| La Commissione inizia l'esame della proposta di legge.
Paolo CORSINI (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo),
relatore, sottolinea, in apertura, l'opportunità di una
disciplina legislativa nella materia oggetto della proposta di
legge in esame, in base a due ragioni di fondo. In linea di
principio, è ormai acquisito nella moderna sociologia politica
che uno dei fondamenti costitutivi del potere consiste nella
sua visibilità. Un secondo argomento che milita a favore
dell'approvazione di una disciplina in materia di affidamento
di incarichi per consulenze da parte degli enti pubblici
discende dalla diffusa inosservanza nella più recente cronaca
italiana del principio della trasparenza in tale materia, come
dimostrano le vicende relative agli incarichi affidati dalla
RAI, dal Banco di Napoli e dalle Ferrovie dello Stato.
Il provvedimento in esame è, appunto, finalizzato a
predisporre gli opportuni strumenti di garanzia della
trasparenza e della correttezza nell'esercizio delle funzioni
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amministrative, nonché del rapporto fiduciario che deve
necessariamente intercorrere tra i cittadini e la pubblica
amministrazione.
Nel merito, la proposta di legge in esame si compone di
tre articoli. L'articolo 1 prevede, al comma 1, che gli enti
pubblici sono tenuti a stabilire con regolamento i criteri per
l'assegnazione di consulenze e di incarichi professionali. Il
medesimo articolo aggiunge, al comma 2, che gli enti pubblici
sono altresì tenuti ad allegare ai conti consuntivi annuali
l'elenco nominativo delle consulenze, con la specificazione
dei relativi compensi.
Illustra, quindi, il contenuto degli articoli 2 e 3.
L'articolo 2 estende gli obblighi previsti dall'articolo 1
anche agli enti pubblici economici e alle società di capitali
a partecipazione pubblica maggioritaria, mentre l'articolo 3
prevede che l'inadempimento delle disposizioni di cui agli
articoli 1 e 2 è penalmente sanzionato con le pene di cui
all'articolo 323 del codice penale.
Più in generale, ricorda come la materia dell'affidamento
di consulenze costituisca già oggetto di preesistenti
discipline normative. Al riguardo, il comma 6 dell'articolo 7
del decreto legislativo n. 29 del 1993 fissa i limiti che le
pubbliche amministrazioni incontrano nell'affidamento di
incarichi a terzi estranei all'amministrazione, mentre i commi
127 e 128 dell'articolo 1 della legge n. 662 del 1996
prevedono, rispettivamente, che le pubbliche amministrazioni,
le quali si avvalgano di collaboratori esterni, debbono
pubblicare appositi elenchi - inviandone contestualmente copia
al dipartimento della funzione pubblica - in cui siano
indicati i soggetti percettori dei relativi compensi e la
ragione dell'incarico, e che la funzione di controllo è
esercitata dal dipartimento della funzione pubblica il quale
può avvalersi dell'ausilio della Guardia di finanza.
Considerata, dunque, l'esistenza, nella materia, di norme
aventi forza di legge, appare oltremodo opportuno che il
prospettato intervento legislativo si rapporti alla normativa
già vigente, recando ad essa le opportune modifiche.
Svolge, quindi, alcune considerazioni di carattere
problematico circa il contenuto della proposta di legge in
esame, soffermandosi in primo luogo sull'assenza, nel comma 1
dell'articolo 1, di una definizione univoca dell'ambito di
applicazione del provvedimento, dal momento che non appare
chiaro se gli enti pubblici cui si fa riferimento debbano
ricomprendere anche gli enti locali. Più in particolare, il
riferimento agli enti pubblici potrebbe voler ricomprendere
tutte le amministrazioni pubbliche di cui al comma 2
dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 29 del 1993, ovvero
essere limitato soltanto ad alcune categorie di soggetti
pubblici.
