| (Seguito dell'esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in
titolo sospeso, da ultimo, nella seduta del 15 gennaio
1998.
Il deputato Raffaele MAROTTA condivide lo spirito dello
schema di decreto legislativo in titolo, che reca la
trasformazione della Biennale da ente con personalità
giuridica di diritto pubblico ad ente di diritto privato quale
la società di cultura. In tal modo si realizza uno snellimento
delle procedure di organizzazione usate dalla Biennale, che
vede così venir meno i vincoli burocratici a cui era
precedentemente soggetta.
Dopo aver rilevato l'opportunità della distinzione tra il
profilo amministrativo e gestionale della Società (affidato al
Consiglio di amministrazione) e il profilo culturale
(riconosciuto al Comitato scientifico), auspica una
rivisitazione della prevalenza della mano pubblica in seno al
Consiglio di amministrazione, pur comprendendo la necessità di
una permanenza di tale assetto esclusivamente a fini
transitori, per almeno un triennio.
Il senatore Renzo GUBERT, condividendo le considerazioni
del deputato Marotta, rileva l'inopportunità di uno schema di
decreto legislativo il cui contenuto è stato sottratto alla
competenza dell'Aula, che sarebbe stata chiamata ad esaminarlo
qualora fosse stata conservata la forma del disegno di legge.
Auspica, pertanto, una chiarificazione del rapporto tra
iniziativa parlamentare, seppure su impulso del Governo, come
in questo caso, ed iniziativa diretta dell'Esecutivo al fine
di fugare ogni dubbio sulla strumentalizzazione dell'uso del
decreto legislativo come corsia preferenziale per
l'Esecutivo.
Entrando nel merito del provvedimento, rileva che la
"Società di cultura la Biennale di Venezia" è un ente di
diritto privato che conserva la prevalenza della mano
pubblica: l'Esecutivo si assicura, così, il dominio pubblico
senza, però, utilizzare lo strumento dell'ente pubblico. In
tal modo si lede lo spirito riformatore
Pag. 126
della legge 15 marzo 1997, n. 59, secondo cui si intende
trasferire nel settore del diritto privato ciò che non ha
motivo di permanere nel settore pubblico.
A tal proposito richiama l'articolo 8 del provvedimento in
titolo, che attribuisce al Ministero per i beni culturali ed
ambientali il potere di nomina del Presidente de "La Biennale"
in modo incongruo rispetto alla natura privata della stessa.
Quanto all'articolo 9, poi, fa presente che occorre correlare
la rappresentanza in seno al Consiglio di amministrazione
all'apporto di capitale: mentre vi sono precisazioni
relativamente ai soci privati, la cui partecipazione non può
superare il quaranta per cento del patrimonio della Società di
cultura, mancano indicazioni quanto alla rappresentanza
dell'ente pubblico sulla base della relativa partecipazione al
patrimonio.
Contesta, inoltre, i diversi criteri di selezione dei
membri del Consiglio di amministrazione: non si comprende,
infatti, il motivo per cui alla individuazione di un membro
nella persona del Sindaco di Venezia o di un suo delegato
scelto fra i componenti della Giunta comunale, non segua
analogamente la designazione degli altri due membri da parte
dell'organo esecutivo della Regione Veneto e della Provincia
di Venezia, in luogo dell'attuale designazione da parte dei
relativi organi eletti. Quanto ai membri del Consiglio di
amministrazione ed al Presidente della Società di cultura, fa
presente che il requisito richiesto all'articolo 9, comma 2,
della personalità di elevato profilo culturale non appare del
tutto congruo e opportuno.
Non condivide, poi, la funzione riconosciuta dal
provvedimento in titolo al Comitato scientifico, che da organo
di consulenza artistica - quale dovrebbe essere - si trasforma
in una sorta di "direttorio" attraverso il quale si intende
controllare tutti i settori di attività culturale de "La
Biennale".
Lamenta il mancato riferimento alla incompatibilità
dell'esercizio della funzione di direttore di settore e di
coordinatore generale con lo svolgimento di cariche politiche,
da cui deriverebbe una indebita interferenza di funzioni.
Relativamente all'obbligo - di cui all'articolo 16 del
provvedimento in titolo - di avvalersi per le attività
promosse dalla Società di cultura degli immobili di proprietà
del Comune di Venezia, ne rileva l'inopportunità, ritenendo
più corretto lasciare all'autonomia dello stesso Comune la
decisione sulla utilizzazione dei suddetti edifici.
Conclude, evidenziando l'anomalia della titolarità del
potere di vigilanza sulla gestione della Società di cultura in
capo al Ministero per i beni culturali e ambientali, in netto
contrasto, pertanto, con la logica della privatizzazione.
Il senatore Michele BONATESTA, dopo aver ricordato la
storia de "La Biennale" che ha da pochi anni celebrato - con
vasta eco nel panorama culturale internazionale - il primo
centenario di vita, ritiene che non si possa prescindere da
tale "richiamo" nel momento in cui si pensa ad una
trasformazione della istituzione stessa.
