| ROBERTO MANZIONE. No, Presidente, non ci tengo, mai come
in queste occasioni!
Signor Presidente, onorevoli colleghi, in un dibattito
come quello che ci vede impegnati in questa sede diventa
difficile l'approccio, il taglio da dare alla nostra
discussione. Ho seguito con attenzione gli interventi che si
sono succeduti per cercare di comprendere, sia razionalmente
sia emotivamente, le motivazioni che spingevano i colleghi ad
operare scelte, a volte tutte astrattamente sostenibili, anche
se di segno opposto. Ho deciso allora di rivendicare, come
spero accada nella sostanza per tutti i gruppi e per tutti i
colleghi, quel diritto di libertà di coscienza che sempre deve
ispirare il nostro comportamento.
Dirò con estrema chiarezza che non condivido l'ipotesi
della premeditata macchinazione ai danni dell'onorevole
Previti e del gruppo di forza Italia, giacché credo
fondamentalmente nella giustizia e di non poter avere diritto
di cittadinanza in un paese che riesca pur soltanto ad
immaginare che i giudici, anziché applicare la legge,
precostituiscano gli elementi, addomestichino le prove e
concorrano nel disegno scellerato di prevaricare, annientare e
distruggere presunti avversari politici e non. Credo però che
ognuno di noi abbia l'obbligo di non fidarsi acriticamente
delle decisioni assunte da altri nel momento in cui una
responsabilità diretta involge e consegue ad una valutazione
che non può essere distante, lontana ed asettica.
Come ho detto all'inizio del mio intervento, tutti hanno
messo in campo suggestioni, argomenti coinvolgenti e principi
astratti abilmente ripiegati e condizionati da convincimenti
preventivamente assunti. Guai però ad affrontare ogni
decisione con l'animo di chi, invece di percorrere con
attenzione e responsabilità il complesso ed impervio cammino
storico dell'arida cronologia dei fatti, tenti di ripiegare
gli stessi ad un convincimento predeterminato e
preconcetto.
Ho sentito dotte esternazioni in merito al famoso fumus
persecutionis, sulla sua valenza, sulla necessità di
riscontrarlo attraverso un esame di legittimità del
provvedimento emesso o invece sull'opportunità di valutarlo
rispetto a canoni meno tecnici e più esterni; quasi fosse
possibile delimitare l'ambito di un'analisi che deve non solo
verificare l'impostazione eventualmente preconcetta del
provvedimento custodiale, ma anche ricercare le motivazioni
profonde di un rigore ingiustificato o di supposte ragioni
politiche. Occorre allora secondo me operare una valutazione
del quadro indiziario prospettato e delle esigenze cautelari
paventate, certamente non tecnica ma neanche superficiale.
Questo nella consapevolezza che l'eventuale intento
persecutorio non debba essere per forza doloso, ma possa anche
essere dovuto ad errore o a negligenza.
Come ho già detto, mi rifiuto di credere che esista una
volontà ferma e predeterminata, lucida e perfettamente
consapevole, intenzionata a colpire per fini diversi da quelli
per i quali l'azione penale debba essere promossa ed il
provvedimento custodiale possa essere richiesto e concesso. E'
stato abile il relatore di minoranza, il collega Bonito, ad
enfatizzare la supposta macchinazione per portarci a scegliere
fra la volontà di ribadire la credibilità della magistratura e
quella di assumere decisioni che, secondo il suo assunto,
apparirebbero destabilizzanti e
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delegittimanti dell'intero ordine giudiziario. Collega
Bonito, noi non vogliamo processare la magistratura, né
vogliamo destabilizzare il sistema di garanzie che, pur
abbisognevole di ritocchi (ci auguriamo che con la riforma
della Costituzione tali ritocchi intervengano),
sostanzialmente ancora ci convince.
