Banche dati professionali (ex 3270)
Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


344374
STA0298-0009
Stenografico d'Aula n. 298 del 19 gennaio 1998 (STA13-298)
(suddiviso in 68 Unità Documento)
Unità Documento n.9 (che inizia a pag.4 dello stampato)
(il TITOLO si trova nell'Unità Documento n.6)
DISCUSSIONE: DOC. IV, n. 11A. ...(Discussione - Doc. IV, n. 11-A). LAVASS
...DISCUSSIONE: DOC. IV, n. 11A. ...(Discussione - Doc. IV, n. 11-A).
CARMELO CARRARA, Relatore per la maggioranza.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
ZZSTA ZZRES ZZSTA190198 ZZSTA980119 ZZSTA000198 ZZSTA000098 ZZSTA298 ZZ13 ZZDI ZZLL
    CARMELO CARRARA,  Relatore per la maggioranza.  Signor
  Presidente, onorevoli colleghi, la relazione che sto per
  illustrare compendia le varie posizioni emerse nell'ambito
  della maggioranza che ha votato nel senso del diniego
  dell'autorizzazione ad eseguire la misura cautelare della
  custodia in carcere nei confronti del deputato Previti.
     Per sgomberare il campo da qualsiasi questione va detto
  che l'oggetto della presente procedura non è assolutamente
  relativo alle modalità di eseguibilità della richiesta misura
  cautelare, ma riguarda la questione che l'Assemblea deve
  sciogliere circa non tanto la legittimità della scelta della
  misura cautelare quanto la fondatezza o meno del provvedimento
  e ciò perché l'infondatezza può venire in considerazione come
  indice del suo carattere persecutorio.
     La Giunta ha ritenuto che la Camera non solo possa, ma
  addirittura debba entrare nel merito del procedimento,
  verificando quali siano i passaggi interni al procedimento
  stesso, nonché i dati esterni dai quali si può ricavare il
  fumus persecutionis,  che non è una scoperta di questo
  Parlamento, ma che ha costituito la motivazione per
  numerosissimi dinieghi di autorizzazione a procedere.  Esso è
  stato definito dalla dottrina come la serie di
 
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  elementi e di indizi che possono fare ritenere che l'accusa
  sia stata richiesta falsamente contro il parlamentare per
  colpirlo nella sua attività politica o che comunque si procede
  contro di lui con un rigore ingiustificato o dovuto a ragioni
  politiche.
     Pertanto la domanda dovrà essere respinta se verrà
  ritenuto sussistente un intento persecutorio, se cioè verrà
  riconosciuto che dietro la richiesta ci sarebbero finalità
  politiche e che il procedimento risulterebbe sviato rispetto
  alla sua funzione tipica.  In tal senso il diniego
  dell'autorizzazione è a salvaguardia del libero esercizio
  delle funzioni parlamentari, che potrebbe essere compromesso
  dalla malignità e dall'accanimento dell'accusa.
     Nel caso di specie, limitatamente alla cosiddetta "vicenda
  Squillante" appare chiaro quale sia, in carenza di qualsiasi
  esigenza di cautela processuale (per l'inesistenza del
  pericolo di fuga e di possibilità di inquinamento di fonti
  probatorie, rappresentate maggiormente dagli accertamenti
  bancari acquisiti agli atti e dalla deposizione della Ariosto,
  raccolta nelle forme dell'incidente probatorio), l'accanimento
  dei giudici di Milano.  Invero, da un lato si pretende
  l'arresto di Previti, immaginato come autore mediato della
  corruttela, e dall'altro si coinvolge Silvio Berlusconi, come
  regista e finanziatore di tale corruttela in un impianto
  accusatorio che finora ha retto sulla competenza di Milano per
  la  vis attractiva  costituita dall'ipotesi accusatoria
  (non dimostrata alla Giunta perché non sono stati allegati
  atti e documenti in tal senso) del falso in bilancio
  attribuito a società del gruppo Fininvest che sarebbero state
  le casseforti dalle quali, poi, sarebbero stati alimentati i
  conti di Previti per le conseguenti corruzioni.
