| UGO INTINI, Sottosegretario di Stato per gli affari
esteri. Signor Presidente, onorevole interrogante, il
viaggio del ministro Dini in Corea del Nord del 27-29 marzo
scorso si è svolto all'indomani dello stabilimento di
relazioni diplomatiche tra Roma e Pyongyang avvenuto in
gennaio. L'Italia ha inteso, in questo modo, aprire un canale
di comunicazione diretta con Pyongyang. Gli obiettivi sono
quelli di favorire l'integrazione della Corea del Nord nella
comunità internazionale, contribuire al dialogo tra le due
Coree, rilanciare le occasioni di contatto sul piano
multilaterale e promuovere il dialogo su alcune tematiche di
specifico interesse italiano (quali le armi chimiche).
L'azione del Governo italiano si inserisce nel contesto
degli sforzi compiuti da anni dalla comunità internazionale
per ottenere da Pyongyang impegni nel campo della sicurezza
regionale, tra cui la firma di un definitivo trattato di pace
che superi l'armistizio del 1953 e la sottoscrizione di
accordi contro la proliferazione nucleare, chimica e
missilistica. Tra questi, ricordo solo il più importante:
l' Agreed framework del 1994, con il quale è stato
costituito un consorzio per la costruzione in Corea del Nord
di due reattori nucleari in cambio della chiusura di vecchi
impianti ove era più facile la produzione di materiali
fissili. Su quella base si è poi giunti alla creazione della
Korean energy development organization (KEDO), i cui membri
principali sono Corea del Sud, Giappone e Unione europea.
L'Italia vi contribuisce per tre miliardi di lire.
Un prezioso canale di dialogo è stato rappresentato dai
colloqui tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord sui temi
della non proliferazione, che hanno registrato alcuni
importanti risultati e la cui prossima tornata si terrà a Roma
dal 24 maggio. Anche l'Unione europea ha avviato un dialogo
politico con la Corea del Nord - l'ultimo incontro si è svolto
a Bruxelles nel novembre 1999 - incentrato anche sulla
questione dei diritti umani.
I numerosi tavoli negoziali sembrano aver prodotto nel
corso degli anni risultati utili, allontanando i rischi di
conflitto armato e aprendo la porta a maggiori contatti
politici, commerciali e culturali. Appare, quindi, una felice
ma non casuale coincidenza il fatto che alla visita del nostro
ministro degli esteri in Corea del Nord sia seguito l'annuncio
del prossimo storico incontro tra i Presidenti delle due Coree
a Pyongyang, previsto per giugno, che potrebbe condurre a
importanti risultati sulla via della distensione.
Per quanto riguarda gli specifici punti sollevati
nell'interrogazione dell'onorevole Selva, desidero precisare
che le iniziative italiane sono state concordate con i
principali alleati, in particolare, con gli Stati Uniti, il
Giappone e la Corea del Sud. Con Washington il Governo
italiano ha proceduto sulla base di uno stretto coordinamento
sin dal dicembre 1999, allorché a Firenze il segretario di
Stato Albright espresse il pieno sostegno americano
all'apertura diplomatica nei confronti della Corea del
Nord.
Anche le autorità di Seoul hanno sin dall'inizio sostenuto
la nostra idea di
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stabilire relazioni diplomatiche con la Corea del Nord e
hanno fortemente incoraggiato l'iniziativa del nostro paese.
Fu lo stesso ministro degli esteri sudcoreano a raccomandare
al ministro Dini, nello scorso novembre - nell'incontro
bilaterale svoltosi a margine del vertice OSCE di Istanbul -
di recarsi in visita a Pyongyang dopo lo stabilimento delle
relazioni diplomatiche. Del resto lo stesso presidente
sudcoreano Kim Dae-jung, eletto nel dicembre 1997, ha fatto
della politica di apertura al nord il segno distintivo della
sua presidenza.
In seno all'Unione europea la questione ha formato oggetto
di approfondite consultazioni nel gruppo di lavoro
Asia-Oceania. Sono già cinque i paesi membri dell'Unione che
hanno relazioni diplomatiche con Pyongyang. Il nostro ministro
degli esteri ha poi informato i suoi colleghi europei sugli
esiti della visita in Corea del Nord.
Segnalo per completezza di informazione che la visita del
ministro Dini è stata seguita dagli inviati di ANSA, TG e RAI
GR, i quali, pur se formalmente accreditati nella delegazione
italiana, hanno regolarmente svolto il loro lavoro
giornalistico insieme a due operatori.
Durante gli incontri a Pyongyang il ministro Dini ha
rappresentato alla dirigenza nordcoreana le preoccupazioni
dell'Italia e di tutta la comunità internazionale sui temi
della non proliferazione, della accessione ai trattati di
controllo delle armi chimiche e nucleari e dei diritti umani.
Nei colloqui con il primo ministro e con il ministro degli
esteri della Repubblica popolare democratica di Corea, il
nostro ministro ha sottolineato in particolare tutti i motivi
di carattere politico ed economico che militano a favore di un
superamento dell'isolamento e di un sia pur graduale
inserimento della Corea del Nord nella rete della
collaborazione regionale e internazionale.
Il ministro Dini ha quindi evocato l'urgenza di rivedere
le priorità politiche di Pyongyang, in modo da destinare una
maggiore quota delle risorse di quel paese al soddisfacimento
delle esigenze essenziali della sua popolazione. In terzo
luogo, tenendo conto delle ataviche diffidenze dei
nordcoreani, il ministro ha ipotizzato un sistema di garanzie
che potrebbero essere prestate dalle grandi potenze,
eventualmente nell'ambito delle Nazioni Unite, a sostegno di
un nuovo patto di non aggressione tra il nord e il sud. Le
argomentazioni italiane sono state recepite dalla controparte
con attenzione e interesse.
La ragione principale della iniziativa nei confronti di
Pyongyang non va ricercata sul piano economico, bensì sul
terreno politico e della sicurezza. L'Italia, i cui interessi
e le cui responsabilità non si esauriscono in Europa e nel
Mediterraneo, ambisce a continuare a svolgere un ruolo
positivo nell'apertura ai paesi considerati "difficili" dalla
comunità internazionale, quale è, senza dubbio, la Corea del
Nord. Riteniamo che il dialogo, come gli sviluppi degli ultimi
mesi nella penisola coreana hanno confermato, meriti di essere
perseguito nonostante difficoltà e diffidenze reciproche. E'
lecito ritenere che una politica di puro confronto sarebbe
controproducente, acuendo i sospetti nordcoreani e spingendo
quel paese verso posizioni oltranziste e di totale chiusura,
suscettibili di produrre effetti devastanti sui delicati
equilibri della regione.
Mal si giustifica, in ogni caso, il paragone tra la Corea
del Nord (Stato riconosciuto da tutto il mondo e membro delle
Nazioni Unite) e Taiwan, con cui, peraltro, intendiamo
proseguire nello sviluppo di più ampi rapporti economici,
scientifici e culturali, purché ispirati al rispetto del
principio dell'"unica Cina", sottoscritto dall'Italia nel 1970
e da allora coerentemente mantenuto.
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