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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


23732
DDL1831-0002
Progetto di legge Camera n. 1831 - testo presentato - (DDL13-1831)
(suddiviso in 12 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C1831. TESTIPDL
...C1831.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC1831 ZZ13 ZZRL ZZPR
    Onorevoli Colleghi! - Già nell'XI legislatura, il
  gruppo di Rifondazione Comunista con la proposta di legge n.
  3206 presentata presso la Camera dei deputati aveva
  sollecitato l'istituzione di una Commissione parlamentare di
  inchiesta sulle spese militari.  Quella proposta, a suo tempo
  bollata da buona parte dei gruppi più legati alla  lobby
  militare e bellico-industriale, come mossa da una ostilità
  ideologica nei confronti delle Forze armate, acquista oggi una
  rinnovata attualità.
     L'emergere di una sempre più estesa "tangentopoli con le
  stellette" rischia infatti, questa sì, di pregiudicare
  pesantemente il prestigio delle nostre Forze armate.  La
  dimensione del fenomeno, frutto di una politica che per anni
  ha conservato il mondo militare in una zona franca al riparo
  da ogni reale controllo da parte del Parlamento, è tale da
 
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  rendere necessari provvedimenti eccezionali in grado di
  risanare la struttura stessa, ponendo fine agli sprechi e al
  sistema delle tangenti.  Secondo gli ultimi dati, i militari
  indagati (che non vuol dire, ovviamente, colpevoli) sia dalle
  procure militari che da quelle ordinarie superano la cifra di
  duemilacinquecento.  Il recente arresto di tre alti ufficiali
  per ordine della procura di Milano, intorno ai quali ruotava
  un vero e proprio sistema di tangenti sulle forniture alle
  strutture militari, induce a pensare ad un fenomeno che ha
  potuto svilupparsi solo grazie alla complicità di uomini
  collocati nei posti chiave della catena di comando.
     La sola procura militare di Roma ha aperto sei inchieste
  sui presunti illeciti nelle Forze armate.  Grazie a queste
  inchieste si è potuto fino ad ora recuperare allo Stato dieci
  miliardi di lire.
     Seicentoquaranta sono gli indagati e centinaia i rinvii a
  giudizio.  Appalti "truccati", fatture false e stipendi pagati
  a persone che non ne hanno più diritto: questi i temi
  ricorrenti.  In particolare sul tavolo del procuratore Antonino
  Intelisano, sono arrivate alcune delle pratiche che hanno
  fatto più scalpore: quella che riguarda gli appalti concessi
  in cambio di tangenti o di "favori" per l'informatizzazione
  degli uffici di Esercito, Marina e Aviazione e quella che
  concerne gli approvvigionamenti per i contingenti inviati
  all'estero.
     Altri filoni delle inchieste riguardano: gli appalti del
  Genio militare; le fatture false che vengono esibite al
  ritorno da una missione per chiedere il rimborso di
  pernottamenti, magari mai effettuati o, in caso di
  trasferimento all'estero, di spedizioni di mobili, mai
  avvenuti; stipendi corrisposti a persone già in congedo.
  Recentemente la procura di Pesaro ha messo in luce il fenomeno
  delle "mazzette" in merito alla concessione di congedi per il
  personale di leva in esubero sulle esigenze di servizio.
     Molti dati fanno pensare, essendo completamente ignoti al
  Parlamento i criteri di concessione di tali congedi ai
  cosiddetti "esuberi", che il fenomeno vada ben al di là dei
  confini della regione Marche.
     A questo deplorevole fenomeno di malcostume e di oggettivo
  illecito si affianca la particolare contingenza economica che
  il nostro Paese sta attraversando che impone una politica di
  rigido controllo della spesa pubblica.  Sinora il contenimento
  della spesa del settore statale si è sostanzialmente tradotto
  in tagli successivi e sempre più consistenti dei trasferimenti
  a favore della sanità, della previdenza, dei fondi
  pensionistici.  Altri dicasteri, a differenza di quello della
  difesa, hanno dovuto subire tagli più o meno rilevanti alle
  spese correnti e di investimento.  Un occhio di riguardo, anche
  per l'accresciuto ruolo internazionale del nostro Paese, è
  sempre stato riservato alla difesa, tanto che l'aumento
  previsto del bilancio di previsione del Ministero della difesa
  per il corrente anno risulta essere circa il 16 per cento in
  più, a netto dell'inflazione, del bilancio votato dal
  Parlamento per il 1995.
     E' evidente che l'aumento delle spese militari a fronte
  sia del taglio delle spese sociali sia dell'emergere di
  fenomeni vasti di corruzione all'interno delle Forze armate,
  non appare giustificato nè legittimo all'opinione pubblica del
  nostro Paese.  E' indilazionabile una razionalizzazione della
  spesa, colpendo gli sprechi, intervenendo sul fronte della
  moralizzazione e della finalizzazione delle spese medesime.
     Da anni la relazione della Corte dei conti sul rendiconto
  dello Stato dà un giudizio molto severo sulla gestione della
  spesa da parte del Ministero della difesa e denuncia con molta
  chiarezza il disordine amministrativo e contabile,
  l'aleatorietà e l'inefficacia dei controlli, lo spreco
  derivante da procedure vecchie ed eccessivamente
  parcellizzate.  La Corte dei conti quantifica, nel solo 1994,
  in circa 2.735 miliardi lo "spreco" della difesa, equivalente
  a più del 10 per cento degli stanziamenti complessivi del
  dicastero.  Fondi che potrebbero utilmente essere impiegati nei
  programmi di investimento per i quali il Ministero reclama da
 
