| Onorevoli Colleghi! - I traffici delle merci e delle
materie prime che originano dal nostro paese transitano per
l'80 per cento per la via marittima.
A questa imponente mole di traffici il naviglio battente
bandiera nazionale partecipa soltanto per il 18 per cento.
Tale quota, in assenza di scelte politiche mirate al rilancio
del settore, è destinata a decrescere di anno in anno.
A gennaio 1994 la consistenza della flotta nazionale era
di circa 7.300.000 t.s.l. mentre 1.133.000 t.s.l. era la quota
gestita in regime di locazione a scafo nudo ad armatore estero
(legge n. 234 del 1989).
La flotta nazionale è ormai scesa al dodicesimo posto
della graduatoria mondiale per consistenza e ne rappresenta
soltanto 1,8 per cento. Questa situazione di debolezza
strutturale e di scarsa competitività porta il deficit
della bilancia dei noli ad oltre 3.000 miliardi annui in un
quadro dell'economia nazionale in cui il saldo della bilancia
dei pagamenti è invece positivo, sospinto dalla particolare
congiuntura favorevole per i beni ed i prodotti esportati dal
nostro paese.
Alle gravi conseguenze economiche dei fenomeni sopra
descritti deve essere associato il grave disagio sociale che
deriva dal costante decremento dei livelli occupazionali dei
lavoratori marittimi italiani. Tale fenomeno, data la
peculiarità del mercato del lavoro marittimo, va ad incidere
in maniera pesante su aree del Paese già gravemente
penalizzate dalla crisi economica quali vaste aree
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del Mezzogiorno, la Liguria, la città
di Trieste.
I marittimi italiani, ormai non più di 50.000, necessitano
di interventi mirati alla difesa dei livelli occupazionali ed
al mantenimento degli standard professionali richiesti
dall'evoluzione tecnologica del naviglio e dalle stesse
convenzioni internazionali. Inoltre, debbono essere riaperte
le possibilità di imbarco per gli Allievi Ufficiali e per
quelle categorie, ad altissima professionalità e tradizione,
nel campo dei servizi alberghieri ed occorrono iniziative
mirate ad elevare gli stessi standard di sicurezza della
navigazione.
Gli interventi legislativi che hanno interessato la
marineria nazionale in questi anni, sono stati molti e sono
costati allo Stato l'impiego di molte risorse. Tali interventi
avevano tuttavia due caratteristiche:
1) erano finalizzati principalmente al sostegno della
cantieristica, e quindi alla costruzione delle navi o alla
loro trasformazione;
2) non avevano alcun criterio selettivo distribuendo
risorse con il consueto costume del finanziamento "a pioggia".
Inoltre mai alcun provvedimento è stato rivolto a tutelare
l'occupazione e la professionalità dei marittimi.
Un'altra riflessione riguarda il problema della
competitività della flotta cui si è teso a porre rimedio con
il sistema del bare boat charter (legge n. 234 del
1989).
Una riflessione critica su tale strumento ci deve portare
a dire che, per lo Stato italiano, i benefìci sono stati
pressoché inesistenti: si è consentita la costituzione di
società estere alimentando così l'elusione fiscale; gli stessi
ricavi non hanno contribuito a limitare il deficit della
bilancio dei noli bruciando all'estero inutili risorse, vale a
dire sono stati pagati in conto estero servizi resi da
soggetti nazionali; si sono mantenuti, senza alcun tangibile
beneficio, che non fosse la costruzione della nave, tutti i
contributi previsti dalla legge n. 234 del 1989; in ultimo, e
non certo per importanza, si è aumentata pesantemente la
disoccupazione dei marittimi italiani.
La presente proposta di legge affronta queste
problematiche in una chiave nuova: si passa, pur nell'ambito
dei limiti previsti dalla Unione europea, da un sostegno
all'investimento ad un sostegno alla gestione, ma lo si fa
mirando, attraverso rigidi parametri selettivi, ad un aumento
dell'occupazione, ad un miglioramento della sicurezza e della
professionalità, ad un abbattimento dei deficit dei
noli, ad un allargamento delle entrate fiscali per lo
Stato.
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