Banche dati professionali (ex 3270)
Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


345004
SMC0293-0045
Bollettino Giunte e Commissioni n. 293 del 21 gennaio 1998 - edizione definitiva - (SMC13-293)
(suddiviso in 108 Unità Documento)
Unità Documento n.45 (che inizia a pag.61 dello stampato)
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                  VII COMMISSIONE PERMANENTE
               (Cultura, scienza e istruzione)
 
 
ESAME DI RELAZIONI GOVERNATIVE
Relazione sulle linee per il riordino del sistema nazionale della ricerca scientifica e tecnologica (legge 15 marzo 1997, n. 59, articolo 18, comma 3) (Doc XXVII, n. 2).
Giovanni CASTELLANI, Presidente. Domenico VOLPINI. Angela NAPOLI. Gianantonio MAZZOCCHIN. Il sottosegretario Giuseppe TOGNON. Adriano VIGNALI. Fabrizio BRACCO. Flavio RODEGHIERO.
Mercoledì 21 gennaio 1998. - Presidenza del Presidente Giovanni CASTELLANI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca scientifica e tecnologica, Giuseppe Tognon.
ZZSMC ZZRES ZZSMC210198 ZZSMC980121 ZZSMC000198 ZZSMC000098 ZZSMC293 ZZ13 ZZD ZZC7 ZZNO ZZXX ZZFF
  (Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 124, del
  regolamento, e rinvio).
     La Commissione prosegue l'esame della relazione in
  oggetto, iniziato il 21 ottobre e proseguito, da ultimo, il 2
  dicembre 1997.
     Aldo BRANCATI (gruppo misto-Soc. it.) osserva che l'Italia
  entra in Europa con un sistema nazionale della ricerca
  dell'innovazione fortemente sbilanciato rispetto agli Stati
  membri dell'Unione europea, verso i quali il confronto è più
  significativo, nonché rispetto agli USA e Giappone.
     Interpretando infatti i dati forniti nella relazione in
  esame, i valori e le tendenze di una serie di indicatori danno
  la misura numerica di tale sbilanciamento, peraltro già citato
  nelle dichiarazioni programmatiche rese dal Presidente del
  Consiglio alle Camere all'atto dell'insediamento del Governo
  nel 1996.
     Sottolinea che al termine del decennio 1985-1995 il valore
  della spesa per Ricerca e Sviluppo, espresso in termini
  percentuali sul PIL, non registra variazioni rispetto al 1985
  (1,1 per cento), con scarti percentuali nel decennio
  considerato di massimo due decimali di punto.
     Negli altri Paesi presi a confronto, nell'arco dello
  stesso periodo, il valore percentuale in esame si presenta
  come segue:  Francia: 2,3 per cento (sostanzialmente stabile);
  Germania: dal 2,3 al 2,2 per cento; U.K.: dal 2,3 al 2,2 per
  cento; USA: dal 2,9 al 2,6 per cento;  Giappone: dal 2,6 al 2,8
  per cento.
     Osserva che i Paesi presi a confronto manifestano
  parimenti una stazionarietà nella misura percentuale rispetto
  al PIL dei fondi destinati alla ricerca nel corso del decennio
  in esame, ma i valori percentuali risultano ben piu elevati
  (mediamente, più del doppio dell'Italia).
     Questo scarto deve necessariamente essere annullato, se si
  vuole allineare il nostro Paese alla realtà degli Stati
  dell'Unione Europea più attivi nel settore della ricerca.
  Tuttavia la presa di coscienza dei dati numerici non deve
  soltanto condurre, in modo acritico, a pretendere un aumento
 