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  tempo al Parlamento stanziamenti aggiuntivi.  Sul piano dei
  controlli la situazione appare ancora più compromessa.  Secondo
  la Corte dei conti, in violazione delle leggi e dei
  regolamenti che prevedono almeno un'ispezione l'anno per
  ciascun ente della difesa, il servizio ispettivo della difesa
  ha controllato solo 315 enti dell'Esercito sui 596 esistenti,
  89 su 140 della Marina, mentre migliore è la situazione per
  l'Aeronautica dove i comandi controllati sono stati 235 su
  247.  Alle ispezioni erano addetti alla fine del 1992 soltanto
  27 persone a livello centrale.
     Ma il problema non è solo quantitativo, come rileva la
  stessa Corte dei conti.  I controlli sono inadeguati
  soprattutto "per la scarsa incisività del sistema di controllo
  interno sia per la limitatezza che per il carattere
  tradizionale delle tecniche di controllo (...) per
  l'inadeguata qualificazione professionale del personale (...)
  per l'impiego di metodologie che non consentono di acclarare
  le discrasie gestorie (...) in relazione al conseguimento
  degli obiettivi".  Dunque una situazione intollerabile,
  soprattutto in una situazione in cui il Ministro continuamente
  ripete che le Forze armate sono vicine al collasso per
  mancanza di risorse.
     Da un altro punto di vista, assistiamo all'utilizzo
  improprio di militari nella gestione di bar, circoli e mense
  sottraendoli ai compiti di istituto.  Questa questione pone con
  grande forza il problema dell'impiego in mansioni improprie di
  migliaia di militari.  E' ben noto che quella del personale è
  una delle componenti più rilevanti del bilancio della difesa e
  l'utilizzo, in mansioni non previste, non autorizzate di
  militari aggrava ulteriormente questo onere, con l'aggravante
  che si tratta di una partita "invisibile", di un costo che
  viene sostenuto dalla collettività tutta senza che di questo
  vi sia traccia o notizia e neppure coscienza, se non da parte
  dei diretti interessati e di chi porta la responsabilità per
  questi impieghi impropri o non previsti.
     Al di là delle pur importanti considerazioni
  sull'inaccettabile deprofessionalizzazione alla quale sono
  costretti questi militari, il loro impiego di fatto si tramuta
  esclusivamente in un vantaggio personale e immediato per i
  frequentatori delle strutture ricreative a spese del bilancio
  della difesa e della collettività.  Episodi di malcostume, come
  quelli segnalati da interrogazioni del gruppo parlamentare di
  Rifondazione comunista già nell'XI legislatura concernenti la
  costruzione di una vasca da bagno con idromassaggio
  nell'alloggio di servizio del comandante della 1^ regione
  aerea, denotano una continua, scarsissima attenzione alle
  esigenze di trasparenza e correttezza nell'uso dei fondi che
  la collettività destina alla difesa, esigenza tanto più
  avvertita oggi che da molte parti si lamenta da un lato la
  riduzione dello stanziamento per la difesa, e dall'altro si
  invocano come imprescindibili nuove spese per far fronte a
  nuovi, importanti impegni operativi delle Forze armate
  italiane.
     Il problema tuttavia non può ricondursi o restringersi ai
  soli comportamenti illeciti o non corretti.
     Se così fosse si tratterebbe di una questione di ordine
  puramente giudiziario, anche se - ove venissero confermate le
  dimensioni degli abusi - gravi e motivati dubbi dovrebbero
  essere espressi sui meccanismi interni di controllo del
  Ministero.
     La questione appare in verità più complessa perché vi è la
  sensazione - suffragata peraltro da fatti ed episodi non
  isolati - che l'amministrazione tenda frequentemente a
  tollerare, se non persino a favorire, un impiego improprio dei
  fondi destinati alla difesa nazionale.  Basterà citare come
  esempio quelle strutture variamente definite come "basi
  logistiche", "centri di sopravvivenza" eccetera, realizzate e
  gestite utilizzando capitoli di spesa destinati al
  potenziamento della difesa, mentre si tratta di opere
  esclusivamente destinate alle vacanze, spesso in località
  esclusive, dei militari, per lo più ufficiali.  Le spese di
  ristrutturazione e costruzione degli edifici sono pagate con i
  fondi del capitolo 4005 dello stato di previsione del
 