Alla definizione dell'ambito di applicazione della
proposta di legge in esame è, inoltre, collegata la questione
del rinvio alla fonte regolamentare per l'individuazione dei
criteri di affidamento degli incarichi e della efficacia
normativa delle relative disposizioni. Sottolinea, in
particolar modo, la questione dell'efficacia esterna dei
regolamenti emanati dagli enti pubblici economici e dalle
società per azioni a totale o prevalente partecipazione
pubblica, mentre nessun problema sorge in ordine alla
congruità del rinvio ai regolamenti emanati dalle
amministrazioni statali o dagli enti locali.
Quanto all'articolo 2, ricorda che gli enti pubblici
economici operano secondo una disciplina normativa di diritto
privato, che si differenzia rispetto a quella applicabile alle
pubbliche amministrazioni, essendo necessario per tali enti
definire i confini della loro autonoma potestà regolamentare.
Osserva, inoltre che una questione di definizione dell'ambito
applicativo delle disposizioni in esame si pone anche per le
"società di capitali a partecipazione pubblica maggioritaria".
Al riguardo riterrebbe opportuno specificare se, in tale
definizione, debbano ricomprendersi le società in cui lo Stato
detiene più del 50 per cento delle azioni, ovvero le società
nelle quali la partecipazione statale si esprime attraverso il
controllo di rilevanti quote azionarie.
Con riferimento, infine all'articolo 3, ribadisce come
esso si limiti a fissare una
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sanzione penale per la fattispecie di inadempimento degli
obblighi previsti dalla proposta di legge in esame, rinviando
all'articolo 323 del codice penale per la determinazione della
pena.
Ritiene, in conclusione, che il provvedimento sia
positivamente rivolto a favorire una assunzione effettiva di
responsabilità ed una doverosa ottemperanza ai conseguenti
oneri gestionali, in un quadro di finalità che appaiono
assolutamente da condividere.
Rosa JERVOLINO RUSSO, Presidente, esprime il suo
personale consenso per le finalità che ispirano la proposta di
legge in esame.
Giacomo GARRA (gruppo forza Italia), dopo aver espresso
apprezzamento per le pregevoli osservazioni svolte dal
relatore, sottolinea come l'oggetto della disciplina recata
dalla proposta di legge di cui è primo firmatario non sia il
settore statale, che è già disciplinato da fonti di rango
regolamentare. Potrebbe, peraltro, essere necessario
apportare, in sede di esame degli emendamenti, una modifica al
comma 1 dell'articolo 1, volta a specificare che i destinatari
della disciplina sono gli enti pubblici diversi dallo Stato,
al fine di evitare l'insorgere di incertezze
interpretative.
Segnala, quindi, la necessità di un intervento legislativo
in materia, che discende anche dal carattere parziale della
normativa vigente, dal momento che il comma 127 dell'articolo
1 della legge n. 662 del 1996 disciplina l'esercizio di quella
che potrebbe essere definita una mera funzione di monitoraggio
sull'affidamento delle consulenze, affidata al dipartimento
della funzione pubblica. Giudica, peraltro, del tutto
esorbitante dagli scopi che si prefigge la disposizione di cui
al comma 128 del medesimo articolo, che impone alla Guardia di
finanza di attivarsi in caso di mancata comunicazione al
dipartimento della funzione pubblica degli elenchi delle
consulenze disposte: assai più comprensibile sarebbe, infatti,
la scelta di affidare alla Guardia di finanza il diverso
compito di intervenire in caso di evasione fiscale legata alle
consulenze.
Sottolinea, inoltre, come i recenti fatti di cronaca
abbiano evidenziato l'inaccessibilità degli enti e degli
istituti di credito che hanno nel recente passato affidato
consulenze a soggetti esterni, come nel caso del Banco di
Napoli e delle Ferrovie dello Stato, con riferimento alle
quali un atto di sindacato ispettivo presentato dal deputato
Boghetta presso la IX Commissione trasporti non ha ricevuto
sostanzialmente risposta da parte del sottosegretario Soriero
nel corso della seduta dello scorso 13 maggio 1997. Del resto,
è a tutti evidente come la "blindatura" della riservatezza
degli incarichi di consulenza finisca per creare un terreno
fertile sul quale crescono privilegi e si determinano
opportunità di aggiramento della normativa fiscale.
