| CARMELO CARRARA, Relatore per la maggioranza. Signor
Presidente, onorevoli colleghi, la relazione che sto per
illustrare compendia le varie posizioni emerse nell'ambito
della maggioranza che ha votato nel senso del diniego
dell'autorizzazione ad eseguire la misura cautelare della
custodia in carcere nei confronti del deputato Previti.
Per sgomberare il campo da qualsiasi questione va detto
che l'oggetto della presente procedura non è assolutamente
relativo alle modalità di eseguibilità della richiesta misura
cautelare, ma riguarda la questione che l'Assemblea deve
sciogliere circa non tanto la legittimità della scelta della
misura cautelare quanto la fondatezza o meno del provvedimento
e ciò perché l'infondatezza può venire in considerazione come
indice del suo carattere persecutorio.
La Giunta ha ritenuto che la Camera non solo possa, ma
addirittura debba entrare nel merito del procedimento,
verificando quali siano i passaggi interni al procedimento
stesso, nonché i dati esterni dai quali si può ricavare il
fumus persecutionis, che non è una scoperta di questo
Parlamento, ma che ha costituito la motivazione per
numerosissimi dinieghi di autorizzazione a procedere. Esso è
stato definito dalla dottrina come la serie di
Pag. 5
elementi e di indizi che possono fare ritenere che l'accusa
sia stata richiesta falsamente contro il parlamentare per
colpirlo nella sua attività politica o che comunque si procede
contro di lui con un rigore ingiustificato o dovuto a ragioni
politiche.
Pertanto la domanda dovrà essere respinta se verrà
ritenuto sussistente un intento persecutorio, se cioè verrà
riconosciuto che dietro la richiesta ci sarebbero finalità
politiche e che il procedimento risulterebbe sviato rispetto
alla sua funzione tipica. In tal senso il diniego
dell'autorizzazione è a salvaguardia del libero esercizio
delle funzioni parlamentari, che potrebbe essere compromesso
dalla malignità e dall'accanimento dell'accusa.
Nel caso di specie, limitatamente alla cosiddetta "vicenda
Squillante" appare chiaro quale sia, in carenza di qualsiasi
esigenza di cautela processuale (per l'inesistenza del
pericolo di fuga e di possibilità di inquinamento di fonti
probatorie, rappresentate maggiormente dagli accertamenti
bancari acquisiti agli atti e dalla deposizione della Ariosto,
raccolta nelle forme dell'incidente probatorio), l'accanimento
dei giudici di Milano. Invero, da un lato si pretende
l'arresto di Previti, immaginato come autore mediato della
corruttela, e dall'altro si coinvolge Silvio Berlusconi, come
regista e finanziatore di tale corruttela in un impianto
accusatorio che finora ha retto sulla competenza di Milano per
la vis attractiva costituita dall'ipotesi accusatoria
(non dimostrata alla Giunta perché non sono stati allegati
atti e documenti in tal senso) del falso in bilancio
attribuito a società del gruppo Fininvest che sarebbero state
le casseforti dalle quali, poi, sarebbero stati alimentati i
conti di Previti per le conseguenti corruzioni.
Questa accusa, non supportata innanzi alla Giunta da
alcuna documentazione e portata avanti nei confronti del
Previti con procedimento custodiale, potrebbe sicuramente
arrecare un danno di immagine, oltre che politico, agli
esponenti di forza Italia.
Ma l'eccesso di zelo della procura di Milano è censurabile
anche in ordine alla qualificazione giuridica delle
fattispecie contestate. Invero, che vi sia stato un
particolare accanimento nei confronti del Previti ed una
evidente strumentalizzazione della misura cautelare si ricava
sia dalle ultime esternazioni apparse sulla stampa del
procuratore Borrelli, il quale sulla vicenda ha invitato il
Parlamento a dare un segnale di moralità, in tal modo
decampando non solo dal suo ruolo professionale, ma ponendosi
anche come soggetto politico che affida messaggi ai
media, sia dall'ennesimo provvedimento restrittivo
emesso dallo stesso GIP nei confronti di Squillante, sia pure
nella forma meno grave degli arresti domiciliari. Ciò va
sottolineato se si pensa che l'ennesimo provvedimento
custodiale nei confronti del dottor Squillante è stato un
provvedimento ad orologeria, depositato e messo in esecuzione
a tre giorni dal momento in cui il Parlamento doveva esprimere
la sua decisione e se si tiene pure presente, in riferimento
alle esternazioni del procuratore Borrelli, che tutto il
Parlamento, nonché il Presidente della Camera dei deputati ed
il Presidente del Consiglio dei ministri hanno etichettato
questa uscita del procuratore di Milano quanto meno come molto
inopportuna.
