| ROBERTO MANZIONE. Presidente Amato, devo darle atto che
effettivamente, in questo come in altri campi, il Governo è
riuscito a muoversi con una agilità che probabilmente nemmeno
noi riuscivamo ad immaginare, però le problematiche restano e,
come diceva anche lei, sono molto complesse perché sicuramente
trovano una loro ragion d'essere in altre tematiche che
esulano dalla mera ricerca di una agibilità delle strutture
carcerarie. L'inagibilità attuale, dobbiamo ricordarlo, non
interessa soltanto i detenuti, ma anche gli agenti di polizia
penitenziaria, che vivono e soffrono per le stesse condizioni
disumane delle nostre strutture carcerarie. Queste condizioni
disumane sono determinate dai numeri: come le ricordavo, i
detenuti sono 54 mila rispetto ad una capienza regolamentare
che per tutte le strutture carcerarie italiane dovrebbe essere
di circa 37 mila, con una capienza massima di 42 mila persone
e con esuberi effettivi, che comportano un sovraffollamento,
che si aggirano intorno ai 12 mila detenuti. Mai come nel
momento attuale una valutazione di questo tipo, che deve
essere serena, tranquilla ed a tutto tondo, diventa attuale,
se è vero come è vero che ieri il cardinal Ruini, anticipando
la visita che il 9 luglio prossimo il Papa farà a Rebibbia,
parlava di un provvedimento di clemenza che tenesse conto
delle condizioni disumane che attualmente esistono nelle
nostre case circondariali. Questo monito della Chiesa, con il
richiamo a principi nei quali molti di noi credono, deve però
scontare una diffidenza da parte dell'opinione pubblica che
vorrebbe la certezza della pena e che vorrebbe immaginare che
coloro i quali commettono reati, senza essere costretti a
versare in condizioni disagevoli, vengano in qualche modo
puniti.
Allora dobbiamo avere una grande capacità di volare alto
per immaginare una soluzione che tenga conto di tutti questi
problemi, perché una democrazia che non si difende sicuramente
muore, ma muore pure una democrazia che non è in grado di
proteggere e di tutelare gli emarginati.
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