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  delle risorse destinate alla ricerca, ma anche e soprattutto
  a riflettere sulle ragioni che storicamente hanno concorso a
  determinare tale situazione e, segnatamente, sulla debolezza
  del  partner  innovativo del sistema industriale
  italiano.
     Ritiene che la soluzione del problema non risieda in un
  generalizzato aumento di fondi impiegati (il che, in difetto
  di chiari interventi riformatori, aggraverebbe sprechi e
  sovrapposizioni), bensì in una finalizzazione degli
  interventi, che individui priorità anche nei settori dove la
  ricerca è essa stessa una risorsa.
     Se si esamina, al riguardo, la composizione della spesa
  per ricerca e sviluppo per settori di esecuzione (imprese -
  università - enti pubblici di ricerca - enti  no profit),
  emerge che l'incidenza percentuale dell'impresa è la più bassa
  rispetto a quella degli altri Paesi posti a confronto, mentre
  l'incidenza percentuale dell'università è la più alta.
     Per ogni 100 lire spese in ricerca, nel periodo 1986-1996,
  l'incidenza dell'impresa è: 57,7 per cento in Italia; 62 per
  cento in Francia; 66 per cento in Germania; 65 per cento in
  U.K.:  (con punte, nel periodo, del 68 per cento); 73 per cento
  in USA; 73 per cento in Giappone (con punta massima del 71 per
  cento).
     Nello stesso periodo, l'incidenza dell'università è: 22-24
  per cento in Italia; 15-16 per cento in Francia; 14,5-l9 per
  cento in Germania; 15-l7,5 per cento U.K.; 14-15,5 per cento
  in USA; 17,5-20,2 per cento in Giappone.
     I dati fanno emergere che in Italia c'e una bassa
  specializzazione produttiva e una forte presenza della ricerca
  universitaria.  Ciò equivale a dire che, a fronte di un più
  alto potenziale di produzione scientifica di matrice
  universitaria, si registra un più basso livello di
  specializzazione tecnologica industriale.
     Sul fronte delle risorse umane, il personale addetto alla
  ricerca in Italia (circa 142 mila unità) rappresenta il: 45
  per cento della Francia; il 30 per cento della Germania; il 51
  per cento dell'U.K.; il 15 per cento del Giappone.
     Precisa inoltre che in Italia il tasso medio di crescita
  annuo del personale addetto alla ricerca e stato, nel periodo
  1987-1994, dell'1,7 per cento.
     Se si considera l'indagine sul solo personale di ricerca
  in senso stretto (profilo ricercatore), in Italia esso ammonta
  a 74.500 unità circa, che rappresenta il: 51 per cento della
  Francia; 32 per cento della Germania; 53 per cento dell'U.K.;
  8 per cento degli USA; 12 per cento del Giappone.
     La percentuale dei ricercatori nelle imprese, rispetto al
  totale dei ricercatori, è in Italia del 37,5 per cento, pari a
  circa 28.000 unità.  Negli altri Paesi in esame tale
  percentuale è il: 45,5 per cento in Francia; 56,1 per cento in
  Germania; 61, 4 per cento in U.K.; 79,4 per cento in USA; 57,3
  per cento in Giappone.
     Nel settore pubblico italiano, i ricercatori (in senso
  stretto) sono 7.684 negli EPR, con un'incidenza di CNR-ENEA
  pari al 65 per cento sul totale, mentre il sistema
  universitario ha una capacità di ricerca espressa da 50.335
  unità, di cui 14.200 professori ordinari, 16.300 professori
  associati, circa 20.000 ricercatori.
     L'Italia dunque presenta, rispetto agli altri Paesi presi
  a confronto, una specificità consistente nella bassa
  diversificazione del sistema scientifico pubblico.  Si
  consideri che in Italia il CNR ha un organico complessivo di
  circa 7.500 persone, contro le 26.000 del CNRS in Francia
  (addette a ben 1372 laboratori, di cui 1030 in cooperazione
  con soggetti esterni).
     Raffrontando i dati da ultimo esposti con quanto rilevato
  in precedenza, può quindi dirsi che allo stato in Italia la
  parte più rilevante del sistema di Ricerca e Innovazione si
  identifica, in termini di personale, con le università
  principalmente, e quindi con le imprese.
     In particolare, solo le università esibiscono un sistema
  di ricerca numericamente cospicuo e equilibratamente
  distribuito sull'intero territorio nazionale.
     Altro elemento di fondamentale importanza è rappresentato
  dallo squilibrio territoriale della spesa per Ricerca e
  Innovazione.
 