Fa presente che la riforma statutaria del 1973 - l'ultima
sino ad oggi - affida ad un organismo collegiale, il Consiglio
direttivo, composto da diciannove membri, il governo de "La
Biennale": si introducono, così, nuovi compiti, come quello di
promuovere "attività permanenti e di organizzare
manifestazioni internazionali inerenti la documentazione, la
conoscenza, la critica, la ricerca e la sperimentazione nel
campo delle arti". A tale scopo viene riorganizzato l'Archivio
Storico delle Arti Contemporanee (A.S.A.C.).
I limiti operativi imposti dallo statuto del '73, uniti a
quelli finanziari hanno spesso messo in difficoltà l'attività
de "La Biennale" in questi ultimi anni; non sono state
individuate strutture giuridiche sufficientemente agili e
flessibili, tali da permettere all'ente culturale di adattarsi
ad una realtà in continua evoluzione.
Appare dunque improcrastinabile, oggi, l'obiettivo di
ridurre il numero dei componenti degli organi collegiali, di
introdurre semplificazioni gestionali, di separare
Pag. 127
le competenze del consiglio d'Amministrazione da quelle
culturali del Comitato scientifico e di rendere di natura
privatistica il rapporto di lavoro dei dipendenti
dell'istituenda Società di cultura.
Tuttavia il nodo ancora da sciogliere in vista della nuova
riforma proposta dal Governo, è quello di riuscire a tutelare
il preminente interesse nazionale con l'esigenza di dar vita
ad una atipica persona giuridica privata, denominata "Società
di cultura", caratterizzata dalla compartecipazione di
soggetti pubblici e privati.
Ricordando che il testo del decreto legislativo in esame
adottato dal Governo è identico al disegno di legge
"Disciplina della società di cultura la Biennale di Venezia",
approvato dal Senato nel maggio scorso e attualmente in esame
alla Camera dei deputati, sottolinea che il disegno di legge
approvato al Senato, pur presentandosi come una legge quadro,
ha un impianto normativo che lascia scarso spazio allo Statuto
e quindi all'autonomia stessa de "La Biennale", sia da un
punto di vista culturale che organizzativo. In particolare non
ritiene opportuno che sia la legge a stabilire i settori
culturali di attività de "La Biennale": è preferibile
demandare la materia allo Statuto della Società.
Reputa, poi, necessario riflettere sull'opportunità che
siano gli enti politico-amministrativi - in questo caso
Comune, consiglio regionale, consiglio provinciale - a
nominare i membri del Consiglio di amministrazione (ex
articolo 9): è più opportuno che questi ultimi siano designati
da altri soggetti istituzionali, culturalmente più
qualificati, come l'Università Cà Foscari e l'Accademia dei
Lincei, garantendo, così, l'alto profilo dei componenti e una
serie maggiore di libertà da eventuali logiche politiche. In
tal senso si dovrebbe anche riconsiderare l'opportunità che
sia il Ministro dei beni culturali e ambientali a nominare il
Presidente de "La Biennale", che attualmente è eletto dal
Consiglio direttivo fra i propri membri.
Per quanto riguarda l'apertura ai soggetti privati, la
posizione di minoranza imposta in misura del quaranta per
cento si riscontra ovviamente anche nel Consiglio di
amministrazione della Società, dove, a fronte di quattro
rappresentanti pubblici, è prevista la presenza di un solo
rappresentante dei privati. Sembrano particolarmente
restrittivi i limiti previsti dall'articolo 9, comma 6, in
virtù dei quali, solo se la partecipazione dei soggetti
privati è pari o superiore al venticinque per cento del
patrimonio della Società di cultura, la composizione del
Consiglio di amministrazione può essere elevata a sette
membri. In tal modo si corre il rischio di fallire l'obiettivo
di trasformazione dell'ente pubblico "La Biennale di Venezia"
in persona giuridica privata, e di compromettere tutta la
conseguente semplificazione amministrativa con grave danno per
la vita culturale dell'istituenda Società di cultura.
Peraltro, in merito ai limiti di categoria previsti per la
partecipazione dei privati è già stata sollevata da più parti
l'esigenza di esplicitare la possibilità di partecipazione
delle fondazioni delle Casse di risparmio.
Ricorda, infine, che, sebbene l'ex articolo 26 del disegno
di legge presentato dall'Esecutivo, sia stato accantonato in
questa sede per difetto di delega e demandato ad altro
provvedimento legislativo, tale norma, già approvata dal
Senato, sarà comunque discussa dall'Assemblea della Camera ed
è di fondamentale importanza ai fini della legge quadro, dal
momento che riguarda le disposizioni tributarie finalizzate ad
agevolare la partecipazione dei privati alla Società di
cultura.
