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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


344637
STA0299-0018
Stenografico d'Aula n. 299 del 20 gennaio 1998 (STA13-299)
(suddiviso in 319 Unità Documento)
Unità Documento n.18 (che inizia a pag.10 dello stampato)
(il TITOLO si trova nell'Unità Documento n.4)
SVOLGIMENTO: 3 - 00768; 3 - 00866; 3 - 01385; 2 - 00446; 2 - 00658; 2 - 00666; 2 - 00669; 3 - 01207. ...(Difesa delle coste meridionali dai rischi dei trasporti dei rifiuti)
...SVOLGIMENTO: 3 - 00768; 3 - 00866; 3 - 01385; 2 - 00446; 2 - 00658; 2 - 00666; 2 - 00669; 3 - 01207. ...(Difesa delle coste meridionali dai rischi dei trasporti dei rifiuti)
ROSARIO OLIVO.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARIO CLEMENTE MASTELLA
ZZSTA ZZRES ZZSTA200198 ZZSTA980120 ZZSTA000198 ZZSTA000098 ZZSTA299 ZZ13
    ROSARIO OLIVO.  Signor Presidente, signor rappresentante
  del Governo, nella mia interpellanza, nel marzo scorso,
  richiamavo la forte preoccupazione suscitata tra le
  popolazioni calabresi dalla notizia della presenza nel nostro
  mare di navi affondate contenenti materiale radioattivo e, in
  altre aree della Calabria, di rifiuti tossici e nocivi.
     Nel marzo 1994 le capitanerie di porto di mezza Italia ed
  in particolar modo quelle calabresi, venivano allertate per
  seguire gli strani spostamenti di una nave battente bandiera
  albanese, la  Korabi Durres.  Il viaggio dell'imbarcazione
  comincia il 1^ marzo 1994 dal porto di Durazzo: il carico
  ufficialmente è denunciato come rottami di rame.  Il 2 marzo la
  nave giunge nell'antiporto di Crotone e la locale capitaneria
  di porto, sospettando un trasporto illegale di clandestini,
  decide un'ispezione.
     Nella stiva figurano, effettivamente, solo rottami di
  rame: 1.200 tonnellate di rottami gettati alla rinfusa.
  Nonostante tutto risulti apparentemente in ordine, da Crotone
  viene allertata la capitaneria di porto di Palermo, dove la
  Korabi  arriva il 4 marzo.  Qui le autorità marittime,
  oltre a ripetere i controlli già effettuati a Crotone,
  eseguono anche dei rilievi per rilevare eventuali tracce di
  radioattività nel carico.  Il controllo dà esito positivo:
  l'attività radioattiva registrata risulta essere sensibilmente
  superiore ai limiti della legge.  Alla  Korabi  viene
  negato il permesso di scaricare il proprio carico ed anche
  l'accesso al porto di Palermo.
     Il 9 marzo, alle 11,30, la nave riparte dalla Sicilia con
  destinazione Durazzo.  Il giorno seguente, il 10 marzo, viene
  avvistata nelle acque di Pentimele nei pressi di Reggio
  Calabria e qui c'è la sorpresa: le autorità marittime,
  infatti, effettuano nuovamente tutti i controlli, senza
  trovare però nel carico alcuna traccia di radioattività.  Che
  cosa è successo in quei cinque giorni?  E' plausibile pensare
  che la  Korabi  abbia scaricato nel mare della Calabria il
  suo carico potenzialmente così pericoloso?  Purtroppo sì.
     Il susseguirsi di inchieste giudiziarie nel corso degli
  ultimi dieci anni rivela che l'episodio della  Korabi
  Durres  non è che un singolo episodio di una triste
  "telenovela"  di traffici illegali di rifiuti tossici e
  radioattivi e di armi, organizzata da faccendieri senza
  scrupoli con la collaborazione interessata della criminalità
  internazionale.
     Sempre in Calabria, ad esempio, qualche anno prima,
  precisamente nel dicembre 1990, la nave  Rosso  richiede
  assistenza perché si trova in difficoltà al largo di Vibo
  Valentia.  Arenatasi a Capo Suvero viene ispezionata dalla
  capitaneria di porto.  A bordo della nave, precipitosamente
  abbandonata dall'equipaggio, vengono trovati documenti
  definiti sospetti e che inducono la capitaneria a chiamare i
  vigili del fuoco per controllare la radioattività del carico.
  I documenti ritrovati a bordo, infatti, richiamano, in qualche
  modo, il trasporto di scorie radioattive, indicando i siti
  esatti di presunti autoaffondamenti di altre navi nel
  Mediterraneo, che sono oggetto di indagini in corso,
  soprattutto ad opera della magistratura di Reggio Calabria.
     Le operazioni di recupero della  Rosso  durano due
  mesi, poi la nave viene rottamata in gran fretta.  Una parte
  del carico, misteriosamente definita "materiale putrescente"
  dalle autorità, finisce nelle discariche calabresi.
     La nave  Rosso,  tra l'altro, era già stata, con il
  nome di  Jolly Rosso  e insieme a  Karin B,  a
  Zanoobia,  a  Koko  e a  Jolly Rubino,  una delle
  famigerate navi dei veleni, navi che nell'estate del 1988
  vennero illecitamente inviate, cariche di migliaia di
  tonnellate di rifiuti nocivi da smaltire in paesi asiatici ed
  africani, come il Libano e la Nuova Guinea, da spregiudicati
  faccendieri italiani.  Fu proprio in quella circostanza che
  emerse la percezione che l'Italia era al centro di attività
  illegali e di giri d'affari colossali nel settore dei rifiuti,
  come ha denunziato in questi anni in modo assai circostanziato
  e coraggioso Legambiente.
 