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     Nel settore pubblico (università escluse) il 67 per cento
  della ricerca è localizzata in tre regioni (Lazio 47,5 per
  cento, Lombardia 10,9 per cento, Emilia Romagna 6 per cento).
  Nel privato, circa il 70 per cento della ricerca effettuata
  dalle imprese si concentra parimenti in tre regioni (Piemonte,
  Lombardia, Lazio).
     Ciò dimostra che l'esistenza di un tessuto industriale
  accanto a strutture di ricerca innesca un circuito virtuoso
  che stimola a sua volta le imprese ad investire maggiormente
  in ricerca.
     Si potrebbe in definitiva affermare, senza contraddire ai
  dati fattuali ma, viceversa, analizzando le dirette
  indicazioni che essi forniscono, che il problema della risorse
  da destinare alla ricerca è residuale, rispetto al problema
  strutturale della destinazione della spesa; e che il problema
  della riforma delle missioni degli EPR è residuale rispetto al
  problema generale dell'utilizzo del personale che svolge
  ricerca.
     L'esame dei valori e tendenze ricavabili dai dati forniti
  nella relazione del Ministro Berlinguer gli consente
  innanzitutto la indicazione di alcune direttrici
  fondamentali.
     Per quanto riguarda il settore pubblico della ricerca
  rileva che: nel breve-medio periodo, un incremento armonico
  della capacità di fare ricerca in Italia non può prescindere
  da un'adeguata valorizzazione del sistema universitario, in
  particolare attraverso la promozione di meccanismi che
  liberino le Università dai pesanti vincoli di ordine
  burocratico tuttora esistenti e promuovano l'avvio di azioni
  concertate con le imprese e gli altri soggetti utilizzatori
  della ricerca; nel lungo periodo, il traguardo da porre non
  può che essere quello di accentuare la diversificazione del
  sistema di ricerca pubblico, per adeguarlo ed omogenizzarlo
  alla realtà europea.
     Per quanto riguarda il settore privato della Ricerca, si
  rileva che: nel breve periodo, l'unico strumento di diretta
  incidenza appare la leva fiscale, finalizzata ad incentivare
  le imprese a spendere di più in Ricerca e Innovazione; ciò
  peraltro rappresenta un mero stimolo e non già la chiave di
  risoluzione del sistema, come si vedrà in seguito; nel lungo
  periodo, bisogna puntare ad un rafforzamento ed allo sviluppo
  di settori industriali a più alta intensità tecnologica,
  identificando priorità in programmi di sviluppo nazionali, con
  un forte aggancio alle tematiche di ricerca prioritarie
  definite in ambito comunitario.
     Nel merito del documento in esame, ritiene opportuno
  svolgere alcune osservazioni di carattere generale, segnalando
  in particolare quei punti dove tuttora sembra permanere
  un'esigenza di approfondimento.
     E' forse bene premettere che l'articolo 18, ultimo comma
  della legge delega ha previsto che nella relazione alle Camere
  " a)  siano censiti e individuati i soggetti già operanti
  nel settore o da istituire, articolati per tipologie e
  funzioni;  b)  sia indicata la natura della loro autonomia
  e dei rispettivi meccanismi di governo e di funzionamento;
  c)  sia delineata la tipologia degli interventi per la
  programmazione e la valutazione, nonché di quelli riguardanti
  la professionalità e la mobilità dei ricercatori".
     Se dunque si tengono a mente i contenuti della relazione
  auspicati dalle Camere, non si può sottacere che la relazione
  del Ministro appare, in alcuni passaggi, bisognosa di alcuni
  necessari chiarimenti.
     In particolare, se per "censimento" delle realtà operanti
  nel settore si intende un'indagine ragionata delle realtà
  esistenti, e non già una mera elencazione di soggetti che a
  vari titolo si relazionano con il sistema; se, ancora, per
  articolazione in tipologie e funzioni si intende una
  classificazione dei soggetti in relazione alle aree tematiche
  di riferimento, e non già la mera indicazione di appartenenza
  all'uno o all'altro comparto; ebbene, si deve prendere atto
  che la Relazione in esame non rappresenta un "libro bianco"
  sullo stato della ricerca in Italia, poiché non appare
  sorretta da un'efficace  "auditing"  della realtà dei
  soggetti operanti, della destinazione degli interventi, dei
  risultati prodotti e delle linee di tendenza riscontrabili.
 