Ai sensi dell'articolo 26 sono previste facilitazioni per
le erogazioni liberali in denaro a favore della Società ed in
particolare per le somme versate come contributo alla
gestione; il limite del due per cento del reddito complessivo
dichiarato come importo massimo sul quale si può calcolare la
detrazione d'imposta viene elevato al trenta per cento, come
per gli enti lirici. Ma, mentre gli enti lirici su tali
erogazioni non versano alcuna imposta, la Società di cultura
deve sostituirsi ai soggetti che hanno effettuato le
erogazioni liberali nel versare una somma pari alla
percentuale di detraibilità (ventidue per cento), se le somme
sono state erogate da
Pag. 128
imprese individuali, e al cinquantatré per cento delle
erogazioni effettuate dalle società di capitali e dagli enti
che svolgono attività commerciali. Ritiene che tali
disposizioni siano fortemente disincentivanti per la
partecipazione dei privati e penalizzanti per la Società di
cultura. Perseguendo questa via si corre il rischio di
compromettere l'intero provvedimento nei suoi presupposti
originari e di dar vita ad una riforma soltanto sulla carta,
rendendola impossibile di fatto. Propone, quindi, che
l'articolo 26, comma 6, sia soppresso per riservare alla
Biennale lo stesso trattamento degli enti lirici.
Concludendo, chiede al Governo chiarimenti sul citato
articolo ed sul contenuto del provvedimento legislativo con il
quale si disciplinerà l'aspetto tributario secondo quanto
annunciato nella relazione che accompagna lo schema di decreto
oggi in discussione: ritiene, infatti, che l'ex articolo 26
assuma rilievo imprescindibile ai fini di un dibattito
esaustivo sulla proposta di modifica de "La Biennale".
Il deputato Franco BONATO ritiene che sarebbe stato più
opportuno lasciare al Parlamento la competenza per la
disciplina della trasformazione de "La Biennale" in Società di
cultura, mantenendo, pertanto, l'iter legislativo
precedentemente avviato.
Relativamente al merito del provvedimento in titolo,
contesta la riduzione del ruolo degli enti locali, che devono
essere maggiormente valorizzati vista la loro natura di enti
fondanti e vista la loro capacità di determinazione in modo
preponderante del patrimonio de "La Biennale". Non si può,
poi, non riconoscere il contributo determinante degli stessi
enti locali per la creazione del prestigio internazionale
della stessa Biennale.
Contesta la scarsa considerazione riconosciuta dallo
schema in titolo alle attività permanenti che sono l'essenza
de "La Biennale di Venezia" e che ne caratterizzano l'attività
quotidiana. Tale valorizzazione deve avvenire attraverso la
scissione delle direzioni: le figure di spicco che si occupano
delle organizzazioni culturali non necessariamente devono
coincidere con coloro che si adoperano per far sì che le
attività permanenti abbiano una continuità ed una capacità di
intervento superiore. Propone, pertanto, un allargamento del
Comitato scientifico, ritenendolo un elemento di primaria
importanza. E' necessario, relativamente agli organi
dell'Agenzia, non contrapporre all'allargamento della
partecipazione l'accentramento nelle direzioni centrali.
Quanto ai componenti del Consiglio di amministrazione,
rileva l'opportunità di una consultazione delle varie
associazioni culturali.
Conclude, evidenziando la necessità, ai fini di una
maggiore trasparenza, di reclutamento dei direttori di settore
esclusivamente attraverso concorso pubblico.
Il Presidente Vincenzo CERULLI IRELLI rileva che la
trasformazione di enti pubblici in istituzioni di cui al Libro
I del Codice civile comporta esclusivamente l'applicazione
della disciplina di diritto privato, ritenuta più congrua
all'esercizio di determinati compiti.
Diverso è il problema del controllo di tali enti di
diritto privato: alla privatizzazione nella forma non
consegue, necessariamente, la privatizzazione della funzione
di controllo. Si tratta di un passo ulteriore che occorre
verificare o sulla base di successivi interventi legislativi o
sulla base di successivi dati di fatto, quale può essere
l'apporto massiccio di capitale da parte di soci privati.
Chiarisce, pertanto, che provvedimenti quali quello in
questione non sono provvedimenti di privatizzazione, ma
solamente di trasformazione della natura formale dell'ente,
con conseguente applicazione della disciplina di diritto
privato. Non è consequenziale, pertanto, che alla
trasformazione in enti di diritto privato segua l'abolizione
della vigilanza da parte del Ministero.
Conclude, invitando a considerare il lungo itinerario
parlamentare del provvedimento in questione. Pur riconoscendo
l'anomalia della sottrazione all'Aula della competenza sulla
trasformazione de "La
Pag. 129
Biennale" in Società di cultura, rileva che, a tal proposito,
non sussistono profili di illegittimità. Richiama, pertanto,
le considerazioni del Ministro per i beni culturali e
ambientali Valter Veltroni che, nella seduta del 15 gennaio
1998, ha evidenziato la mera opportunità delle valutazioni che
hanno indotto l'Esecutivo a trasfondere il contenuto
dell'originario disegno di legge sulla trasformazione de "La
Biennale" in uno schema di decreto legislativo.
Chiede, inoltre, chiarimenti al Governo sulle disposizioni
tributarie relative a "La Biennale", che non sono state
inserite nel provvedimento in titolo per difetto di delega.
Il Presidente Vincenzo CERULLI IRELLI rinvia il seguito
dell'esame dello schema di decreto in titolo ad altra
seduta.
| |