Per accelerare questa scelta di campo, con fare
suggestivo, l'altro relatore di minoranza, il collega Meloni,
arrivava incidentalmente a ricordarci che altri coimputati
sono stati arrestati e che una decisione favorevole a Previti
aumenterebbe quella differenza, amplierebbe quel solco che
esiste già nell'immaginario collettivo fra i deputati, i
parlamentari e tutti gli altri. Diceva bene, in proposito, il
collega Carotti, quando sottolineava il disagio che proprio i
parlamentari responsabili avvertono, legato al fatto che
l'essere membro del Parlamento può, in alcuni momenti storici,
essere addirittura una specie di handicap giuridico. I
relatori di minoranza, però, pur essendo stati bravi a
spostare i termini della questione, non hanno espresso alcuna
valutazione in merito alla reale consistenza del quadro
indiziario e all'effettiva sussistenza delle esigenze
cautelari. In particolare, il collega Bonito si è limitato
all'enunciazione impressionante di una serie di cifre, decine
e decine di miliardi, che attraversano trasversalmente, a suo
dire, i conti di Rovelli, Pacifico, Previti, Verde e
Squillante. Grande effetto, grande suggestione, ma se questo
denaro è realmente il prezzo della corruzione nel processo
IMI-SIR, perché gli altri giudici non sono coinvolti nel
processo? Perché nessuno degli altri componenti delle due
sezioni del tribunale di Roma, della Corte d'appello di Roma e
della Corte di cassazione è coinvolto nelle indagini? O ci si
vuole far credere che un uomo solo - il dottor Filippo Verde,
ad esempio - avrebbe potuto architettare, gestire e
determinare le sorti di una vertenza così complessa? Che si
indaghi sul trasferimento sospetto di fondi, ma si arrivi a
determinare un quadro indiziario più completo e più credibile,
anche perché certi flussi finanziari - non lo neghiamo - sono
senz'altro inquietanti.
Lo stesso dicasi per le contestazioni e le ricostruzioni
relative al primo capo di imputazione, mi si consenta, più
vicino ad una sceneggiatura di un romanzo, ad un legal
thriller che ad un atto tecnicamente realmente idoneo a
radicare la responsabilità penale.
E non voglio parlare dei problemi relativi alla competenza
territoriale, che a mio avviso non poteva che essere radicata
presso il tribunale di Perugia, né della paventata possibile
prescrizione dei reati.
Serie perplessità, oltre che sul quadro indiziario,
permangono poi rispetto al quadro cautelare. Al riguardo, sono
d'accordo con la collega Li Calzi quando afferma che
l'attualità - altro dato essenziale - delle esigenze cautelari
non opera più rispetto al capo A) delle contestazioni,
essendo stato chiesto il rinvio a giudizio, segno
dell'evidente conclusione delle indagini e del venir meno di
ogni possibile attuale capacità di inquinamento probatorio. Lo
stesso dicasi per il capo B), atteso che anche la
rogatoria internazionale relativa al conto "Mercier",
espressamente indicata dal GIP, si è allo stato conclusa.
Senza considerare che, a parte la valenza qualitativa, la mole
quantitativa delle attività investigative e probatorie assunte
appare più che considerevole.
Nulla appare opportuno affermare, infine, in merito al
pericolo di reiterazione, essendo debole, per la verità, la
motivazione addotta dal GIP sul punto.
Ed allora devo confessare che il mio pensiero in questo
momento è diretto ai coimputati, giacché, come sono convinto
che non esistono gli estremi per l'arresto dell'onorevole
Previti, così sono convinto che, se la custodia rimane
un'eccezione nel nostro ordinamento processuale e non può e
non deve essere usata - come dice anche il Capo dello Stato -
per estorcere confessioni, neanche gli altri imputati
avrebbero dovuto essere oggetto di ulteriori provvedimenti
custodiali, anche se attenuati, nella considerazione che, in
assenza di reali esigenze cautelari, la
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privazione della libertà personale non possa che conseguire
ad una sentenza di condanna dopo un giusto processo
(Applausi dei deputati dei gruppi del CCD e di forza
Italia).
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