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     A suo avviso, solo una classificazione degli enti ed
  istituti di ricerca per campi tematici (ambiente; biomedicina;
  spazio; eccetera) può presiedere ad un intervento che, come è
  negli obiettivi della legge delega, possa individuare ed
  evitare le sovrapposizioni di interventi, e così favorire il
  coordinamento e l'integrazione delle varie realtà.
     Parimenti, a suo avviso, solo un'approfondita conoscenza,
  non ragionieristica, dello stato di fatto della ricerca oggi
  in Italia, può sovraintendere alla decisiva fase di
  transizione verso una realtà futura, auspicabilmente migliore,
  ma che indubbiamente va raggiunta con piena consapevolezza
  dell'esistente e soprattutto con gradualità di realizzazioni,
  badando a non disperdere un patrimonio che già oggi è assai
  prezioso.
     E' noto, infatti, che i cambiamenti delle architetture
  istituzionali, dei rapporti gerarchici e quindi dei processi
  decisionali introducono fasi di transizione caratterizzate da
  accentuate debolezze, la cui durata e gravità dipendono dalla
  efficienza del sistema di partenza, dalla validità del nuovo
  modello e dalla capacita di gestire la stessa transizione.
     Osserva, in particolare, che il documento è avaro di
  indicazioni con riferimento al cosiddetto fondo integrativo
  per interventi di rilevanza nazionale, pur risiedendo
  nell'utilizzo di tale strumento l'elemento di novità forse più
  rilevante del sistema disegnato.
     E' dell'avviso, coerentemente con l'analisi dei dati sopra
  svolta e con le conclusioni cui si è pervenuti, che il fondo
  potrà assolvere a una reale funzione di promozione solo a
  patto che si strutturi in tre grandi capitoli:
       un primo, destinato ad aumentare la capacità del sistema
  scientifico universitario a fare ricerca, anche favorendo, ove
  rispondente ad esigenze di razionalizzazione, l'accorpamento
  nelle università degli organi di ricerca di minori dimensioni
  presenti negli EPR;
       un secondo, orientato, da un lato, a sostegno della
  defiscalizzazione in favore delle imprese che investano in
  ricerca, dall'altro, al finanziamento di progetti di
  trasferimento tecnologico nelle PMI;
       un terzo, orientato allo sviluppo di tecnologie
  strategiche, favorendo la crescita di segmenti industriali
  " technology intensive ", la promozione di istituti
  nazionali di eccellenza negli EPR su aree tematiche proprio
  del programma quadro dell'Unione Europea e la intensificazione
  della cooperazione scientifico-tecnologica fra università e
  industria.
     Per quanto attiene al nuovo assetto del sistema consultivo
  di programmazione strategica, rileva come l'accentramento di
  tali funzioni presso il MURST si traduce nello spostamento
  delle funzioni da una sede scientifica (CNR, tramite i suoi
  attuali Comitati) ad una sede burocratica (Ministero).  Al
  riguardo, è difficile convincersi che ciò possa elevare il
  livello di funzionamento del sistema, in assenza di adeguate
  strutture scientifiche di supporto alla funzione di
  consulenza, strutture che il CNR possiede ed il MURST no.
     Per quanto attiene, inoltre, al ruolo della ricerca
  privata, la relazione in esame appare poco approfondita e non
  sembra trarre conseguenze adeguate dai dati che essa stessa
  fornisce.  Come si è sottolineato in precedenza, l'Italia è,
  fra i Paesi raffrontati, quello in cui la percentuale di spesa
  di ricerca da parte delle imprese è più bassa.  Da ciò consegue
  che le agevolazioni finanziarie, per quanto possano essere lo
  strumento più incisivo nell'immediato, non sono minimamente in
  grado di risolvere le criticità che il settore esibisce.
     E' probabilmente opportuno allora evidenziare le seguenti
  realtà di fatto:
       la dimensione finanziaria e di mercato delle imprese
  italiane è generalmente troppo modesta per offrire opportunità
  reali di ammodernamento dei costi necessari a produrre vere
  innovazioni tecnologiche;
       questo sottodimensionamento è di non facile superamento
  nell'immediato,
 