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     I tanti affondamenti sospetti - circa 40 negli ultimi
  dieci anni - hanno evidenziato come lo smaltimento dei rifiuti
  tossici avvenga talvolta mediante l'affondamento di navi
  cosiddette "a perdere", cariche di scorie radioattive, nel
  Mediterraneo.  Si pensi agli affondamenti delle motonavi
  maltesi  Anni  ed  Euroriver,  a quello emblematico
  per la quantità di illegalità commesse dagli armatori della
  Rigel  e ancora a quello della  Marco Polo,  della
  Koraline  e della  Four Star,  che hanno fatto
  rilevare concentrazioni di torio 234 nel mare circostante di
  dieci volte superiore alla media.
     A questo fenomeno, secondo una denunzia dei Lloyd's  di
  Londra, si accompagnerebbero anche una serie di truffe alle
  principali compagnie assicurative, perpetrate con la
  riscossione dei premi assicurativi relativi ai sinistri
  marittimi in questione. E, come dice la Commissione
  parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle
  attività illecite ad esso connesse, "appare allo stato anche
  verosimile una relazione tra il traffico dei rifiuti
  radioattivi e il fenomeno del commercio di alcune tecnologie
  militari avanzate, tecnologie che, per la loro configurazione,
  potrebbero essere utili al duplice scopo militare e di
  inabissamento di rifiuti radioattivi", come nel caso dei
  siluri detti "penetratori".
     E non è tutto.  Secondo la ricostruzione fornita da alcune
  indagini, prima di essere usate come "tombe" per i rifiuti
  nucleari, alcune di queste navi sono servite al trasporto di
  altri rifiuti tossici e radioattivi in paesi del terzo mondo,
  che li smaltivano illegalmente in cambio di armi.  Singolare, a
  questo proposito, è rilevare come uno dei siti per lo
  smaltimento di rifiuti nocivi in cambio di armi sia stato
  individuato in Somalia, nei pressi di Bosaso, proprio
  nell'area in cui la giornalista televisiva Ilaria Alpi
  svolgeva un'inchiesta su di un presunto traffico di armi tra
  l'Italia e la Somalia prima di essere assassinata insieme al
  cameraman  Hrovatin.  La Commissione d'inchiesta sulla
  cooperazione con i paesi in ritardo di sviluppo nella passata
  legislatura ha acquisito elementi importanti su tale delitto,
  che proprio in questi giorni è tornato alla ribalta (se ne sta
  occupando la commissione Gallo).
     Per avere un quadro appena completo occorre far luce
  ancora sul ruolo che in molti degli episodi citati hanno avuto
  alcune società che operano sul piano internazionale nel campo
  dello smaltimento dei rifiuti nucleari: nei documenti
  sequestrati ad alcune di queste società infatti sono state
  trovate mappe relative al Mediterraneo, con segnalati i siti
  maggiormente adatti allo smaltimento dei rifiuti radioattivi,
  tra i quali alcuni corrispondono alle coordinate di effettivi
  inabissamenti delle navi "a perdere" cui ho accennato.  Così
  pure bisognerà non sottovalutare la pesante ingerenza
  esercitata dalle "ecomafie" sullo smaltimento dei rifiuti
  tossici e nocivi in generale, le quali stanno trasformando
  un'operazione di sicurezza sanitaria ed ambientale in un
  business  illegale e molto pericoloso per la salute
  dell'uomo.
     Emblematico è il caso dei due pescatori calabresi che
  casualmente hanno recuperato una scoria radioattiva incappata
  nelle loro reti durante una battuta di pesca, i quali si sono
  ammalati di leucemia mieloide.
     Quanto finora detto, che rappresenta solo una breve ed
  incompleta descrizione dei colossali affari della "Ecomafia
  Spa", ci induce a chiedere con forza nuovamente al Governo di
  fare massima chiarezza sull'accaduto, adottando provvedimenti
  a livello nazionale ed internazionale per contrastare il
  business  del riciclaggio illegale, ed intanto l'adozione
  di iniziative che consentano una rapida bonifica dei
  pericolosissimi relitti che giacciono sul fondo del nostro
  mare.
     Tre anni fa l'allora sottosegretario di Stato per la
  difesa Silvestri dichiarò nella Commissione competente la
  nostra impreparazione al riguardo, dicendo che non eravamo
  attrezzati per questa complessa opera di recupero, che
  richiede attrezzature altamente sofisticate e navi adatte allo
  scopo.  Sono state superate queste difficoltà?  Siamo riusciti a
  dotarci di tutto
 
