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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


344759
STA0299-0140
Stenografico d'Aula n. 299 del 20 gennaio 1998 (STA13-299)
(suddiviso in 319 Unità Documento)
Unità Documento n.140 (che inizia a pag.71 dello stampato)
(il TITOLO si trova nell'Unità Documento n.49)
SEGUITO DISCUSSIONE: DOC. IV, n. 11A. ...(Dichiarazioni di voto - Doc. IV, n. 11-A) LAVASS
...SEGUITO DISCUSSIONE: DOC. IV, n. 11A. ...(Dichiarazioni di voto - Doc. IV, n. 11-A)
FABIO MUSSI.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
ZZSTA ZZRES ZZSTA200198 ZZSTA980120 ZZSTA000198 ZZSTA000098 ZZSTA299 ZZ13 ZZDI ZZLL
    FABIO MUSSI.  Sì, il potere più terribile è quello di cui
  stiamo discutendo: disporre della libertà delle persone, e si
  esercita nella forma più dolorosa nel caso della custodia
  cautelare, che precede e non segue il giudizio.
     I dati - 23 mila cittadini in attesa di giudizio - ci
  dicono che non è qui la particolare anomalia italiana: siamo
  nella media dei paesi dove vige lo Stato di
 
                              Pag. 72
 
  diritto.  L'anomalia, piuttosto, è nella durata dei processi:
  la giustizia per i più non arriva mai o tarda moltissimo.
     Privare della libertà personale non spetta al Parlamento,
  che esercita un altro potere, quello di fare la legge.  Se la
  legge attuale - norme sostanziali e procedure - non va bene,
  abbiamo il potere di riformarla.  Esercitiamolo, senza
  condizionamenti.
     E' evidente che sulla esasperante lentezza
  dell'amministrazione della giustizia dobbiamo intervenire ma,
  cari colleghi, sulla custodia cautelare siamo già intervenuti
  con una riforma dell'articolo 274 del codice.  Credo che
  nessuno proponga l'abolizione dell'istituto: andrebbe troppo
  clamorosamente contro il diritto di chi ha subito una
  violenza, una prepotenza, un'ingiustizia grave e contro
  l'interesse della società ad impedire che l'imputato reiteri
  il reato, fugga, inquini le prove.
     Ma se si ritiene comunque di dover intervenire ancora, di
  limitare ulteriormente la possibilità di ricorrere
  all'arresto, noi siamo pronti a discuterne in quest'aula.  Non
  si può scoprire il problema ogni volta che in ballo ci sono i
  potenti.  Di più: ciò che sarebbe insostenibile di fronte
  all'opinione pubblica, quella più avvertita e prudente, non
  solo quella che ama le maniere spicce, è lo speciale
  salvacondotto per i parlamentari, la possibilità di sottrarsi
  - essi e solo essi - al rischio tremendo di perdere la libertà
  personale.
     Intervenendo sul caso Cito nella seduta del 14 gennaio,
  l'onorevole Mancuso ha ricordato: "Il nostro ordinamento e
  quello internazionale civile conosce posizioni in cui alla
  situazione individuale della persona viene cumulata la
  situazione del  munus,  dovere pubblico".  Giustissimo!
  Munus  significa dovere e dono.  In nessuna parte del
  mondo c'è un dovere talmente alto che possa ricevere il dono
  della salvezza totale di fronte alla legge; alla fine "la
  legge è uguale per tutti" resta il principio superiore che non
  ammette deroghe.
     E' giusto che alcuni, in particolare i parlamentari,
  godano, come dice l'onorevole Mancuso, di doppia tutela: essi
  rappresentano il popolo ed è un'esigenza tanto più forte in
  Italia.  Il nostro paese ha conosciuto il dispotismo, in tutta
  la sua storia moderna è stato percorso da tendenze illiberali,
  non ha mai visto i poteri dello Stato assestarsi
  democraticamente in condizione evoluta di equilibrio, di
  neutralità, di bilanciamento, di reciproca autonomia.
     Prudenza, anzi enorme prudenza, come ha detto il
  Presidente della Camera; l'enorme prudenza fu
  costituzionalizzata nella Costituzione del 1948, quando
  all'articolo 68 si previdero le garanzie del parlamentare,
  compresa l'autorizzazione a procedere: norma grazie alla quale
  nemmeno i processi si potevano celebrare senza autorizzazione,
  norma di cui si è lungamente abusato, ragione non ultima
  dell'ondata antiparlamentare che in anni recenti si è alzata e
  si è ingrossata nel pase.  Lo avvertì questo Parlamento, tanto
  è vero che nell'ottobre 1993 fu riformato l'articolo 68: non
  c'è più l'autorizzazione a procedere, i processi comunque si
  fanno; è bene ribadirlo chiaramente anche ai cittadini, ai
  quali in questa occasione viene fatto credere il contrario.
     Ma vogliamo abrogare di fatto, sempre e comunque, la norma
  costituzionale che è restata e che contempla, previo voto
  dell'Assemblea, la possibilità dell'arresto del parlamentare?
  In nessun altro paese questa possibilità è esclusa in radice,
  e credo giustamente.  C'è l'argomento forte del  plenum,
  dell'integrità della rappresentanza, certamente alto, ma non
  il valore supremo; la Costituzione lo tutela, tuttavia in
  maniera non assoluta, ed infatti l'arresto può sempre essere
  effettuato in flagranza di reato, per esempio, o autorizzato
  su espressa richiesta del magistrato.  La Costituzione ritiene
  molto semplicemente che esistano superiori ragioni di
  giustizia che possono intaccarlo.  Del resto, la bicamerale con
  voto unanime ha deliberato di riproporre intatto alle Camere
  il testo attuale dell'articolo 68: chi vuole si assuma la
  responsabilità di proporre l'abrogazione della norma, non
  chieda di aggirarla.
 