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  considerata la realtà imprenditoriale internazionale
  consolidatasi a seguito delle grandi acquisizioni degli anni
  ottanta;
       il ruolo e il peso della ricerca nella pianificazione
  strategica e nelle strutture di  top management  delle
  imprese italiane sono vistosamente inferiori rispetto a quelle
  imprese internazionali;
       il saldo negativo della bilancia tecnologica è creato
  dall'acquisizione di licenze i cui contenuti non sono certo di
  frontiera, come è ovvio poiché le imprese detentrici di
  Know-how  avanzati li trattengono per sé e cedono solo
  tecnologie inidonee a determinare un vantaggio competitivo dei
  concorrenti.
     Si potrebbe pertanto affermare che il problema della
  ricerca nel settore privato non risiede nell'offerta di
  conoscenze, ma nella domanda di innovazione, che allo stato è
  carente e va incentivata; e, probabilmente, con
  l'incentivazione della domanda di ricerca proveniente dalle
  imprese verrebbe risolto, in buona parte, anche il problema
  della mobilità dei ricercatori, mediante meccanismi affidati
  non già a scelte normative rigide, bensì a logiche di impresa
  e di mercato, con dinamiche disciplinate dalla legge e dalla
  contrattazione delle parti.
     Al fine di agevolare l'approfondimento delle tematiche
  connesse all'innovazione e alla diffusione delle tecnologie,
  fa rimando all'allegato conclusivo del Progetto Strategico del
  CNL "Cambiamento tecnologico e sviluppo industriale", titolato
  "Il sistema nazionale della ricerca e del trasferimento della
  tecnologia alle imprese.  Verso una riforma di struttura".
     Ritiene infatti che tale documento, nella sua parte
  dedicata all'analisi della realtà esistente, possa
  rappresentare un efficace strumento di studio e riflessione
  sulle dinamiche profonde cui necessariamente va a legarsi
  qualsiasi progetto di riforma.
     In conclusione, nel sottolineare il carattere di mero
  strumento per l'approfondimento del dibattito, attesa la
  natura interlocutoria della Relazione del Ministro alle
  Camere, ritiene doveroso richiamare l'attenzione sulla
  particolare importanza che, dalla riforma, emerga un sistema
  normativo certo e chiaro, pur nel rispetto della complessità
  del fenomeno disciplinato.
     Nell'ordinamento, la ricerca è disciplinata da una
  moltitudine di norme legislative e regolamentari, che ne
  toccano disorganicamente tutti gli aspetti, da quello
  ordinamentale ed amministrativo a quello strategico,
  programmatorio e finanziario.  Spesso, inoltre, la disciplina
  applicabile riviene da norme non specificamente dettate per il
  comparto, ma da norme dettate in generale per l'organizzazione
  dello Stato e per lo svolgimento dei suoi compiti, con
  conseguenti difficoltà di interpretazione e di adattamento.
     Il settore della ricerca esibisce rilevanti specificità,
  che vanno dalla necessità di integrare le attività dei diversi
  soggetti che interagiscono, all'obbligo di rispettare
  l'autonomia, costituzionalmente garantita, delle università e
  degli atti connessi di ricerca, fino alla scarsa predittività
  dei risultati e soprattutto alla necessità di programmazione e
  di celerità, atteso che, il più delle volte, un risultato
  scientifico raggiunto in ritardo equivale ad un risultato non
  raggiunto.
     Ne consegue che l'auspicata riforma del sistema, nel
  prendere le mosse da un "censimento" esaustivo della realtà
  normativa esistente, dovrà dettare princìpi certi, tramite
  l'abrogazione espressa delle norme incompatibili e
  tendenzialmente definendo un " corpus " di regole che,
  specificamente dettate per il settore, possano fungere da
  "testo unicog di riferimento.
     L'attuale particolare frangente storico, alla vigilia
  della realizzazione di una nuova, significativa fase
  dell'integrazione europea, impone inoltre che la normativa da
  emanarsi venga inquadrata nel sistema istituzionale
  dell'Unione con puntualità e con attenzione, con precisi
  agganci anche agli ordinamenti regionali esistenti nel Paese
  ed ai compiti che l'UE affida alle regioni.
 
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     Riformare il sistema della ricerca in Italia è un
  obiettivo assai elevato e con ricadute estese sull'intero
  sistema sociale ed economico.  Sottolinea, conclusivamente, che
  se la finalità perseguita è solo quella dell'eliminazione di
  alcune inefficienze, correttamente evidenziate nella
  Relazione, l'impianto delineato potrebbe apparire addirittura
  sproporzionato e sovradimensionato: ma se la finalità,
  viceversa, come è sua convinzione, è quella di dare al Paese
  un assetto al sistema Ricerca di rilievo europeo ed
  internazionale, è necessario che le linee dell'intervento
  vengano affinate e che attorno alla divisata riforma si crei
  un ampio dibattito, che coinvolga direttamente tutte le
  componenti e gli operatori della ricerca in Italia.
 
     Giovanni CASTELLANI,  Presidente,  nessun altro
  chiedendo di intervenire, dà la parola al relatore per
  l'illustrazione della risoluzione preannunciata.
 
     Domenico VOLPINI (gruppo popolari e
  democratici-l'Ulivo),  relatore,  riterrebbe opportuno
  illustrare ai commissari la risoluzione alla presenza del
  sottosegretario.
 
     Angela NAPOLI (gruppo alleanza nazionale) si associa
  alla richiesta del relatore.
 
     Giovanni CASTELLANI,  Presidente,  fa presente che
  il sottosegretario gli aveva precedentemente comunicato di
  essere impegnato in un'altra Commissione.  Sospende quindi la
  seduta in attesa dell'arrivo del sottosegretario.
 
     La seduta, sospesa alle 9,45, riprende alle 9,50.
 
