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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


1180
DDL0079-0002
Progetto di legge Camera n. 79 - testo presentato - (DDL13-79)
(suddiviso in 23 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C79. TESTIPDL
...C79.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC79 ZZ13 ZZRL ZZPR
     Onorevoli Colleghi! - Tredici anni sono trascorsi
  dall'entrata in vigore della legge 4 maggio 1983, n. 184,
  durante i quali è stato possibile osservare lo stato della
  condizione dei minori in Italia, fare confronti con altri
  Paesi e verificare su alcuni punti la necessità di un
  aggiornamento della legge.
     I criteri che avevano ispirato i legislatori di allora
  erano l'adeguamento della normativa nazionale alle direttive
  contenute nella Convenzione di Strasburgo del 1967, lo
  snellimento delle procedure, ma soprattutto la necessità di
  due innovazioni: l'introduzione dell'istituto dell'affidamento
  e la regolamentazione dell'adozione internazionale che
  iniziava in quel periodo a divenire fenomeno diffuso.  I
  risultati ottenuti dalla legge sono senz'altro positivi, basta
  un dato estremamente eloquente per darne il senso: dal 1967
  circa 70.000 bambini hanno trovato una famiglia.  Oggi però
  alcune modifiche si rendono necessarie sia per le esperienze
  compiute, sia per i continui mutamenti che caratterizzano la
  società.  E l'adozione come pochi altri istituti giuridici è
  densa di contenuti sociali.
     Troppo spesso una parte della stampa, attraverso un taglio
  semplificatorio, "filmografico" e disinformante, si pone di
  fronte al problema in modo sbagliato.  Con molta frequenza
  questo viene affrontato dal versante, distorto, di desideri di
  maternità o paternità frustrati o impossibilitati a
  realizzarsi.  Sempre più l'assenza di certezza di regole a
  livello internazionale rischia di consegnare alla criminalità
  organizzata il futuro di tanti minori.  E' bene quindi ribadire
 
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  innanzi tutto la prospettiva nella quale ci si deve porre
  nell'affrontare il perseguimento dell'interesse del minore,
  del suo diritto ad affetti stabili ed alla serenità.
     Questa proposta di legge fa propri molti dei suggerimenti
  avanzati dalla relazione conclusiva dell' Indagine
  conoscitiva sull'adozione,  della Commissione giustizia
  della Camera dei deputati nella X Legislatura, proposta
  dall'onorevole Bianca Guidetti Serra.  Prima della stesura di
  questo progetto di riforma, si è ritenuto inoltre opportuno
  consultare alcuni operatori ed esperti della materia sotto i
  diversi profili, giudici del tribunale dei minori, assistenti
  sociali e associazioni delle famiglie.
     La prima domanda che sorge è: per quali ragioni 40.000
  minori oggi restano in istituto malgrado la legge n. 184 del
  1983 abbia regolato l'affidamento e l'adozione?  Il fenomeno
  dell'istituzionalizzazione è troppo spesso ignorato.  Esso
  dev'essere considerato un abuso sul minore poiché la mancanza,
  o la sola insufficienza, di rapporti stabili e personalizzati
  provoca carenze affettive che arrecano effetti negativi tali
  da pregiudicare, in modo spesso irrimediabile l'evoluzione
  psichica e spesso anche fisica del bambino.  Primo compito deve
  essere quindi quello di fare cessare tale stato di fatto.
     Ma perché questo sia veramente possibile è indispensabile
  che il Parlamento approvi al più presto un'organica riforma
  del settore assistenziale.  Infatti, gli strumenti che a questo
  fine la legge n.  184 offre sono molto spesso inutilizzabili,
  sia per la insufficienza e l'inefficienza dei servizi e,
  talvolta, perfino per la loro totale mancanza in alcune
  regioni.
     Il carattere di fondo della legge n.  184 è definito dal
  suo primo articolo che stabilisce il diritto del minore ad
  essere educato nell'ambito della propria famiglia.  Ma troppo
  spesso, per carenze nei servizi e negli enti che devono
  applicarla e per il disordine del settore assistenziale, tale
  principio viene disatteso.  E' questo il caso dei numerosissimi
  minori istituzionalizzati o affidati che provengono da
  famiglie in disagiate condizioni economiche.  Con gli articoli
  1, 2, 3 e 4 della presente proposta si vogliono pertanto
  indicare soluzioni ed affrontare problematiche su cui la legge
  n.  184 si è rivelata carente.
     Proponiamo innanzitutto con l'articolo 1 di affermare,
  accanto al diritto del minore ad essere educato nella propria
  famiglia, il corrispondente diritto della famiglia che
  incontra difficoltà economiche nell'educazione dei propri
  figli, ad essere aiutata dalle istituzioni e dalla
  collettività.  In particolare abbiamo voluto specificare che
  soltanto ove il minore risulti privo della necessaria
  assistenza, nonostante gli interventi di sostegno alla sua
  famiglia da parte dello Stato, dell'ente locale e di singoli
  cittadini, esso possa essere affidato, in via temporanea, ad
  altra famiglia o singole persone.
     In particolare si prevede un aiuto alle famiglie con i
  seguenti interventi (articolo 3):
         a)  un assegno familiare speciale da parte della
  Cassa unica assegni familiari (CUAF);
         b)  un contributo dell'ente locale;
         c)  la priorità per l'assegnazione di alloggio da
  parte di enti pubblici o privati;
         d)  l'inclusione nella riserva del 12 per cento di
  assunzioni di lavoratori appartenenti a categorie "deboli",
  dei genitori del minore;
         e)  l'elevazione del limite di età per i concorsi
  pubblici.
     Si tenga presente che nel 1992 soltanto 5.000 dei 17.000
  miliardi di contributi versati all'INPS per gli assegni
  familiari sono stati poi erogati ai beneficiari.
     Con la presente proposta di legge si prevede inoltre una
  responsabilizzazione degli enti locali relativamente
  all'erogazione di un contributo alle famiglie, alla quale è
  subordinata l'erogazione dell'assegno familiare speciale
  (articolo 3, comma 4).
     E' altresì necessaria la creazione di una figura di
  "assistente domiciliare" (articolo 2).  Tale forma di aiuto è
  stata realizzata in varie città italiane con il conseguimento
 
