| La Commissione inizia l'esame del disegno di legge.
Vito LECCESE, presidente, comunica che le
Commissioni Affari costituzionali, bilancio, Lavoro e
Politiche dell'Unione europea hanno espresso parere
favorevole.
Antonio DI BISCEGLIE (gruppo sinistra
democratica-l'Ulivo), relatore, osserva come l'accordo
in titolo sia caratterizzato dall'individuazione di diritti ed
obblighi reciproci e dalla previsione di azioni comuni.
Ricorda quindi come gli accordi di associazione si configurino
sovente come una fase preliminare rispetto all'adesione
all'Unione europea. Gli accordi di questo tipo impegnano
infatti lo Stato terzo ad adeguare gradualmente la propria
legislazione agli standard europei. Ricorda inoltre
come, per quando riguarda i futuri ampliamenti, l'Unione
europea guardi a sud e a est. Il Consiglio europeo ha in
particolare individuato un primo gruppo di candidati - tra i
quali è compresa la Slovenia - prossimi a conseguire i
requisiti per l'adesione e con i quali, a partire dalla
prossima primavera, avranno inizio i negoziati.
La Slovenia ha presentato nel 1996 domanda di adesione ed
ha sottoscritto lo stesso anno l'Accordo in esame. Il Paese è
indipendente dal 1991 ed ha da subito iniziato un cammino di
progressivo avvicinamento all'Unione europea. Peraltro,
l'accordo è stato sottoscritto solo nel 1996 in quanto
l'Italia si è impegnata per la definizione di uno storico
contenzioso relativo ai profughi giuliani e dalmati ed alle
loro proprietà immobiliari. La soluzione di tale contenzioso è
stata avanzata dal Ministro degli esteri spagnolo, Solana, ed
accolta dalle parti al fine di creare una corsia preferenziale
per i profughi italiani nell'acquisizione del patrimonio
immobiliare sloveno. A tal fine è stata prevista una modifica
di un articolo della costituzione della Slovenia. Di
conseguenza nell'Accordo in titolo è stato inserito uno
scambio di lettere tra la Comunità europea e i suoi Stati
membri, da una parte, e la Repubblica di Slovenia, dall'altra,
con il quale la Slovenia si impegna ad adottare le misure
necessarie per realizzare il diritto dei cittadini dell'Unione
europea ad
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acquistare proprietà in Slovenia. Il 14 luglio 1997 il
Parlamento sloveno ha quindi modificato l'articolo 68 della
Costituzione che consentiva l'acquisto dei beni immobili ai
soli cittadini sloveni. Dopo il superamento del contenzioso si
sono intensificati gli scambi e i rapporti di collaborazione
tra Italia e Slovenia. Si è avuto il pieno riconoscimento
dell'unitarietà della minoranza italiana presente in Slovenia
e Croazia e presso il Parlamento italiano è stato avviato
l'esame di un provvedimento legislativo sulla tutela della
minoranza slovena. Sono stati quindi conclusi accordi e
avviati progetti nei settori delle infrastrutture, della
difesa e dei trasporti. E' stato inoltre impostato un dialogo
trilaterale tra Italia, Slovenia ed Ungheria suscettibile di
significativi sviluppi legati all'allargamento dell'Unione
europea.
Dopo aver sinteticamente richiamato i contenuti del
provvedimento, dichiara di valutarlo positivamente nei suoi
riflessi sia sulla posizione internazionale dell'Italia che
sulle regioni di confine.