     Domenico VOLPINI (gruppo popolari e
  democratici-l'Ulivo),  relatore,  illustra la risoluzione
  che è del seguente tenore:
     La VII Commissione,
       premesso che:
         dalla attenta analisi e discussione della "Relazione
  sulle linee per il riordino del sistema nazionale della
  ricerca scientifica e tecnologica", presentata al Parlamento
  dal Ministro dell'università e della ricerca scientifica
  secondo quanto previsto dall'articolo 18, comma 3 della legge
  n. 59 del 1997, sono emersi importanti elementi sia sul piano
  del metodo (in quanto con tale relazione, derivante dal
  confronto con il "Comitato di ministri per le politiche della
  ricerca e dell'innovazione", il Ministro offre alla
  discussione della società civile, dei partiti e del Parlamento
  il quadro generale entro il quale intende muoversi per
  l'emanazione della decretazione legislativa prevista dalla
  delega contenuta nella legge n. 59 del 1997) sia sul piano dei
  contenuti, nell'ambito del quale sono emersi i seguenti
  elementi qualificanti:
         l'unitarietà della visione prospettata, che considera
  il settore della ricerca scientifica e tecnologica come
  sistema globale integrato;
         la necessità di ricondurre alla sede politica di
  governo del sistema le funzioni di coordinamento della
  macro-programmazione (definizione delle grandi linee e
  obiettivi strategici nazionali e conseguente allocazione delle
  risorse) e della valutazione;
         la costituzione di un "cervello del sistema" presso la
  Presidenza del Consiglio dei ministri, formato dal CIPE "della
  ricerca", dal "Comitato di ministri per le politiche della
  ricerca e dell'innovazione" (istituito con decreto del
  Presidente del Consiglio dei ministri del 16 novembre 1996),
  con il supporto scientifico e tecnologico del "Comitato per la
  ricerca e la tecnologia" (CRT);
         l'assegnazione al MURST della funzione politica di
  coordinamento generale della attuazione delle grandi linee
  strategiche e della realizzazione dei grandi obiettivi
  strategici (assegnati ai piani pluriennali di ricerca dal
  "cervello del sistema"), liberandolo dalle funzioni di
  gestione;
 
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         il rilevamento della necessità di ridefinire i
  rapporti funzionali tra il MURST e gli altri Ministeri che
  hanno la vigilanza su Enti, istituti o Stazioni di ricerca
  all'interno del quadro logico e funzionale costituito dal
  sistema globale delineato;
         il rilevamento della necessità di ridefinizione dei
  rapporti tra MURST e CNR, di riordinare la vita dei grandi
  Enti, nonché, di riorganizzare e semplificare la mappa degli
  Enti minori attraverso il superamento della eccessiva
  frammentazione delle competenze, dei centri di spesa e dei
  consigli di amministrazione;
         la salvaguardia dell'unitarietà e della
  multidisciplinarietà del CNR e la riaffermazione
  dell'autonomia nel governo dei grandi Enti;
         il tentativo di superamento della prassi di
  assegnazione a pioggia dei fondi di ricerca e della
  autoreferenzialità attraverso la costituzione del "Servizio
  nazionale di valutazione";
         l'opportunità dell'azione di stimolo e di sostegno
  pubblico alla ricerca privata e ai finanziamenti privati alla
  ricerca, la cui esiguità costituisce il vero punto debole del
  sistema globale italiano;
         la necessità di una maggiore valorizzazione del
  personale attraverso una gestione più integrata del sistema
  globale della ricerca con l'attivazione di efficaci meccanismi
  che facilitino la mobilità delle risorse umane in funzione
  dell'efficienza, dell'efficacia e della produttività del
  sistema stesso;
  nella emanazione dei decreti legislativi attuativi della
                    delega derivante dalla
                         Legge 59/97
                     impegna il Governo:
       a tenere distinte le funzioni politiche generali di
  coordinamento della macroprogrammazione (definizione delle
  grandi linee e obiettivi strategici nazionali e conseguente
  allocazione delle risorse), spettanti al "cervello del
  sistema", da quelle di coordinamento politico della sua
  realizzazione spettanti al MURST, da quelle della vigilanza
  amministrativa di pertinenza dei vari Dicasteri di riferimento
  (MURST, Sanità, MICA, Politiche agricole, Trasporti,
  eccetera), da quelle della gestione, inclusa la programmazione
  delle loro attività, specifiche degli Enti di ricerca, nonché,
  infine, da quelle dell'attività di ricerca scientifica
  assegnate dall'autonomia costituzionale ai ricercatori e ai
  loro autonomi organismi rappresentativi (dai "Consigli
  nazionali di consulenza scientifica" e all'"Assemblea
  nazionale"); evitando così che, il necessario superamento
  degli attuali difetti, derivanti dalla eccessiva
  frammentazione e dalla totale autoreferenzialità, sfoci nel
  dirigismo centralistico, con il rischio di paralizzare ancora
  di più il sistema e di violare l'autonomia costituzionale
  della ricerca scientifica;
       ad evitare, nella costruzione del sistema generale e
  nella definizione delle interrelazioni tra Presidenza del
  Consiglio, il CIPE, "Comitato di ministri per le politiche
  della ricerca e dell'innovazione" e il MURST; un indebolimento
  dei ruoli e dell'autonomia dei Ministeri di vigilanza tenendo
  presente che costituiscono lo snodo per la rappresentazione
  della "domanda di ricerca" e la conseguente realizzazione
  dell'innovazione scientifica e tecnologica del sistema
  Paese;
       ad evitare che, sempre nell'ambito della valutazione e
  del monitoraggio, nasca una nuova e potenzialmente dannosa
  burocrazia del monitoraggio e della valutazione, che potrebbe
  facilmente trasformarsi in strumento di sopraffazione e
  clientelismo politico;
       a tener presente, nella costruzione del "Servizio
  nazionale di valutazione e di monitoraggio", la distinzione
  teorica tra i concetti di "valutazione", "autovalutazione" e
  "monitoraggio", e che il principio fondamentale della teoria
  della valutazione
 
