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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


186
DDL0007-0002
Progetto di legge Camera n. 7 - testo presentato - (DDL13-7)
(suddiviso in 11 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C7. TESTIPDL
...C7.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC7 ZZ13 ZZRL ZZPR
     Onorevoli Deputati! - Il provvedimento costituisce la
  reiterazione dei decreti-legge 15 novembre 1993, n. 455, 14
  gennaio 1994, n. 23, 17 marzo 1994, n. 176, 16 maggio 1994, n.
  291, 15 luglio 1994, n. 447, 8 settembre 1994, n. 535, 9
  novembre 1994, n. 627, 13 gennaio 1995, n. 7, 13 marzo 1995,
  n. 69, 12 maggio 1995, n. 165, 7 luglio 1995, n. 276, 7
  settembre 1995, n. 374, 8 novembre 1995, n. 466, e 8 gennaio
  1996, n. 9, decaduti per mancata conversione; al pari dei
  precedenti, intende dare attuazione alla revisione
  dell'articolo 68 della Costituzione operata con la legge
  costituzionale 29 ottobre 1993, n. 3.   Rimane ferma, ed anzi
  rafforzata, la ragione che aveva già spinto a scegliere la
  procedura d'urgenza, consistente nella necessità di assicurare
  che la norma costituzionale fosse prontamente accompagnata da
  disposizioni atte a definirne le modalità operative.
     Quanto ai contenuti, peraltro, il testo normativo presenta
  rilevanti elementi di novità rispetto a quello dei precedenti
  decreti-legge.  Per il debito ossequio alla volontà
  parlamentare, il Governo ha infatti ritenuto di dover
  riproporre, nella circostanza - salve limitate varianti intese
  a migliorare la formulazione delle singole disposizioni dal
  punto di vista strettamente tecnico - il testo approvato dal
  Senato in sede di conversione del decreto-legge 8 gennaio
  1996, n. 9, che apporta ampie modifiche all'originario
  articolato governativo.  Ciò pur nella consapevolezza che il
  dibattito parlamentare e le incertezze cui dà adito
  l'interpretazione del dettato costituzionale imporranno,
 
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  verosimilmente, una ulteriore riflessione in ordine a
  determinate soluzioni di particolare delicatezza, soprattutto
  per quanto attiene alla ricerca dei giusti punti di equilibrio
  fra esigenze del procedimento giurisdizionale e prerogative
  parlamentari.
     L'articolo 1 sostituisce il secondo periodo dell'articolo
  343, comma 3, del codice di procedura penale, già contenente
  una disciplina specifica per il caso in cui la necessità
  dell'autorizzazione a procedere concernesse un membro del
  Parlamento e della Corte costituzionale.  Alla luce del nuovo
  regime delle immunità introdotto dalla citata legge
  costituzionale n. 3 del 1993, tale disciplina viene surrogata
  con un più generico rinvio alle speciali e prevalenti
  disposizioni dettate, in materia, da fonti di rango
  costituzionale.
     L'articolo 2 attiene all'immunità sostanziale prevista dal
  primo comma dell'articolo 68 della Costituzione in rapporto
  alle opinioni espresse ed ai voti dati nell'esercizio delle
  funzioni parlamentari.
     Al riguardo, il comma 1, rispondendo ad una esigenza
  avvertita nella pratica, chiarisce anzitutto che la citata
  disposizione costituzionale trova comunque applicazione in
  rapporto agli atti tipici attraverso cui si esplicano le
  predette funzioni, senza peraltro escludere la possibilità che
  l'immunità si estenda anche ad attività divulgative connesse
  svolte fuori del Parlamento, delle quali è cenno nel
  successivo comma 3.
     Quanto alla valutazione circa l'applicabilità della norma
  costituzionale nel singolo caso concreto, essa viene rimessa
  principalmente alla Camera di appartenenza del parlamentare,
  in applicazione del principio, espresso anche dalla Corte
  costituzionale nella sentenza n. 1150 del 1988, secondo cui le
  prerogative parlamentari implicano il potere dell'organo, a
  cui tutela sono poste, di valutarne l'effettiva ricorrenza.
