremo trovarci una terza
volta, prima della fine di questa legislatura, a parlare
ancora di lavoro portuale e degli articoli 16 e 17 della legge
n. 84, il Governo dovrà fare chiarezza facendo tesoro
dell'esperienza accumulata in questi anni di Governo, dei
rapporti con l'Unione europea e delle imposizioni che da essa
sono venute. Mi auguro che finalmente il Governo ci dia la
soddisfazione di trovarci di fronte ad una legge chiara perché
noi non siamo contrari nel merito ma sul metodo. Il Governo
scriva una legge chiara e vedrà che anche l'opposizione farà
la sua parte, offrirà il proprio contributo e non porrà
ostacoli all'approvazione di questo disegno di legge.
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