| MARIO TASSONE. Per quanto riguarda i lavori socialmente
utili, Presidente, si pone oggi il problema di capire se
esistano o meno una strategia ed un disegno sull'occupazione.
Abbiamo posto alcuni interrogativi in termini pressanti, ma
purtroppo non abbiamo avuto risposta. Abbiamo anche chiesto la
presenza del ministro. Non per fare polemica nei confronti del
ministro o del Governo nel suo complesso, ma per capire quali
siano le impostazioni e le prospettive delle politiche
occupazionali. Non è possibile che si parli di occupazione
soltanto al tavolo delle trattative con i sindacati e gli
imprenditori, mentre qui in Parlamento non si abbia
l'opportunità di confrontarsi su questo tema. E' un fatto
molto grave, che va stigmatizzato e sottolineato per la sua
portata negativa.
Signor Presidente, onorevole sottosegretario, ritengo che
i lavori socialmente utili siano un ammortizzatore sociale:
solo questo; un'iniziativa assistenziale, che non serve per
recuperare una prospettiva evolutiva di sviluppo economico. Ma
- soprattutto - essi creano una situazione di grande disagio e
di grande depressione sul piano morale, politico ed economico.
Vi assumete una responsabilità gravissima: attraverso questa
prospettiva così confusa e contraddittoria la situazione
economica delle regioni meridionali - già di per sé drammatica
- diventa ancora più delicata.
Onorevoli colleghi, noi non possiamo votare a favore di
questo provvedimento. La nostra è una posizione di attenzione
nei confronti dei destinatari del disegno di legge, ma i
lavoratori non chiedono semplicemente una proroga. Gli addetti
impiegati in progetti di lavori socialmente utili, i giovani,
i laureati, i neolaureati chiedono a noi e soprattutto al
Governo una prospettiva, che non può essere quella del
precariato: una prospettiva di grande dignità e di grande
decoro.
Dopo aver parlato tanto in quest'aula della necessità di
superare una cultura assistenzialistica, voi ponete in termini
drammatici un problema di cultura assistenzialistica. L'ho già
detto oggi con forza: voi confezionate un provvedimento
assistenzialistico in bella forma, dicendo che in fondo si
tratta di un percorso di prospettive serie. Ritengo che, al
contrario, non sia così.
Fino ad oggi abbiamo registrato una serie di fallimenti su
diversi fronti: patti territoriali, contratti d'area, borse di
lavoro, prestiti d'onore. Eppure non avete l'amabilità di
venire in Parlamento a dire a che punto è il lavoro di questo
Governo, a che punto è il suo impegno per dare una risposta
alle aree deboli, ai giovani occupati e disoccupati
(ovviamente mi riferisco soprattutto ai disoccupati, ma i
giovani impegnati nei progetti dei lavori socialmente utili
non possono essere considerati occupati: sono precari, senza
nessuna prospettiva).
Mi domando, allora, se il Governo non intenda procedere
come nel caso della legge n. 285, nata per il lavoro precario:
i lavoratori sono poi stati progressivamente assorbiti in enti
pubblici (come la regione, il Ministero del tesoro, il
Ministero delle finanze ed altri ministeri).
Se questo Governo ha il coraggio di farlo, deve dirci che
quel rapporto di lavoro si trasformerà da rapporto a tempo
determinato in rapporto a tempo indeterminato. Ciò ovviamente
cozza con l'impostazione economica del Governo, con il
problema del debito pubblico, con il disagio economico e delle
strutture pubbliche.
Queste cose, però, le dovete dire, perché sapete meglio di
me che i progetti relativi alla transizione, al
traghettamento, al passaggio da un disegno ad un altro e alle
varie cooperative che ipotizzate non hanno nulla a che
spartire con la realtà: sono infatti ipotesi che non si
realizzeranno mai. L'unica soluzione che si prospetta mira a
risolvere il problema momentaneamente
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o al massimo per i prossimi sei o otto mesi, per poi trovare
qualche altro escamotage.
Questa proroga non è sufficiente: dopo cosa faremo?
Probabilmente esamineremo un ulteriore provvedimento di
proroga. Questo ci sembra davvero un fatto grave che va
stigmatizzato.
Signor Presidente, voglio dire un'ultima cosa: non è né
pensabile né immaginabile che un ministro del lavoro che nelle
regioni del Mezzogiorno ha promesso posti di lavoro non abbia
il coraggio, nel momento in cui presenta un decreto-legge -
che, lo ricordo, è un provvedimento di iniziativa del Governo
e non del Parlamento -, di venire in aula a rassegnare il suo
pensiero e la sua filosofia.
Lo chiedo ai colleghi della maggioranza, al relatore, al
presidente della Commissione: è possibile che non si pensi per
un solo momento a difendere la dignità del Parlamento? E'
possibile che dobbiamo essere tutti coinvolti dalla logica di
maggioranza, comunque essa si articoli ed esprima? E'
possibile che non vi sia un sussulto di dignità che ci porti a
rappresentare gli interessi reali del nostro paese che devono
essere portati avanti con forza, determinazione e coraggio?
Rivolgo questo appello ai colleghi, perché non ci troviamo
di fronte ad un problema di maggioranza e di minoranza: è una
questione che riguarda tutte le realtà del nostro paese e,
soprattutto, il Mezzogiorno. Infatti su questo problema
dell'occupazione chi perde e chi vince non sono solo una
maggioranza o una minoranza, ma l'intera classe politica e le
realtà del meridione.
Parlare dell'Europa è dunque una pura utopia: in Europa
sta andando soltanto una parte dell'Italia, perché l'altra è
sganciata dal treno. Credo che conosciate meglio di me questa
verità, ma mi pare che la si debba ripetere e che su di essa
occorra riflettere. Mi auguro che i responsabili del Governo
vengano in Parlamento e non si limitino a delegare
all'amabilità del sottosegretario la replica, così come è
avvenuto ieri. Certo, si è trattato di un intervento corretto,
ma vi sarebbe stato bisogno di un discorso più intenso e forte
che soltanto il ministro del lavoro o il Presidente del
Consiglio dei ministri avrebbero avuto il diritto ed il dovere
di fare (Applausi dei deputati del gruppo per
l'UDR-CDU/CDR).
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