     Il meccanismo procedurale all'uopo prefigurato è
  finalizzato, da un lato, ad evitare "interferenze"
  nell'esercizio da parte del Parlamento e della magistratura
  dei rispettivi poteri, e, dall'altro, ad assicurare una
  sollecita decisione sulla questione.
     Più in dettaglio, il comma 2 stabilisce, in via
  preliminare, l'obbligo del giudice di procedere alla immediata
  separazione dei procedimenti giurisdizionali, nei quali è
  rilevata o eccepita l'applicabilità dell'articolo 68, primo
  comma, della Costituzione, dagli eventuali procedimenti
  riuniti.
     Ai sensi del comma 3, il giudice dichiara direttamente
  l'esistenza dell'ipotesi di insindacabilità, senza necessità
  di preventivo interpello della Camera di appartenenza del
  parlamentare, in tutti i casi in cui ne ravvisi i presupposti.
  Lo stesso comma precisa, poi, in rapporto al tipo di
  procedimento ed alle sue fasi, la forma che il provvedimento è
  destinato ad assumere, dettando, altresì, con specifico
  riferimento al processo civile, disposizioni volte a rendere
  più celere la pronuncia.
     L'opposta ipotesi, in cui il giudice ritenga cioè non
  fondata l'eccezione di applicabilità della disposizione
  costituzionale, trova disciplina nel successivo comma 4.  In
  tal caso, il giudice provvede con ordinanza non impugnabile
  (da emettere senza ritardo, o, se si tratti di processo
  civile, nella stessa udienza o nei cinque giorni successivi),
  disponendo la trasmissione degli atti alla Camera alla quale
  il membro del Parlamento appartiene o apparteneva al momento
  del fatto, affinché deliberi se quest'ultimo concerna o meno
  opinioni espresse o voti dati nell'esercizio delle funzioni
  parlamentari.
     La predetta trasmissione - che avviene "direttamente"
  (ossia senza il tramite ministeriale e gerarchico) - comporta,
  a norma del comma 5, la sospensione del procedimento, fino
  alla deliberazione della Camera, e comunque, ad evitare troppo
  lunghe situazioni di stasi, per un periodo non superiore a
  novanta giorni, prorogabile di ulteriori trenta giorni dalla
  Camera competente.  La sospensione non impedisce, peraltro, il
  compimento degli atti urgenti.
     Il comma 6 aggiunge che quando la questione sorge nel
  corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero
  trasmette entro dieci giorni gli atti al giudice (per le
 
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  indagini preliminari), perché provveda a norma dei precedenti
  commi 3 e 4.
     Si prevede, inoltre, al comma 7, che la Camera possa
  essere investita della questione dell'applicabilità
  dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, anche
  direttamente dal parlamentare interessato.  In tale ipotesi,
  peraltro, la sospensione del procedimento ha luogo solo
  qualora la Camera ne faccia richiesta.
     In ogni caso in cui la Camera affermi l'operatività del
  disposto costituzionale, l'autorità giudiziaria è tenuta a
  conformarsi alla deliberazione, salvo che venga sollevato
  conflitto di attribuzione, con effetto sospensivo del
  procedimento (comma 8).
     Da ultimo, il comma 9 estende la disciplina sopra
  delineata anche ai procedimenti disciplinari, nel limite della
  compatibilità.
     L'articolo 3 reca le disposizioni attuative del secondo e
  terzo comma dell'articolo 68 della Costituzione.  Si è
  preferita, in proposito, la collocazione della norma  extra
  codicem,  poiché, a fronte della nuova lettura del dettato
  costituzionale, vertendosi in ipotesi di autorizzazione al
  compimento di specifici atti, si è fuori dell'ambito delle
  "condizioni di procedibilità" e, dunque, delle possibili
  integrazioni alla disciplina degli articoli 343 e 344 del
  codice di procedura penale.