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  è quello che, per non snaturarsi in "autovalutazione" essa
  deve essere attuata da soggetto esterno e indipendente
  rispetto a quello che concepisce, programma e/o realizza
  l'"oggetto", a qualunque livello, della valutazione;
       che a svolgere le funzioni di valutazione generale del
  sistema e del funzionamento degli enti di ricerca possano
  essere chiamati qualificati organismi internazionali;
       a prescrivere l'obbligo della firma delle relazioni da
  parte dei soggetti valutanti;
       a porre particolare attenzione, nel riordino dei grandi
  Enti di ricerca (CNR, ENEA, INFN), a valorizzare il patrimonio
  storico di competenza scientifica, di risorse umane e di
  attrezzature, nonché, a potenziare il raccordo tra di loro e
  con la rete nazionale di ricerca universitaria (tenendo
  presente che questo rapporto risulta essenziale specialmente
  per il CNR), con la Pubblica Amministrazione e le imprese; a
  garantire la piena autonomia scientifica e organizzativa di
  tali enti anche attraverso il funzionamento dei comitati di
  consulenza specifici di ognuno di essi;
       a superare il concetto restrittivo di "scienza" che
  pervade il documento nel suo complesso, che sembra
  rivelare:
         sia una non sufficiente considerazione del ruolo
  centrale che la ricerca fondamentale, sia universitaria sia
  degli Enti di ricerca, rivestirà nei prossimi decenni per la
  competizione internazionale tra le nazioni scientificamente
  più evolute;
         sia la sottovalutazione del ruolo fondamentale che le
  scienze umane hanno nella ricerca sia fondamentale che
  applicata allo sviluppo del Paese;
       a incrementare la correlazione formazione-ricerca ai
  vari livelli, coinvolgendo anche gli Enti di ricerca.
  8.00028
                                                 Il Relatore.
 
     Gianantonio MAZZOCCHIN (gruppo rinnovamento italiano),
  poiché si tratta di un argomento molto impegnativo, ritiene
  assolutamente indispensabile avere il tempo necessario per
  valutare attentamente la risoluzione testé illustrata dal
  relatore.
     Inoltre, chiede se sugli schemi di decreto legislativo che
  il Governo dovrà presentare in attuazione dell'articolo 11
  della legge n. 59 del 1997 la Commissione sarà chiamata ad
  esprimere un parere.
 
     Il sottosegretario Giuseppe TOGNON fa presente che
  sugli schemi di decreto legislativo sarà acquisito il parere
  della Commissione parlamentare appositamente costituita.
 
     Angela NAPOLI (gruppo alleanza nazionale) chiede in
  primo luogo al Presidente che il dibattito sulla risoluzione
  testé illustrata dal relatore sia rinviato alla prossima
  settimana.  Sottolinea inoltre che a suo giudizio, considerata
  la complessità della materia in esame, non sarà sufficiente
  un'altra seduta.
     In una prima sommaria analisi, sembra che la risoluzione
  del relatore non tenga in alcun conto le considerazioni svolte
  nel dibattito; è perciò necessario che sia concesso un tempo
  adeguato per riflettere sulla materia.
     Tiene comunque a precisare che il ministro è obbligato
  della legge n. 59 del 1997 a presentare una relazione al
  Parlamento e non è quindi giusto attribuire al ministro
  Berlinguer - come sostiene il relatore - il merito di aver
  sottoposto alle Camere la relazione in esame.
     In conclusione, non ritiene che sull'argomento in esame vi
  possano essere posizioni di partito e perciò ribadisce la
  richiesta di un dibattito approfondito.
 
