| FEDERICO ORLANDO. Onorevole Presidente, onorevoli
colleghi, quell'aria di sacrestia dorotea che ha aleggiato
ieri in tutti i settori di quest'aula ha accresciuto in me il
disagio di far parte, sia pure molto marginalmente e molto
provvisoriamente, della classe politica. Io credo che quando,
dopo Tangentopoli, è emersa con il caso Previti la più grave
di tutte le corruzioni, quella della magistratura, avremmo
dovuto avere un sussulto di responsabilità e andare al cuore
del problema, e cioè come possa salvarsi una democrazia quando
sono in vendita non suoi ministri o deputati, ma suoi giudici,
quelli cioè che dovrebbero giudicare della corruzione di tutti
gli altri. Vogliamo dare nuove garanzie di indipendenza alla
magistratura - perché questo è il problema - o vogliamo solo
contestare i giudici che toccano la sacrestia della politica,
come s'è fatto in bicamerale e abbiamo continuato a fare ieri
in quest'aula?
Questo, ripeto, è il problema che il caso Previti ci
poneva e che la Camera mi sembra abbia eluso. E non ditemi che
qui c'è da parlare solo di fumus persecutionis, perché
si è parlato di tutto, con sfoggio di cultura giuridica
processuale e sostanziale, ma nessuno ha ancora detto come
sopravviva una Repubblica democratica se i suoi giudici
possono venire comprati, condizione necessaria e sufficiente
anche del golpismo. Perciò io non pronuncerò una requisitoria
contro il presunto corruttore dei giudici e nemmeno un'arringa
a sua difesa, avendo a ciò già provveduto il relatore per la
maggioranza nella inedita veste di "giudice dei giudici" o, se
preferite, di avvocato parlamentare.
Non mi piace né il "tintinnar di manette" né il tintinnar
di ...rosari o di parcelle, mi interessa ben altro: mi
interessa la difesa delle istituzioni liberaldemocratiche
minacciate dal mercimonio nel più delicato dei tre poteri
dello Stato, quello giudiziario.
Mi limiterò a ricordare ciò che tutti i colleghi sanno
benissimo e cioè che la nostra democrazia, attraverso lo
Statuto albertino e poi la Costituzione repubblicana, ha
accolto dal Parlamento inglese l'immunità per le idee e i voti
espressi dai parlamentari, e dall'assemblea rivoluzionaria
francese l'immunità dall'arresto: due immunità volte a
tutelare i rappresentanti del popolo dagli arbitri dei re. Ma
noi abbiamo umiliato l'immunità per le opinioni fino a coprire
con essa l'oltraggio e l'ingiuria a danno di indifesi
cittadini e abbiamo trasformato il sospetto verso i
moschettieri del re in sospetto verso i magistrati del
pubblico ministero, snaturando la garanzia per i deputati
della rivoluzione in privilegio per i deputati di
Tangentopoli.
E' vero che l'onorevole Previti ha posto come distico ad
un suo libro sulla giustizia - che ho letto con attenzione -
uno sfiduciato pensiero di Leonardo Sciascia, e cioè che non
esistono uomini giusti nella giustizia, ma è altrettanto vero
che i giudici non giusti, come la vicenda forse dimostra,
allignano più nei tribunali frequentati dall'onorevole Previti
che non nelle procure da cui egli si difende.
Signor Presidente, ieri il procuratore generale della
Corte dei conti ha denunciato che Tangentopoli continua, anzi
dilaga. A questo morbo che potrebbe uccidere la nostra
democrazia, snaturando la sete di giustizia dei cittadini
nell'illiberale giustizialismo per cui l'indagato è già
colpevole, noi abbiamo risposto con un emendamento, venerdì
scorso, che esclude dalle nuove norme anticorruzione il 99 per
cento del personale politico amministrativo.
Abbiamo ripristinato con tecnica dorotea il finanziamento
dei partiti; stiamo per concedere denaro pubblico a giornali
privati che si autoproclamano organo di partiti virtuali;
stiamo per decidere su una
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vicenda infinitamente più grande dell'onorevole Previti con
una visione ultrariduttiva del problema.
Questo accumularsi di nostre responsabilità di fronte ai
cittadini, signor Presidente della Camera, rende prevenuti i
cittadini verso di noi e rende perciò meno libero ciascuno di
noi nel voto di questa sera. Viene prima la tutela corporativa
del parlamentare o la credibilità del Parlamento, che non è
minacciata da una procura della Repubblica ma dalla rivolta
morale del paese contro quello che facciamo, o, peggio, dalla
sua sprezzante indifferenza per tutti noi? Come liberale non
ho dubbi sul principio: prima la condanna, poi la pena!
Però questo Parlamento ha fatto e fa di tutto - e me ne
dispiace - per renderne difficile la coerente applicazione
(Applausi).
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