| ALFONSO PECORARO SCANIO. Signor Presidente, onorevoli
colleghi, è sempre particolarmente delicato e difficile
intervenire nel merito di una richiesta che riguarda la
privazione della libertà di una persona, chiunque essa sia, a
maggior ragione un parlamentare ed un collega.
Se questa discussione non fosse caricata dell'erroneo
significato di dibattito a favore o contro l'attività della
magistratura, rifletteremmo su una cosa che è la più semplice
di questo mondo, ovvero sulle parole finali della relazione di
minoranza, là dove si legge: "Se non v'è persecuzione di
natura politica, Cesare Previti diventa un cittadino che ha
diritti e doveri analoghi a quelli di ogni altro suo
concittadino.
Non v'è prerogativa fondata che egli possa invocare, ma
soltanto un privilegio odioso, negato dalla nostra suprema
legge e dai principi fondanti di ogni democrazia", parole
queste scritte dai relatori di minoranza Bonito e Meloni, che
mi sembrano sintetizzare, in modo molto semplice e stringato,
un dato elementare.
Questo paese si sta nutrendo di un favola, anzi di un
barzelletta: quella delle manette facili e del giustizialismo.
E' una favola tutta italiana, perché in questo paese, come ha
bene osservato Galli Fonseca nella sua relazione iniziale,
esiste la carcerazione preventiva di cui però non ne risentono
certo i politici, bensì una serie infinita in particolare di
tossicodipendenti e di extracomunitari, di cui ben poco si
occupa il nostro Parlamento - purtroppo - nonostante i grandi
sforzi e le iniziative molto più annunciate che realizzate.
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La vicenda di cui ci occupiamo è quella di un parlamentare
accusato di reati comuni che, all'epoca dei fatti, non era
parlamentare, ma un avvocato il quale, secondo le richieste
provenienti dagli uffici giudiziari di Milano, avrebbe
corrotto dei giudici: questa è la richiesta. Personalmente
sono un fautore, ovviamente come tutti, della presunzione
d'innocenza, che vale in generale, ma sono anche fautore della
parità dei cittadini di fronte alla legge, anche dei deputati,
se accusati di reati comuni.
Il problema è quello della persecuzione, sulla quale si
sta recitando una commedia inaccettabile; in realtà da alcuni
interventi che ho ascoltato, si chiede di respingere la
richiesta di custodia cautelare, perché vi è persecuzione.
Vi sono altri colleghi che, molto più ipocritamente,
ritengono che non vi sia persecuzione, ma voteranno "no"
all'arresto: questo è l'atteggiamento più inaccettabile. Ho
grande rispetto per i colleghi che teorizzano, non da oggi, ma
da anni, una situazione (cui personalmente non credo) in cui
alcuni giudici hanno scientemente realizzato un complotto
finalizzato a distruggere prima alcuni partiti (democrazia
cristiana e partito socialista) e poi successivamente forza
Italia; essi ritengono che, sulla base di tale complotto, il
centro-sinistra abbia vinto le elezioni (se complotto c'è
stato!).
Dico questo soprattutto a quei colleghi che invece si
nascondono dietro un'ipocrita situazione inaccettabile; essi
ritengono infatti che non esista alcuna persecuzione, che i
giudici siano "una favola" e tuttavia votano "no" all'arresto,
perché stanno valutando che forse non sussistono le ragioni
della custodia cautelare: questo è immorale, perché non
abbiamo il diritto di prendere in giro i cittadini.
Vi può essere qualcuno che ritiene - badate che ciò è
assolutamente rispettabile come opinione, anche se totalmente
non condivisibile - che alcuni magistrati realizzano una
persecuzione, un complotto e che, legati evidentemente ad una
certa parte di classe politica, hanno cercato di mettere fuori
gioco altri. Chi è convinto di ciò è normale che voti contro
l'arresto, perché pensa che quella persona sia un perseguitato
politico, oggetto di questa parte di magistratura mascalzona,
la quale ha utilizzato la corruzione, pur esistente, per fare
fuori alcuni.
Ben diversa è la situazione che vedo io; personalmente
ritengo che i magistrati di questo paese non siano tutti santi
(al contrario, molti magistrati sono stati arrestati perché
corrotti) e che da ciò emerge una situazione drammatica, anche
sulla nostra magistratura e non soltanto sulla classe
politica. Anzi, in questo caso, la politica c'entra poco,
perché all'epoca dei fatti l'onorevole Previti non era un
parlamentare e non agiva in quanto politico, ma in quanto
avvocato. Potremmo aprire un dibattito su quali siano i veri
rapporti tra avvocatura e magistratura in molti settori di
questo paese, sui quali si dovrebbe veramente indagare, così
come sulla corruzione della classe politica. Se, invece, vi è
stata persecuzione, allora assume coerenza anche la richiesta
di chi vuole un'inchiesta sulla magistratura, su Mani pulite,
perché ritengono che abbiano utilizzato alcune norme per
realizzare un obiettivo politico.
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