| OLIVIERO DILIBERTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi,
è con grande cautela e senso di responsabilità che il gruppo
comunista ha deciso il proprio atteggiamento sul caso che oggi
affrontiamo. Non si valutano a cuor leggero mai e per nessuno
le condizioni concernenti la libertà personale dei cittadini,
di tutti i cittadini. Tanto più esse ci impongono equilibrio e
serenità nel caso in cui si debba dare una valutazione su un
deputato che appartiene ad un gruppo di opposto orientamento
politico, perché nessun errore sarebbe più grave, a nostro
giudizio, che atteggiarsi, in temi siffatti, sulla base di
giudizi o talvolta di pregiudizi di natura politica che
sarebbero di parte.
Il gruppo comunista voterà, dunque, per l'accoglimento
della richiesta di arresto sulla base non già di una
valutazione politica, ma di una somma di giudizi individuali
di ciascun deputato aderente al gruppo che in piena libertà di
coscienza, dopo aver letto la richiesta proveniente dai
giudici di Milano, ha liberamente formato il proprio
convincimento.
Il mio intervento, pertanto, che fa seguito a quello del
relatore di minoranza Meloni, è teso solo a denunciare, anche
a nome degli altri colleghi del gruppo, le motivazioni di
ordine costituzionale che ci hanno portato a questa comune
valutazione.
Il Parlamento repubblicano non è un tribunale, non è per
scelta esplicita dei costituenti un organo giudicante né ci
troviamo nella condizione di essere costituiti oggi in Alta
Corte di giustizia, come pure può essere previsto in casi
eccezionali.
La richiesta alla Camera per le istanze di limitazione
della libertà personale dei propri membri non fu mai concepita
come un privilegio di questi ultimi rispetto agli altri
cittadini ma, viceversa, solo come una guarentigia di
democrazia, l'esplicita esclusione di limitazioni alla libertà
personale per casi di persecuzione politica. Era viceversa,
com'è noto, lo Statuto albertino che prevedeva, e per giunta
per i soli senatori del Regno, un foro privilegiato e cioè che
essi potessero essere giudicati solo dai propri pari, vale a
dire dal Senato medesimo: un privilegio di casta e insieme,
considerate la provenienza e la fonte di nomina dei membri del
Senato del Regno, anche un privilegio di classe.
La Costituzione non prevede nulla di ciò: lo si evince
senza possibilità di equivoci
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dal testo della Costituzione. E Costantino Mortati, uno tra i
più illustri nostri costituzionalisti certamente non di
cultura marxista, anzi, cari amici e colleghi del partito
popolare, esponente tra i più autorevoli proprio del
cattolicesimo democratico, annotava così (cito testualmente)
la Costituzione nel punto che ora ci interessa: "Il giudizio
della Camera ha per oggetto non già la fondatezza
dell'imputazione sollevata a carico di un suo membro ma solo
l'accertamento dell'eventuale carattere politico della
medesima. L'immunità serve a garantire il regolare adempimento
della funzione contro la possibilità di abusi indirizzati ad
ostacolarlo". Principio sacrosanto, di grande civiltà,
principio cardine della democrazia, ma Mortati continuava
pessimisticamente (ed egli non aveva ancora visto le cose
scandalose accadute successivamente all'apparizione dei suoi
scritti) che vi era - cito ancora testualmente - "una tendenza
del nostro Parlamento a trasformare l'immunità in privilegio,
in netta violazione del principio di eguaglianza".
Dobbiamo oggi giudicare solo su un punto e la domanda alla
quale dobbiamo rispondere, nonostante quello che ho sentito in
quest'aula, la detta la Costituzione medesima: esiste una
forma, anche solo velata, di intendimento politico
persecutorio ai danni dell'onorevole Previti? La lettura delle
carte della richiesta di rinvio a giudizio e di quella di
arresto, formulate dal GIP, cioè da un magistrato terzo, a noi
sembra non giustifichi neppure il più vago sospetto di tale
intento persecutorio. Questo è l'unico punto in discussione,
questo è l'unico tema che deve appassionarci perché noi non
siamo dei giudici ma sarà il tribunale, ed esso solo nei suoi
diversi gradi, con il sistema di guarentigie previsto dal
codice e dalla Costituzione stessa per ogni cittadino e non
solo per i deputati (i quali peraltro, rispetto ai primi,
hanno una garanzia in più che è questa di oggi) a decidere se
l'onorevole Previti sia o meno colpevole dei reati di cui è
accusato.
Per quanto riguarda noi, vige e vigerà la presunzione di
innocenza sino a che una sentenza definitiva non avrà
eventualmente accertato il contrario, ma tale giudizio - lo
ripeto - non spetta a noi.
Noi, cari colleghi, non amiamo le manette né i cappi
sventolati in quest'aula a suo tempo da alcuni colleghi, i
quali sembra che oggi regolino la propria ansia giustizialista
solo sulla base delle contingenti valutazioni politiche. Ci
battiamo per una seria e garantista riforma della custodia
cautelare, siamo fattivamente solidali con i giudici delle
procure in prima fila nel nostro paese nella lotta alla
corruzione politica e alla criminalità organizzata e dunque,
innanzi tutto, con quelle di Milano e Palermo. Se la Camera
negasse oggi l'autorizzazione all'arresto, creeremmo un
conflitto devastante tra due poteri autonomi dello Stato, e
cioè tra la magistratura e il Parlamento. Siamo però altresì
convinti che per un corretto e democratico funzionamento delle
istituzioni deve essere sempre affermato che l'indipendenza
della magistratura non può spingere quest'ultima in alcuni
suoi esponenti a travalicare i compiti ad essa affidati dalla
Costituzione, assumendo talvolta connotazioni politiche o non
contrastando adeguatamente al suo interno la tentazione ad
esasperare l'uso della custodia cautelare.
I magistrati indaghino e giudichino nella piena libertà,
ma si attengano ai vincoli che la legge - alla quale sola essi
debbono sottostare - ha posto anche all'operato dei giudici
medesimi. Si faccia giustizia dunque, non nel senso della
sommarietà di essa, ma nel senso che ogni cittadino possa
sentirsi tutelato con grande rigore dalle medesime garanzie di
libertà. Dobbiamo auspicare con eguale vigore le garanzie per
il cittadino Previti quanto per l'extracomunitario ospite del
nostro paese, che pure mai avrà accesso alla televisione di
Stato, il cui arresto non farà notizia, non potrà pubblicare
lunghe ed articolate memorie difensive e sulle cui garanzie -
anche le più elementari - non mi è parso di sentire mai una
particolare attenzione in certi settori di questa Assemblea.
E' questo io credo un dovere che abbiamo di fronte a tutti i
cittadini; a quei
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cittadini il cui mandato abbiamo l'obbligo di onorare non in
difesa di nostri privilegi, ma essendo noi per primi a
sostenere con coerenza il principio di eguaglianza, che è a
fondamento della nostra Costituzione (Applausi dei deputati
del gruppo di rifondazione comunista-progressisti, della
sinistra democratica-l'Ulivo e di deputati del gruppo dei
popolari e democratici-l'Ulivo).
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