| ELIO VELTRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, voterò
per l'arresto dell'onorevole Cesare Previti. Se avessi avuto
dubbi, la lettura della sua memoria difensiva e soprattutto
della relazione dell'onorevole Carrara sarebbe bastata per
dipanarli; tali atti, infatti, hanno rafforzato in me il
convincimento che, se quanto contenuto negli atti processuali
verrà confermato, ci troviamo di fronte al più grave sistema
di corruzione e di impunità della storia repubblicana. Mai in
precedenza era stata contestata corruzione di parte così
significativa di un palazzo di giustizia come quello di Roma.
Non ci troviamo solo di fronte ad azioni ripetute per
inquinare le prove, ma all'occultamento preventivo delle
stesse.
Lo stesso Previti, del resto, con le sue contraddizioni,
con le sue affermazioni e con le sue smentite ci aiuta nel
convincerci della sua colpevolezza e del disegno corruttivo
attuato. Le sue versioni continuamente modificate sulle
ragioni del pagamento dei 21 miliardi da parte dei Rovelli e
sulla loro destinazione inducono a propendere a favore della
tesi della colpevolezza e dell'inquinamento delle prove.
L'ostinazione di fare silenzio sui vari destinatari di
quei soldi, che prima o poi le risposte alle rogatorie ci
faranno conoscere, costituisce davvero un atto di
responsabilità professionale e di coerenza deontologica o non
risponde piuttosto alle necessità di celare verità
inconfessabili? La domanda è d'obbligo.
I riscontri bancari, i più importanti in un processo come
questo, inchiodano l'onorevole Previti, il quale ha sempre
negato passaggi di denaro dai suoi conti a Squillante, mentre
così non è. Noi non conosciamo ancora quale sia la provenienza
di quel denaro, ma anche in questo caso le rogatorie
dovrebbero aiutarci. Non a caso, d'altronde, l'onorevole
Previti ha scritto circa 80 pagine sulla signora Ariosto,
pagata, a suo dire, dai servizi segreti per accusarlo, ma ne
ha scritte poche, solo due o tre, sui riscontri bancari.
La Camera aveva rinviato, anche con il mio voto, le carte
della procura al GIP, sottolineando la fiducia nell'opera del
giudice terzo. Il giudice ha confermato il drammatico quadro
di corruzione e la necessità di arrestare l'onorevole Previti,
considerata la sua enorme possibilità di inquinare
ulteriormente le prove.
D'altronde i tanti giuristi e avvocati che sono in
quest'aula sanno meglio di me che, in casi come quello in
discussione, la Camera non può invadere la sfera
dell'attribuzione del giudice, al quale spetta interpretare la
legge ed applicarla al caso concreto; né la Camera può
pronunziarsi in modo arbitrario o sulla base di criteri
politici. Inoltre, è noto che la dottrina insiste sul fatto
che si usi cautela per i fatti che in qualche modo riguardino
l'attività parlamentare. Ma questo non è il nostro caso: i
fatti riguardano Previti cittadino ed avvocato.
Colleghi, si è molto discusso se l'arresto dell'onorevole
Previti avrebbe potuto bloccare le riforme costituzionali.
Persino un uomo prudente come l'onorevole Urbani lo ha
sostenuto. Ebbene, io credo sia
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esattamente il contrario: una Camera dei deputati sulla quale
gravassero pesanti sospetti e che rischiasse un'inquietante
delegittimazione incontrerebbe grandi difficoltà nel riformare
la Costituzione. Tutti sappiamo infatti che il cammino
costituzionale terminerà con il referendum approvativo.
Mi aiuta in questo mio convincimento quanto scrisse, in
occasione dello scandalo della Banca romana, Felice Cavallotti
nella Lettera agli onesti di tutti i partiti.
Cavallotti, il 15 giugno 1895, così scriveva: "E' inutile
pretendere che un'Assemblea rappresentativa funzioni se vi
sono dentro 100-150 persone tormentate dal sospetto o dal
convincimento di trovarsi in faccia ad un ministro disonesto",
in questo caso ad un ex ministro. E' proprio così: per questa
strada, come è stato scritto, la politica non si salva ma
perde se stessa. Per tutte queste ragioni ritengo
giuridicamente doveroso, politicamente opportuno, moralmente
necessario consentire l'arresto di Cesare Previti.
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