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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


344404
STA0298-0039
Stenografico d'Aula n. 298 del 19 gennaio 1998 (STA13-298)
(suddiviso in 68 Unità Documento)
Unità Documento n.39 (che inizia a pag.28 dello stampato)
(il TITOLO si trova nell'Unità Documento n.6)
DISCUSSIONE: DOC. IV, n. 11A. ...(Discussione - Doc. IV, n. 11-A). LAVASS
...DISCUSSIONE: DOC. IV, n. 11A. ...(Discussione - Doc. IV, n. 11-A).
MICHELE SAPONARA.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
ZZSTA ZZRES ZZSTA190198 ZZSTA980119 ZZSTA000198 ZZSTA000098 ZZSTA298 ZZ13 ZZDI ZZLL
    MICHELE SAPONARA.  Signor Presidente, onorevoli colleghi,
  ho letto di una collega del PDS che si asterrà dal voto e che
  avrebbe votato contro se la difesa Previti e la relazione
  Carrara non si fossero incentrate sul  fumus
  persecutionis  e si fossero invece limitate ad evidenziare
  l'assenza di elementi che giustificassero l'arresto.
     Sarei pronto a discutere questo aspetto, anzi sarei
  contento di farlo.  Ma i relatori di minoranza hanno ritenuto
  imprescindibile parlare del  fumus persecutionis  per
  negarlo, atteso che compito della Giunta prima e del
  Parlamento ora è proprio quello di verificare l'esistenza o
  meno di esso.  E ci hanno invitato, anzi sfidato a trovare un
  qualsiasi elemento che possa giustificare l'esistenza del
  fumus persecutionis  e far pensare che i giudici di
  Milano abbiano potuto o voluto, colposamente o
  intenzionalmente, perseguitare l'onorevole Previti.
     Accetto la sfida a malincuore, colleghi, perché ripugna a
  tutti ipotizzare che dei magistrati possano, in uno Stato di
  diritto, voler perseguitare un cittadino, parlamentare o meno.
  E ripugna ancora di più se si pensa che quei magistrati,
  additati al mondo intero come coloro che sono stati capaci di
  scoperchiare la corruzione e di azzerare un'intera classe
  politica, possano essere tacciati di volontà persecutoria, di
  usare un atteggiamento men che sereno nei confronti di un
  indagato.
     Voglio tranquillizzarvi, colleghi.  Il  fumus
  persecutionis,  così come è stato da tutti indicato, non è
  la persecuzione, non è la prova di un reato commesso da parte
  dei giudici che possa delegittimare la magistratura.  A mio
  avviso, il  fumus persecutionis  è l'esistenza di
  elementi, di forzature, di errori nei quali i giudici -
  pool  e GIP - siano incorsi e che possano aver fatto
  ragionevolmente dubitare della serenità degli stessi.  Così
  posto il problema, ritengo che in questa vicenda di forzature
  ve ne siano tantissime.  E' chiaro che a questo punto bisogna
  ripercorrere, sia pure fugacemente, l'iter processuale e
  verificare tutti gli elementi del processo.
     La competenza.  L'onorevole Dalla Chiesa diceva che noi non
  possiamo sostituirci alla Cassazione e affermare che è
  incompetente un giudice che dalla Cassazione è stato
  dichiarato competente.  Ritengo che quello relativo alla
  competenza sia l'elemento più importante.  Voi sapete,
  colleghi, che l'articolo 25 della Costituzione stabilisce che
  nessuno può essere distolto dal giudice naturale costituito
  per legge.  E la competenza prevista dall'articolo 11 del
  codice di procedura penale per i reati commessi dai magistrati
  è assolutamente inderogabile.
     Noi sappiamo, colleghi, come è stata radicata la
  competenza dei giudici di Milano.  Conosciamo tutta la vicenda
  del bar Mandara, sappiamo del procedimento disciplinare che è
  stato tenuto dinanzi al Consiglio superiore della magistratura
  a carico della dottoressa Boccassini, e indirettamente a
  carico del giudice Rossato, allorché costoro hanno parlato di
  una intercettazione ambientale assolutamente inesistente,
  laddove sappiamo che si è trattato soltanto di appunti presi
  da un viceispettore della Polizia di Stato.  Mi piace, o meglio
  mi dispiace dover leggere, a questo punto, ciò che ha
  dichiarato il dottor Marco Pivetti, componente di magistratura
  democratica del Consiglio superiore della magistratura, a
  proposito di questa vicenda: "Resta il fatto che le
  espressioni usate nell'ordinanza cautelare, insieme alla
  genericità di quelle usate nella richiesta e insieme alla
  forma grafica della riproduzione del dialogo nell'ordinanza
  stessa e alla anomalia, e quindi alla
 
