| (Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 124, del
regolamento, e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame della relazione in
oggetto, iniziato il 21 ottobre e proseguito, da ultimo, il 2
dicembre 1997.
Aldo BRANCATI (gruppo misto-Soc. it.) osserva che l'Italia
entra in Europa con un sistema nazionale della ricerca
dell'innovazione fortemente sbilanciato rispetto agli Stati
membri dell'Unione europea, verso i quali il confronto è più
significativo, nonché rispetto agli USA e Giappone.
Interpretando infatti i dati forniti nella relazione in
esame, i valori e le tendenze di una serie di indicatori danno
la misura numerica di tale sbilanciamento, peraltro già citato
nelle dichiarazioni programmatiche rese dal Presidente del
Consiglio alle Camere all'atto dell'insediamento del Governo
nel 1996.
Sottolinea che al termine del decennio 1985-1995 il valore
della spesa per Ricerca e Sviluppo, espresso in termini
percentuali sul PIL, non registra variazioni rispetto al 1985
(1,1 per cento), con scarti percentuali nel decennio
considerato di massimo due decimali di punto.
Negli altri Paesi presi a confronto, nell'arco dello
stesso periodo, il valore percentuale in esame si presenta
come segue: Francia: 2,3 per cento (sostanzialmente stabile);
Germania: dal 2,3 al 2,2 per cento; U.K.: dal 2,3 al 2,2 per
cento; USA: dal 2,9 al 2,6 per cento; Giappone: dal 2,6 al 2,8
per cento.
Osserva che i Paesi presi a confronto manifestano
parimenti una stazionarietà nella misura percentuale rispetto
al PIL dei fondi destinati alla ricerca nel corso del decennio
in esame, ma i valori percentuali risultano ben piu elevati
(mediamente, più del doppio dell'Italia).
Questo scarto deve necessariamente essere annullato, se si
vuole allineare il nostro Paese alla realtà degli Stati
dell'Unione Europea più attivi nel settore della ricerca.
Tuttavia la presa di coscienza dei dati numerici non deve
soltanto condurre, in modo acritico, a pretendere un aumento
Pag. 62
delle risorse destinate alla ricerca, ma anche e soprattutto
a riflettere sulle ragioni che storicamente hanno concorso a
determinare tale situazione e, segnatamente, sulla debolezza
del partner innovativo del sistema industriale
italiano.
Ritiene che la soluzione del problema non risieda in un
generalizzato aumento di fondi impiegati (il che, in difetto
di chiari interventi riformatori, aggraverebbe sprechi e
sovrapposizioni), bensì in una finalizzazione degli
interventi, che individui priorità anche nei settori dove la
ricerca è essa stessa una risorsa.
Se si esamina, al riguardo, la composizione della spesa
per ricerca e sviluppo per settori di esecuzione (imprese -
università - enti pubblici di ricerca - enti no profit),
emerge che l'incidenza percentuale dell'impresa è la più bassa
rispetto a quella degli altri Paesi posti a confronto, mentre
l'incidenza percentuale dell'università è la più alta.
Per ogni 100 lire spese in ricerca, nel periodo 1986-1996,
l'incidenza dell'impresa è: 57,7 per cento in Italia; 62 per
cento in Francia; 66 per cento in Germania; 65 per cento in
U.K.: (con punte, nel periodo, del 68 per cento); 73 per cento
in USA; 73 per cento in Giappone (con punta massima del 71 per
cento).
Nello stesso periodo, l'incidenza dell'università è: 22-24
per cento in Italia; 15-16 per cento in Francia; 14,5-l9 per
cento in Germania; 15-l7,5 per cento U.K.; 14-15,5 per cento
in USA; 17,5-20,2 per cento in Giappone.
I dati fanno emergere che in Italia c'e una bassa
specializzazione produttiva e una forte presenza della ricerca
universitaria. Ciò equivale a dire che, a fronte di un più
alto potenziale di produzione scientifica di matrice
universitaria, si registra un più basso livello di
specializzazione tecnologica industriale.
Sul fronte delle risorse umane, il personale addetto alla
ricerca in Italia (circa 142 mila unità) rappresenta il: 45
per cento della Francia; il 30 per cento della Germania; il 51
per cento dell'U.K.; il 15 per cento del Giappone.