     Questa accusa, non supportata innanzi alla Giunta da
  alcuna documentazione e portata avanti nei confronti del
  Previti con procedimento custodiale, potrebbe sicuramente
  arrecare un danno di immagine, oltre che politico, agli
  esponenti di forza Italia.
     Ma l'eccesso di zelo della procura di Milano è censurabile
  anche in ordine alla qualificazione giuridica delle
  fattispecie contestate.  Invero, che vi sia stato un
  particolare accanimento nei confronti del Previti ed una
  evidente strumentalizzazione della misura cautelare si ricava
  sia dalle ultime esternazioni apparse sulla stampa del
  procuratore Borrelli, il quale sulla vicenda ha invitato il
  Parlamento a dare un segnale di moralità, in tal modo
  decampando non solo dal suo ruolo professionale, ma ponendosi
  anche come soggetto politico che affida messaggi ai
  media,  sia dall'ennesimo provvedimento restrittivo
  emesso dallo stesso GIP nei confronti di Squillante, sia pure
  nella forma meno grave degli arresti domiciliari.  Ciò va
  sottolineato se si pensa che l'ennesimo provvedimento
  custodiale nei confronti del dottor Squillante è stato un
  provvedimento ad orologeria, depositato e messo in esecuzione
  a tre giorni dal momento in cui il Parlamento doveva esprimere
  la sua decisione e se si tiene pure presente, in riferimento
  alle esternazioni del procuratore Borrelli, che tutto il
  Parlamento, nonché il Presidente della Camera dei deputati ed
  il Presidente del Consiglio dei ministri hanno etichettato
  questa uscita del procuratore di Milano quanto meno come molto
  inopportuna.
     Non può in alcun modo sottacersi che l'ambito della
  valutazione spettante alla Camera non è una rivisitazione
  della decisione dell'organo giudiziario con la pretesa di
  surrogarsi all'ordine giudiziario stesso, ma è una valutazione
  incidenter tantum  ai fini della verifica di quello che è
  stato definito come il  fumus persecutionis  che va
  ravvisato ogni qualvolta nei confronti di un parlamentare gli
  organi inquirenti agiscono in violazione della legge
  processuale o sostanziale o eludendo lo spirito della stessa
  legge, i principi della Carta costituzionale o delle
  convenzioni internazionali ratificate dallo Stato italiano.  E'
  attraverso questi parametri ermeneutici che si è orientata la
  Giunta e che, secondo noi, deve orientarsi l'Assemblea nella
  decisione che prenderà domani.
 
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     Va innanzitutto osservato che, per quanto riguarda il
  primo capo di imputazione, l'accusa non ha specificato fino ad
  oggi quali siano gli atti che sarebbero stati oggetto degli
  accordi corruttivi né le persone che avrebbero compiuto tali
  atti né i luoghi in cui essi sarebbero stati compiuti né i
  tempi della presunta azione criminosa.  In ordine
  all'imputazione  sub  b) (per intenderci, la vicenda
  IMI-SIR), non si ha assolutamente certezza sul tempo
  dell'accordo corruttivo tra l'imputato Rovelli e gli avvocati
  senza mandato giudiziale né sui tempi dei successivi accordi
  tra costoro e i magistrati che avrebbero fatto mercimonio del
  loro ufficio.
     Va invece rilevato che i momenti per stabilire i
  collegamenti temporali e per individuare le condotte c'erano,
  se è vero, come è vero, che vi sono stati circa dieci giudizi
  (fra primo e secondo grado, Cassazione e Corte costituzionale)
  e se della vicenda si sono occupati decine di magistrati, non
  soltanto al momento decisionale, ma anche nella fase
  propedeutica.  Alludo alla contestata fase della Cassazione là
  dove si stabilì l'improcedibilità del ricorso da parte IMI
  quando vari "fogliettisti" della Cassazione si occuparono
  della vicenda e comunque non ne vennero sicuramente coinvolti
  in un impianto accusatorio in cui anche il dato della presunta
  scomparsa della procura  ad litem  da parte dell'IMI viene
  portato sicuramente a supporto della stessa intelaiatura
  accusatoria della procura di Milano.
