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LIVIA TURCO, Ministro per la solidarietà sociale. Il
tema sollevato dalle due interrogazioni è da tempo
all'attenzione del Parlamento europeo, della Chiesa italiana e
delle congregazioni religiose. Mi riferisco al fenomeno della
tratta - così lo ha definito l'Unione europea - delle donne e
comunque della tratta di tutti gli esseri umani, un fenomeno
drammatico per la nostra società che coinvolge donne e bambini
avviati alla prostituzione e per questo indotti in uno stato
di vera e propria schiavitù nel quale ogni diritto viene
negato.
Proprio a partire da una valutazione dell'allarme
provocato da questi dati e perché sollecitata dall'Unione
europea e soprattutto dalla Caritas, dalle suore italiane - le
quali sono molto impegnate nella lotta contro questo fenomeno
- nonché da associazioni di donne, lo scorso anno il mio
Ministero decise di dedicare l'8 marzo a valutare, a studiare
ed a sensibilizzare l'opinione pubblica su tale fenomeno.
Ho citato l'impegno della Comunità europea. La signora
Anita Gradin, commissaria per la giustizia e gli affari
interni, ha dedicato molto tempo all'analisi di questo
fenomeno, chiedendo un impegno molto preciso al Consiglio
d'Europa e l'adozione, da parte dei governi membri dell'Unione
europea e del Consiglio d'Europa, di precisi piani di azione
per contrastare questo tremendo fenomeno, che punti sulla
prevenzione, ma soprattutto sul recupero delle donne e dei
minori coinvolti in questa vera e propria situazione di
schiavitù.
Ricordo che proprio l'anno scorso nei giorni 10 e 11
giugno a Vienna la commissione europea promosse una conferenza
sul traffico delle donne e degli esseri umani, ponendo questo
tema tra quelli di maggiore interesse a livello
internazionale. Le conclusioni della conferenza contenevano un
appello a tutti gli Stati membri affinché attivassero al loro
interno un gruppo di lavoro per individuare a livello
nazionale le azioni maggiormente efficaci per combattere
questo fenomeno. Analoga richiesta è stata peraltro formulata
anche dalla Chiesa italiana: la Caritas, infatti, ha dedicato
due convegni a questo tema, lo scorso anno e quest'anno.
Per dare seguito a queste raccomandazioni - anche se
faccio presente che già nel passato, precedentemente
all'assunzione dell'incarico governativo, mi ero occupata di
questi temi - ho inteso promuovere l'attivazione di una
commissione per monitorare il fenomeno a livello nazionale e
soprattutto per individuare le azioni concrete da fare per
contrastare questo fenomeno. Ancor prima della istituzione
della commissione, nel giugno 1996, vi sono stati incontri con
i rappresentanti delle associazioni del volontariato, della
Caritas e con le suore, nonché con le associazioni di donne
(che soprattutto a Roma, Bologna e a Torino si occupano di
questo problema): da tali incontri sono derivate indicazioni
concrete; il primo risultato di questo incontro è stato
l'articolo 5, comma 9- ter, del decreto-legge n. 467 del
13 settembre 1996, ripreso con modifiche nel disegno di legge
governativo sull'immigrazione relativo alla tutela delle donne
vittime della tratta.
La commissione governativa è composta da rappresentanti di
vari ministeri interessati a questo problema (quelli
dell'interno, di grazia e giustizia, della sanità e per le
pari opportunità). Nel frattempo, da quell'iniziativa dell'8
marzo, il Ministero per le pari opportunità si è
particolarmente occupato - giustamente - di questo tema,
seguendo direttamente l'evoluzione delle iniziative anche a
livello comunitario dando un grande contributo dell'Italia per
l'adozione di un programma da portare avanti a livello europeo
e nei singoli paesi.
Voglio quindi segnalare che in questo momento la
titolarità dell'iniziativa è più propria del Ministero per le
pari opportunità, anche se essa era partita da un'iniziativa
del Ministero per la solidarietà sociale. Insieme ai
rappresentanti dei ministeri interessati, sono coinvolti i
rappresentanti delle associazioni che si occupano di questo
fenomeno e che sono
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prima di tutto - le ho già citate - la Caritas, l'USMI e
alcune associazioni di donne.
Non c'è un problema di finanziamenti per la commissione.
Comunque, data la natura dell'organo (commissione di
coordinamento e di lavoro), gli eventuali finanziamenti
necessari possono essere reperiti attraverso i capitoli di
bilancio destinati al dipartimento per il normale
funzionamento di comitati e commissioni.
Aggiungo che nello scorso mese di aprile il dipartimento
ha presentato un progetto alla Commissione europea all'interno
del programma "Stop", sulla tratta delle donne e degli esseri
umani, istituito nell'ambito della Commissione giustizia ed
affari interni a seguito della Conferenza di Vienna. Il
progetto non è stato accettato dalla Commissione perché
ritenuto troppo costoso in rapporto ai fondi complessivamente
disponibili; è stato tuttavia suggerito di ripresentarlo con
alcune modifiche, cosa che abbiamo fatto.
Il compito della commissione sarà soprattutto garantire il
coordinamento fra le attività dei vari ministeri ed ascoltare
i suggerimenti delle associazioni. Non c'è dubbio, però (e
vengo così alla risposta all'interrogazione Volonté n.
3-01385), che il più importante punto di iniziativa del
Governo è stato introdurre nel disegno di legge
sull'immigrazione (già approvato dalla Camera ed attualmente
in discussione in Senato) una specifica previsione: il capo
III, articolo 16, contiene una norma volta a regolamentare i
soggiorni per motivi di protezione sociale.
