| PIETRO GIANNATTASIO. Signor Presidente, ringrazio il
sottosegretario per l'interno per la risposta molto analitica
che ci ha fornito, però devo esprimere anche la mia sensazione
di trovarmi di fronte - non voglio personificare quello che
dico, per carità -, per così dire, ad un reo confesso.
Praticamente, infatti, abbiamo ascoltato un'ammissione di
colpa da parte di questa struttura che comprende sia il
Ministero, quindi l'esecutivo, sia il Parlamento, quindi il
legislativo, sia l'attività giudiziaria. C'è, insomma, uno
scaricabarile da una parte all'altra: io come Ministero non
posso fare questo, deve farlo il procuratore - quindi viene
chiamata in causa l'autorità giudiziaria -, ma nello stesso
tempo la legge andrebbe cambiata, quindi viene
corresponsabilizzato il Parlamento. Ma qui stiamo parlando di
cose avvenute nel novembre 1997! L'attività di controllo da
parte del Parlamento è iniziata nel 1998 e ora siamo al 22
maggio 2000 e sappiamo che l'altro ieri il Consiglio di Stato
ha praticamente bloccato una certa decisione. Allora, a questo
punto bisogna che ci mettiamo tutti una mano sulla coscienza,
perché se vogliamo che i risultati elettorali siano coerenti
con la libera espressione di volontà dell'elettore dobbiamo
studiare sistemi che assicurino la reale registrazione del
voto del singolo e che garantiscano
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l'elettorato, gli eletti e l'amministrazione.
Soprattutto, poi, se ci troviamo di fronte ad incapacità
ed incompetenze, dobbiamo studiare un sistema di preparazione,
di addestramento di questa gente. Non dico che voglio
istituire dei corsi o degli esami per garantire che il
presidente di seggio sappia svolgere questa funzione, oppure
incaricare degli ispettori di andare in giro a controllare
come si comportano i presidenti di seggio, ma si arriva al
ridicolo che addirittura - e questo fatto è stato citato in
uno dei ricorsi - una sezione ha presentato un verbale in
bianco e si è scoperto che la presidente, anziché presiedere
il seggio, ha messo al posto suo il marito e poi è andata lì
ricordandosi a memoria i voti. Insomma, qui arriviamo ad
episodi kafkiani! Come diceva il collega Taradash, siamo a
Roma, non a Timbuktu, eppure si tratta di elezioni svoltesi
nel novembre 1997 e nel 2000 stiamo ancora qui a
discuterne.
Auspico che presto possa intervenire una modifica delle
norme in questione, d'intesa tra tutti i poteri, esecutivo,
legislativo ed anche giudiziario: è necessario, infatti, che
anche quest'ultimo faccia la sua parte con una certa
celerità.
Le dico sinceramente, signor sottosegretario, che la
ringrazio per la fatica che ha fatto, perché la sua è stata
veramente una relazione molto analitica, ma non mi ritengo
soddisfatto.
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