| GUSTAVO SELVA. Signor Presidente, innanzitutto richiamo il
problema toccato nella premessa della mia interrogazione: un
atto di così grande rilevanza mi pare che avrebbe richiesto un
preventivo contatto informativo con il Parlamento,
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quanto meno con le sue Commissioni esteri. Il ministro Dini
avrebbe quindi dovuto, in riferimento ad un atto che viene
presentato addirittura con qualche sapore di carattere
storico, informare preventivamente il Parlamento: al
contrario, se non ci fosse stata la mia interrogazione, non lo
avrebbe informato neanche a cose avvenute, il che la dice
lunga sull'inno che si leva molto spesso alla centralità del
Parlamento, mentre poi in effetti tale organo viene trascurato
anche in occasione di atti di così grande rilevanza.
Nel merito, prendo atto del carattere politico e di
sicurezza che il sottosegretario ha addotto a giustificazione
del viaggio, che avrebbe ottenuto anche - e di questo prendo
atto - il consenso e l'accordo, prima che il ministro Dini si
recasse a Pyongyang, dei principali alleati e dell'Alleanza
atlantica. Prendo atto di quanto affermato dal sottosegretario
relativamente ai passi compiuti per lo sviluppo economico e
commerciale dei due paesi.
Per quanto riguarda, invece, il parallelo che mi sono
permesso di fare tra i rapporti che si intendono intrattenere
con Pyongyang e quelli più "leggeri" che si vogliono
instaurare con Taiwan, si è detto che Pyongyang ha rapporti
con altri cinque paesi: informo il sottosegretario, che
sicuramente lo saprà già, che Taiwan intrattiene rapporti con
quaranta paesi fra i quali, ad esempio, anche la Città del
Vaticano, rapporto non certamente rilevante dal punto di vista
economico e commerciale, ma che ha un significato specifico di
grande rilievo.
Pertanto, mi sembra giustificata la conclusione a cui
giunge la mia interrogazione nella quale ipotizzo l'uso di due
pesi e due misure nei rapporti tra dell'Italia con Taiwan e
con la Corea del Nord. Ricordo al sottosegretario Intini, che
sicuramente già lo sa, che i rapporti con Taiwan hanno avuto
uno sviluppo maggiore con il Governo Berlusconi grazie agli
accordi che l'allora ministro degli esteri stipulò con la
Repubblica di Cina in Taiwan: è da allora che abbiamo a Taipei
una rappresentanza di qualche rilievo formata da tre o quattro
persone, anche se è nulla a paragone della Francia, della
Germania, del Belgio o dell'Olanda ivi rappresentate da vere e
proprie ambasciate con trenta-quaranta persone.
Inoltre, visto che lei ha inquadrato il rapporto con
Pyongyang anche sotto il profilo della sicurezza, vorrei dire
che ritengo che la sicurezza di Taiwan, anche dal punto di
vista politico, sia molto più importante o almeno pari a
quella della Corea del Nord che non viene minacciata da
nessuno, mentre per Taiwan si registrano continue minacce da
parte della Cina.
Per questi aspetti mi dichiaro completamente insoddisfatto
della sua risposta, perché ritengo che il nostro rapporto con
Pyongyang, che accetto e sostengo in linea di principio, debba
essere messo sullo stesso piano di quello di Taiwan, che
reputo essere quanto meno viziato, a mio giudizio, dal peso
che la sinistra ancora esercita in politica estera, anche
quando si tratta di rapporti commerciali ed economici, per non
parlare dei diritti umani, nei confronti dei quali la Cina ha
dato l'esempio di cui abbiamo parlato con gli atti di
sindacato ispettivo discussi in precedenza.
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