                              Pag. 29
 
  imprevedibilità di quello che era una sorta di verbale di
  ascolto rendevano palesemente inevitabile che si creasse nei
  terzi" (quindi anche nella Corte di cassazione che ha
  dichiarato la competenza del tribunale di Milano a seguito del
  ricorso proposto avverso l'ordinanza di custodia cautelare)
  "la convinzione che il testo in questione fosse la
  trascrizione di una conversazione intercettata e
  registrata.
     E questa convinzione è durata per non pochi mesi".  E
  ancora - ed è grave, signori -: "Si è trattato di una
  scorrettezza oggettivamente molto grave, quindi di una grave
  violazione delle regole di lealtà che debbono governare
  l'operato di chi nel processo non rappresenta interessi di
  parte, ma è chiamato a rappresentare imparzialmente la legge.
  Ho parlato di scorrettezza oggettiva perché non mi interessa
  in questa sede esaminare se sia più probabile l'ascrizione
  della scorrettezza ad una volontà maliziosa oppure a
  negligenza.  Non mi riconosco quindi nei giudizi assolutori
  espressi nella proposta dalla Commissione.  Non condivido che
  tutto sia stato regolare e che il PM di Milano abbia in questo
  caso ben operato.  Non ritengo, da questa sede, di poter dire
  ai magistrati che essi si possono comportare così.  Credo anzi
  che sia mio dovere dire quello che sento e che cioè i
  magistrati non possono comportarsi così nei confronti degli
  indagati".  Signori, è o non è una forzatura questa?  Lo dice un
  componente del Consiglio superiore della magistratura, e
  vivaddio ha ragione il collega Pecoraro Scanio: ci sono gli
  ipocriti e ci sono i non ipocriti; non credo di essere
  ipocrita nel denunziare questi fatti documentati e
  conclamati.
     A proposito di competenza e di gravi indizi, certo fa
  impressione sentir parlare di miliardi e di giudici corrotti,
  ma i fatti sono assolutamente indeterminati, non ci sono le
  sentenze aggiustate, non ci sono le date, non vengono indicati
  i giudici corrotti, non si sa se si tratti di corruzione
  propria o impropria e quindi non si sa come difendersi o
  quando si prescrivano tali fatti.
     Gestione Ariosto: signori, l'Ariosto è stata trovata falsa
  e calunniosa in tanti, tanti episodi, eppure non si è
  proceduto contro la stessa.  L'Ariosto ha detto che Berlusconi,
  la Fininvest, aveva costituito presso l'Efibanca un grosso
  conto da cui potesse attingere Previti per corrompere i
  giudici.  Nel corso delle indagini preliminari si è subito
  accertato che l'Efibanca non aveva questo conto né questi
  compiti.  Addirittura l'Ariosto il 29 settembre 1995 aveva
  indicato fra i magistrati che frequentavano casa Previti anche
  l'onorevole Mancuso.  In sede di incidente probatorio ha poi
  ritrattato.  Era accaduto, signori, che nel luglio 1995 Mancuso
  aveva mandato gli ispettori a Milano; in quel momento, dunque,
  Mancuso a Milano non era gradito.
     Vorrei parlare anche dell'inquinamento probatorio che il
  giudice vede non già nell'alterazione delle prove, bensì nella
  possibilità che venga inquinata l'interpretazione.  Citerò due
  sentenze della Cassazione: "In tema di misure cautelari
  personali, il pericolo per l'acquisizione o la genuinità della
  prova, richiesto dall'articolo 274 del codice di procedura
  penale, deve essere concreto e va identificato in tutte quelle
  situazioni dalle quali sia possibile desumere, secondo la
  regola dell' id quod plerumque accidit,  che l'indagato
  possa realmente turbare il processo formativo della prova,
  ostacolandone la ricerca o inquinando le relative fonti.  Per
  evitare che il requisito richiesto del concreto pericolo perda
  il suo significato e si trasformi in semplice clausola di
  stile, è necessario che il giudice indichi, con riferimento
  all'indagato, le specifiche circostanze di fatto dalle quali
  esso è desunto e fornisca sul punto adeguata e logica
  motivazione".
     Mi richiamo per un attimo alla relazione dei colleghi di
  minoranza, i quali dicono che: "le esigenze cautelari appaiono
  evidenti in un contesto come quello ricostruito dal giudice
  milanese e che, comunque, non è il Parlamento giudice il quale
  possa valutare quelle esigenze, fatta salva l'eventuale
  assoluta in
 
                              Pag. 30
 
  congruenza della motivazione giudiziale, nel caso di specie
  non seriamente sostenibile".
     Allora, io mi chiedo quali maggiori prove si possano
  portare per sostenere che la motivazione posta dal GIP a
  fondamento dell'ordinanza di custodia cautelare è
  assolutamente incongrua, è una clausola di stile, è
  contraddetta dalle risultanze di fatto, allorché si dice che
  Previti può inquinare le prove e si dimentica che tra la prima
  e la seconda richiesta sono state effettuate delle indagini,
  sono state acquisite delle prove, è stato sentito il dottor
  Casoli, il quale avrebbe potuto ben essere interpellato e
  condizionato e invece è stato libero di dire quello che ha
  voluto dire (vero o falso che sia).
     Quindi, noi abbiamo la prova che forzature ce ne sono
  state e tante e queste forzature fanno pensare al  fumus.
  Quest'ultimo non significa prova certa, ma apparenza: un
  qualche cosa che possa far ragionevolmente dubitare.  Anche se
  c'è il minimo dubbio, noi pensiamo che si applichi l'articolo
  68 e che la Camera sia facoltizzata a respingere la richiesta
  dei giudici di Milano.
 
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