| MASSIMO BRUTTI, Sottosegretario di Stato per
l'interno. Signor Presidente, con l'interpellanza odierna,
gli onorevoli Brunetti, Pistone e altri parlamentari,
prendendo spunto da un'intervista rilasciata dal questore di
Arezzo, richiamano innanzi tutto l'attenzione del Governo sui
rischi di infiltrazione mafiosa in quella città sollecitando
iniziative volte a contrastare questo fenomeno; gli
interpellanti chiedono, altresì, di conoscere le misure che si
intendono adottare per contrastare più efficacemente la
delinquenza comune che genera un'evidente insicurezza tra i
cittadini e sfiducia nelle istituzioni.
Partiamo dagli elementi di fatto. Il 25 novembre 1999, la
squadra mobile di Arezzo, in collaborazione con quella di
Avellino, ha proceduto all'arresto per il reato di
associazione di stampo mafioso di due persone residenti ad
Arezzo; l'arresto veniva disposto dal giudice per le indagini
preliminari del tribunale di Napoli a seguito di indagini
coordinate dalla direzione distrettuale antimafia della stessa
città e svolte in collaborazione con le questure di Avellino e
di Arezzo; si tratta di indagini svolte nei confronti del clan
camorristico Bove-De Paola operante in Campania.
Nel corso dell'operazione venivano eseguite ad Arezzo
sette perquisizioni domiciliari che portavano al sequestro di
una pistola a forma di penna, di ottanta milioni di lire in
contanti nonché di assegni vari e di libretti al portatore per
un ammontare di circa duecento milioni di lire. In seguito
agli arresti il questore di Arezzo, nel corso dell'intervista
richiamata dai colleghi interpellanti, sottolineava il rischio
che l'economia aretina - un'economia florida - potesse essere
al centro dell'attenzione di organizzazioni criminali
interessate al riciclaggio di proventi di attività illecite.
Arezzo e la sua provincia costituiscono, infatti, un centro di
prelievo dell'attività di lavorazione dell'oro dove operano
circa 1.400 aziende, molte delle quali di piccole e medie
dimensioni. Questo segmento di imprese, oltre a costituire una
parte cospicua della ricchezza del territorio, rappresenta
ovviamente un importante polo di attrazione per le attività
criminali. Consapevoli di ciò, le forze di polizia svolgono
una costante opera di controllo e di monitoraggio delle
situazioni suscettibili di attenzione. In particolare,
svolgono un controllo con riferimento ad alcuni nuclei
familiari per lo più provenienti da regioni dell'Italia
meridionale che, seppure riconducibili a contesti
delinquenziali di minore spessore, potrebbero comunque
risultare coinvolti in traffici illeciti. A questo proposito,
ritengo opportuno sottolineare che presso il tribunale di
Arezzo attualmente non risultano promossi procedimenti penali
per il delitto di cui all'articolo 416- bis del codice
penale. Gli stessi reati di natura estorsiva, poco numerosi e
i cui presunti autori risultano
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denunciati alla magistratura, non sembrano riconducibili ad
una fenomenologia di tipo mafioso.
Comunque, la sensibilizzazione delle forze dell'ordine è
massima per cogliere nella quotidiana attività di prevenzione
ogni eventuale indizio di fenomeni che possano accreditare il
diffondersi di attività mafiose. Sappiamo che queste aree
dell'Italia centro-settentrionale sono a rischio per quel che
riguarda sia il riciclaggio e l'investimento dei proventi di
attività illecite sia la penetrazione nel meccanismo degli
appalti. La vigilanza, quindi, deve essere massima.
Per quanto riguarda l'andamento della criminalità in
generale e di quella cosiddetta diffusa, non si può negare che
vi è stato un incremento nel corso del 1999 rispetto all'anno
precedente, anche se lieve. Il raffronto tra i dati relativi
al primo trimestre del 2000 e quelli riferiti al medesimo
periodo del 1999 evidenzia un'inversione di tendenza che è
positiva e significativa. In particolare, il totale generale
dei delitti è diminuito del 13,31 per cento (nel capoluogo è
diminuito ancora di più, del 34,58 per cento, dato, questo, di
un qualche rilievo, sia pure riferito ad un periodo così
breve). Le denunce per furti in appartamento sono calate del
60,37 per cento e nel capoluogo del 31,93 per cento. Segnali
incoraggianti si colgono anche sul fronte dei borseggi e dei
furti di autoveicoli, sicché il dato complessivo relativo ai
furti vede una diminuzione delle denunce nell'ordine del 23,72
per cento che, nel comune di Arezzo, arriva a decrescere del
43,03 per cento.