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  di ottimi risultati: l'idea-base è di inserire per alcune ore
  del giorno nella famiglia che abbia difficoltà nella guida dei
  figli una persona con compiti di aiuto negli impegni
  casalinghi e nella cura dei minori anche sotto il profilo
  scolastico.
     Il numero di famiglie e di singole persone disposte ad
  accogliere un minore in affidamento familiare è purtroppo
  ancora scarso rispetto alla effettiva necessità.  Per questo
  con l'articolo 7 della presente proposta di legge, si cerca di
  individuare una nuova modalità di aiuto ai minori in
  difficoltà.  Si tratta di una sorta di "madrinaggio" o
  "padrinaggio" che non sottragga il minore alla propria
  famiglia.  I cittadini che vogliono aiutare un bambino
  bisognoso possono, sotto garanzia e sorveglianza delle
  istituzioni competenti in materia, stabilire un rapporto di
  "complementarietà" con i genitori aiutandoli economicamente e
  stabilendo una relazione con il minore stesso.  E' una forma di
  "affidamento parziale" che si colloca nell'ambito del mutuo
  aiuto tra famiglie, della solidarietà, del volontariato
  micro-comunitario, e pertanto già possibile e silenziosamente
  esistente, ma sancirla per legge con la campagna di
  informazione che ne conseguirebbe, significherebbe
  sensibilizzare i cittadini, offrire una formula anche a chi
  non può impegnarsi in un affidamento, e un'ulteriore
  possibilità di scelta ai genitori in difficoltà.  Il controllo
  delle istituzioni è indispensabile per garantire il minore da
  eventuali forme di sfruttamento.
     Possiamo fare l'esempio dei genitori tossicodipendenti o
  detenuti, delle ragazze madri sole, che rappresentano alcuni
  dei principali casi sociali di provenienza dei bambini in
  adozione o in affidamento e che, a causa della loro
  condizione, non possono prendersi cura dei figli per tutto il
  tempo necessario, ma non per questo devono essere considerati
  genitori di "serie B" passibili di facili giudizi o
  provvedimenti.  L'istituzionalizzazione sarebbe in questo caso
  del tutto dannosa e l'affidamento, che per definizione prevede
  la residenza presso gli affidatari, risulterebbe invece un
  provvedimento eccessivo.
     L'articolo 6 della legge n. 184 del 1983 stabilisce
  l'idoneità all'adozione soltanto per le coppie sposate,
  presupponendo così un modello di famiglia esclusivamente
  limitato a quello tradizionale.  Durante i trascorsi tredici
  anni dalla data dell'entrata in vigore della legge n. 184
  molte abitudini e costumi sociali si sono modificati ed è
  notevolmente aumentato il numero delle coppie conviventi che
  non contraggono matrimonio.
     E' necessario quindi che anche questa proposta di legge
  prenda atto del modificarsi del concetto di famiglia.
  Attualmente in Italia non esiste una regolamentazione del
  rapporto  more uxorio,  che è urgente approvare, ma le
  indagini effettuate dagli assistenti sociali prima di
  deliberare la capacità di una coppia ad adottare sono
  sicuramente una garanzia ben maggiore di un certificato di
  matrimonio.
     E' cambiata inoltre negli individui la percezione di sé, e
  molti sono coloro che scelgono di vivere da soli.  Non per
  questo però sono da considerarsi impossibilitati o incapaci di
  creare attorno ad un bambino quella situazione di affetti ed
  attenzioni di cui ha bisogno.  Si deve quindi prevedere la
  possibilità di adozione da parte di singole persone anche
  nell'articolo in cui vengono definiti i soggetti che possono
  averne l'idoneità (articolo 8).
     D'altra parte, la stessa legge n. 184, con l'articolo 44,
  rende possibile questo tipo di adozione in casi particolari, e
  in altri articoli ritiene altrettanto validi ed importanti i
  legami che si possono stabilire con un solo genitore.
  All'articolo 25 afferma:
     "4.  Se uno dei coniugi muore o diviene incapace durante
  l'affidamento preadottivo, l'adozione nell'interesse del
  minore, può essere ugualmente disposta ad istanza dell'altro
  coniuge nei confronti di entrambi, con effetto per il coniuge
  deceduto dalla data della morte.
     5.  Se nel corso dell'affidamento preadottivo interviene
  separazione tra i coniugi affidatari, l'adozione può essere
  disposta nei confronti di uno solo o di entrambi,
  nell'esclusivo interesse del minore qualora i coniugi ne
  facciano richiesta".
 