                              Pag. 12
 
  il necessario per quest'opera di bonifica così urgente ed
  importante?  Cosa stiamo facendo per controllare meglio le
  nostre coste, che si sviluppano per migliaia di chilometri?
  Solo nella mia regione, la Calabria, ce ne sono 800
  chilometri.  Si tratta - è vero - di un lavoro estremamente
  difficile ma del tutto necessario.  E' stata messa in atto una
  strategia di coordinamento a livello internazionale?
     Una maggiore e più intensa cooperazione sul piano almeno
  europeo è indispensabile ed urgente per bloccare in maniera
  particolare i traffici di scorie radioattive, che negli anni
  scorsi provenivano soprattutto dai paesi dell'ex Unione
  Sovietica e si sviluppavano attraverso la ex Jugoslavia e
  l'Albania, avendo come destinazione alcune regioni italiane,
  tra cui la Calabria.
     La mafia ha assunto in maniera stabile il controllo del
  traffico dei rifiuti tossici e nocivi ed è diventato
  economicamente conveniente in carenza delle normative vigenti.
  Se si riesce a smaltire senza rispettare le varie prescrizioni
  sulle discariche controllate, il margine di utile è altissimo
  per chi smaltisce.  E' chiaro che non si può smaltire in zone
  dove vi è un controllo del territorio elevato, una presenza di
  popolazione diffusa, un insediamento diffuso (la pianura
  padana, le grandi città e così via), per cui la criminalità va
  alla ricerca di siti poco esposti e in località già sotto il
  controllo della delinquenza organizzata.  Perciò le aree più a
  rischio sono le zone a forte insediamento mafioso, in località
  già tradizionalmente sotto il controllo della delinquenza (le
  cave e le grotte, ad esempio).  Questo traffico colpisce aree
  che non hanno una grande presenza abitativa, quindi quelle di
  pregio ambientale, tra cui il parco naturale dell'Aspromonte,
  che rischia di divenire in tal modo luogo di utilizzo
  permanente di sostanze tanto pericolose.
     La valorizzazione del parco dell'Aspromonte diventa quindi
  un obiettivo prioritario, perché esso non può più essere
  abbandonato alle cosche.  Si deve invece innescare un processo
  che veda le stesse popolazioni interessate alla tutela del
  territorio, quindi attive in una azione di contrasto alla
  mafia e ai suoi loschi traffici.
     Occorre ribadire con forza che intorno alla tutela
  dell'ambiente si può costruire in Calabria e in tante altre
  regioni una politica di sviluppo che parta dalle grandi
  risorse esistenti e che sia capace di creare il vuoto intorno
  alle associazioni criminali.  E' evidente che anche il mare
  calabrese, per lo stesso motivo cui facevo prima riferimento,
  proprio perché privo di consistenti traffici commerciali e di
  un sistema portuale diffuso che anche in inverno garantisca un
  controllo continuo, diventa la tomba ideale di navi che
  trasportano veleni.  La grande estensione delle coste calabresi