     Non si è ritenuto praticabile, d'altra parte,
  l'inserimento della previsione nel libro del codice dedicato
  ai soggetti (e, specificamente, nel titolo relativo
  all'imputato), in quanto l'autorizzazione va richiesta anche
  per atti che, pur relativi a procedimenti nei quali il
  parlamentare non assume la qualità di "indagato" o di
  imputato, incidono comunque sulle garanzie riservate al membri
  del Parlamento (si pensi, così, ad una intercettazione
  sull'utenza telefonica del parlamentare disposta in rapporto
  ad altra persona "indagata" che con lui conviva). Né, infine,
  è parso opportuno inserire la norma nell'ambito delle
  disposizioni in materia di indagini preliminari, in quanto
  l'autorizzazione può essere richiesta anche in altre fasi del
  procedimento.
     La soluzione adottata prevede che l'obbligo di proporre la
  richiesta ricada sull'autorità che ha emesso il provvedimento
  e che la richiesta medesima debba essere formulata con
  riferimento all'atto concreto da eseguire, anziché con
  generico riguardo al tipo di atto che si intende disporre.
     La scelta di imporre l'autorizzazione della Camera per
  ogni specifico atto "particolarmente garantito" da eseguire è
  rigorosamente in linea con la previsione costituzionale;
  mentre quella di demandare la richiesta all'autorità che ha
  emesso il provvedimento si spiega, da un lato, con la
  opportunità di non far pronunciare il Parlamento su richieste
  che potrebbero non essere accolte dall'autorità competente e,
  dall'altro, di non "vincolare" quest'ultima alle scelte del
  Parlamento.  In aderenza alle ricordate modifiche apportate dal
  Senato al decreto-legge n. 9 del 1996, si è fatto riferimento
  generico all'"autorità", anziché all'"autorità giudiziaria",
  onde abbracciare nell'ambito applicativo della norma anche le
  ipotesi in cui un provvedimento incidente,  lato sensu,
  sulla libertà personale possa essere adottato dall'autorità
  amministrativa (un esempio potrebbe essere costituito dal
  foglio di via obbligatorio, di competenza del questore).
     Anche in questo caso, si è inoltre previsto che la
  richiesta di autorizzazione sia rivolta "direttamente" al
  Parlamento, eliminando così, rispetto all'autorità
  giudiziaria, sia il tramite del Ministero di grazia e
  giustizia, sia quello gerarchico: e ciò nell'ottica di
  ottenere la massima contrazione dei tempi procedurali, in
  risposta ad una esigenza tanto più avvertita nell'ambito della
  nuova disciplina, in cui l'autorizzazione concerne singoli e
  specifici atti, l'efficacia dei quali spesso dipende dalla
  rapidità di esecuzione.
     L'articolo 4 riguarda tanto l'ordinanza prevista
  dall'articolo 2, comma 4, quanto la richiesta di
  autorizzazione prevista dall'articolo 3.  Con riferimento ad
  entrambi gli atti si prevede che l'autorità competente enunci
  il fatto oggetto del procedimento, indicando le eventuali
  norme di cui si assume la violazione, e fornisca alla Camera
 
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  gli elementi sui quali il provvedimento si fonda.  La norma
  indirettamente chiarisce che tali elementi sono ostensibili
  all'assemblea, mentre gli atti eventualmente trasmessi - che
  possono risultare coperti da segreto, particolarmente
  nell'ipotesi di cui all'articolo 2, comma 6 - sono conoscibili
  solo dalla Giunta per le autorizzazioni.  Spetterà ai
  regolamenti parlamentari dettare le opportune norme
  organizzative in materia, in guisa da tutelare adeguatamente
  le esigenze di segretezza delle indagini.