Precisa inoltre che in Italia il tasso medio di crescita
annuo del personale addetto alla ricerca e stato, nel periodo
1987-1994, dell'1,7 per cento.
Se si considera l'indagine sul solo personale di ricerca
in senso stretto (profilo ricercatore), in Italia esso ammonta
a 74.500 unità circa, che rappresenta il: 51 per cento della
Francia; 32 per cento della Germania; 53 per cento dell'U.K.;
8 per cento degli USA; 12 per cento del Giappone.
La percentuale dei ricercatori nelle imprese, rispetto al
totale dei ricercatori, è in Italia del 37,5 per cento, pari a
circa 28.000 unità. Negli altri Paesi in esame tale
percentuale è il: 45,5 per cento in Francia; 56,1 per cento in
Germania; 61, 4 per cento in U.K.; 79,4 per cento in USA; 57,3
per cento in Giappone.
Nel settore pubblico italiano, i ricercatori (in senso
stretto) sono 7.684 negli EPR, con un'incidenza di CNR-ENEA
pari al 65 per cento sul totale, mentre il sistema
universitario ha una capacità di ricerca espressa da 50.335
unità, di cui 14.200 professori ordinari, 16.300 professori
associati, circa 20.000 ricercatori.
L'Italia dunque presenta, rispetto agli altri Paesi presi
a confronto, una specificità consistente nella bassa
diversificazione del sistema scientifico pubblico. Si
consideri che in Italia il CNR ha un organico complessivo di
circa 7.500 persone, contro le 26.000 del CNRS in Francia
(addette a ben 1372 laboratori, di cui 1030 in cooperazione
con soggetti esterni).
Raffrontando i dati da ultimo esposti con quanto rilevato
in precedenza, può quindi dirsi che allo stato in Italia la
parte più rilevante del sistema di Ricerca e Innovazione si
identifica, in termini di personale, con le università
principalmente, e quindi con le imprese.
In particolare, solo le università esibiscono un sistema
di ricerca numericamente cospicuo e equilibratamente
distribuito sull'intero territorio nazionale.
Altro elemento di fondamentale importanza è rappresentato
dallo squilibrio territoriale della spesa per Ricerca e
Innovazione.
Pag. 63
Nel settore pubblico (università escluse) il 67 per cento
della ricerca è localizzata in tre regioni (Lazio 47,5 per
cento, Lombardia 10,9 per cento, Emilia Romagna 6 per cento).
Nel privato, circa il 70 per cento della ricerca effettuata
dalle imprese si concentra parimenti in tre regioni (Piemonte,
Lombardia, Lazio).
Ciò dimostra che l'esistenza di un tessuto industriale
accanto a strutture di ricerca innesca un circuito virtuoso
che stimola a sua volta le imprese ad investire maggiormente
in ricerca.
Si potrebbe in definitiva affermare, senza contraddire ai
dati fattuali ma, viceversa, analizzando le dirette
indicazioni che essi forniscono, che il problema della risorse
da destinare alla ricerca è residuale, rispetto al problema
strutturale della destinazione della spesa; e che il problema
della riforma delle missioni degli EPR è residuale rispetto al
problema generale dell'utilizzo del personale che svolge
ricerca.
L'esame dei valori e tendenze ricavabili dai dati forniti
nella relazione del Ministro Berlinguer gli consente
innanzitutto la indicazione di alcune direttrici
fondamentali.
Per quanto riguarda il settore pubblico della ricerca
rileva che: nel breve-medio periodo, un incremento armonico
della capacità di fare ricerca in Italia non può prescindere
da un'adeguata valorizzazione del sistema universitario, in
particolare attraverso la promozione di meccanismi che
liberino le Università dai pesanti vincoli di ordine
burocratico tuttora esistenti e promuovano l'avvio di azioni
concertate con le imprese e gli altri soggetti utilizzatori
della ricerca; nel lungo periodo, il traguardo da porre non
può che essere quello di accentuare la diversificazione del
sistema di ricerca pubblico, per adeguarlo ed omogenizzarlo
alla realtà europea.
