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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


344725
STA0299-0106
Stenografico d'Aula n. 299 del 20 gennaio 1998 (STA13-299)
(suddiviso in 319 Unità Documento)
Unità Documento n.106 (che inizia a pag.56 dello stampato)
(il TITOLO si trova nell'Unità Documento n.49)
SEGUITO DISCUSSIONE: DOC. IV, n. 11A. ...(Dichiarazioni di voto - Doc. IV, n. 11-A) LAVASS
...SEGUITO DISCUSSIONE: DOC. IV, n. 11A. ...(Dichiarazioni di voto - Doc. IV, n. 11-A)
ALFREDO BIONDI.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
ZZSTA ZZRES ZZSTA200198 ZZSTA980120 ZZSTA000198 ZZSTA000098 ZZSTA299 ZZ13 ZZDI ZZLL
    ALFREDO BIONDI.  Signor Presidente, onorevoli colleghi e
  colleghe, io non vi
 
                              Pag. 57
 
  nascondo una certa emozione e preoccupazione nel prendere la
  parola in sede di dichiarazione di voto.
     La dichiarazione di voto è un atto di coscienza, che per
  me significa consapevolezza, ed anche di volontà: si tratta di
  esplicitare come la penso.  Non so se il voto sarà palese o
  segreto.  Ho chiesto di parlare solo perché fosse palese quello
  che sento, che provo e che giudico in questa fase (senza però
  essere un giudice; non intendo arrogarmi il compito di
  giudicare i giudici, un compito che non ci compete né come
  singoli né come Assemblea).  A noi compete una valutazione
  forse più difficile di quella giudiziaria: collegare i diritti
  e le prerogative (non i privilegi, come ha detto Bonito) di un
  cittadino che è parlamentare con ciò che si deve fare per
  tutelarne la libertà e per evitare che il pregiudizio vinca
  sul giudizio e che - come ha detto Orlando parlando dei valori
  della libertà e dei liberali - la condanna preceda
  l'accertamento.
     Carnelutti diceva che il processo è già una pena.  Io non
  riesco nemmeno ad immaginare la pena che deve esservi per un
  uomo e per un deputato di fronte alla necessità di difendersi:
  è un ruolo molto difficile.  D'altra parte, non riesco a capire
  come si possa ritenere che il Parlamento ed (in questo caso) i
  deputati debbano porsi un problema - come qualcuno ha detto -
  di sofferenza nella propria coscienza: quando si obbedisce
  alla propria coscienza non si soffre; si riflette e si
  esprimono i propri giudizi.
     Stimo molto il collega Bonito, tuttavia mi sembra molto
  grave dire che gli elementi in causa dal punto di vista
  dell'autorità giudiziaria milanese (inquirente e per le
  indagini preliminari) siano tranquillizzanti ai fini della
  privazione della libertà di un cittadino.  Mi riferisco sia al
  tempo dei fatti sia alle indagini compiute sia al rapporto fra
  tutto ciò e la necessità di privare della libertà il cittadino
  per esigenze cautelari: elementi che nel loro insieme
  costituiscono qualcosa che fa a pugni con quella eccezionalità
  della misura della custodia cautelare che l'articolo 275
  prevede come deroga all' habeas corpus,  al diritto del
  cittadino di essere integro nella sua potenzialità di
  cittadino di fronte all'accusa.  La privazione della libertà
  costituisce un  vulnus  per chiunque e l'eccezione non può
  diventare la regola.
     Noi non dobbiamo fare il giudizio al giudizio, ma dobbiamo
  collegare la nostra decisione a due valori generali di libertà
  e particolari del deputato nel Parlamento.
     Ho l'onore di aver presentato nel lontano 1968 la prima
  proposta (la proposta numero uno!) per la limitazione
  dell'immunità parlamentare, divenuta impunità (come qualcuno
  ha ricordato).  Sono anche orgoglioso di aver presentato un
  decreto-legge nel quale i diritti di libertà del cittadino
  erano anteposti ad una visione pregiudiziale e pregiudizievole
  del suo  status  di fronte alle indagini.  Non sono di
  quelli che obbediscono al "popolo dei  fax ": posso
  parlare a voce alta perché su questo valore ho assunto le mie
  responsabilità istituzionali, oltre che parlamentari.  Non
  riesco a capacitarmi come si possa immaginare, se non si vuole
  offendere la procura di Milano ed il giudice per le indagini
  preliminari, che indagini, verifiche, entità di accertamento
  come queste debbano ancora subire - starei per dire -
  l'affronto e la possibilità (l'unghiata della possibilità
  riduttiva del loro valore) rappresentati non dal pericolo di
  fuga (che per fortuna non è stato prospettato per l'onorevole
  Previti, nonostante che le sue gambe si muovano bene), ma
  dalla reiterazione del fatto e dall'inquinamento delle
  prove.
     Sono contraddizioni molto forti; qualcuno ha affermato che
  non si tratta di contraddizioni che attengono al  fumus
  persecutionis:  quante bugie si sono dette in latino!  Non si
  tratta di  fumus persecutionis  che non è una  voluntas
  persecutionis;  altrimenti - mi rivolgo a qualcuno che
  confonde il dolo con la colpa e non voglio citare l'autore che
  tra l'altro spesso si cita da solo - si confonde la causa con
  l'effetto.  Il fumo viene anche dopo gli incendi e questi
  ultimi possono essere dolosi e colposi.  Il fumo è una
  conseguenza,
 