Non può in alcun modo sottacersi che l'ambito della
valutazione spettante alla Camera non è una rivisitazione
della decisione dell'organo giudiziario con la pretesa di
surrogarsi all'ordine giudiziario stesso, ma è una valutazione
incidenter tantum ai fini della verifica di quello che è
stato definito come il fumus persecutionis che va
ravvisato ogni qualvolta nei confronti di un parlamentare gli
organi inquirenti agiscono in violazione della legge
processuale o sostanziale o eludendo lo spirito della stessa
legge, i principi della Carta costituzionale o delle
convenzioni internazionali ratificate dallo Stato italiano. E'
attraverso questi parametri ermeneutici che si è orientata la
Giunta e che, secondo noi, deve orientarsi l'Assemblea nella
decisione che prenderà domani.
Pag. 6
Va innanzitutto osservato che, per quanto riguarda il
primo capo di imputazione, l'accusa non ha specificato fino ad
oggi quali siano gli atti che sarebbero stati oggetto degli
accordi corruttivi né le persone che avrebbero compiuto tali
atti né i luoghi in cui essi sarebbero stati compiuti né i
tempi della presunta azione criminosa. In ordine
all'imputazione sub b) (per intenderci, la vicenda
IMI-SIR), non si ha assolutamente certezza sul tempo
dell'accordo corruttivo tra l'imputato Rovelli e gli avvocati
senza mandato giudiziale né sui tempi dei successivi accordi
tra costoro e i magistrati che avrebbero fatto mercimonio del
loro ufficio.
Va invece rilevato che i momenti per stabilire i
collegamenti temporali e per individuare le condotte c'erano,
se è vero, come è vero, che vi sono stati circa dieci giudizi
(fra primo e secondo grado, Cassazione e Corte costituzionale)
e se della vicenda si sono occupati decine di magistrati, non
soltanto al momento decisionale, ma anche nella fase
propedeutica. Alludo alla contestata fase della Cassazione là
dove si stabilì l'improcedibilità del ricorso da parte IMI
quando vari "fogliettisti" della Cassazione si occuparono
della vicenda e comunque non ne vennero sicuramente coinvolti
in un impianto accusatorio in cui anche il dato della presunta
scomparsa della procura ad litem da parte dell'IMI viene
portato sicuramente a supporto della stessa intelaiatura
accusatoria della procura di Milano.
Quanto alle irregolarità procedurali, vanno sicuramente
segnalate. Mi riferisco innanzitutto all'utilizzazione di
un'intercettazione ambientale mai avvenuta, al fine di
radicare la competenza territoriale-funzionale dell'autorità
giudiziaria di Milano e di sostenere l'esistenza di gravi
indizi di colpevolezza. Il giudice Rossato, autore del
provvedimento custodiale emesso nei confronti di Pacifico e
Squillante, ha anche verificato "l'autenticità"
dell'intercettazione - in realtà inesistente - e persino "la
veridicità della riproduzione" di una conversazione mai
"intercettata", perché si trattava semplicemente di una
conversazione, anzi di brani di conversazione origliati da un
ufficiale di polizia giudiziaria a cui sotto il profilo della
valenza probatoria il nostro codice di procedura penale
riconosce un valore, un pondus probatorio molto vicino
allo zero. Invece è stata fatta passare con una valenza
probatoria l'intercettazione telefonica, un fatto che tale
assolutamente non era ma che è stato sicuramente grave,
secondo quanto assumono la stessa procura della Repubblica e
l'ufficio del GIP di Milano perché è stato proprio questo dato
su cui la Corte di cassazione ha avallato l'affermazione della
competenza territoriale-funzionale della procura della
Repubblica di Milano.
Altra censura è certamente quella della violazione delle
prerogative parlamentari sancite dall'articolo 68 della
Costituzione, con specifico riferimento al divieto di
intercettazione di conversazioni ma anche, secondo una
costante giurisprudenza della Cassazione e della stessa Corte
costituzionale, di acquisizione di tabulati riepilogativi
nonché di sequestro di documentazione bancaria.