Il deputato Gualberto NICCOLINI (gruppo forza Italia)
ricorda come il confine con la Slovenia sia segnato dal sangue
di una guerra e di un dopoguerra terribilmente tragici. Un
confine che fino a pochi anni fa separava due mondi diversi,
due ideologie, ed era attraversato da centinaia di migliaia di
esuli vittime di una delle tante pulizie etniche. Un confine
ingiusto e antistorico riconosciuto da un frettoloso e
ingiustificato trattato firmato ad Oslo che ha rappresentato
quasi un atto di resa senza motivi. Nessuno più di chi ha
vissuto queste esperienze può desiderare una vera
normalizzazione. Da tempo è stata intrapresa questa strada ed
ora si intravede il traguardo. E' importantissimo per Trieste
tornare a porsi nel cuore dell'Europa, uscendo dalla
marginalità in cui la città era stata rilegata dal 1945 ad
oggi. Sgombrato quindi il campo da luoghi comuni e da
retropensieri pochi nobili, non può però esimersi da alcune
riflessioni, che sottopone all'attenzione del Governo e della
Commissione. Il relatore ha osservato come con la legge
costituzionale del 14 luglio scorso il Parlamento sloveno
abbia stabilito il principio per il quale qualsiasi cittadino
sloveno può acquistare beni immobili sloveni. In questo modo
si è voluto consentire ad alcuni cittadini italiani di
riacquistare i beni immobili che il regime comunista di Tito
aveva loro violentemente sottratto nel primo dopoguerra. Ciò è
forse sufficiente per il Governo italiano, ma non può essere
considerato sufficiente in termini di giustizia storica. La
Slovenia, quale erede per la sua parte dell'ex-Jugoslavia, ha
infatti stabilito un principio diverso per i suoi cittadini,
ai quali è stato riconosciuto il diritto di riottenere - e non
di riacquistare - i beni nazionalizzati. Questo è il punto: la
mancanza del riconoscimento del medesimo diritto a quei
cittadini italiani costretti a fuggire.
Ribadisce quindi di essere del tutto convinto che l'Italia
non debba frapporre ostacoli al cammino europeo della
Slovenia, come degli altri Paesi ex-comunisti dell'Est, e
ritiene che non sia interesse di alcuno ritornare alle
situazioni angosciose del passato Non riesce tuttavia a
comprendere perché sia così difficile per una nazione piccola,
dalle grandi potenzialità e votata all'Europa, fare un passo
storico e importantissimo che consentirebbe realmente a tutti
di voltare pagina. E' questo l'impegno che il suo gruppo
chiede al Governo italiano, sottolineando al contempo la
necessità di saldare i conti di una guerra pagata in una
proporzione troppo grande soltanto da una parte degli
italiani. Ricorda quindi come il ministro degli esteri Martino
avesse siglato ad Aquileia un importante Accordo, poi
disatteso da Lubiana per motivi di politica interna e non
ripreso dai successivi governi, che tornarono ad una linea più
morbida, spiegando che solo così l'Italia avrebbe favorito
l'europeizzazione della Slovenia ed aiutato gli esuli. Come
esempio dell'attuale linea morbida dell'Italia ricorda come in
un piccolo comune della provincia triestina, Duino-Aurisina, a
composizione etnica mista, fin dagli anni cinquanta esistano
solo ed esclusivamente
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documenti di identità bilingue. Il cittadino italiano non può
pertanto avere un documento redatto esclusivamente nella sua
lingua madre. Gli interventi presso il Ministero dell'Interno
volti a sanare questa anomalia costituzionale rimangono sempre
inevasi sul piano ufficiale, mentre ufficiosamente si
sottolinea come prevvedendo si rischierebbero ritorsioni in
Slovenia o comunque rapporti più difficili. Ritiene che anche
il Ministero degli esteri possa chiedere alla Slovenia di fare
quel passo in avanti in termini di giustizia che altri popoli
europei hanno già fatto. E' chiaro infatti che, a distanza di
cinquant'anni, non rappresenterebbe più un grave problema
riconoscere ai cittadini italiani il diritto a riappropriarsi
dei beni che gli sono stati sottratti. L'attuazione di tale
diritto potrebbe del resto realizzarsi con tutti i necessari
ammortizzatori ed eventuali difficoltà potrebbero essere
risolte con un oculato utilizzo degli indennizzi da parte
italiana.
