| DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, onorevoli
colleghi, credo sia giunto il momento di dirci una elementare
verità e cioè che nei giorni scorsi nessun parlamentare (forse
ad eccezione di una ristretta minoranza) si era posto il
problema della imminente calendarizzazione del provvedimento
(dobbiamo dirlo, altrimenti omettiamo questa elementare
verità); nessuno si è quindi particolarmente attrezzato, come
singolo parlamentare e forse anche nell'ambito del gruppo, per
un esame razionale e coordinato di un provvedimento di così
straordinaria delicatezza; un provvedimento delicato anche in
senso negativo se creasse aspettative nell'opinione pubblica
per poi deluderle.
Poiché a noi interessa molto che reali meccanismi di
controllo e di verifica sulla trasparenza della classe
politico-amministrativa, ma anche funzionariale di altro
genere, vadano in porto con serietà di intenti e senza
violazione di diritti comuni tanto al cittadino investito di
funzioni quanto a quello che non lo è, e poiché si vanno a
compromettere beni costituzionalmente tutelati oltre che
riconosciuti, ritengo che dicendoci questa verità
sottolineiamo automaticamente che non sono richieste di parte
quelle che provengono dai più vari settori di questo
Parlamento in favore di quella che in modo informale abbiamo
tutti chiamato pausa di meditazione e che in termini più
formali ciascuno di noi può chiamare come vuole: un rinvio
all'esame della Commissione, un ritiro momentaneo del
provvedimento. Ciò potrebbe avvenire, come ho detto in un
precedente intervento, addirittura ad horas o a giorni
perché una Camera fino a quando si trovi nella condizione di
capire i passaggi in cui sbaglia ha il dovere morale e
giuridico di non farlo e di rimediare agli errori evidenti che
la coscienza di ciascuno sottolinea.
Nel caso particolare l'onorevole Soda - e mi pare, prima
di lui, l'onorevole Garra, quindi senza distinzione di
schieramento, ma, vivaddio, nella comunanza del rispetto dei
principi del diritto - ha sottolineato che si tratta qui di
violare garanzie e precetti costituzionali nella parte in cui
la Carta detta norme ed anche in quella in cui non le detta
(dove ciò non avviene significa che non stabilisce
prescrizioni e facoltà in questo senso).
Qualcuno dei colleghi, in precedenza, nel dibattito su
altri articoli si è riferito al rispetto delle autonomie, in
particolare per quel famoso articolo su cui è "caduto"
l'emendamento Boccia che a nostro avviso ha stravolto il senso
e l'efficacia della norma. Vi chiedo: quale maggiore autonomia
di quella delle Camere parlamentari! Se dobbiamo rispettare,
come è giusto che rispettiamo, oggi ancora più di ieri, le
autonomie delle regioni e degli enti locali, penso che
dovremmo porci, non per eccesso di autotutela, ma
semplicemente per razionalità e coerenza del sistema, il
dubbio se non stiamo creando con questa norma ferite
costituzionali di enorme portata.
Se non si cambierà incisivamente questa norma dovremo
votare contro poiché questo è l'obbligo di un buon
legislatore. Ad ogni articolo, si può dire ad ogni comma,
deputati di tutti i settori sollevano questioni. Non vorrei
che ciò venisse interpretato come mi pare abbia fatto
l'onorevole Mattarella, che ho ascoltato attraverso il
circuito chiuso, cioè come fisiologico contrasto o movimentata
discussione
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su un provvedimento delicato che, come tale, legittima
qualche disparità di opinioni. Se così fosse, sarebbe,
diciamo, in partem bonam, ma non è così. C'è un intoppo
ad ogni comma di questo provvedimento, perché stiamo
prevedendo cose che stravolgono i principi del diritto,
offendono la Costituzione e impediranno la funzionalità della
legge.
Allora, in buona sostanza, noi di certo non potremmo che
votare contro alle norme che prevedono, nell'articolo 14,
un'automatica decadenza, sia perché vanno a coinvolgere norme
regolamentari - e su questo ci è stato fatto un pertinente
richiamo dallo stesso Presidente dell'Assemblea - sia perché,
colleghi, vi faccio notare che andremmo a prevedere un
meccanismo di vincolo della volontà e del voto della Camera,
laddove stabiliamo che una volta che si verifichino certe
condizioni "la Camera di appartenenza ne dichiara" - del
deputato inadempiente - "la decadenza, secondo le norme del
proprio regolamento". Quindi andremmo ad imporre già a noi
stessi, vale a dire alla sovranità della Camera, l'obbligo di
pronunciarci nel merito già in un determinato senso.
Ora, consentirete che non ci fa onore rischiare di
licenziare, per un generico segnale politico da lanciare ad
una generica opinione pubblica, che resterà doppiamente
delusa, una norma inaccettabile di questo genere. Siamo
nettamente contrari (Applausi dei deputati del gruppo di
alleanza nazionale).
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