Non può poi essere trascurato che gli inquirenti milanesi,
non solo il pool ma anche il giudice Rossato, sono stati
in un certo senso condizionati nel portare avanti il
provvedimento cautelare da un inserimento di prospettive di
carattere privatistico. Nel caso del pool di Milano si
trattava di prospettive di carattere economico, mentre, nel
caso del GIP Rossato, del fatto che lo stesso Rossato insieme
al PM Boccassini era stato accusato dal deputato Previti in
epoca ante acta all'emissione della prima richiesta di
custodia nei confronti dell'onorevole Previti per una denuncia
inoltrata dallo stesso prima al Consiglio superiore della
magistratura, in data 30 giugno (sempre a proposito della
falsa intercettazione al bar Mandara) e successivamente per
un'altra denuncia inoltrata alla procura della Repubblica di
Brescia. Quanto poi all'ipotesi delittuosa, di cui al caso
sub A), va osservato che la testimonianza dell'Ariosto
("abbracciata" a 360 gradi dal GIP Rossato) sugli atti di
Pag. 7
causa che vanno sottoposti a vaglio critico, è crollata su
molte circostanze relative ai tempi e ai luoghi della
consumazione dei fatti e anche alle modalità delle progettate
azioni criminose.
A nulla è valsa la prospettazione difensiva che è stata
completamente ignorata e che era costituita, fra l'altro,
dalla produzione di circa cento dichiarazioni raccolte dalla
difesa di Previti, ai sensi dell'articolo 38 delle
disposizioni di attuazione del codice di procedura civile.
Così come avevo prima esposto in merito alla vicenda
IMI-SIR, il pool prima, ma neanche il giudice per le
indagini preliminari dopo, ha elevato censure circa
irregolarità formali né tanto meno vizi determinati da
contrarietà al proprio dovere d'ufficio da parte dei
magistrati.
In sostanza, quindi, tutti i provvedimenti decisori, presi
da parte dei giudici che in vari gradi di giudizio si sono
occupati della vicenda, hanno prodotto - per esplicita
ammissione degli inquirenti - dei provvedimenti decisori
fondati nel merito e corretti nella forma, anche se il pool
ha elevato alcune censure in merito ai fatti che erano
propedeutici al procedimento e all'esito finale degli stessi
procedimenti. A questo riguardo valga per tutti la seguente
ipotesi, radicata non soltanto nel pool ma anche nel GIP, sia
per stabilire e supportare l'impianto accusatorio sia per
suffragare una presunta potenzialità di inquinamento di fonti
probatorie: mi riferisco in particolare alla cosiddetta
sottrazione della procura ad litem da parte dell'IMI,
ipotizzando per tale sottrazione la responsabilità di pubblici
ufficiali corrotti, quando invece vi è in atti la prova del
mancato deposito della medesima procura da parte dei difensori
IMI (peraltro, sul punto si sono già pronunciati con decreto
di archiviazione, esaustivamente, i GIP Rotundo e Di
Tommassi). Per come, peraltro, è stato acclarato dalla procura
della Repubblica di Roma, già all'epoca in cui l'incarto
processuale venne trasmesso ai magistrati del massimario per
lo studio, le annotazioni sulla mancanza della procura alle
liti già esistevano sulla copertina del fascicolo e sul
registro generale, né nella nota di deposito predisposta dai
difensori dell'IMI figurava la voce relativa alla procura fra
i documenti depositati.
Non può comunque non destare perplessità a questo riguardo
il fatto che non figuri assolutamente contestata dai pubblici
ministeri di Milano la ipotizzata sottrazione né sotto forma
di furto, né di peculato, né di falso per soppressione; tutte
ipotesi delittuose che avrebbero comunque radicato la
competenza del tribunale di Roma.