Osserva quindi come l'azione del Governo italiano risulti
insufficiente anche in relazione ad un altro problema. A
Krsho, ad un centinaio di chilometri a nord-est di Trieste,
esiste infatti una centrale nucleare estremamente pericolosa,
che finora nessuno è riuscito a far chiudere e che rappresenta
una potenziale Cernobil per il golfo di Trieste. Il Governo
italiano è quindi sempre in stato di soggezione, davanti a
Belgrado prima, a Lubiana e Zagabria oggi.
Per tali ragioni, pur guardando con grande speranza
all'Accordo in esame, che in premessa riconosce il nuovo
ordinamento di Lubiana, deve sollecitare il Governo ad
attivarsi per chiudere realmente quel contenzioso prima di
ratificare l'Accordo medesimo. Preannuncia pertanto che il suo
gruppo si asterrà dal voto qualora questo intervenisse prima
del riconoscimento da parte della Slovenia del diritto alla
restituzione dei beni rapinati agli esuli italiani.
Il deputato Roberto MENIA (gruppo alleanza nazionale)
ricorda come nella scorsa legislatura, prima con il ministro
Martino e poi con il ministro Agnelli, il Parlamento abbia
avuto modo di discutere delle Slovenia. Ritiene che in materia
sussista un interesse alla tutela della dignità nazionale che
non è possibile subordinare a interessi economici. Dopo aver
ricordato che, come suo primo atto di governo, il
sottosegretario Fassino ha compiuto una visita in Slovenia per
rassicurare le autorità di quel Paese, sottolinea i diritti
vantati dagli esuli italiani e ricorda le vicende del
territorio libero di Trieste, osservando come negli anni 50 e
60 sia quasi venuta meno la presenza italiana nella
ex-Jugoslavia. Rileva quindi come non sia possibile mettere
sullo stesso piano i diritti della minoranza italiana e di
quella slovena. Non è infatti possibile equiparare la
condizione delle due minoranze poiché gli sloveni in Italia
non hanno bisogno di ulteriori forme di tutela. Ricorda quindi
come in Slovenia sia in vigore una legge che prevede la
restituzione dei beni perduti durante il regime comunista che
si applica tuttavia ai soli cittadini sloveni. Ricorda inoltre
come quattro anni fa fosse stato definito un programma per la
restituzione ai cittadini italiani dei beni nazionalizzati dal
regime comunista. Il contenuto di tale programma è andato via
via riducendosi e l'ultima proposta prevedeva la restituzione
di appena una ventina di beni immobili.
Per tali ragioni, che si riserva di illustrare in modo più
approfondito nel corso della discussione in Assemblea, il suo
gruppo ha espresso al Senato un voto contrario e si comporterà
in modo analogo alla Camera, ritenendo che la ratifica
dell'Accordo in titolo rappresenti un passo nella direzione
sbagliata.
Vito LECCESE, presidente, propone, e la
Commissione consente, di rinviare alla seduta di domani la
replica del relatore e la votazione sul mandato a riferire
all'Assemblea.
Il deputato Fabio CALZAVARA (gruppo lega nord per
l'indipendenza della Padania) nel rilevare come sia difficile
raggiungere un consenso unanime in merito
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ad un provvedimento che riguarda un paese confinante,
dichiara di condividere parte delle osservazioni del deputato
Niccolini e riconosce la rilevanza del problema della
restituzione dei beni immobili. Osserva quindi come l'Accordo
avrebbe dovuto avere dei contenuti più precisi almeno per
quanto riguarda la restituzione dei beni.
Il deputato Dario RIVOLTA (gruppo forza Italia) chiede
quali siano le prospettive di sviluppo delle infrastrutture
che collegano Slovenia e Italia e quale futuro si preveda per
il porto di Trieste.
Il deputato Gabriele CIMADORO (gruppo CCD) chiede al
relatore di affrontare il contenzioso evidenziato dal deputato
Niccolini, preannunciando che il tal caso il suo voto sarà
favorevole.
Il sottosegretario Piero Franco FASSINO nel condividere
le considerazioni del relatore, fa osservare ai deputati
Niccolini e Menia che la sofferenza delle popolazioni di
confine trae origine da una guerra dichiarata dall'Italia.