Per quanto riguarda il settore privato della Ricerca, si
rileva che: nel breve periodo, l'unico strumento di diretta
incidenza appare la leva fiscale, finalizzata ad incentivare
le imprese a spendere di più in Ricerca e Innovazione; ciò
peraltro rappresenta un mero stimolo e non già la chiave di
risoluzione del sistema, come si vedrà in seguito; nel lungo
periodo, bisogna puntare ad un rafforzamento ed allo sviluppo
di settori industriali a più alta intensità tecnologica,
identificando priorità in programmi di sviluppo nazionali, con
un forte aggancio alle tematiche di ricerca prioritarie
definite in ambito comunitario.
Nel merito del documento in esame, ritiene opportuno
svolgere alcune osservazioni di carattere generale, segnalando
in particolare quei punti dove tuttora sembra permanere
un'esigenza di approfondimento.
E' forse bene premettere che l'articolo 18, ultimo comma
della legge delega ha previsto che nella relazione alle Camere
" a) siano censiti e individuati i soggetti già operanti
nel settore o da istituire, articolati per tipologie e
funzioni; b) sia indicata la natura della loro autonomia
e dei rispettivi meccanismi di governo e di funzionamento;
c) sia delineata la tipologia degli interventi per la
programmazione e la valutazione, nonché di quelli riguardanti
la professionalità e la mobilità dei ricercatori".
Se dunque si tengono a mente i contenuti della relazione
auspicati dalle Camere, non si può sottacere che la relazione
del Ministro appare, in alcuni passaggi, bisognosa di alcuni
necessari chiarimenti.
In particolare, se per "censimento" delle realtà operanti
nel settore si intende un'indagine ragionata delle realtà
esistenti, e non già una mera elencazione di soggetti che a
vari titolo si relazionano con il sistema; se, ancora, per
articolazione in tipologie e funzioni si intende una
classificazione dei soggetti in relazione alle aree tematiche
di riferimento, e non già la mera indicazione di appartenenza
all'uno o all'altro comparto; ebbene, si deve prendere atto
che la Relazione in esame non rappresenta un "libro bianco"
sullo stato della ricerca in Italia, poiché non appare
sorretta da un'efficace "auditing" della realtà dei
soggetti operanti, della destinazione degli interventi, dei
risultati prodotti e delle linee di tendenza riscontrabili.
Pag. 64
A suo avviso, solo una classificazione degli enti ed
istituti di ricerca per campi tematici (ambiente; biomedicina;
spazio; eccetera) può presiedere ad un intervento che, come è
negli obiettivi della legge delega, possa individuare ed
evitare le sovrapposizioni di interventi, e così favorire il
coordinamento e l'integrazione delle varie realtà.
Parimenti, a suo avviso, solo un'approfondita conoscenza,
non ragionieristica, dello stato di fatto della ricerca oggi
in Italia, può sovraintendere alla decisiva fase di
transizione verso una realtà futura, auspicabilmente migliore,
ma che indubbiamente va raggiunta con piena consapevolezza
dell'esistente e soprattutto con gradualità di realizzazioni,
badando a non disperdere un patrimonio che già oggi è assai
prezioso.
E' noto, infatti, che i cambiamenti delle architetture
istituzionali, dei rapporti gerarchici e quindi dei processi
decisionali introducono fasi di transizione caratterizzate da
accentuate debolezze, la cui durata e gravità dipendono dalla
efficienza del sistema di partenza, dalla validità del nuovo
modello e dalla capacita di gestire la stessa transizione.
Osserva, in particolare, che il documento è avaro di
indicazioni con riferimento al cosiddetto fondo integrativo
per interventi di rilevanza nazionale, pur risiedendo
nell'utilizzo di tale strumento l'elemento di novità forse più
rilevante del sistema disegnato.