  e la molteplicità di impegni delle scarse capitanerie di porto
  escludono che si possa fare riferimento solo a queste
  strutture per il controllo del mare.  Infatti, d'estate il
  pattugliamento avviene anche con gli elicotteri e i mezzi
  navali delle tre armi.  C'è da chiedersi, allora, se non sia il
  caso di verificare l'opportunità di un controllo attraverso la
  rete satellitare e se, in un prossimo futuro, si possa pensare
  ad un sistema di questo genere.
     E' necessario inoltre un rafforzamento delle capitanerie
  di porto ed un coordinamento non solo nei mesi estivi di tutte
  le forze di polizia per assicurare un controllo più efficace
  delle coste e del traffico marittimo in generale.  Occorre
  altresì un rafforzamento ed una specializzazione delle
  strutture di indagine sul settore specifico del traffico dei
  rifiuti tossici e nocivi, che richiede competenze specifiche e
  di alta professionalità.  Devo ricordare che un ottimo lavoro
  viene già svolto dal NOE, il nucleo operativo ecologico dei
  carabinieri.  Da una relazione del colonnello Raggetti abbiamo
  appreso che solo nel 1997 sono stati accertati circa 30 mila
  reati di natura ambientale.  L'Arma dei carabinieri, quindi,
  sta svolgendo un ottimo lavoro e di questo gliene siamo
  grati.
     Torno a ribadire che un confronto con altre esperienze
  internazionali è utile ed
 
                              Pag. 13
 
  urgente al fine di procedere alla rimozione delle situazioni
  di pericolo già individuate, in una logica di maggiore
  cooperazione internazionale, anche perché, soprattutto lungo
  le coste, sono molti i paesi interessati.  Lo stesso discorso
  vale per il controllo del mare, che però va inquadrato in una
  logica di tutela dell'intero bacino del Mediterraneo.  Da qui
  la necessità di una maggiore cooperazione, soprattutto con i
  paesi che si affacciano sulle sponde del Mediterraneo.
     Concludo ricordando che presso il Ministero dell'ambiente
  esiste una commissione al cui lavoro il sottosegretario
  Calzolaio ha dato un grande impulso e che ha predisposto
  proposte di inserimento nel nostro codice penale di reati di
  natura ambientale.  Credo che tale commissione abbia concluso i
  suoi lavori e che i relativi risultati siano stati inviati al
  Ministero di grazia e giustizia.  E' auspicabile un rapido iter
  di approvazione di questi provvedimenti; sono certo che il
  sottosegretario Calzolaio si adopererà con il suo solito
  appassionato impegno affinché misure così urgenti ed
  importanti siano varate al più presto.
 
DATA=980120 FASCID=STA13-299 TIPOSTA=STA LEGISL=13 NCOMM= SEDE= NSTA=0299 TOTPAG=0120 TOTDOC=0319 NDOC=0018 TIPDOC=O DOCTIT=0004 COMM= PAGINIZ=0010 RIGINIZ=003 PAGFIN=0013 RIGFIN=020 UPAG=NO PAGEIN=10 PAGEFIN=13 SORTRES=9801203 SORTDDL= FASCIDC=13STA 00299 SORTNAV=59801202 00299 200000 ZZSTA299 NDOC0018 TIPDOCO DOCTIT0004 NDOC0004



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