| PIER FERDINANDO CASINI. Condivido anch'io l'augurio finale
di Berlusconi. Condivido però anche la sua delusione, la
nostra delusione, la delusione di tutto il Polo.
Avevamo evocato all'inizio di questo cammino un forte
spirito costituente, uno spirito che avrebbe aleggiato più
forte e più libero se avessimo seguito la strada di
un'assemblea eletta dal popolo. La maggioranza ci ha sospinto
invece su un'altra strada, quella della bicamerale. L'abbiamo
percorsa con fiducia, sulla base del presupposto che le regole
di un nuovo gioco politico-istituzionale dovessero essere
decise al di fuori di ogni vincolo di schieramento. E' questo,
presidente D'Alema, il senso del voto sulla sua persona - che
la doveva sottrarre a qualsiasi gioco di schieramento - come
presidente della Commissione bicamerale, espresso da forza
Italia e dal centro cristiano democratico.
Ma quel presupposto si è rivelato, lungo il cammino, un
fragile paravento, dietro il quale la maggioranza ha finito
per celebrare il rito dei propri interessi di parte. Ricordo
che abbiamo accantonato il federalismo fiscale e che solo il
forte impegno del relatore D'Onofrio ha consentito che si
aprisse più di uno spiraglio verso un assetto federale dello
Stato italiano. Ricordo che in quest'aula, poche settimane fa,
è stato bocciato l'emendamento Guarino sulla sussidiarietà,
contraddicendo tra l'altro uno dei principi basilari della
dottrina sociale cristiana. Su molti altri terreni ci siamo
trovati a registrare arretramenti e arroccamenti: dal capitolo
della giustizia, che la maggioranza ha affrontato con un
sentimento di totale immobilismo e con una timidezza che
rasenta la pavidità, fino al capitolo della legge elettorale,
che il presidente D'Alema ha affrontato con grande cura, una
cura particolarissima dei suoi interessi di parte.
Il voto sul potere dei Presidenti si viene ad inserire in
questo quadro e non può non esserne condizionato. Gli
emendamenti che abbiamo presentato sono mirati a far
corrispondere poteri reali all'investitura popolare, anche per
evitare quel carattere bicefalo sul quale si può innestare un
conflitto di poteri e di funzioni o anche solo una guerra di
immagine. La difficoltà ad accogliere questi emendamenti
consiste ovviamente nel fatto che
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larga parte della maggioranza non condivide l'obiettivo
istituzionale del semipresidenzialismo e dunque lo interpreta
in modo incoerente e riduttivo. E' evidente che, se agli
elettori sarà data la scarna facoltà di eleggere un Presidente
evanescente, noi avremo messo in cantiere una riforma inutile.
Ma se quel Presidente diventerà meno evanescente in virtù del
consenso popolare e non in virtù della responsabilità
istituzionale, correremo il rischio di una riforma
pericolosa.
Su questi temi, abbiamo incontrato sul nostro cammino una
maggioranza poco convinta e poco disponibile e un presidente,
onorevole D'Alema, che a questa maggioranza ha dedicato tutte
le sue cure. Noi ci aspettavamo da lei in questi giorni, in
queste ore, un colpo d'ala. Ci aspettavamo che tenesse fede
all'impegno di una ricerca comune, non vincolata da logica di
parte. Troppe volte abbiamo colto, dietro la figura
istituzionale del presidente della bicamerale, la figura
politica del segretario del maggior partito della coalizione
di Governo (Applausi dei deputati dei gruppi misto-CCD e di
forza Italia). Certo, ognuno di noi porta a questo
appuntamento le proprie passioni civili: per quanto ci
riguarda, l'impegno assunto con i nostri elettori di
promuovere una riforma che renda il cittadino arbitro della
politica.
Sono queste le nostre ragioni. Esse esprimono un dissenso
chiaro e una speranza tenace. Far prevalere la speranza sul
dissenso a questo punto sarà difficile, ma è responsabilità
soprattutto sua, onorevole D'Alema. Per quel che potremo, se
non saremo soli, io credo che dobbiamo provarci ancora
(Applausi dei deputati dei gruppi misto-CCD e di forza
Italia).
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