E' dell'avviso, coerentemente con l'analisi dei dati sopra
svolta e con le conclusioni cui si è pervenuti, che il fondo
potrà assolvere a una reale funzione di promozione solo a
patto che si strutturi in tre grandi capitoli:
un primo, destinato ad aumentare la capacità del sistema
scientifico universitario a fare ricerca, anche favorendo, ove
rispondente ad esigenze di razionalizzazione, l'accorpamento
nelle università degli organi di ricerca di minori dimensioni
presenti negli EPR;
un secondo, orientato, da un lato, a sostegno della
defiscalizzazione in favore delle imprese che investano in
ricerca, dall'altro, al finanziamento di progetti di
trasferimento tecnologico nelle PMI;
un terzo, orientato allo sviluppo di tecnologie
strategiche, favorendo la crescita di segmenti industriali
" technology intensive ", la promozione di istituti
nazionali di eccellenza negli EPR su aree tematiche proprio
del programma quadro dell'Unione Europea e la intensificazione
della cooperazione scientifico-tecnologica fra università e
industria.
Per quanto attiene al nuovo assetto del sistema consultivo
di programmazione strategica, rileva come l'accentramento di
tali funzioni presso il MURST si traduce nello spostamento
delle funzioni da una sede scientifica (CNR, tramite i suoi
attuali Comitati) ad una sede burocratica (Ministero). Al
riguardo, è difficile convincersi che ciò possa elevare il
livello di funzionamento del sistema, in assenza di adeguate
strutture scientifiche di supporto alla funzione di
consulenza, strutture che il CNR possiede ed il MURST no.
Per quanto attiene, inoltre, al ruolo della ricerca
privata, la relazione in esame appare poco approfondita e non
sembra trarre conseguenze adeguate dai dati che essa stessa
fornisce. Come si è sottolineato in precedenza, l'Italia è,
fra i Paesi raffrontati, quello in cui la percentuale di spesa
di ricerca da parte delle imprese è più bassa. Da ciò consegue
che le agevolazioni finanziarie, per quanto possano essere lo
strumento più incisivo nell'immediato, non sono minimamente in
grado di risolvere le criticità che il settore esibisce.
E' probabilmente opportuno allora evidenziare le seguenti
realtà di fatto:
la dimensione finanziaria e di mercato delle imprese
italiane è generalmente troppo modesta per offrire opportunità
reali di ammodernamento dei costi necessari a produrre vere
innovazioni tecnologiche;
questo sottodimensionamento è di non facile superamento
nell'immediato,
Pag. 65
considerata la realtà imprenditoriale internazionale
consolidatasi a seguito delle grandi acquisizioni degli anni
ottanta;
il ruolo e il peso della ricerca nella pianificazione
strategica e nelle strutture di top management delle
imprese italiane sono vistosamente inferiori rispetto a quelle
imprese internazionali;
il saldo negativo della bilancia tecnologica è creato
dall'acquisizione di licenze i cui contenuti non sono certo di
frontiera, come è ovvio poiché le imprese detentrici di
Know-how avanzati li trattengono per sé e cedono solo
tecnologie inidonee a determinare un vantaggio competitivo dei
concorrenti.
Si potrebbe pertanto affermare che il problema della
ricerca nel settore privato non risiede nell'offerta di
conoscenze, ma nella domanda di innovazione, che allo stato è
carente e va incentivata; e, probabilmente, con
l'incentivazione della domanda di ricerca proveniente dalle
imprese verrebbe risolto, in buona parte, anche il problema
della mobilità dei ricercatori, mediante meccanismi affidati
non già a scelte normative rigide, bensì a logiche di impresa
e di mercato, con dinamiche disciplinate dalla legge e dalla
contrattazione delle parti.
Al fine di agevolare l'approfondimento delle tematiche
connesse all'innovazione e alla diffusione delle tecnologie,
fa rimando all'allegato conclusivo del Progetto Strategico del
CNL "Cambiamento tecnologico e sviluppo industriale", titolato
"Il sistema nazionale della ricerca e del trasferimento della
tecnologia alle imprese. Verso una riforma di struttura".
Ritiene infatti che tale documento, nella sua parte
dedicata all'analisi della realtà esistente, possa
rappresentare un efficace strumento di studio e riflessione
sulle dinamiche profonde cui necessariamente va a legarsi
qualsiasi progetto di riforma.
In conclusione, nel sottolineare il carattere di mero
strumento per l'approfondimento del dibattito, attesa la
natura interlocutoria della Relazione del Ministro alle
Camere, ritiene doveroso richiamare l'attenzione sulla
particolare importanza che, dalla riforma, emerga un sistema
normativo certo e chiaro, pur nel rispetto della complessità
del fenomeno disciplinato.
