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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


344696
STA0299-0077
Stenografico d'Aula n. 299 del 20 gennaio 1998 (STA13-299)
(suddiviso in 319 Unità Documento)
Unità Documento n.77 (che inizia a pag.46 dello stampato)
(il TITOLO si trova nell'Unità Documento n.49)
SEGUITO DISCUSSIONE: DOC. IV, n. 11A. ...(Ripresa della discussione - Doc. IV, n. 11-A) LAVASS
...SEGUITO DISCUSSIONE: DOC. IV, n. 11A. ...(Ripresa della discussione - Doc. IV, n. 11-A)
ANTONIO BORROMETI.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
ZZSTA ZZRES ZZSTA200198 ZZSTA980120 ZZSTA000198 ZZSTA000098 ZZSTA299 ZZ13 ZZDI ZZLL
    ANTONIO BORROMETI.  Intervengo per rassegnare all'Assemblea
  le ragioni che mi hanno convinto per il "no" all'arresto con
  vera libertà di coscienza, alla quale il mio gruppo - lo
  voglio sottolineare poiché mi sembra un fatto non trascurabile
  - ha affidato la decisione in una vicenda così delicata.
     Dico subito che non concordo sulla tesi ribadita nella
  relazione di minoranza dai colleghi Meloni e Bonito, basate
  esclusivamente sul  fumus persecutionis  che si fa
  coincidere con il dolo del magistrato.  Questo  fumus,  per
  così dire soggettivo, scatterebbe solo in presenza di una
  volontà persecutoria dell'autorità giudiziaria nei riguardi di
  un parlamentare, in mancanza della quale l'autorizzazione
  dovrebbe essere sempre concessa.  Tale assunto è palesemente
  erroneo come risulta anche dal fatto che è statisticamente
  irrilevante, poiché quasi mai è stata negata l'autorizzazione
  per questo motivo.  Inoltre, porta alla conseguenza che ad ogni
  richiesta di arresto conseguirebbe un procedimento nei
  confronti del magistrato richiedente; il che non è mai
  accaduto.
     Credo invece che, per una corretta decisione, la Camera
  debba valutare comparativamente i diversi e contrapposti
  interessi costituzionalmente protetti, sui quali viene ad
  incidere la misura cautelare nei confronti di un parlamentare:
  da una parte quello del processo e di assicurare alla
  giustizia il presunto autore di un reato; dall'altra la
  libertà personale dell'imputato con la presunzione di
  innocenza fino alla condanna definitiva e soprattutto, per ciò
  che ci interessa, l'integrità della composizione della Camera
  così come voluta dal corpo elettorale.  Il rispetto del
  plenum  non è un fatto esclusivamente numerico, giacché
  non si tratta di fare in modo che siano presenti tutti i
  deputati, cosa che del resto non accade quasi mai.  D'altra
  parte, l'articolo 64 della Costituzione non richiede, per la
  validità delle deliberazioni dell'Assemblea, la presenza di
  tutti i suoi membri.  Tale esigenza, invece, si correla alla
  sovranità popolare, alla quale direttamente consegue, e
  garantisce la corrispondenza della composizione complessiva
  del Parlamento con la volontà espressa dall'elettorato, che
  verrebbe meno nel caso in cui forzatamente mancasse qualcuno
  dei suoi membri.
     Mentre nel caso di condanna passata in giudicato il
  legislatore costituzionale, nella riforma nel 1993, ha
  ritenuto che essa debba prevalere rispetto a qualsiasi altro
  interesse e vada eseguita senza bisogno di autorizzazione, nel
  caso di richiesta di arresto cautelare l'esecuzione va
  raffrontata al valore costituzionale dell'integrità
  dell'Assemblea.  E per fare ciò vi è un'unica possibilità:
  delibare il merito del provvedimento per valutarne la
  fondatezza in forza dei criteri e delle condizioni previsti
  dal codice, come d'altra parte si è sempre fatto in passato.
  L'eventuale infondatezza del provvedimento, non dolosa ma
  colposa, non soggettiva ma anche oggettiva e cioè posta in
  essere dal giudice che pure agisca con assoluta serenità nei
  confronti del parlamentare, concretizza il  fumus
  persecutionis,  che deriva da un'applicazione errata dei
  criteri previsti dal codice e quindi determina la prevalenza
  del valore collegato alla sovranità parlamentare, cioè
  l'integrità della composizione della Camera, rispetto
  all'esecuzione di un provvedimento che si ritiene infondato o
  comunque privo dei necessari requisiti.  Questo è il percorso
  che il Parlamento deve seguire in ogni caso di richiesta di
  arresto ed anche nella fattispecie in esame, che presenta due
  distinte ipotesi di reato, che per questo vanno affrontate
  separatamente.
     Per la prima è di tutta evidenza la mancanza dei gravi
  indizi di colpevolezza
 
