| UGO INTINI, Sottosegretario di Stato per gli affari
esteri. Signor Presidente, l'Italia svolge una costante
azione per la promozione e la tutela dei diritti umani nella
Repubblica popolare cinese, sia a livello bilaterale sia in
concertazione con i partner comunitari e delle Nazioni
Unite.
Da ultimo, sul piano bilaterale, la questione dei diritti
umani è stata oggetto dei colloqui tra il ministro Dini e il
vice primo ministro cinese Luo Gan, nel marzo di quest'anno.
In quella occasione è stato affrontato, in particolare, il
tema della ratifica da parte cinese dei due patti rilevanti
predisposti nel quadro delle Nazioni Unite: il patto sui
diritti economici e sociali e il patto sui diritti civili e
politici. Nell'ambito delle Nazioni Unite, presso la
Commissione diritti umani, nelle scorse settimane l'Italia ha
sostenuto l'iniziativa politica degli Stati Uniti, volta
all'adozione di una risoluzione in cui si sottolinea
l'inadeguatezza dei progressi innestatisi in quel paese in
materia di tutela dei diritti dell'uomo. La risoluzione di
critica nei confronti della Cina proposta dagli americani e
sostenuta dai paesi dell'Unione europea è stata bloccata
dall'opposizione del cartello dei paesi in via di sviluppo.
Insieme agli altri paesi membri dell'Unione europea, da parte
italiana è da tempo in corso un dialogo critico con la Cina
sul tema dei diritti umani. Tra i suoi punti qualificanti è
compresa la questione della pena di morte; l'ultima sessione
di tale dialogo si è svolta a febbraio e ha consentito uno
scambio di valutazioni
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franco e proficuo, anche se la controparte cinese ha addotto
i consueti argomenti per giustificare il mantenimento in
vigore della pena capitale. I cinesi si sono riferiti alla
specificità dei valori asiatici e della situazione cinese, che
non consentirebbero un'applicazione in quel paese degli stessi
parametri sui diritti umani vigenti in Europa.
Due settimane fa, a Lisbona, nel quadro del dialogo
menzionato, si è svolto un seminario sui diritti umani in
Cina, con la partecipazione di responsabili governativi e
parlamentari della Repubblica popolare cinese e di
rappresentanti dell'Unione europea. In quell'occasione, sul
tema della pena capitale si è registrata qualche interessante
novità. Le tradizionali argomentazioni di Pechino sono infatti
restate in secondo piano e, da parte cinese, si è
significativamente convenuto con gli europei sulla validità
dell'obiettivo finale dell'abolizione della pena capitale. Le
autorità cinesi si sono impegnate a mettere a disposizione
dati più precisi sull'applicazione della pena di morte in Cina
e ad approfondire tutti gli aspetti giuridici e scientifici
della questione.
Con ogni evidenza, le caratteristiche scientifiche del
seminario di Lisbona hanno favorito un'inconsueta libertà di
linguaggio e qualche apertura inedita che potrebbe anche non
trovare un riscontro immediato nel dialogo ufficiale con
l'Unione europea. Tuttavia, le aperture manifestate da parte
cinese, pur con i limiti segnalati, costituiscono - a giudizio
della presidenza portoghese e di tutti i partner europei - un
elemento rilevante e un incentivo a proseguire su questa
strada.
Sul condizionamento dei rapporti economico-commerciali con
la Cina al rispetto dei diritti umani è opinione comune che
l'intensificazione degli scambi economici e la diffusione
delle iniziative di mercato abbia, in prospettiva, effetti
profondi anche sul grado di liberalizzazione di una società
politicamente chiusa. Certo, il rapporto tra liberalizzazione
dell'economia e sviluppo delle libertà civili non è
automatico. Ma le libertà economiche e l'apertura degli scambi
sono un importante requisito per la creazione di una società
civile moderna e pluralistica. In quest'ottica, ad esempio
l'accessione della Cina all'Organizzazione mondiale per il
commercio è considerata di importanza primaria, anche perché
suscettibile di rafforzare le correnti più riformiste della
dirigenza cinese.
Per rispondere al rilievo dell'onorevole Selva sulla
moratoria delle esecuzioni capitali nel mondo, desidero
ricordare che l'Italia si è contraddistinta su questo tema per
il suo ruolo di guida a livello internazionale. Dopo lo
sfortunato esito del tentativo italiano di far approvare, nel
1994, una risoluzione sull'abolizione della pena di morte in
Assemblea generale delle Nazioni Unite, l'Italia ha
contribuito, in maniera determinante, nel 1997 e nel 1998, in
Commissione diritti umani dell'ONU, all'approvazione di una
risoluzione che impegnava gli Stati a stabilire una moratoria
delle esecuzioni in vista della definitiva abolizione della
pena capitale. Nel 1999 la stessa risoluzione è stata
presentata dall'intera Unione europea.
Anche all'ultima Assemblea generale delle Nazioni Unite
abbiamo insistito per la presentazione di un analogo progetto
di risoluzione dell'Unione europea, ma alcuni partner europei
si sono purtroppo opposti, in quanto non disponibili a
sottoscrivere, nell'ambito della risoluzione di condanna della
pena capitale, un riferimento al principio della non ingerenza
negli affari interni, pur se efficacemente controbilanciato
dal richiamo dell'importanza primaria della tutela dei diritti
dell'uomo.
Il Governo intende comunque continuare a profondere il
massimo impegno sul piano internazionale al fine di giungere
ad una moratoria delle esecuzioni capitali nel mondo. Si
tratta di un punto qualificante della sua politica a favore
dei diritti umani, che è confortato dal sostegno pieno e
convinto del Parlamento.
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