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     Il divario tra Costituzione formale e materiale non può
  essere ancora tollerato in futuro.  C'è una sola posizione
  politicamente e culturalmente giusta, e io non ho dubbi: è
  quella garantista; essa però è molto impegnativa, comporta
  l'obbligo stringente di una condotta rigorosa.  Garantismo non
  è il punto di vista sempre favorevole agli imputati, comunque
  avverso ai giudici; questo ne è piuttosto il volto sfigurato,
  la grottesca caricatura.  Garantismo è il principio di legalità
  che si afferma integralmente, la filosofia del rispetto della
  norma sostanziale della procedura, e l'impegno costante volto
  ad umanizzare la giustizia, a renderla rapida ed efficace, a
  rafforzare la parità tra accusa e difesa, la terzietà del
  magistrato giudicante.  Esattamente così questo gruppo
  parlamentare si è condotto in questa legislatura, con misura,
  equilibrio, prudenza e rigore, dai voti sui giudizi di
  insindacabilità alla riforma dell'articolo 513, per
  intenderci.
     Chi vi parla - consentite questo ricordo -, nella tempesta
  del 1992, in piena Tangentopoli, quando in quest'aula (l'ha
  ricordato il collega Diliberto) sventolavano manette e cappi e
  i giovani del movimento sociale, incitati dai più anziani
  parlamentari, circondavano in catena umana Montecitorio e il
  plauso verso i magistrati si faceva corale ed entusiasta, è
  stato tra coloro che certamente hanno apprezzato l'opera dei
  magistrati, il loro svelare la verità di una corruzione
  diffusa, di una decadenza delle classi dirigenti italiane, di
  una crisi della democrazia, di quella degenerazione nel
  rapporto tra partiti e Stato chiamata questione morale da un
  uomo che aveva occhi per vedere, Enrico Berlinguer.  Chi vi
  parla è stato tra coloro - pochissimi, allora - che hanno
  espresso pubblicamente anche i loro dubbi, però, verso le
  facili carcerazioni, le sistematiche violazioni del segreto
  istruttorio, il "tintinnar di manette" e che tentò - senza
  successo - di sostenere già allora interventi correttivi, come
  la proposta sulla custodia cautelare dell'onorevole Correnti.
  Tanto più oggi non penso che i magistrati siano i migliori, i
  nuovi ottimati, i salvatori della patria, la nuova stirpe
  degli dei, ma ciò obbliga ad un più alto senso della
  giustizia, ad un attaccamento estremo alla concretezza delle
  cose e dei fatti.  Non possiamo e non dobbiamo - di questo sono
  sicuro, tanto più dopo l'intervento dell'onorevole Comino -
  alimentare la guerra tra politica e giustizia, tra politici e
  magistrati: sarebbe la rovina.
     Infine, una parola sul caso su cui dobbiamo esprimerci.  La
  ricchezza non è un reato, qualche volta è la misura del
  valore, della qualità di un uomo.  Qualche volta.  Confesso però