Prima del 1940 nessuno metteva infatti in discussione
l'italianità dei quelle terre e la dignità dell'Italia è stata
offesa proprio quando l'Italia ha occupato territori che non
le appartenevano. Pertanto, pur nutrendo un grande rispetto
per gli italiani che hanno perso la loro terra, rileva come vi
sia un interesse comune e superare una logica recriminatoria
ed a costruire le condizioni affinché non si perpetui la
sofferenza. L'obiettivo deve essere quello di integrare i
balcani in Europa e non quello di tenere i conflitti aperti
alimentando le logiche che li hanno provocati. Infatti, pur
essendo consapevole che l'Italia deve difendere i suoi
interessi, ritiene che il modo migliore per farlo sia appunto
impegnarsi per l'integrazione. La stessa minoranza italiana
sarà meglio tutelata se sussiste un clima di collaborazione
tra i due Paesi. Inoltre, dal punto di vista del diritto
internazionale, gli accordi che regolano i rapporti tra i due
Paesi sono stati sottoscritti e ratificati ed aprire un
contenzioso in merito avrebbe esiti disastrosi.
Sarebbe poi in linea di principio sbagliato subordinare la
ratifica di accordi multilaterali alle relazioni bilaterali,
poiché in tal modo l'Italia non sarebbe compresa da nessuno
dei suoi partner e sperimenterebbe la condizione di
isolamento vissuta durante il Governo Berlusconi.
Rileva quindi come, in concomitanza con l'Accordo in
esame, si sia cercato di raggiungere un'intesa che tenesse
conto della storia attraverso il cosiddetto compromesso
Solana, che ha conferito agli esuli una corsia preferenziale
per l'acquisto delle proprietà immobiliari in Slovenia. Il
Governo sloveno ha già predisposto un decreto attuativo di
tale intesa, che entrerà in vigore non appena l'Accordo in
esame verrà ratificato da tutti i Paesi firmatari. Ricorda
quindi come le relazioni tra l'Italia e la Slovenia si siano
di recente intensificate, ricordando in particolare come lo
scorso anno il porto di Trieste abbia registrato un incremento
di traffico che da tempo non conosceva. Il tentativo è quello
di fare nuovamente di Trieste il porto di tutta l'Europa
centrale aperto al Paesi dell'Est. Dopo aver ricordato che le
relazioni bilaterali si stanno intensificando anche sul piano
culturale, dichiara che il Governo è impegnato ad affermare in
ogni momento la necessità di tutelare la minoranza italiana,
osservando tuttavia come ciò richieda di raggiungere intese
con la Slovenia. Il Governo ha inoltre rapporti settimanali
con esponenti dell'Unione italiana al fine di verificare
l'attuazione dei patti sottoscritti. Rileva quindi coma la
carta di identità bilingue cui ha fatto riferimento il
deputato Niccolini corrisponda esattamente ad una richiesta
avanzata dalle minoranza italiana in Slovenia.
Il deputato Roberto NENIA (gruppo alleanza nazionale)
fa presente al sottosegretario Fassino che i profughi istriani
rifiutano la carta d'identità bilingue.
Il sottosegretario Piero Franco FASSINO dopo aver
rilevato come si continui
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ad alimentare una logica conflittuale, ribadisce che il
Governo svolge quotidianamente un'azione di tutela della
minoranza italiana. Il Governo rispetta il dramma egli esuli,
ma ritiene che il problema del risarcimento possa essere posto
alle autorità slovene come questione politica e non sia invece
possibile subordinare alla soluzione di tale aspetto delle
relazioni bilaterali la ratifica dell'Accordo in esame. Rileva
infine come in materia di diritti umani e civili non trovi
applicazione il principio di reciprocità: tali diritti sono
infatti inalienabili e vanno riconosciuti a tutti i
cittadini.
Vito LECCESE, presidente, rinvia ad altra seduta
il seguito dell'esame.
La seduta termina alle 13,25.
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