Nell'ordinamento, la ricerca è disciplinata da una
moltitudine di norme legislative e regolamentari, che ne
toccano disorganicamente tutti gli aspetti, da quello
ordinamentale ed amministrativo a quello strategico,
programmatorio e finanziario. Spesso, inoltre, la disciplina
applicabile riviene da norme non specificamente dettate per il
comparto, ma da norme dettate in generale per l'organizzazione
dello Stato e per lo svolgimento dei suoi compiti, con
conseguenti difficoltà di interpretazione e di adattamento.
Il settore della ricerca esibisce rilevanti specificità,
che vanno dalla necessità di integrare le attività dei diversi
soggetti che interagiscono, all'obbligo di rispettare
l'autonomia, costituzionalmente garantita, delle università e
degli atti connessi di ricerca, fino alla scarsa predittività
dei risultati e soprattutto alla necessità di programmazione e
di celerità, atteso che, il più delle volte, un risultato
scientifico raggiunto in ritardo equivale ad un risultato non
raggiunto.
Ne consegue che l'auspicata riforma del sistema, nel
prendere le mosse da un "censimento" esaustivo della realtà
normativa esistente, dovrà dettare princìpi certi, tramite
l'abrogazione espressa delle norme incompatibili e
tendenzialmente definendo un " corpus " di regole che,
specificamente dettate per il settore, possano fungere da
"testo unicog di riferimento.
L'attuale particolare frangente storico, alla vigilia
della realizzazione di una nuova, significativa fase
dell'integrazione europea, impone inoltre che la normativa da
emanarsi venga inquadrata nel sistema istituzionale
dell'Unione con puntualità e con attenzione, con precisi
agganci anche agli ordinamenti regionali esistenti nel Paese
ed ai compiti che l'UE affida alle regioni.
Pag. 66
Riformare il sistema della ricerca in Italia è un
obiettivo assai elevato e con ricadute estese sull'intero
sistema sociale ed economico. Sottolinea, conclusivamente, che
se la finalità perseguita è solo quella dell'eliminazione di
alcune inefficienze, correttamente evidenziate nella
Relazione, l'impianto delineato potrebbe apparire addirittura
sproporzionato e sovradimensionato: ma se la finalità,
viceversa, come è sua convinzione, è quella di dare al Paese
un assetto al sistema Ricerca di rilievo europeo ed
internazionale, è necessario che le linee dell'intervento
vengano affinate e che attorno alla divisata riforma si crei
un ampio dibattito, che coinvolga direttamente tutte le
componenti e gli operatori della ricerca in Italia.
Giovanni CASTELLANI, Presidente, nessun altro
chiedendo di intervenire, dà la parola al relatore per
l'illustrazione della risoluzione preannunciata.
Domenico VOLPINI (gruppo popolari e
democratici-l'Ulivo), relatore, riterrebbe opportuno
illustrare ai commissari la risoluzione alla presenza del
sottosegretario.
Angela NAPOLI (gruppo alleanza nazionale) si associa
alla richiesta del relatore.
Giovanni CASTELLANI, Presidente, fa presente che
il sottosegretario gli aveva precedentemente comunicato di
essere impegnato in un'altra Commissione. Sospende quindi la
seduta in attesa dell'arrivo del sottosegretario.
La seduta, sospesa alle 9,45, riprende alle 9,50.