  di essermi un po' perso nel labirinto di miliardi disegnato
  dal GIP, e non dai pubblici ministeri di Milano, nell'atto di
  richiesta di arresto dell'onorevole Previti.  Un po' incredulo
  di fronte a 21 miliardi di parcelle, anzi di pagamenti per
  collaborazione continuativa, anzi di mandato a pagare persone
  terze, secondo le successive versioni dell'imputato, mandato
  non confermato da mandatari e di cui non vi è traccia
  documentaria, un foglio, un appunto, due righe.  Sorpreso di
  fronte a fiumi di danaro trattato nella nostra era tecnologica
  in contanti.  Scettico di fronte al fatto che si possano
  ricevere 1.800 milioni e dimenticarli.  Ma qui non facciamo i
  processi.
     Le carte del giudice (questo mi pare in coscienza e questo
  mi basta) non sono inconsistenti; gli elementi testimoniali,
  probatori, indiziari non sono deboli.  Non vedo ragioni fondate
  per immaginare intenzioni malevole, volontà di persecuzione
  politica.  Condivido le valutazioni dei relatori di minoranza,
  onorevoli Bonito e Meloni, ed è questo esattamente il punto
  che dobbiamo valutare.
     Non so se il relatore per la maggioranza, onorevole
  Carrara, si sia reso conto della gravità delle cose che ha
  detto e scritto.  Ho controllato con altri colleghi le parti
  conformi.  Lei, onorevole Carrara, ha copiato testualmente il
  testo della memoria difensiva di Previti.  Due terzi,
  settecento righe su 1.100, della sua relazione sono identici a
  quella memoria difensiva  (Applausi dei deputati dei gruppi
  della sinistra democratica-l'Ulivo, di rifondazione
 
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  comunista-progressisti e misto-verdi-l'Ulivo e di deputati
  dei gruppi dei popolari e democratici-l'Ulivo e di
  rinnovamento italiano)!  Questa è una vergogna!
     La richiesta arrivata alla Camera è del GIP, come è noto,
  ma il documento della maggioranza della Giunta è un atto di
  accusa totale alla procura di Milano.  Vi sarebbe, si dice,
  l'intenzione di arrecare un danno di immagine, oltre che
  politico ed economico, agli esponenti di forza Italia.  Non
  basta.  Non va trascurato peraltro, nel portare avanti il
  provvedimento cautelare, scrive ancora l'onorevole Carrara,
  l'inserimento ad opera dei pubblici ministeri di prospettive
  economiche di carattere privato nel procedimento in corso, con
  l'instaurazione di numerosi giudizi civili con richieste
  miliardarie per risarcimento danni.  Che cos'è questa?  La
  notitia criminis?  La denuncia pubblica?  Criminali sono i
  giudici, dunque?
     Se si vota la relazione, si sottoscrivono anche questi
  apprezzamenti e il Parlamento verrebbe posto in una posizione
  insostenibile.
 
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