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     E ugualmente tali legami si ritengono importanti
  nell'articolo 27 dove si legge:
     "2.  Se l'adozione è disposta nei confronti della moglie
  separata, ai sensi dell'articolo 25, l'adottato assume il
  cognome della famiglia di lei".
     E' bene segnalare inoltre che, nell'ambito dei Paesi
  dell'Unione europea, l'adozione da parte di singoli è
  espressamente consentita in tutti i Paesi, eccetto in
  Danimarca, Italia e Paesi Bassi.
     Occorre sottolineare che è importante cambiare la legge
  per adeguarla a costumi sociali che si modificano, ma per
  evitare inutili ideologismi è bene chiarire che essendo molte
  le coppie che richiedono l'adozione mentre pochi sono i
  bambini da adottare, il giudice, che si muove nell'esclusivo
  interesse del minore e decide per il medesimo la situazione
  che offre le migliori condizioni di completezza degli affetti,
  sarà portato quasi inevitabilmente a scegliere più spesso una
  coppia che un  single.
     L'articolo 6 deve essere modificato anche per quanto
  riguarda i limiti di età.  Oggi i percorsi di formazione e i
  processi di inserimento nel mondo del lavoro sono più lunghi,
  si sceglie una vita di coppia e si decide di avere figli più
  tardi, si vive mediamente più a lungo, si andrà in pensione
  più tardi, i moderni mezzi di comunicazione rendono più
  omogeneo il livello di partecipazione alla vita sociale.  Si
  rende quindi necessaria una modifica dei limiti di età nel
  modo indicato dalla presente proposta di legge per adeguare la
  legge, anche su questo aspetto, alle trasformazioni sociali in
  atto.
     Il numero di bambini aventi i requisiti di età richiesti
  da chi vuole adottare in Italia è in continua diminuzione.  Ciò
  avviene non solo per il basso tasso di natalità ma anche per
  l'aumento del controllo delle nascite anche nei ceti più
  poveri, sicuramente segno di progresso civile del nostro
  Paese.  Questi fenomeni comportano che il desiderio di
  maternità o paternità si indirizzi verso i Paesi del terzo
  mondo ove è possibile ottenere bambini molto piccoli ed in
  tempi brevi.  Troppo spesso però si sono verificati casi di
  "commercio" di bambini attraverso la falsificazione dei
  documenti.
     Quando la legge n. 184 del 1983 è stata approvata il
  problema non aveva l'attuale rilevanza e pertanto gli
  strumenti allora previsti risultano assai deboli rispetto alla
  realtà odierna.
     Innanzi tutto l'attuale normativa non afferma un principio
  imprescindibile: il diritto del minore a crescere e ad essere
  pertanto adottato nel suo Paese natale (articolo 10).  Il
  grande sviluppo nell'ultimo decennio dell'adozione
  internazionale non fa che riflettere il grande squilibrio
  sociale ed economico del mondo e per questo è destinato ad
  aumentare nei prossimi anni.
     Pochissimo si è fatto però nel nostro Paese.  Come bene
  esprime la relazione conclusiva dell' Indagine conoscitiva
  sull'adozione  del 1992 già citata: "negli anni passati sia
  il Ministero degli esteri che il Ministero dell'interno si
  sono mossi con incertezza e difficoltà nelle operazioni di
  verifica della regolarità delle procedure adottate nel Paese
  straniero e della posizione del minore al momento dell'entrata
  in Italia, nonché in riferimento ai servizi e l'assistenza
  offerti alla coppia italiana che si reca all'estero".  E' la
  comunità internazionale tutta che deve affrontare con
  responsabilità tale argomento, iniziando a creare una minima
  cornice normativa di riferimento e di garanzie per difendere i
  minori abbandonati dei Paesi sottosviluppati, offrendo loro la
  possibilità di un futuro migliore.  E' infatti solo con
  provvedimenti e norme stabilite di concerto tra più Paesi, con
  una rete normativa ben salda a livello mondiale che si può
  affrontare concretamente il problema del mercato dei minori e
  operare per smascherare le organizzazioni illegali che
  sottraggono figli a famiglie povere del terzo mondo per poi
  rivenderli a coppie di Paesi ricchi, oppure, nella peggiore
  delle ipotesi, per alimentare il mercato degli organi
  espiantati.  Il recepimento, anche da parte del nostro Paese,
  della "Convenzione per la tutela dei bambini e la cooperazione
  nell'adozione internazionale", predisposta dalla Conferenza de
  L'Aja in data 29 maggio 1993, può segnare l'inizio di un nuovo
 