Domenico VOLPINI (gruppo popolari e
democratici-l'Ulivo), relatore, illustra la risoluzione
che è del seguente tenore:
La VII Commissione,
premesso che:
dalla attenta analisi e discussione della "Relazione
sulle linee per il riordino del sistema nazionale della
ricerca scientifica e tecnologica", presentata al Parlamento
dal Ministro dell'università e della ricerca scientifica
secondo quanto previsto dall'articolo 18, comma 3 della legge
n. 59 del 1997, sono emersi importanti elementi sia sul piano
del metodo (in quanto con tale relazione, derivante dal
confronto con il "Comitato di ministri per le politiche della
ricerca e dell'innovazione", il Ministro offre alla
discussione della società civile, dei partiti e del Parlamento
il quadro generale entro il quale intende muoversi per
l'emanazione della decretazione legislativa prevista dalla
delega contenuta nella legge n. 59 del 1997) sia sul piano dei
contenuti, nell'ambito del quale sono emersi i seguenti
elementi qualificanti:
l'unitarietà della visione prospettata, che considera
il settore della ricerca scientifica e tecnologica come
sistema globale integrato;
la necessità di ricondurre alla sede politica di
governo del sistema le funzioni di coordinamento della
macro-programmazione (definizione delle grandi linee e
obiettivi strategici nazionali e conseguente allocazione delle
risorse) e della valutazione;
la costituzione di un "cervello del sistema" presso la
Presidenza del Consiglio dei ministri, formato dal CIPE "della
ricerca", dal "Comitato di ministri per le politiche della
ricerca e dell'innovazione" (istituito con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri del 16 novembre 1996),
con il supporto scientifico e tecnologico del "Comitato per la
ricerca e la tecnologia" (CRT);
l'assegnazione al MURST della funzione politica di
coordinamento generale della attuazione delle grandi linee
strategiche e della realizzazione dei grandi obiettivi
strategici (assegnati ai piani pluriennali di ricerca dal
"cervello del sistema"), liberandolo dalle funzioni di
gestione;
Pag. 67
il rilevamento della necessità di ridefinire i
rapporti funzionali tra il MURST e gli altri Ministeri che
hanno la vigilanza su Enti, istituti o Stazioni di ricerca
all'interno del quadro logico e funzionale costituito dal
sistema globale delineato;
il rilevamento della necessità di ridefinizione dei
rapporti tra MURST e CNR, di riordinare la vita dei grandi
Enti, nonché, di riorganizzare e semplificare la mappa degli
Enti minori attraverso il superamento della eccessiva
frammentazione delle competenze, dei centri di spesa e dei
consigli di amministrazione;
la salvaguardia dell'unitarietà e della
multidisciplinarietà del CNR e la riaffermazione
dell'autonomia nel governo dei grandi Enti;
il tentativo di superamento della prassi di
assegnazione a pioggia dei fondi di ricerca e della
autoreferenzialità attraverso la costituzione del "Servizio
nazionale di valutazione";
l'opportunità dell'azione di stimolo e di sostegno
pubblico alla ricerca privata e ai finanziamenti privati alla
ricerca, la cui esiguità costituisce il vero punto debole del
sistema globale italiano;
la necessità di una maggiore valorizzazione del
personale attraverso una gestione più integrata del sistema
globale della ricerca con l'attivazione di efficaci meccanismi
che facilitino la mobilità delle risorse umane in funzione
dell'efficienza, dell'efficacia e della produttività del
sistema stesso;
nella emanazione dei decreti legislativi attuativi della
delega derivante dalla
Legge 59/97
impegna il Governo:
a tenere distinte le funzioni politiche generali di
coordinamento della macroprogrammazione (definizione delle
grandi linee e obiettivi strategici nazionali e conseguente
allocazione delle risorse), spettanti al "cervello del
sistema", da quelle di coordinamento politico della sua
realizzazione spettanti al MURST, da quelle della vigilanza
amministrativa di pertinenza dei vari Dicasteri di riferimento
(MURST, Sanità, MICA, Politiche agricole, Trasporti,
eccetera), da quelle della gestione, inclusa la programmazione
delle loro attività, specifiche degli Enti di ricerca, nonché,
infine, da quelle dell'attività di ricerca scientifica
assegnate dall'autonomia costituzionale ai ricercatori e ai
loro autonomi organismi rappresentativi (dai "Consigli
nazionali di consulenza scientifica" e all'"Assemblea
nazionale"); evitando così che, il necessario superamento
degli attuali difetti, derivanti dalla eccessiva