Dobbiamo peraltro sapere che i dati relativi alla
dimensione oggettiva di un fenomeno come quello della
criminalità diffusa non corrispondono poi molto spesso alla
percezione che ha la popolazione del fenomeno. E' evidente,
infatti, che, se un certo tipo di delitti diminuisce (i furti
in appartamento calano nel comune di Arezzo del 31,93 per
cento), l'ampia percentuale di persone ancora colpite dai
furti in appartamento non saranno persuase che le cose vadano
meglio e che la sicurezza sia maggiore soltanto perché posso
citare loro una statistica incoraggiante. Non saranno,
infatti, le statistiche a convincere i cittadini che sono più
sicuri, ma bisogna dare loro - e questo non può che essere il
risultato di un'opera quotidiana - la consapevolezza che si
compie uno sforzo per aiutarli, per contrastare le attività
criminali, per fornire ogni giorno, nella vita quotidiana, un
punto di riferimento cui i cittadini stessi possono
rivolgersi. In questo senso la presenza sul territorio è molto
importante.
Un altro dato incoraggiante è quello che si riferisce
complessivamente ai furti: le denunce per furto in generale
sono diminuite, infatti, del 23,72 per cento (del 43,03 per
cento nel comune). Ribadisco peraltro che l'andamento positivo
degli indici di delittuosità non può far dimenticare che la
provincia aretina, sia per la sua collocazione geografica sia
per il laborioso ed attivo tessuto economico e sociale, può
comunque suscitare interessi ed appetiti da parte di soggetti
che operano nell'illegalità e di gruppi mafiosi. Il Governo è
consapevole di questo rischio e proprio per questo il
Ministero dell'interno intende mantenere alto il livello di
vigilanza, così da prevenire e stroncare comunque sul nascere
ogni tentativo di radicamento sul territorio di organizzazioni
criminali, italiane o straniere.
Fatte queste premesse, credo sia possibile ricondurre a
dimensioni più contenute l'allarme, certamente legittimo e del
tutto comprensibile, che è stato lanciato da alcuni residenti
nella zona di Staggiano e in altri quartieri limitrofi della
periferia aretina. In tali quartieri si è costituito un
comitato di autodifesa. Nel periodo che va dal 15 ottobre 1999
al 15 gennaio 2000 si sono verificati, in questa zona, 27
episodi di furto, o tentativi di furto, in appartamenti.
Desidero premettere che, sebbene siano state formulate,
talvolta, critiche generiche agli apparati di sicurezza, gli
organizzatori di tale comitato, coloro che rappresentano i
residenti in questi quartieri, hanno più volte precisato con
interviste rilasciate ad organi di informazione che non si è
inteso fare alcun attacco alle
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forze dell'ordine, bensì richiamare - ciò mi sembra
sacrosanto - l'attenzione sulla necessità di garantire il
diritto alla sicurezza.
Le legittime richieste dei cittadini hanno trovato ampio
riscontro presso le sedi istituzionali: rappresentanti del
comitato sono stati ascoltati nel corso di alcune sedute del
comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica e lo
stesso prefetto ha partecipato ad un'assemblea pubblica con i
residenti delle zone in questione per fornire riscontri
diretti e per rassicurare i cittadini, assumendo l'impegno di
intensificare le misure disposte nel quadro dell'attività di
controllo coordinato del territorio. Devo aggiungere che i
residenti non hanno mai fatto cenno al possibile ricorso a
forme di autodifesa armata; esiste un rapporto di fiducia e di
collaborazione tra le autorità di pubblica sicurezza ed i
cittadini, i quali, naturalmente, chiedono un intervento più
incisivo, un maggiore controllo: noi dobbiamo fare il
possibile per rispondere positivamente a tale richiesta.
Il prefetto di Arezzo, dato atto che in ogni occasione il
dialogo con il comitato di Staggiano è stato improntato a
criteri di cordiale franchezza e di apprezzata collaborazione,
ha comunicato che, nel corso di alcune visite presso le sale
operative della Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri,
i rappresentanti del comitato hanno potuto verificare di
persona l'impegno e la professionalità con cui le forze
dell'ordine svolgono quotidianamente il loro lavoro.
