| GABRIELLA PISTONE. Signor Presidente, signor
sottosegretario, l'interpellanza di cui sono una delle
firmatarie intende porre l'attenzione sulla provincia di
Arezzo che, negli ultimi tempi, è teatro di un acceso
dibattito sul presunto aumento di criminalità che si sta
registrando.
I numerosissimi articoli pubblicati quasi quotidianamente
dai quotidiani locali - La Nazione e il Corriere di
Arezzo - ci fanno capire molto bene l'ampiezza assunta da
questa discussione nella società aretina, ormai coinvolta
ampiamente. Sicurezza, ordine pubblico, lotta alla criminalità
sono per Arezzo temi importanti e prioritari, sui quali vi è
una particolare attenzione da parte di tutte le assise
pubbliche, soprattutto oggi alla luce degli ultimi eventi che
hanno visto e continuano a vedere un crescendo di proteste e
di reclami verso quelle istituzioni pubbliche che, ad avviso
di molti cittadini, non rispondono adeguatamente e
tempestivamente ai bisogni ed alle esigenze che vengono
avanzate.
Ritengo che lo Stato, in tutto questo, debba dare delle
risposte concrete ed immediate che consentano a questo
territorio di non finire in mano a quelle strumentali,
indeterminate, cicliche polemiche che poco hanno a che fare
con le garanzie dei cittadini e che servono solo ad aggravare
un fenomeno più del dovuto. Questo assume ancora più
importanza se consideriamo anche le dichiarazioni, mai
smentite o corrette, rilasciate alla stampa da parte del
questore di Arezzo della
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Polizia di Stato, dottor Puglisi, sul rischio reale e
persistente di infiltrazione mafiosa. Questo ci ha indotto,
per un dovere di chiarezza nei confronti dei cittadini, a
chiedere alla Commissione parlamentare antimafia un'audizione
del suddetto questore, per capire ed individuare i modelli
preventivi. Resta comunque fermo che, se oggi non vi sono
stati episodi mafiosi particolarmente rilevanti e se il
territorio aretino è stato ancora preservato da parte di
quella aggressione multiforme, ciò è avvenuto grazie
soprattutto all'opera della prefettura e delle forze
dell'ordine che congiuntamente hanno consentito questo
attraverso un lavoro encomiabile, professionale e all'altezza
dei mutamenti in corso.
Ciò però non ci può consentire di abbassare la guardia
rispetto al problema perché il lavoro che deve essere svolto
deve concentrarsi non sulle probabili o possibili conseguenze
ma sulle cause per evitare che l'effetto paventato si generi,
per questo crediamo che occorra andare al più presto verso un
monitoraggio ed un controllo conoscitivo di tutta la struttura
socio-economica e amministrativa della provincia che può
essere utile alla definizione di strategie di tipo preventivo
e repressivo che consentano ad Arezzo di rimanere sempre
territorio immune dal crimine organizzato.
La nostra intenzione è quella di capire cosa vi sia in
questa città, di capire come mai sorgano spontaneamente questi
comitati di cittadini di notevoli dimensioni, che reclamano
maggiore sicurezza, di capire perché vi siano assemblee
affollate in cui si condannano le istituzioni, ma soprattutto
di cercare di contribuire affinché vengano date da parte dello
Stato delle risposte serie e concrete a quei cittadini che
hanno posto un problema davvero serio: quello della
sicurezza.
Arezzo, considerata la dimensione del suo territorio, pur
suddiviso in numerose frazioni, può essere seguita con più
facilità da parte delle forze dell'ordine e delle istituzioni
pubbliche deputate alla sicurezza del cittadino; poiché
dobbiamo investire di più sulla prevenzione, diverrebbe
indispensabile, nella definizione di un quadro di insieme
volto a rendere Arezzo sempre più impermeabile ai fenomeni
criminali comuni ed organizzati, verificare se le risorse che
sono state destinate a questo compito siano compatibili e
sufficienti con l'ampiezza e la complessità del territorio.
Sappiamo, inoltre, che forse le risorse sono carenti in tutta
Italia e non solamente ad Arezzo. Mi riferisco in particolare
alla questura di Arezzo, che da tempo soffre di una carenza di
organico e di una scarsità di mezzi, come del resto gli stessi
organi della Polizia di Stato hanno più volte pubblicamente
denunciato. Questo fa sì che talvolta non vi siano una
completa copertura del territorio ed una sufficiente
tempestività nell'intervento, come invece dovrebbe avvenire.
Il lavoro che quotidianamente svolgono la prefettura e le
forze dell'ordine rappresenta per Arezzo un patrimonio di
inestimabile valore, come dimostrano i risultati conseguiti.
Ma questo non basta perché occorre potenziare e valorizzare
maggiormente tutte quelle risorse rappresentate da quegli
uomini e donne impegnati in quel prezioso lavoro per la tutela
del cittadino e "l'agibilità" delle istituzioni
democratiche.
Il Governo deve mostrarsi attento a queste situazioni che
spesso, a causa di un minimalismo culturale e di un perbenismo
che esiste tra i rapporti interpersonali, non vengono
considerate come dovrebbero; per questo motivo si innescano
tutte quelle strumentalizzazioni che fanno assumere al
problema una macroscopicità eccessiva.
Signor sottosegretario, credo che occorra dare delle
risposte immediate a questa provincia, partendo prima di tutto
dall'adeguamento delle risorse oggi in uso presso la questura,
fino ad arrivare alla realizzazione di un piano preventivo e
completo in grado di prevenire qualsiasi insorgenza di sintomi
di criminalità organizzati.
Una risposta positiva e lungimirante servirà anche a porre
fine a quelle critiche inutili e dannose sollevate da alcuni
esponenti politici con rilevanti cariche
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istituzionali nei confronti della prefettura e del prefetto
che, fino ad oggi, hanno lavorato con sensibilità e
professionalità.
Occorre recuperare una solida cultura della legalità
attraverso un impegno congiunto per il rafforzamento di quel
patto fiduciario esistente tra cittadini e istituzioni;
occorre andare più a fondo, a partire dal versante della
battaglia culturale, per porre fine anche a quell'inutile e
stupida logica che associa la delinquenza all'immigrazione nel
suo complesso. Non è giusto che questo accada soprattutto nei
confronti di quegli immigrati che sono giunti in Italia
secondo le regole e che adesso svolgono un lavoro nel rispetto
delle leggi e della comunità in cui vivono.
Serve davvero un segnale forte, signor sottosegretario,
che riporti il primato della ragione rispetto a chi oggi ad
Arezzo vuole approfittare di questa situazione per edificare
una città militarizzata tendente a sfruttare la parte
materiale dell'immigrazione senza però ammetterla
culturalmente e socialmente alla democrazia.
Mi auguro che la sua risposta proceda verso questa
direzione e in anticipo la ringrazio per quanto vorrà
dirmi.
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