                               Pag. 5
 
  rigore e di una più completa articolazione delle leggi
  internazionali.  Anche la Convenzione ONU sui diritti del
  fanciullo firmata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata
  dall'Italia il 27 maggio 1991, può essere un efficace
  strumento di riferimento comune.  E' urgente inoltre che il
  Governo italiano si adoperi per stipulare convenzioni
  bilaterali con i Paesi dai quali proviene il maggior numero di
  bambini adottati al fine di garantire, in particolare,
  l'omogeneità delle rispettive regolamentazioni e lo scambio di
  informazioni fra le diverse autorità competenti.
     La Convenzione de L'Aja fornisce importanti indicazioni
  sulla necessità di trasparenza dei percorsi e delle pratiche
  attraverso le quali si giunge all'adozione di un minore e che
  oggi, di fatto, sono i più disparati e inaffidabili; soltanto
  una assoluta minoranza ricorre infatti ad associazioni
  autorizzate, mentre la maggior parte si serve di missionari o
  avvocati nonché di equivoche figure di mediatori.  Seguendo le
  indicazioni della Convenzione la presente proposta di legge
  offre garanzie in tal senso, stabilendo il ricorso
  obbligatorio ad enti autorizzati (articolo 14), e stabilisce
  con precisione gli accertamenti da svolgere (articoli 11 e
  12).
     Ma il punto più importante della Convenzione de L'Aja è
  l'istituzione, in ogni Stato, di un'autorità centrale in
  materia che viene prevista dall'articolo 16 della presente
  proposta di legge con la denominazione di "Comitato
  interministeriale per l'affidamento e l'adozione dei minori".
  A tale autorità competono responsabilità che riguardano sia
  l'affidamento e l'adozione nazionale che l'adozione
  internazionale.  Si verrebbe a creare così un organismo
  centrale altamente competente in materia che, attraverso i
  suoi compiti di supervisione e coordinamento, ma anche di
  informazione e di ricerca, sarebbe in grado di contribuire ad
  un profondo miglioramento dell'attuale, difficile,
  situazione.
     Da più parti infine viene sollecitata una precisazione
  circa la durata del decreto di idoneità all'adozione
  internazionale.  Infatti, la situazione degli aspiranti
  genitori adottivi può cambiare, ci possono essere mutamenti
  delle condizioni di salute, di lavoro o nel rapporto di
  coppia.  Per questo è necessario stabilire un limite massimo di
  durata dell'idoneità, come pure, per le stesse ragioni, è
  necessario stabilire il decadimento di esso dopo una prima
  adozione (articolo 12).
     La presente proposta di legge vuole essere aperta a tutti
  i contributi degli operatori sociali e del diritto e delle
  associazioni, per ottenere dal Parlamento con l'apporto di
  tutti i gruppi politici una legge migliore "nell'esclusivo
  interesse dei minori".
 
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