frammentazione e dalla totale autoreferenzialità, sfoci nel
dirigismo centralistico, con il rischio di paralizzare ancora
di più il sistema e di violare l'autonomia costituzionale
della ricerca scientifica;
ad evitare, nella costruzione del sistema generale e
nella definizione delle interrelazioni tra Presidenza del
Consiglio, il CIPE, "Comitato di ministri per le politiche
della ricerca e dell'innovazione" e il MURST; un indebolimento
dei ruoli e dell'autonomia dei Ministeri di vigilanza tenendo
presente che costituiscono lo snodo per la rappresentazione
della "domanda di ricerca" e la conseguente realizzazione
dell'innovazione scientifica e tecnologica del sistema
Paese;
ad evitare che, sempre nell'ambito della valutazione e
del monitoraggio, nasca una nuova e potenzialmente dannosa
burocrazia del monitoraggio e della valutazione, che potrebbe
facilmente trasformarsi in strumento di sopraffazione e
clientelismo politico;
a tener presente, nella costruzione del "Servizio
nazionale di valutazione e di monitoraggio", la distinzione
teorica tra i concetti di "valutazione", "autovalutazione" e
"monitoraggio", e che il principio fondamentale della teoria
della valutazione
Pag. 68
è quello che, per non snaturarsi in "autovalutazione" essa
deve essere attuata da soggetto esterno e indipendente
rispetto a quello che concepisce, programma e/o realizza
l'"oggetto", a qualunque livello, della valutazione;
che a svolgere le funzioni di valutazione generale del
sistema e del funzionamento degli enti di ricerca possano
essere chiamati qualificati organismi internazionali;
a prescrivere l'obbligo della firma delle relazioni da
parte dei soggetti valutanti;
a porre particolare attenzione, nel riordino dei grandi
Enti di ricerca (CNR, ENEA, INFN), a valorizzare il patrimonio
storico di competenza scientifica, di risorse umane e di
attrezzature, nonché, a potenziare il raccordo tra di loro e
con la rete nazionale di ricerca universitaria (tenendo
presente che questo rapporto risulta essenziale specialmente
per il CNR), con la Pubblica Amministrazione e le imprese; a
garantire la piena autonomia scientifica e organizzativa di
tali enti anche attraverso il funzionamento dei comitati di
consulenza specifici di ognuno di essi;
a superare il concetto restrittivo di "scienza" che
pervade il documento nel suo complesso, che sembra
rivelare:
sia una non sufficiente considerazione del ruolo
centrale che la ricerca fondamentale, sia universitaria sia
degli Enti di ricerca, rivestirà nei prossimi decenni per la
competizione internazionale tra le nazioni scientificamente
più evolute;
sia la sottovalutazione del ruolo fondamentale che le
scienze umane hanno nella ricerca sia fondamentale che
applicata allo sviluppo del Paese;
a incrementare la correlazione formazione-ricerca ai
vari livelli, coinvolgendo anche gli Enti di ricerca.
8.00028
Il Relatore.
Gianantonio MAZZOCCHIN (gruppo rinnovamento italiano),
poiché si tratta di un argomento molto impegnativo, ritiene
assolutamente indispensabile avere il tempo necessario per
valutare attentamente la risoluzione testé illustrata dal
relatore.
Inoltre, chiede se sugli schemi di decreto legislativo che
il Governo dovrà presentare in attuazione dell'articolo 11
della legge n. 59 del 1997 la Commissione sarà chiamata ad
esprimere un parere.
Il sottosegretario Giuseppe TOGNON fa presente che
sugli schemi di decreto legislativo sarà acquisito il parere
della Commissione parlamentare appositamente costituita.
Angela NAPOLI (gruppo alleanza nazionale) chiede in
primo luogo al Presidente che il dibattito sulla risoluzione
testé illustrata dal relatore sia rinviato alla prossima
settimana. Sottolinea inoltre che a suo giudizio, considerata
la complessità della materia in esame, non sarà sufficiente
un'altra seduta.
In una prima sommaria analisi, sembra che la risoluzione
del relatore non tenga in alcun conto le considerazioni svolte
nel dibattito; è perciò necessario che sia concesso un tempo
adeguato per riflettere sulla materia.
Tiene comunque a precisare che il ministro è obbligato
della legge n. 59 del 1997 a presentare una relazione al
Parlamento e non è quindi giusto attribuire al ministro
Berlinguer - come sostiene il relatore - il merito di aver
sottoposto alle Camere la relazione in esame.
In conclusione, non ritiene che sull'argomento in esame vi
possano essere posizioni di partito e perciò ribadisce la
richiesta di un dibattito approfondito.