Per quanto concerne le esigenze cautelari che il GIP non
ha concretamente motivato in ordine a tutti quei requisiti che
sono dettati dalla novella che ha ridisegnato l'articolo 274
del codice di procedura penale, va detto che in tema di misure
cautelari - come è noto - il pericolo per l'acquisizione della
genuinità della prova deve essere concreto e va identificato
in tutte quelle situazioni dalle quali sia possibile desumere
che l'indagato possa realmente turbare il processo formativo
della prova, ostacolandone la ricerca o inquinando le relative
fonti. Non può certamente essere sintomo di inquinamento di
fonti probatorie l'aver appreso dell'inizio del procedimento
penale prima di averne avuto notizia ufficiale da parte della
procura di Milano perché, per le risultanze, in assenza di
dati oggettivi da cui risulti il tentativo di alterazione del
quadro probatorio al fine di precedere l'intervento delle
autorità inquirenti è circostanza del tutto priva di valore ai
fini della configurabilità del pericolo concreto per la
genuinità delle prove, soprattutto in un momento storico in
cui il nuovo codice riconosce a ciascun indagato il diritto di
essere informato dell'esistenza di un procedimento penale a
suo carico; addirittura, ne fa obbligo - sia pure nella
possibilità di secretazione - quando si procede per fatti di
criminalità organizzata e di tipo mafioso.
Non residuano allora sicuramente le circostanze di cui
all'articolo 274 del codice di procedura penale, lettera
a); né, sotto il profilo indicato, le circostanze di
Pag. 8
fatto da cui si possa desumere che la presunta attività di
inquinamento probatorio sia imminente o in corso, perché
questo è un requisito ulteriore che deve ricorrere per dar
corso alla misura cautelare. Attività di inquinamento che non
vi è mai stata e non vi è soprattutto neppure in questo
momento, in cui Previti è al corrente già ormai da diversi
mesi della richiesta di arresto che lo riguarda, e tanto più
che almeno per l'ipotesi delittuosa di cui al capo a)
dell'imputazione - cioè la vicenda Squillante - sono ormai
decorsi i termini per l'espletamento delle indagini
preliminari.
Sempre in ordine alla contestazione di cui al capo
a), quindi alla vicenda Squillante, Previti avrebbe
corrotto, quale autore mediato, lo stesso Squillante e altro
giudice allo stato non identificato, per conto di Silvio
Berlusconi. Si è però completamente ignorato un dato, che era
ormai riscontrato sia pure in negativo e cioè quello secondo
il quale l'Ariosto aveva affermato che la cassaforte che
doveva alimentare il quadro di corruttela era l'Efibanca di
Roma. Le indagini preliminari hanno dimostrato che non solo
presso Efibanca non vi erano conti della Fininvest o conti di
Previti, ma anche che Efibanca non poteva avere alcun conto
corrente o somma liquida prontamente disponibile, trattandosi
di istituto di credito a medio termine.
Quanto alla verifica della genuinità, della trasparenza ed
anche della gestione della fonte probatoria, nessuno si è
preoccupato di dire che l'Ariosto è stata indagata proprio dal
pool di Milano per bancarotta fraudolenta, nonché per
estorsione e truffa ai danni dei Lloyds di Londra per simulata
rapina nel suo esercizio commerciale e che all'epoca in cui
iniziò la sua collaborazione con i pubblici ministeri di
Milano versava in una situazione di particolare illiquidità a
causa di debiti di gioco. E' stata altresì accertata, per
ammissione della stessa Ariosto anche nella fase
dell'incidente probatorio, la famosa frase del pubblico
ministero Davigo che - a copertura della deposizione
dell'Ariosto - avrebbe assicurato un'opera di ingegneria
giuridica.
Nel corso dell'incidente probatorio l'Ariosto ha poi
riferito di avere consultato negli uffici giudiziari elenchi
di nomi di magistrati, di cui alla fine ha ricordato soltanto
quello di Squillante; la procura di Milano ha completamente
ignorato sia le dichiarazioni rese ai sensi dell'articolo 38
sia - soprattutto - le denunce inoltrate da più parti, che in
vari punti smantellavano l'assunto accusatorio
dell'Ariosto.
Nella fattispecie contestata vi sono poi altre anomalie
procedimentali da parte del pool. E' stata utilizzata
come prova legale - lo ripeto - una intercettazione telefonica
inesistente. Sotto il profilo della legittimità, poi, è
opinabile il ricorso da parte del pubblico ministero di Milano
ad un consulente tecnico per acquisire notizie utili circa la
costituzione, la nascita e l'andamento gestionale di alcune
società estere, facultando lo stesso consulente - senza
l'esperimento di apposita rogatoria - addirittura alla
visualizzazione di banche dati e facendo pervenire queste
notizie senza alcun filtro al giudice per le indagini
preliminari Rossato.