     L'articolo 5 contiene una disciplina totalmente innovativa
  attinente alle intercettazioni "non mirate" (eseguite, cioè,
  nell'ambito di procedimenti riguardanti terzi e su utenze non
  proprie del parlamentare) di conversazioni o comunicazioni cui
  il parlamentare medesimo abbia preso parte: intercettazioni
  insuscettive, per intuitive ragioni, di ricadere nell'ambito
  di applicazione delle disposizioni in tema di autorizzazione
  preventiva dettate dall'articolo 3.
     In proposito, le nuove disposizioni si muovono in duplice
  direzione.  Da un lato, cioè, dissipando i possibili dubbi
  circa la riferibilità a tali intercettazioni della guarentigia
  prevista dal terzo comma dell'articolo 68 della Costituzione,
  si prevede che, qualora intenda utilizzare le intercettazioni
  in discorso, l'autorità giudiziaria (formula atta a
  comprendere anche, ed  in primis,  il pubblico ministero,
  essendo normalmente il giudice già intervenuto in precedenza)
  debba richiedere, sia pure in via successiva rispetto
  all'esecuzione dell'operazione, l'autorizzazione alla Camera
  di appartenenza del parlamentare.  Tale richiesta deve essere
  formulata entro dieci giorni dalla ricezione dei verbali e
  delle registrazioni, in modo tale da evitare che - una volta
  "scoperto" che una data utenza è destinataria, magari
  abituale, di comunicazioni del membro del Parlamento - la
  prosecuzione delle intercettazioni possa tradursi in una
  surrettizia elusione delle prescrizioni dell'articolo 3.
     Dall'altro lato, onde evitare che vengano rese di pubblico
  dominio intercettazioni che pure sono destinate a non essere
  utilizzate nel procedimento, o perché irrilevanti in rapporto
  a quest'ultimo, o perche l'autorizzazione alla loro
  utilizzazione è stata negata dalla Camera, si stabilisce che i
  relativi verbali e registrazioni non possano essere oggetto di
  deposito a norma dell'articolo 268, commi 4 e 5, del codice di
  procedura penale - deposito a seguito del quale il loro
  contenuto diverrebbe liberamente pubblicabile (articoli 114,
  comma 7, e 329, comma 1, del codice di procedura penale) - se
  non dopo l'ottenimento dell'autorizzazione.
     Nell'intento di prevenire, comunque, un eccessivo
  allungamento dei tempi del procedimento, viene delineato un
  meccanismo di silenzio-assenso, in forza del quale, decorso il
  termine di sessanta giorni dalla richiesta di autorizzazione
  senza che la Camera abbia provveduto, l'autorità giudiziaria è
  facultata a reiterare la richiesta stessa; mentre, se neppure
  nei sessanta giorni successivi alla reiterazione interviene il
  diniego, l'autorizzazione si intende concessa.
     Da ultimo, a maggior tutela della riservatezza del
  parlamentare, viene stabilito che, nei casi in cui - per le
  ragioni sopra indicate - le intercettazioni risultino
  inutilizzabili, debba disporsi l'immediata distruzione della
  relativa documentazione.
     Sempre in riferimento alla materia delle intercettazioni
  "non mirate", l'articolo 6 stabilisce, con disposizione a
  carattere transitorio, che la disciplina di cui all'articolo 5
  trovi applicazione anche nei procedimenti in corso alla data
  di entrata in vigore del decreto, salvo che le intercettazioni
  siano già state utilizzate in giudizio.  Viene opportunamente
  precisato, altresì, che l'avvenuto compimento delle attività
  di cui al comma 2 del medesimo articolo 5 - ossia la ricezione
  dei verbali e delle registrazioni da parte dell'autorità
  giudiziaria ed il loro deposito a norma dell'articolo 268,
  commi 4 e 5, del codice di procedura penale - non costituisce
  ragione di esonero dall'obbligo di richiedere
  l'autorizzazione.
     L'articolo 7 fissa la data di entrata in vigore del
  provvedimento.
 
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