Neppure è di ostacolo alla proposta di legge in esame
l'articolo 1 della legge n. 662 del 1996, considerato che il
comma 127 di tale disposizione non attiene all'ordinamento
giuridico contabile degli enti interessati.
Ritiene, inoltre, che un'eventuale approvazione della
proposta di legge da lui presentata non provocherebbe
appesantimenti nella gestione della cosa pubblica, essendo
specificamente rivolta a tenere distinte le sfere della
politica e degli affari e ad evitarne l'intreccio, foriero di
guasti irreparabili, secondo il noto insegnamento di Luigi
Sturzo.
Quanto alla regolamentazione del fenomeno, non si nasconde
la difficoltà di disciplinare l'affidamento di incarichi
individuali, mentre certamente più semplice è la disciplina
degli incarichi di consulenza conferiti a società. Quanto al
comma 2 dell'articolo 1, l'obbligo ivi previsto di allegare ai
conti consuntivi annuali gli elenchi nominativi delle
consulenze risponde all'esigenza di rendere più trasparenti i
consuntivi medesimi, con riferimento ai quali è, peraltro,
chiaro che non sussiste alcun obbligo di integrazione per le
società per azioni anche a prevalente capitale pubblico.
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Con riferimento, infine, alla sanzionabilità penale degli
inadempimenti degli obblighi previsti dal provvedimento in
esame, tiene a precisare di non voler farne una questione di
principio, trattandosi di una mera ipotesi di lavoro: ciò che
importa è che si tratti di un obbligo giuridicamente
sanzionato, eventualmente anche in via amministrativa.
Sergio SABATTINI (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo),
dopo avere espresso condivisione ed apprezzamento per le
finalità perseguite dal provvedimento in esame, svolge alcune
considerazioni critiche sulle disposizioni meritevoli, a suo
parere, di aggiustamenti.
Ritiene, anzitutto, fondamentale distinguere nettamente
tra gli enti pubblici territoriali e gli enti pubblici
statali, ai fini della sottoposizione alla disciplina in
questione. Trova, infatti, inaccettabile, con particolare
riferimento a quanto previsto dall'articolo 2, che la legge
statale preveda obblighi cui debbono sottoporsi
centralisticamente tutti gli enti pubblici, ivi compresi
quelli strumentali o comunque collegati agli enti locali. Non
condivide, in particolare, l'idea di porre sotto controllo gli
enti partecipati divenuti società per azioni, dal momento che,
come nel caso delle società per azioni a prevalente capitale
comunale, l'ente proprietario non interferisce minimamente
sugli indirizzi di gestione, limitandosi a partecipare in
qualità di azionista all'assemblea dei soci. In tal caso,
conseguentemente, le forme di controllo non possono che essere
quelle di tipo privatistico, specificamente previste dal
diritto societario. Giudica, pertanto, contraddittorio il
contenuto dell'articolo 2 rispetto alle tendenze che ispirano
l'attuale fase di privatizzazioni.
Quanto all'articolo 3, esso appare ridondante, in quanto
le sanzioni per le fattispecie ivi considerate sono già
previste dall'ordinamento vigente.
Ribadisce, pertanto, la propria contrarietà alla vocazione
centralistica che sembra ispirare il provvedimento in esame,
pur condividendone senz'altro la finalità di controllo sugli
enti pubblici statali in materia di affidamento di consulenze.
Non vorrebbe che sulla base di intenti nobili si
compromettessero i principi della convivenza civile e
l'esigenza di rispettare l'autonomia degli enti
privatizzati.