Adriano VIGNALI (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo)
ritiene pertinente la richiesta avanzata dal deputato
Mazzocchin per una valutazione attenta della risoluzione in
esame; a suo avviso inoltre il relatore dovrebbe acquisire
l'orientamento dei gruppi e favorire un confronto più
Pag. 69
ravvicinato tra i gruppi stessi sui contenuti della
risoluzione.
Giudica poi non convincenti due aspetti particolari della
risoluzione: da un lato, ritiene che dal contenuto della
stessa emerga il rischio di una frammentarietà relativa ai
livelli operativi; dall'altra, non concorda sul punto della
risoluzione che riguarda la ricerca dei privati. A suo avviso
infatti sono i privati che devono investire nella ricerca, non
spettando allo Stato sostenere la ricerca privata.
Pertanto, anche alla luce di tali osservazioni auspica una
maggiore riflessione sulla risoluzione presentata dal
relatore.
Fabrizio BRACCO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo),
intervenendo sull'ordine dei lavori, ricorda che l'articolo 18
della legge Bassanini n. 59 del 1997, prevede che il Governo,
prima di adottare i decreti legislativi per il riordino del
sistema della ricerca scientifica ai sensi dell'articolo 11,
trasmetta alle Camere una relazione sulle linee generali di
tale riordino. Si tratta quindi di un momento transitorio in
attesa della presentazione degli schemi di decreto
legislativo.
La Commissione, pertanto, potrebbe ora approvare una
risoluzione per evidenziare i punti di maggior rilievo.
Nel merito della risoluzione illustrata dal relatore, si
riserva di intervenire in seguito.
Flavio RODEGHIERO (gruppo lega nord per l'indipendenza
della Padania) condivide la richiesta formulata dai colleghi
che lo hanno preceduto di consentire un dibattito
approfondito, anche in considerazione del fatto che la
discussione precedente sulla relazione non è stata molto
ampia. L'argomento in esame è infatti assai complesso anche
perché non riguarda solo il riordino del sistema della ricerca
scientifica e tecnologica, ma incide anche sui poteri degli
organi centrali, degli enti locali e delle regioni. Auspica
quindi che sia chiarita la posizione di ciascun gruppo sui
contenuti della risoluzione, considerata in particolare
l'importanza della materia in esame anche in vista
dell'entrata in Europa.
Il sottosegretario Giuseppe TOGNON rileva che le
ragioni di urgenza vanno contemperate con quelle
dell'efficacia dei rapporti tra Governo e Parlamento. Al
riguardo, il Governo intende, fin dall'inizio di febbraio,
sottoporre al Consiglio dei ministri i primi schemi di
decreto. Pertanto, sarebbe utile che la Commissione, con
rapidità, elaborasse e fornisse al Governo indicazioni, anche
solo di priorità, in vista della predisposizione di tali
schemi di decreto.
Nel merito della risoluzione illustrata dal relatore, si
riserva di intervenire nella prossima seduta.
Giovanni CASTELLANI, Presidente, nei ricordare
che l'esame della relazione può, ai sensi dell'articolo 124
del regolamento, essere concluso con l'approvazione di una
risoluzione, richiama l'attenzione di tutti i commissari sul
fatto che il calendario approvato da tutti i gruppi nella
scorsa settimana prevedeva la conclusione dell'esame nella
seduta di mercoledì 28 gennaio. E' evidente che possono essere
approvate modificazioni al calendario già approvato ma bisogna
considerare anche i tempi complessivi previsti per gli altri
argomenti in esame. Si riserva comunque di convocare nella
seduta di domani un Ufficio di Presidenza, integrato dai
rappresentanti dei gruppi, per stabilire l'ulteriore
iter del documento in esame.
Invita infine il relatore a contattare prima della
prossima riunione tutti i gruppi al fine di esaminare le
eventuali modifiche alla risoluzione proposta.
Domenico Volpini (gruppo popolari e
democratici-l'Ulivo), relatore, accoglie l'invito
formulato dal Presidente, riservandosi di prendere
direttamente contatti con tutti i gruppi.
Giovanni CASTELLANI, Presidente, con l'auspicio
che i tempi siano comunque brevi, rinvia il seguito dell'esame
ad altra seduta.
La seduta termina alle 10,25.
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