Sulla violazione delle prerogative ex- articolo 68
della Costituzione ricordo ancora una volta come, per
statuizione sia della Corte costituzionale (nel 1993) sia
della Corte di cassazione, si è avuto modo di dibattere sulla
possibilità di estendere la suddetta prerogativa non soltanto
al divieto di utilizzazione di intercettazioni telefoniche
tout court, ma anche all'acquisizione di tabulati
relativi al traffico telefonico. Ciò, invece, è avvenuto,
insieme con altre anomalie: mi riferisco all'utilizzazione di
intercettazioni telefoniche utilizzate nei confronti di
Previti ed anche di altri parlamentari senza il rispetto delle
norme del codice di procedura penale di cui all'articolo 270
(deposito delle intercettazioni acquisite in distinto
procedimento penale).
Vi è poi un altro punto da asseverare. Il dubbio che su
entrambe le fattispecie sia intervenuta la prescrizione. Non
abbiamo dati certi sulla consumazione di
Pag. 9
questi fatti, ancorati per l'ipotesi Squillante al 1986 e per
la vicenda IMI-SIR al 1986-1994; nella prospettazione
accusatoria (anche se non abbastanza supportata sotto il
profilo del pondus probatorio) il giudice Verde si
interessò in una delle fasi della vicenda processuale IMI-SIR.
Quanto al 1994 (ma è un dato che non si capisce bene), al di
fuori dell'erogazione (che non riguarda il momento della
consumazione giuridica del reato), di quale parametro certo
disponiamo per stabilire la data del commesso reato, ma
soprattutto per stabilire secondo le modalità ed i tempi
dell'accordo corruttivo se si tratti di corruzione propria, di
corruzione impropria, di corruzione antecedente o susseguente
rispetto al compimento di atti d'ufficio?
Allora, Presidente, siccome questa qualificazione
giuridica è molto importante e poiché, sulla base della stessa
impostazione accusatoria, il momento della consumazione del
reato va sicuramente riferito ad un momento antecedente al
decesso del Rovelli, avvenuto nel dicembre 1990, non vi è
dubbio che non si può fare alcuna applicazione dell'articolo
319- ter del codice di procedura penale, perché l'accordo
corruttivo è intervenuto in epoca ante acta e quindi non
opera la punibilità nei confronti del corruttore Previti o
altri, poiché per la successione delle leggi nel tempo e per
il momento in cui questa norma è andata a regime abbiamo come
data certa il febbraio 1992, un'epoca successiva sia
all'accordo accusatorio, ipotizzato se non dalla
prospettazione dei giudici di Milano, sia addirittura a
qualsiasi altra ricostruzione, in quanto il momento
dell'erogazione di soldi per Squillante e per Verde risale
tutt'al più al mese di aprile 1991.
Allora, se così è, non vi è dubbio che, se si tratta di
corruzione impropria, siamo davanti o ad una prescrizione
sicuramente avvenuta oppure ad una prescrizione in
fieri. In ogni caso, se si tratta di corruzione impropria,
non è consentita dalla legge che governa le misure di custodia
cautelare la richiesta di un provvedimento appunto di custodia
cautelare in carcere.
Se invece ipotizziamo la corruzione propria e la spostiamo
tutt'al più agli anni 1988-1989, siamo di fronte ad un caso di
prescrizione che sta per intervenire; una prescrizione per la
quale sicuramente, non potendo noi disporre di dati certi
poiché le indagini preliminari per un caso sono chiuse e per
l'altro stanno per concludersi - a tale riguardo non abbiamo
prova che il GIP abbia autorizzato l'ennesima proroga che
figura richiesta dalla procura della Repubblica di Milano -,
ci troveremmo davanti ad una situazione di incertezza circa
l'estinzione.
Per le considerazioni che precedono, signor Presidente, la
Giunta ha valutato l'opportunità di preservare il plenum
dell'Assemblea ma soprattutto che vi è stata una
esasperazione accusatoria nella richiesta del giudice per le
indagini preliminari di Milano di arresto nei confronti di
Previti, di guisa che, non essendovi completa rispondenza tra
la richiesta della misura cautelare ed i suoi archetipi
legali, la Giunta a maggioranza ha deliberato di proporre
all'Assemblea il diniego dell'autorizzazione all'esecuzione
della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti
del deputato Previti.
| |