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  Ministero della difesa al quale dovrebbero essere imputate
  spese per la "costruzione, il rinnovamento, l'ammodernamento
  ed il completamento delle infrastrutture militari (...) opere
  edili, stradali, ferroviarie, marittime, portuali,
  aeroportuali, di difesa, poligoni di tiro, depositi vari".
     Che cosa abbiano a che fare veri e propri alberghi
  interamente pagati con il capitolo 4005 con la difesa
  nazionale è una domanda che avrebbe certamente bisogno di
  risposte meno generiche - al limite dell'arroganza - di quelle
  che i diversi Ministri hanno fornito alle numerose
  interrogazioni e interpellanze presentate su questo ed altri
  argomenti negli anni scorsi.  Non si tratta per di più di un
  numero molto elevato di strutture sparse tra Bardonecchia e
  Colle Isarco, Tarvisio e Valtournanche, Piane di Mocogno e
  Fago del Soldato, Roccaraso ed Edolo, Valle Crosia e San Remo,
  Cà Vio e Cecina, Riva del Garda e Valle Carene, Cefalù e
  Gaeta, Dobbiaco e il Grappa, e molti altri ancora.
     Di questi soggiorni il Ministero non solo paga gli
  edifici, la loro ristrutturazione, il loro arredamento, ma
  anche il personale di servizio (per lo più militari, anche di
  leva, per un totale di quasi 14 mila persone secondo i dati
  della Corte dei conti) nonchè gran parte dei costi generali di
  gestione che dovrebbero in teoria essere a carico dei
  frequentatori.
     Eclatante il caso - segnalato dalla relazione della Corte
  dei conti sul rendiconto generale dello Stato per il 1992 -
  della struttura di Dobbiaco, dipendente dall'Aeronautica
  militare, dove risultano entrate per soli 53 milioni
  nell'intero 1991 contro una spesa, per il solo personale
  esterno addetto al servizio ai tavoli riferito a soli sei mesi
  di attività, di ben 534 milioni.  La differenza - 481 milioni -
  è interamente a carico del contribuente italiano che si trova
  così a pagare tasse anche per pagare le vacanze dei militari.
  E' impossibile, naturalmente, fare una casistica anche
  soltanto approssimativamente esaustiva.  Purtroppo
  l'informazione sulla gestione delle spese per la difesa è
  scarsa, frammentaria e reticente e tutto viene giustificato ed
  occultato in nome di una riservatezza che spesso serve
  soltanto a coprire i guasti di una cattiva gestione.
     La Commissione di inchiesta che proponiamo d'istituire
  deve dunque scavare in un ambito molto vasto, con una
  ricognizione di carattere generale confortata da
  approfondimenti puntuali e precisi per quegli aspetti meno
  chiari e più soggetti a utilizzi impropri, con la duplice
  finalità di individuare i rimedi normativi che possano
  impedire il ripetersi o il manifestarsi di fenomeni di cattivo
  o improprio uso delle risorse, e per individuare eventualmente
  quelle aree sulle quali possa essere neces- sario intervenire
  per ricondurre a legittimità l'uso di fondi che il Parlamento
  ha destinato alla difesa nazionale e non a scopi diversi.
     La Commissione di inchiesta si rende necessaria
  soprattutto per dare ai cittadini, ai contribuenti fiducia in
  un processo di necessaria trasparenza amministrativa da
  applicare anche alle Forze armate, fatte salve le specificità
  proprie.  La difesa, per necessità organizzative e per ambito
  di intervento, è naturalmente un corpo chiuso, difficilmente
  penetrabile dall'esterno e dunque alle Forze armate non si
  possono applicare quelle forme di controllo, più o meno
  diretto, che invece sono possibili con altre amministrazioni
  centrali e periferiche dello Stato.  Dunque, ben lungi da
  intenti persecutori o da volontà inquisitrice, la Commissione
  si propone come un'importante occasione per costruire quel
  prestigio di cui le Forze armate hanno bisogno per poter
  efficacemente operare, soprattutto in un momento in cui si
  richiede la presenza dei nostri militari in gravose e delicate
  missioni all'estero (vedi Bosnia).
     Riteniamo altresì doveroso, al fine di consentire al
  Parlamento di accertare la reale entità delle spese necessarie
  a supportare l'attività del Ministero della difesa e delle
  Forze armate, congelare tutti gli aumenti stanziati nel
  bilancio della difesa e che eccedono la percentuale
  dell'inflazione annua.  Apparirebbe anacronistico, nel momento
  in cui sono aperte crepe profonde alla credibilità di gestione
 