Nel corso di tali incontri, tra l'altro, è stato sollevato
il problema dei minori stranieri non accompagnati (attualmente
sono ventuno) giunti negli ultimi anni ad Arezzo ed ospitati a
spese dell'amministrazione comunale; di tali minori otto
alloggiano presso un centro di accoglienza dell'associazione
La Provvidenza, gestito da un religioso, che ha trasferito
recentemente le proprie strutture di ricezione ed accoglienza
nel quartiere di Staggiano. La presenza di minori,
generalmente vicini al limite della maggiore età, ha suscitato
la contrarietà di alcuni residenti della zona e, in
particolare, dei proprietari delle abitazioni vicine che, tra
l'altro, hanno invitato l'amministrazione comunale a
verificare la compatibilità del centro di accoglienza con le
destinazioni edilizie degli immobili utilizzati. A questo
proposito, desidero far presente che il presidente del
tribunale dei minori di Firenze ha esplicitamente negato la
propria disponibilità ad autorizzare il rimpatrio assistito
dei minori in questione, il che mi pare risolva il
problema.
Gli interpellanti richiamano poi le preoccupazioni
manifestate dal sindaco di Arezzo in ordine alla diffusione
della droga. A tale riguardo, posso assicurare che l'attività
svolta dalle forze dell'ordine è intensa; questo problema
rappresenta per noi una priorità. In proposito, ricordo il
sequestro, nei primi cinque mesi del 2000, di oltre cinque
chilogrammi di droga, frutto di trentaquattro operazioni
contro il traffico e lo spaccio conclusesi con cinquantuno
deferimenti all'autorità giudiziaria e ventinove arresti.
Quando registriamo la percezione dell'insicurezza, quando
registriamo l'esistenza di un problema connesso ai traffici
illeciti, al traffico di droga, dobbiamo anche registrare e
ricordare che l'impegno nell'azione di contrasto è massimo e
che i risultati vi sono.
Più in generale, per quanto riguarda l'attività di
prevenzione dei reati, a seguito di determinazioni assunte in
sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza
pubblica, nel capoluogo vengono svolti servizi interforze
periodici nel quadro del controllo coordinato del territorio,
anche con il concorso della polizia municipale. Essa, pur
operando nel rispetto dei suoi specifici compiti
istituzionali, fornisce un utile contributo all'attività in
questione; ciò rappresenta una conferma del clima di positiva
collaborazione tra le forze dell'ordine, tra le forze di
polizia, tra queste ultime e la polizia municipale. Più di
quanto non sembri a Roma nelle discussioni che spesso si fanno
nei corridoi, sul territorio, nelle città, nelle province, in
tutta Italia, la collaborazione ed il concreto rapporto
positivo tra le diverse
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forze di polizia rappresentano un dato che appartiene alla
realtà quotidiana.
La media dei reati i cui autori sono stati individuati era
pari a circa il 44 per cento nel primo trimestre del 1999 ed è
attorno al 47 per cento nei primi tre mesi di quest'anno.
Risulta quindi evidente che anche su questo terreno
l'individuazione degli autori dei reati ha fatto passi in
avanti.
Le forze dell'ordine dispongono di un'articolata rete di
presidi che per la Polizia di Stato (che ha nella provincia
406 operatori) include, oltre alla questura di Arezzo (dalla
quale dipendono i commissariati di Montevarchi e di San
Sepolcro), la sezione di polizia stradale e la sottosezione
autostradale di Arezzo, con i distaccamenti di Ponte a Poppi e
San Giovanni Valdarno; i posti di polizia ferroviaria di
Arezzo, San Giovanni Valdarno, Terontola e la sezione di
polizia postale del capoluogo. Gli organici della polizia di
Stato sono stati rafforzati nel corrente mese di maggio con
l'assegnazione di dodici operatori in più, limitando così la
carenza di personale a sole 35 unità.
Quanto al parco automezzi, la questura di Arezzo e gli
uffici da essa dipendenti dispongono di 35 autoveicoli, a
fronte dei 33 previsti dalle vigenti tabelle, nonché di 4
motoveicoli. Queste dotazioni saranno rafforzate entro l'anno
con altre 4 autovetture.
La polizia stradale di Arezzo dispone di 9 motoveicoli e
di 22 autovetture. Il parco veicolare è stato di recente
potenziato con l'assegnazione di 5 autoveicoli appositamente
attrezzati.