     Quanto alle irregolarità procedurali, vanno sicuramente
  segnalate.  Mi riferisco innanzitutto all'utilizzazione di
  un'intercettazione ambientale mai avvenuta, al fine di
  radicare la competenza territoriale-funzionale dell'autorità
  giudiziaria di Milano e di sostenere l'esistenza di gravi
  indizi di colpevolezza.  Il giudice Rossato, autore del
  provvedimento custodiale emesso nei confronti di Pacifico e
  Squillante, ha anche verificato "l'autenticità"
  dell'intercettazione - in realtà inesistente - e persino "la
  veridicità della riproduzione" di una conversazione mai
  "intercettata", perché si trattava semplicemente di una
  conversazione, anzi di brani di conversazione origliati da un
  ufficiale di polizia giudiziaria a cui sotto il profilo della
  valenza probatoria il nostro codice di procedura penale
  riconosce un valore, un  pondus  probatorio molto vicino
  allo zero.  Invece è stata fatta passare con una valenza
  probatoria l'intercettazione telefonica, un fatto che tale
  assolutamente non era ma che è stato sicuramente grave,
  secondo quanto assumono la stessa procura della Repubblica e
  l'ufficio del GIP di Milano perché è stato proprio questo dato
  su cui la Corte di cassazione ha avallato l'affermazione della
  competenza territoriale-funzionale della procura della
  Repubblica di Milano.
     Altra censura è certamente quella della violazione delle
  prerogative parlamentari sancite dall'articolo 68 della
  Costituzione, con specifico riferimento al divieto di
  intercettazione di conversazioni ma anche, secondo una
  costante giurisprudenza della Cassazione e della stessa Corte
  costituzionale, di acquisizione di tabulati riepilogativi
  nonché di sequestro di documentazione bancaria.
     Non può poi essere trascurato che gli inquirenti milanesi,
  non solo il  pool  ma anche il giudice Rossato, sono stati
  in un certo senso condizionati nel portare avanti il
  provvedimento cautelare da un inserimento di prospettive di
  carattere privatistico.  Nel caso del  pool  di Milano si
  trattava di prospettive di carattere economico, mentre, nel
  caso del GIP Rossato, del fatto che lo stesso Rossato insieme
  al PM Boccassini era stato accusato dal deputato Previti in
  epoca  ante acta  all'emissione della prima richiesta di
  custodia nei confronti dell'onorevole Previti per una denuncia
  inoltrata dallo stesso prima al Consiglio superiore della
  magistratura, in data 30 giugno (sempre a proposito della
  falsa intercettazione al bar Mandara) e successivamente per
  un'altra denuncia inoltrata alla procura della Repubblica di
  Brescia.  Quanto poi all'ipotesi delittuosa, di cui al caso
  sub  A), va osservato che la testimonianza dell'Ariosto
  ("abbracciata" a 360 gradi dal GIP Rossato) sugli atti di
 
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  causa che vanno sottoposti a vaglio critico, è crollata su
  molte circostanze relative ai tempi e ai luoghi della
  consumazione dei fatti e anche alle modalità delle progettate
  azioni criminose.
     A nulla è valsa la prospettazione difensiva che è stata
  completamente ignorata e che era costituita, fra l'altro,
  dalla produzione di circa cento dichiarazioni raccolte dalla
  difesa di Previti, ai sensi dell'articolo 38 delle
  disposizioni di attuazione del codice di procedura civile.
     Così come avevo prima esposto in merito alla vicenda
  IMI-SIR, il  pool  prima, ma neanche il giudice per le
  indagini preliminari dopo, ha elevato censure circa
  irregolarità formali né tanto meno vizi determinati da
  contrarietà al proprio dovere d'ufficio da parte dei
  magistrati.