Raffaele CANANZI (gruppo popolari e
democratici-l'Ulivo) condivide lo spirito della proposta di
legge in esame; tuttavia, ritiene che vi siano ragioni di
perplessità. Il provvedimento, infatti, prevede un obbligo per
tutti gli enti pubblici ed anche per enti che non sono
pubblici, come le società per azioni a partecipazione statale.
Gli enti pubblici economici sono nati appunto per consentire
alla impresa pubblica di avvalersi delle norme del diritto
privato. Se la loro attività venisse eccessivamente limitata,
si rischierebbe di incorrere in censure di incostituzionalità.
Quanto all'articolo 2 si rifà alle considerazioni svolte dal
deputato Sabattini, che condivide. In relazione all'articolo
3, che concerne un aspetto sul quale sarebbe opportuno
soffermarsi in un secondo momento, rileva che probabilmente
esistono già nell'ordinamento figure di reato nelle quali far
rientrare l'inadempimento agli obblighi previsti dagli
articoli 1 e 2.
Sottolinea la necessità di un coordinamento tra il
provvedimento in esame e la legislazione vigente. Infatti
esiste già una norma ad hoc per disciplinare gli
incarichi conferiti dal Presidente del Consiglio.
Giacomo GARRA (gruppo forza Italia), interrompendo il
deputato Cananzi, precisa che l'articolo 1 non intende
riferirsi alle amministrazioni statali.
Raffaele CANANZI (gruppo popolari e
democratici-l'Ulivo) fa presente, comunque, che per i
ministeri e le amministrazioni pubbliche vi è una legislazione
apposita in tema di incarichi esterni, mentre per gli enti
locali si può fare riferimento all'articolo 51 della legge n.
142 del 1990. Dunque l'ambito che rimane scoperto da
regolamentazione è solo quello degli enti pubblici non
economici, esclusi le amministrazioni dello Stato e gli enti
territoriali. In relazione a tali enti bisogna
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inoltre verificare la congruità dello strumento del
regolamento per stabilire i criteri per l'assegnazione di
consulenze ed incarichi.
Sergio COLA (gruppo alleanza nazionale) reputa
apprezzabile la ratio del provvedimento, tuttavia
occorrono degli approfondimenti per compiere i quali
suggerisce la costituzione di un Comitato ristretto. Si tratta
infatti di specificare quali siano i soggetti ai quali il
provvedimento si rivolge, giacché la formula "enti pubblici" è
troppo generica. Inoltre, va chiarito che per partecipazione
maggioritaria pubblica alle società per azioni debba
intendersi esclusivamente la partecipazione azionaria
superiore al 50 per cento. Quanto al riferimento all'articolo
323 del codice penale, ritiene che esso non sia opportuno in
quanto la fattispecie di reato descritta dall'articolo 323 ha
come caratteri essenziali la realizzazione di un vantaggio
patrimoniale o di un altrui danno ingiusto, mentre tali
caratteri solo eccezionalmente potrebbero rinvenirsi
nell'ipotesi di violazione degli obblighi previsti dagli
articoli 1 e 2. Se quindi si volesse sanzionare l'inadempienza
a tali obblighi dovrebbe essere istituita una nuova
fattispecie di reato.
Rosa JERVOLINO RUSSO, Presidente, propone dunque
di costituire un Comitato ristretto per approfondire taluni
aspetti emersi dal dibattito, quali: l'esclusione delle
amministrazioni statali e degli enti territoriali, definendo
in modo più preciso i destinatari del provvedimento;
l'opportunità di imporre all'amministrazione di dotarsi di un
regolamento per definire i criteri del conferimento di
incarichi e consulenze, la necessità o meno di prevedere una
sanzione penale per l'inadempienza degli obblighi stabiliti
dal provvedimento, nonché la congruità del riferimento
all'articolo 323 del codice penale.
Paolo CORSINI (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo),
relatore, condivide la proposta di costituire un
Comitato ristretto.
La Commissione delibera infine di costituire un Comitato
ristretto sulla proposta di legge in titolo, riservandosi il
Presidente di indicarne i componenti sulla base delle
designazioni dei gruppi.
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