                              Pag. 47
 
  richiesti dall'articolo 273 del codice di procedura penale
  per l'applicazione di qualsiasi misura cautelare personale.  La
  genericità dell'accusa nei confronti di Previti, per il quale
  nel periodo in questione nel capo  A)  non viene indicato
  un solo episodio di corruzione in atti giudiziari, non può
  condurre ad altre conclusioni.  Ma vi è il fatto, che chiude
  definitivamente il discorso sul punto, costituito dallo
  spirare del termine delle indagini preliminari, che secondo il
  GIP costituisce il limite temporale di applicazione di tale
  misura e la stessa, poiché non è stata rinnovata, per
  l'articolo 301 del codice di procedura penale, si è
  definitivamente estinta.  Credo non sia il caso di aggiungere
  altro per un capo di imputazione per il quale la misura
  cautelare è scaduta e si è, quindi, esaurita.
     Discorso diverso va fatto invece per il secondo capo di
  imputazione, perché agli atti è disegnato uno scenario di
  indubbia, particolare gravità, sia per la pesantezza del
  complessivo quadro indiziario che lo supporta, sia per la
  portata del fatto in sé.
     Non credo alla tesi del complotto ordito da più parti
  contro Previti, nella quale - neanche a dirlo - si affacciano
  pure i servizi segreti, tesi che considero risibile.  Dissento
  anche dall'impostazione del relatore per la maggioranza,
  perché non enfatizzo l'accanimento contro Previti dei giudici
  milanesi, non potendosi trasformare questa vicenda in un
  giudizio pro o contro i giudici stessi, i quali comunque hanno
  inciso un bubbone, ricostruendo nella vicenda IMI-SIR uno
  scenario a dir poco inquietante, con un quadro probatorio
  rilevante che certo dovrà essere verificato dal dibattimento.
  Dico però che nella sostanza si tratta di fatti, anche
  documentalmente ricostruiti, per i quali c'è solo da celebrare
  il processo, e che non possono ritenersi sussistenti le
  esigenze richieste dal codice per l'arresto: non quella di cui
  alla lettera  b),  esclusa dallo stesso GIP, né quella di
  cui alla lettera  c),  perché non si vede come l'onorevole
  Previti, la cui vicenda processuale è ormai nota a tutti,
  potrebbe anche soltanto tentare di compiere negli ambienti
  giudiziari gli stessi reati che gli vengono addebitati per il
  passato.
     Quanto alla conservazione della prova, dopo il notevole
  lasso di tempo trascorso dall'inizio delle indagini, il
  provvedimento non giustifica la singolare possibilità,
  adombrata dal giudice, dell'inquinamento interpretativo delle
  prove documentali raccolte - ed è proprio questo il punto - e
  documentalmente acquisite al processo.  In esso è ormai fissato
  il movimento dei conti correnti di Previti, così come sono
  parimenti consegnati al processo e - lo si diceva bene prima -
  storicizzati tutti gli altri elementi che formano il
  complessivo quadro indiziario del secondo capo di imputazione,
  per il quale non è ipotizzabile (e non viene per la verità
  neppure indicata) alcuna possibilità di alterazione, almeno
  nella sua concretezza, così come pretende il codice.
     Il provvedimento non può neanche giustificarsi con il
  fatto che non sono stati individuati tutti i movimenti dei
  conti correnti sequestrati per l'astratta ipotesi di un
  raccordo tra coimputati, che potrebbe - lo si diceva prima -
  interferire su tale individuazione, raccordo che, se del caso,
  in oltre due anni di indagine già c'è stato e che, semmai,
  proprio ora, in questa fase, sarebbe oltremodo problematico, a
  meno che - come anche veniva poc'anzi evidenziato - non ci sia
  un retropensiero che sottende il provvedimento, ossia che lo
  si vuole utilizzare per indurre Previti a riferire sui fatti
  e, quindi, sui movimenti e sui destinatari non individuati dei
  suoi conti correnti.
     Ciò certamente non può essere avallato dal Parlamento, se
  è sincero il plauso da tutti fatto al discorso di fine anno
  del Presidente della Repubblica.
     Concludo, Presidente.  Il provvedimento d'arresto anche per
  il secondo capo d'imputazione difetta delle necessarie,
  indispensabili condizioni di legge ed è per questa ragione,
  giusta le considerazioni prima svolte, che io ritengo non
  possa essere autorizzato da questo ramo del Parlamento.
 
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