     In sostanza, quindi, tutti i provvedimenti decisori, presi
  da parte dei giudici che in vari gradi di giudizio si sono
  occupati della vicenda, hanno prodotto - per esplicita
  ammissione degli inquirenti - dei provvedimenti decisori
  fondati nel merito e corretti nella forma, anche se il  pool
  ha elevato alcune censure in merito ai fatti che erano
  propedeutici al procedimento e all'esito finale degli stessi
  procedimenti.  A questo riguardo valga per tutti la seguente
  ipotesi, radicata non soltanto nel pool ma anche nel GIP, sia
  per stabilire e supportare l'impianto accusatorio sia per
  suffragare una presunta potenzialità di inquinamento di fonti
  probatorie: mi riferisco in particolare alla cosiddetta
  sottrazione della procura  ad litem  da parte dell'IMI,
  ipotizzando per tale sottrazione la responsabilità di pubblici
  ufficiali corrotti, quando invece vi è in atti la prova del
  mancato deposito della medesima procura da parte dei difensori
  IMI (peraltro, sul punto si sono già pronunciati con decreto
  di archiviazione, esaustivamente, i GIP Rotundo e Di
  Tommassi).  Per come, peraltro, è stato acclarato dalla procura
  della Repubblica di Roma, già all'epoca in cui l'incarto
  processuale venne trasmesso ai magistrati del massimario per
  lo studio, le annotazioni sulla mancanza della procura alle
  liti già esistevano sulla copertina del fascicolo e sul
  registro generale, né nella nota di deposito predisposta dai
  difensori dell'IMI figurava la voce relativa alla procura fra
  i documenti depositati.
     Non può comunque non destare perplessità a questo riguardo
  il fatto che non figuri assolutamente contestata dai pubblici
  ministeri di Milano la ipotizzata sottrazione né sotto forma
  di furto, né di peculato, né di falso per soppressione; tutte
  ipotesi delittuose che avrebbero comunque radicato la
  competenza del tribunale di Roma.
     Per quanto concerne le esigenze cautelari che il GIP non
  ha concretamente motivato in ordine a tutti quei requisiti che
  sono dettati dalla novella che ha ridisegnato l'articolo 274
  del codice di procedura penale, va detto che in tema di misure
  cautelari - come è noto - il pericolo per l'acquisizione della
  genuinità della prova deve essere concreto e va identificato
  in tutte quelle situazioni dalle quali sia possibile desumere
  che l'indagato possa realmente turbare il processo formativo
  della prova, ostacolandone la ricerca o inquinando le relative
  fonti.  Non può certamente essere sintomo di inquinamento di
  fonti probatorie l'aver appreso dell'inizio del procedimento
  penale prima di averne avuto notizia ufficiale da parte della
  procura di Milano perché, per le risultanze, in assenza di
  dati oggettivi da cui risulti il tentativo di alterazione del
  quadro probatorio al fine di precedere l'intervento delle
  autorità inquirenti è circostanza del tutto priva di valore ai
  fini della configurabilità del pericolo concreto per la
  genuinità delle prove, soprattutto in un momento storico in
  cui il nuovo codice riconosce a ciascun indagato il diritto di
  essere informato dell'esistenza di un procedimento penale a
  suo carico; addirittura, ne fa obbligo - sia pure nella
  possibilità di secretazione - quando si procede per fatti di
  criminalità organizzata e di tipo mafioso.