La norma prevede che, qualora nel corso di operazioni di
polizia o di indagini per reati connessi all'esercizio della
prostituzione o nel corso di interventi dei servizi sociali
siano accertate situazioni di violenza o di grave sfruttamento
nei confronti di uno straniero ed emergano concreti pericoli
per la sua incolumità come diretta conseguenza della sua
collaborazione alle indagini, lo straniero non venga espulso e
possa al contrario ottenere un permesso di soggiorno che gli
consenta di sottrarsi ai suoi sfruttatori e di seguire un
programma di ricostruzione della personalità e di integrazione
sociale. Di tale proposta, valida ovviamente per tutti gli
stranieri, è presumibile che possano usufruire soprattutto le
donne, vittime più dirette del traffico di esseri umani per
sfruttamento sessuale. Lo ripeto: la norma ci è stata
sollecitata da coloro che lavorano su questo tema; faccio un
nome per tutti, quello di don Benzi. Evitare l'espulsione
delle persone coinvolte (in gran parte clandestine, venute nel
nostro paese non per scelta) è una misura importante per
sottrarle al ricatto del circuito nel quale sono coinvolte.
Come ho già detto, la norma era già stata fatta propria dal
Governo con l'articolo 5, comma 9- ter, del decreto-legge
n. 467 del 1996, recante disposizioni urgenti in materia di
politica per l'immigrazione e per la regolamentazione
dell'ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale dei
cittadini di paesi non appartenenti all'Unione europea.
Questa norma, se da un lato aveva offerto risultati
positivi, non facendo registrare abusi, aveva d'altro canto
evidenziato alcune lacune circa la sua piena applicazione e
l'adeguatezza delle strutture.
Parte integrante delle disposizioni introdotte con il
disegno di legge sull'immigrazione è il programma di
assistenza ed integrazione sociale delle vittime. Il permesso
di soggiorno ottenuto dallo straniero che versi nella
particolare situazione sopra descritta consente esplicitamente
l'accesso ai servizi assistenziali, lo studio, l'iscrizione
alle liste di collocamento, lo svolgimento di lavoro
subordinato.
La proposizione contenuta nel disegno di legge
sull'immigrazione - che, lo ripeto, è già stato votato da
questo ramo del Parlamento - persegue quindi il fine di
un'applicazione più corretta e completa della norma che era
stata anticipata nel decreto governativo. Non ha certo lo
spirito di premiare chi ha trasgredito la legge, ma piuttosto
tende ad offrire la possibilità di un ritorno ad una vita
normale per chi è stato privato della propria libertà e
dignità con la violenza.
Il traffico per sfruttamento sessuale rappresenta una
gravissima violazione dei
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diritti fondamentali della persona, che un paese come
l'Italia ha il preciso dovere di combattere. Ribadisco che in
tale direzione si sta muovendo anche la Commissione europea.
Ho tra l'altro già detto dell'impegno della signora Gradin
nella conferenza di Vienna. Infatti, la signora Gradin,
all'apertura di quella conferenza, ha auspicato che il
dibattito sul tema in argomento si concentri su misure
specifiche, volte a combattere tale moderna forma di traffico
degli schiavi, piuttosto che sulla prostituzione quale
fenomeno in sé. La conferenza deve dunque costituire il punto
di partenza - così si è espressa la signora Gradin - per
azioni a livello nazionale, europeo ed internazionale.
Nel novembre dello scorso anno, sempre la Commissione
europea ha promosso un piano di azione sul traffico delle
donne per sfruttamento sessuale che investe vari aspetti, da
quello connesso alle politiche migratorie, a quello
giudiziario, di polizia e sociale.
La tutela delle vittime non risolve certamente alla radice
il problema dello sfruttamento sessuale delle donne e dei
minori stranieri, ma costituisce una valida opportunità
concessa alle vittime stesse ed un utile strumento di lotta ai
trafficanti. Con tale norma, prevista nella legge
sull'immigrazione (articolo 16), già approvata da un ramo del
Parlamento, l'Italia è uno dei paesi che applica disposizioni
previste in sede di Commissione europea.
Vorrei poi far presente, per completare il quadro relativo
ai provvedimenti assunti e considerato che l'interrogante ha
posto in particolare il tema dell'Albania, che il Governo,
insieme alle associazioni di volontariato, ha destinato una
parte dei venti miliardi previsti dal disegno di legge per la
ricostruzione in Albania (si trattava di un decreto-legge poi
convertito in legge concernente appunto l'aiuto e la
cooperazione in Albania), rivolti in particolare ad interventi
umanitari soprattutto per quanto riguarda la ricostruzione del
tessuto sociale albanese - non a caso su indicazione del
governo albanese ed in accordo con le associazioni di
volontariato italiane ed albanesi - al finanziamento di
progetti che puntano proprio alla prevenzione del fenomeno
della tratta delle donne e degli esseri umani. Si è infatti
predisposto un programma di informazione mirato alle donne di
alcune zone dell'Albania, soprattutto di quelle rurali e più
povere del paese, più esposte al ricatto ed al messaggio che
anche i nostri media possono mandare, dunque, più
attratte da un'idea facile dell'ingresso in Italia, proprio
per far presente loro i pericoli che si incontrano e dunque
per dissuaderle dall'immigrazione clandestina. Questo è
l'altro programma che il Governo sta portando avanti.
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