     Adriano VIGNALI (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo)
  ritiene pertinente la richiesta avanzata dal deputato
  Mazzocchin per una valutazione attenta della risoluzione in
  esame; a suo avviso inoltre il relatore dovrebbe acquisire
  l'orientamento dei gruppi e favorire un confronto più
 
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  ravvicinato tra i gruppi stessi sui contenuti della
  risoluzione.
     Giudica poi non convincenti due aspetti particolari della
  risoluzione: da un lato, ritiene che dal contenuto della
  stessa emerga il rischio di una frammentarietà relativa ai
  livelli operativi; dall'altra, non concorda sul punto della
  risoluzione che riguarda la ricerca dei privati.  A suo avviso
  infatti sono i privati che devono investire nella ricerca, non
  spettando allo Stato sostenere la ricerca privata.
     Pertanto, anche alla luce di tali osservazioni auspica una
  maggiore riflessione sulla risoluzione presentata dal
  relatore.
 
     Fabrizio BRACCO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo),
  intervenendo sull'ordine dei lavori, ricorda che l'articolo 18
  della legge Bassanini n. 59 del 1997, prevede che il Governo,
  prima di adottare i decreti legislativi per il riordino del
  sistema della ricerca scientifica ai sensi dell'articolo 11,
  trasmetta alle Camere una relazione sulle linee generali di
  tale riordino.  Si tratta quindi di un momento transitorio in
  attesa della presentazione degli schemi di decreto
  legislativo.
     La Commissione, pertanto, potrebbe ora approvare una
  risoluzione per evidenziare i punti di maggior rilievo.
     Nel merito della risoluzione illustrata dal relatore, si
  riserva di intervenire in seguito.
 
     Flavio RODEGHIERO (gruppo lega nord per l'indipendenza
  della Padania) condivide la richiesta formulata dai colleghi
  che lo hanno preceduto di consentire un dibattito
  approfondito, anche in considerazione del fatto che la
  discussione precedente sulla relazione non è stata molto
  ampia.  L'argomento in esame è infatti assai complesso anche
  perché non riguarda solo il riordino del sistema della ricerca
  scientifica e tecnologica, ma incide anche sui poteri degli
  organi centrali, degli enti locali e delle regioni.  Auspica
  quindi che sia chiarita la posizione di ciascun gruppo sui
  contenuti della risoluzione, considerata in particolare
  l'importanza della materia in esame anche in vista
  dell'entrata in Europa.
 
     Il sottosegretario Giuseppe TOGNON rileva che le
  ragioni di urgenza vanno contemperate con quelle
  dell'efficacia dei rapporti tra Governo e Parlamento.  Al
  riguardo, il Governo intende, fin dall'inizio di febbraio,
  sottoporre al Consiglio dei ministri i primi schemi di
  decreto.  Pertanto, sarebbe utile che la Commissione, con
  rapidità, elaborasse e fornisse al Governo indicazioni, anche
  solo di priorità, in vista della predisposizione di tali
  schemi di decreto.
     Nel merito della risoluzione illustrata dal relatore, si
  riserva di intervenire nella prossima seduta.
 
     Giovanni CASTELLANI,  Presidente,  nei ricordare
  che l'esame della relazione può, ai sensi dell'articolo 124
  del regolamento, essere concluso con l'approvazione di una
  risoluzione, richiama l'attenzione di tutti i commissari sul
  fatto che il calendario approvato da tutti i gruppi nella
  scorsa settimana prevedeva la conclusione dell'esame nella
  seduta di mercoledì 28 gennaio.  E' evidente che possono essere
  approvate modificazioni al calendario già approvato ma bisogna
  considerare anche i tempi complessivi previsti per gli altri
  argomenti in esame.  Si riserva comunque di convocare nella
  seduta di domani un Ufficio di Presidenza, integrato dai
  rappresentanti dei gruppi, per stabilire l'ulteriore
  iter  del documento in esame.
     Invita infine il relatore a contattare prima della
  prossima riunione tutti i gruppi al fine di esaminare le
  eventuali modifiche alla risoluzione proposta.
 
     Domenico Volpini (gruppo popolari e
  democratici-l'Ulivo),  relatore,  accoglie l'invito
  formulato dal Presidente, riservandosi di prendere
  direttamente contatti con tutti i gruppi.
 
     Giovanni CASTELLANI,  Presidente,  con l'auspicio
  che i tempi siano comunque brevi, rinvia il seguito dell'esame
  ad altra seduta.
 
     La seduta termina alle 10,25.
 
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