     Non residuano allora sicuramente le circostanze di cui
  all'articolo 274 del codice di procedura penale, lettera
  a);  né, sotto il profilo indicato, le circostanze di
 
                               Pag. 8
 
  fatto da cui si possa desumere che la presunta attività di
  inquinamento probatorio sia imminente o in corso, perché
  questo è un requisito ulteriore che deve ricorrere per dar
  corso alla misura cautelare.  Attività di inquinamento che non
  vi è mai stata e non vi è soprattutto neppure in questo
  momento, in cui Previti è al corrente già ormai da diversi
  mesi della richiesta di arresto che lo riguarda, e tanto più
  che almeno per l'ipotesi delittuosa di cui al capo  a)
  dell'imputazione - cioè la vicenda Squillante - sono ormai
  decorsi i termini per l'espletamento delle indagini
  preliminari.
     Sempre in ordine alla contestazione di cui al capo
  a),  quindi alla vicenda Squillante, Previti avrebbe
  corrotto, quale autore mediato, lo stesso Squillante e altro
  giudice allo stato non identificato, per conto di Silvio
  Berlusconi.  Si è però completamente ignorato un dato, che era
  ormai riscontrato sia pure in negativo e cioè quello secondo
  il quale l'Ariosto aveva affermato che la cassaforte che
  doveva alimentare il quadro di corruttela era l'Efibanca di
  Roma.  Le indagini preliminari hanno dimostrato che non solo
  presso Efibanca non vi erano conti della Fininvest o conti di
  Previti, ma anche che Efibanca non poteva avere alcun conto
  corrente o somma liquida prontamente disponibile, trattandosi
  di istituto di credito a medio termine.
     Quanto alla verifica della genuinità, della trasparenza ed
  anche della gestione della fonte probatoria, nessuno si è
  preoccupato di dire che l'Ariosto è stata indagata proprio dal
  pool  di Milano per bancarotta fraudolenta, nonché per
  estorsione e truffa ai danni dei Lloyds di Londra per simulata
  rapina nel suo esercizio commerciale e che all'epoca in cui
  iniziò la sua collaborazione con i pubblici ministeri di
  Milano versava in una situazione di particolare illiquidità a
  causa di debiti di gioco.  E' stata altresì accertata, per
  ammissione della stessa Ariosto anche nella fase
  dell'incidente probatorio, la famosa frase del pubblico
  ministero Davigo che - a copertura della deposizione
  dell'Ariosto - avrebbe assicurato un'opera di ingegneria
  giuridica.
     Nel corso dell'incidente probatorio l'Ariosto ha poi
  riferito di avere consultato negli uffici giudiziari elenchi
  di nomi di magistrati, di cui alla fine ha ricordato soltanto
  quello di Squillante; la procura di Milano ha completamente
  ignorato sia le dichiarazioni rese ai sensi dell'articolo 38
  sia - soprattutto - le denunce inoltrate da più parti, che in
  vari punti smantellavano l'assunto accusatorio
  dell'Ariosto.
     Nella fattispecie contestata vi sono poi altre anomalie
  procedimentali da parte del  pool.  E' stata utilizzata
  come prova legale - lo ripeto - una intercettazione telefonica
  inesistente.  Sotto il profilo della legittimità, poi, è
  opinabile il ricorso da parte del pubblico ministero di Milano
  ad un consulente tecnico per acquisire notizie utili circa la
  costituzione, la nascita e l'andamento gestionale di alcune
  società estere, facultando lo stesso consulente - senza
  l'esperimento di apposita rogatoria - addirittura alla
  visualizzazione di banche dati e facendo pervenire queste
  notizie senza alcun filtro al giudice per le indagini
  preliminari Rossato.
     Sulla violazione delle prerogative  ex- articolo 68
  della Costituzione ricordo ancora una volta come, per
  statuizione sia della Corte costituzionale (nel 1993) sia
  della Corte di cassazione, si è avuto modo di dibattere sulla
  possibilità di estendere la suddetta prerogativa non soltanto
  al divieto di utilizzazione di intercettazioni telefoniche
  tout court,  ma anche all'acquisizione di tabulati
  relativi al traffico telefonico.  Ciò, invece, è avvenuto,
  insieme con altre anomalie: mi riferisco all'utilizzazione di
  intercettazioni telefoniche utilizzate nei confronti di
  Previti ed anche di altri parlamentari senza il rispetto delle
  norme del codice di procedura penale di cui all'articolo 270
  (deposito delle intercettazioni acquisite in distinto
  procedimento penale).