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  delle spese del Ministero e delle Forze armate stesse,
  consentire alla difesa ciò che invece viene negato ad altri
  decisivi dicasteri: la crescita del proprio bilancio ben oltre
  la percentuale d'inflazione.  Dopo un anno di accurata indagine
  parlamentare, starà al Parlamento decidere, anche in base alle
  risultanze della inchiesta stessa, se scongelare questi fondi
  o attribuirli ad altra voce del bilancio dello Stato.
     L'articolato della presente proposta di legge riprende
  quello presentato dai deputati Bellei Trenti ed altri nella
  XII legislatura (Atto Camera n. 3390).
 
DATA=960710 FASCID=DDL13-1831 TIPOSTA=DDL LEGISL=13 NCOMM= SEDE=PR NSTA=1831 TOTPAG=0009 TOTDOC=0012 NDOC=0002 TIPDOC=L DOCTIT=0000 COMM= FRL PAGINIZ=0001 RIGINIZ=014 PAGFIN=0005 RIGFIN=011 UPAG=NO PAGEIN=1 PAGEFIN=5 SORTRES= SORTDDL=183100 00 FASCIDC=13DDL1831 SORTNAV=0183100 000 00000 ZZDDLC1831 NDOC0002 TIPDOCL DOCTIT0002 NDOC0002



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