Il comando provinciale dell'Arma dei carabinieri opera
attraverso le cinque compagnie di Arezzo, San Giovanni
Valdarno, Bibbiena, Cortona e San Sepolcro, con un totale di
42 stazioni e con un organico al 1^ aprile 2000 di 506
uomini.
Infine, il gruppo della Guardia di finanza dispone della
compagnia del capoluogo e di altri comandi minori, nonché
delle brigate di Poppi, San Giovanni Valdarno e San Sepolcro e
del distaccamento di Castiglion Fiorentino, con un organico
complessivo pari a 147 unità.
Il dispositivo di controllo del territorio è assicurato
dalla locale questura con l'impiego di due volanti per ogni
turno nell'arco delle 24 ore, spesso supportate da contingenti
del reparto prevenzione crimine Toscana: sono quei contingenti
che si muovono più agilmente sul territorio e che non hanno un
incardinamento fisso, ma possono essere spostati a seconda
delle esigenze. Nel 1999 e nei primi due mesi del corrente
anno, il reparto prevenzione crimine Toscana ha impiegato 132
equipaggi. Vi sono inoltre i comandi territoriali dei
carabinieri e della Guardia di finanza.
L'attività delle forze di polizia si avvale anche della
collaborazione fornita dal centro operativo della DIA di
Firenze, direzione investigativa antimafia che, per quanto
riguarda la provincia di Arezzo, dal 1^ gennaio 2000 ha
ricevuto 92 segnalazioni, la maggior parte delle quali legate
all'attività orafa. Questa volontà di tenere gli occhi aperti
anche sulle eventuali penetrazioni di gruppi di tipo mafioso
si concretizza attraverso l'attività di ricerca, di
intelligence e di prevenzione svolta dalla DIA di
Firenze.
Detto questo, credo sia necessario spendere qualche altra
parola sul problema sollevato dai colleghi interpellanti
relativo al ruolo che i cittadini in generale possono svolgere
a titolo di collaborazione con le istituzioni nel delicato
settore della sicurezza. E' noto che il nostro ordinamento non
solo non disconosce una partecipazione attiva dei cittadini,
ma prevede anche l'esercizio organizzato della vigilanza
privata a tutela dei beni mobili e immobili. In presenza di
gravi e diffusi fenomeni di criminalità, viene anzi
sollecitata la vigile collaborazione dei cittadini! Questo è
un metodo che le nostre autorità provinciali di pubblica
sicurezza seguono; del resto, la modificazione dell'articolo
20 della legge n. 121, che si riferisce proprio ai comitati
provinciali per l'ordine e la sicurezza pubblica, che abbiamo
introdotto nell'estate del 1999 (è
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una riscrittura di quell'articolo 20), prevede proprio
l'allargamento del comitato provinciale, la possibilità di
coinvolgere nelle riunioni che sono propedeutiche alla
pianificazione delle forze sul territorio e che forniscono
indicazioni, spunti, suggerimenti e consigli anche soggetti
istituzionali che non appartengono al circuito della pubblica
sicurezza ed altri soggetti interessati e rappresentativi
della cittadinanza. Le indicazioni quindi di una
collaborazione con i cittadini, di investire sulla
responsabilità degli stessi, sono comuni per tutta l'Italia e
corrispondono ad un orientamento del Governo e del Ministero
dell'interno. Diversa è la valutazione e diverso è il giudizio
relativo ad iniziative di privati per finalità di prevenzione
del crimine.
Il Governo e il Ministero dell'interno restano convinti
che la tutela della sicurezza pubblica è materia che per sua
natura deve restare riservata alla competenza esclusiva dello
Stato il quale, come ho già detto, solo nei casi e nei limiti
rigorosamente stabiliti dall'ordinamento, può avvalersi della
collaborazione dei privati. Mi sembra che su questi principi
vi sia, del resto, ampio consenso della collettività, tra le
forze sociali, culturali, politiche e anche nel Parlamento
italiano che questa collettività rappresenta.
Infine, rispetto all'insieme del problemi segnalati voglio
manifestare ai colleghi interpellanti ancora una volta il
massimo impegno del Governo, delle autorità provinciali di
pubblica sicurezza, delle forze di polizia, a vigilare in
quest'area contro ogni minaccia di penetrazione mafiosa. Non
abbasseremo la guardia, faremo il possibile nei prossimi mesi
per rafforzare il controllo del territorio. Questo è anche il
metodo migliore per prevenire la crescita della criminalità
diffusa e per dare più sicurezza ai cittadini.
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