     Vi è poi un altro punto da asseverare.  Il dubbio che su
  entrambe le fattispecie sia intervenuta la prescrizione.  Non
  abbiamo dati certi sulla consumazione di
 
                               Pag. 9
 
  questi fatti, ancorati per l'ipotesi Squillante al 1986 e per
  la vicenda IMI-SIR al 1986-1994; nella prospettazione
  accusatoria (anche se non abbastanza supportata sotto il
  profilo del  pondus  probatorio) il giudice Verde si
  interessò in una delle fasi della vicenda processuale IMI-SIR.
  Quanto al 1994 (ma è un dato che non si capisce bene), al di
  fuori dell'erogazione (che non riguarda il momento della
  consumazione giuridica del reato), di quale parametro certo
  disponiamo per stabilire la data del commesso reato, ma
  soprattutto per stabilire secondo le modalità ed i tempi
  dell'accordo corruttivo se si tratti di corruzione propria, di
  corruzione impropria, di corruzione antecedente o susseguente
  rispetto al compimento di atti d'ufficio?
     Allora, Presidente, siccome questa qualificazione
  giuridica è molto importante e poiché, sulla base della stessa
  impostazione accusatoria, il momento della consumazione del
  reato va sicuramente riferito ad un momento antecedente al
  decesso del Rovelli, avvenuto nel dicembre 1990, non vi è
  dubbio che non si può fare alcuna applicazione dell'articolo
  319- ter  del codice di procedura penale, perché l'accordo
  corruttivo è intervenuto in epoca  ante acta  e quindi non
  opera la punibilità nei confronti del corruttore Previti o
  altri, poiché per la successione delle leggi nel tempo e per
  il momento in cui questa norma è andata a regime abbiamo come
  data certa il febbraio 1992, un'epoca successiva sia
  all'accordo accusatorio, ipotizzato se non dalla
  prospettazione dei giudici di Milano, sia addirittura a
  qualsiasi altra ricostruzione, in quanto il momento
  dell'erogazione di soldi per Squillante e per Verde risale
  tutt'al più al mese di aprile 1991.
     Allora, se così è, non vi è dubbio che, se si tratta di
  corruzione impropria, siamo davanti o ad una prescrizione
  sicuramente avvenuta oppure ad una prescrizione  in
  fieri.  In ogni caso, se si tratta di corruzione impropria,
  non è consentita dalla legge che governa le misure di custodia
  cautelare la richiesta di un provvedimento appunto di custodia
  cautelare in carcere.
     Se invece ipotizziamo la corruzione propria e la spostiamo
  tutt'al più agli anni 1988-1989, siamo di fronte ad un caso di
  prescrizione che sta per intervenire; una prescrizione per la
  quale sicuramente, non potendo noi disporre di dati certi
  poiché le indagini preliminari per un caso sono chiuse e per
  l'altro stanno per concludersi - a tale riguardo non abbiamo
  prova che il GIP abbia autorizzato l'ennesima proroga che
  figura richiesta dalla procura della Repubblica di Milano -,
  ci troveremmo davanti ad una situazione di incertezza circa
  l'estinzione.
     Per le considerazioni che precedono, signor Presidente, la
  Giunta ha valutato l'opportunità di preservare il  plenum
  dell'Assemblea ma soprattutto che vi è stata una
  esasperazione accusatoria nella richiesta del giudice per le
  indagini preliminari di Milano di arresto nei confronti di
  Previti, di guisa che, non essendovi completa rispondenza tra
  la richiesta della misura cautelare ed i suoi archetipi
  legali, la Giunta a maggioranza ha deliberato di proporre
  all'Assemblea il diniego dell'autorizzazione all'esecuzione
  della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti
  del deputato Previti.
 
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