                              Pag. 58
 
  non è una causa, è un effetto, una realtà che sopravviene in
  relazione ad una serie di comportamenti descritti dal relatore
  Carrara in maniera completa, ma che sono stati richiamati
  anche da altri colleghi, che hanno indicato - con una volontà
  che in questo caso sì sarebbe stata persecutoria verso i
  giudici - non un antagonismo tra il Parlamento e la
  magistratura, ma la rivendicazione per il Parlamento del
  proprio ruolo di tutela, richiamato autorevolmente da qualcuno
  che siede in alto in questa Camera, nel momento in cui ha
  ricordato a ciascuno di noi, e credo anche a se stesso, che in
  questo caso la cautela è la migliore garanzia.
     Come si fa a ritenere che una indeterminatezza
  dell'accusa, che un'indicazione di elementi discussi e
  discutibili e comunque considerati validi, nonché l'aver
  confuso l'indizio - che deve essere grave - con il sospetto
  che - esso sì - può essere fumoso, non costituisca di per sé
  un'impostazione unilaterale così forte da determinare
  l'effetto di persecuzione nel senso di effetto depistante
  rispetto alle esigenze di custodia cautelare?
     Come si può valutare quanto previsto dall'articolo 274,
  novellato nell'agosto del 1995, in modo tale che il
  comportamento dell'indagato o dell'imputato, che si avvale di
  ciò che la sua difesa gli consente, compreso il silenzio,
  debba essere quasi considerato - come fanno i poliziotti di
  Scotland Yard - aprioristicamente come accusa contro di
  lui?
     Come si fa a ritenere tutto ciò ed a dimenticare che nella
  richiesta di concessione degli arresti nei confronti
  dell'onorevole Previti si pretenderebbe addirittura che
  potrebbe esservi un suo comportamento gravemente depistante e
  vanificatore della prova acquisita, e poi affermare - sempre
  da pare dell'accusa - che ciò possa dipendere solo dal fatto
  che lui non si è prestato, o per silenzio o per aver dato
  diverse indicazioni, a sottomettersi al gioco che l'accusa
  vorrebbe dovesse essere imposto a chiunque si presenti di
  fronte a lei?
     Come si può ritenere che ciò non costituisca, nella realtà
  individuale e complessiva degli elementi indicati, un qualcosa
  che, in tale impostazione, Piero Calamandrei definiva "istinto
  venatorio", quello di chi accusa e vuole che, a fronte di un
  bersaglio, vi sia una preda ferma, che si prostri di fronte al
  rischio della cattura, se è con il vischio o con la rete, o
  dell'uccisione, se è con il fucile?
     Mi chiedo se tali elementi non stimolino chi invoca la
  propria coscienza, al di là dei vincoli di parte, ad un esame
  alto dei valori dei quali siamo portatori; valori che non ci
  appartengono, che ci sono stati conferiti dalla sovranità
  popolare, di cui siamo un frammento, di cui portiamo le ansie
  e di cui forse non siamo in grado - purtroppo - di
  interpretare fino in fondo l'altezza ed il valore della realtà
  fiduciaria.
     Al parlamentare - concludo, Presidente - non si richiede
  di essere il giudice dei giudici.  Non si può nemmeno ritenere,
  però, che il Parlamento sia frustrato e castrato nella propria
  possibilità decisionale su un argomento che attiene
  all'integrità dell'Assemblea, alla dignità di uno dei suoi
  membri, alla libertà, che deve essere data a ciascuno, di
  difendersi davanti al proprio giudice naturale, precostituito
  per legge, al giudice giusto, che per noi non è detto non sia
  quello di Milano, ma che forse sarebbe più giusto fosse quello
  del luogo dove si assume che i reati sarebbero stati
  commessi.
     Ecco perché dico "sì" alla relazione e "no" alla
  carcerazione del cittadino, non del deputato, Previti
  (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di
  alleanza nazionale, del CCD e misto-CDU -
  Congratulazioni).
 
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