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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


377721
STA0361-0498
Somm. e Sten. d'Aula n. 361 del 27 maggio 1998 (STA13-361)
(suddiviso in 540 Unità Documento)
Unità Documento n.498 (che inizia a pag.113 dello stampato)
(il TITOLO si trova nell'Unità Documento n.465)
SEGUITO DISCUSSIONE: C3931. ...(Ripresa esame articolato - articolo 70 - A.C. 3931) LAVASS
...SEGUITO DISCUSSIONE: C3931. ...(Ripresa esame articolato - articolo 70 - A.C. 3931)
FRANCO MARINI.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE (ore 17,10)
ZZSTA ZZRES ZZSTA270598 ZZSTA980527 ZZSTA000598 ZZSTA000098 ZZSTA361 ZZ13 ZZDI ZZLL
    FRANCO MARINI.  Signor Presidente, colleghi, vorrei
  svolgere tre considerazioni sull'intervento dell'onorevole
  Berlusconi, rispetto al quale, volendo essere animato - spero
  di riuscirci - da uno spirito costruttivo, pur essendo
  preoccupato da questa fase che viviamo per le riforme, debbo
  sottolineare una discrasia tra il tono e l'enfasi
  drammatizzata delle posizioni che ha espresso e, nella
  sostanza, i contenuti della proposta, che io credo di aver
  compreso nelle sue parole.
     La prima riflessione riguarda le procedure.  Io appartengo
  a coloro i quali sono convinti che in materie come queste,
  nell'ambito delle nostre responsabilità, le questioni di
  procedura e responsabilità dei modi siano profondamente
  connaturate al senso ed ai contenuti della politica.
     Egli ha invocato più volte lo spirito costituente.
     Non da ora, ma fin dall'inizio dei nostri lavori nella
  bicamerale (si è trattato di otto mesi di confronto seguiti,
  anche con una certa attenzione, dall'opinione pubblica
  italiana, da contrasti di "spezzoni" della cultura
  costituzionalista, ma seguiti), lo spirito costituente al
  quale ho cercato - come molti colleghi - di ispirarmi era
  quello della capacità di ascoltare e qualche volta di
  comprendere le ragioni degli interlocutori.
     Certo, con contenuti che siano rapportati al rilievo delle
  questioni che affrontiamo.  Ma lo spirito è quello.  Ed io ho
  sempre sottolineato - ovviamente non da solo - che all'interno
  della Commissione, dove non sono mancati momenti di sincera
  drammatizzazione dei rapporti, perché contrasti ve ne erano,
  si è sempre salvaguardato lo spirito costruttivo che, a mio
  avviso, veniva da una cosa sola: dalla coerenza degli impegni
  assunti nella campagna elettorale del 1996.  Questo era uno dei
  punti che avrebbe dovuto caratterizzare
 
                              Pag. 114
 
  questa legislatura, per tante ragioni che non serve ripetere,
  perché le conosciamo.
     Molti, e non soltanto da una parte, hanno esercitato la
  loro intelligenza nel capire le cose, anche per porsi, con
  discussioni animate non sempre comprese all'interno delle
  singole forze politiche, le ragioni degli altri o un pezzo
  delle ragioni degli altri che nei fatti fosse conciliabile con
  le radicate, profonde convinzioni delle forze che
  rappresentiamo.  Arrivammo al voto comune su una formula che,
  secondo me, ha retto alla critica distruttiva che pure vi è
  stata all'esterno ma nella quale, probabilmente, nessuno
  poteva ritrovare tutte le convinzioni espresse dal movimento
  di appartenenza.  Non ce n'era una.  Anche noi.  Questo è stato
  lo spirito costituente che ci ha portato a licenziare, dopo
  quindici o sedici anni, una proposta che è approdata qui alla
  Camera.
     Perché ho parlato di un contrasto, di uno stridore tra i
  toni e ciò che io ho capito della conclusione?  Perché si
  abbandona quell'elementare principio che da solo può portare
  allo sbocco positivo di questi nostri lavori, che nel paese
  sono guardati con più attenzione di quanto ritengono alcuni di
  noi.  Se si abbandona quell'attitudine, non c'è un'altra
  strada.  Non può esserci, sarebbe un'altra cosa.  Questo è lo
  spirito costituente.  Vogliamo abbandonarlo, visto che, fatta
  salva la posizione di rifondazione che votò contro, votammo a
  favore?  I cittadini lo devono sapere che votammo faticosamente
  a favore, prima sulle singole questioni poi, alla fine, in
  Commissione.  Abbiamo portato questo testo, ma ci dicemmo anche
  - sono abituato a ragionare solo in base alle cose ufficiali -
  che lo spazio per migliorare questo lavoro in Parlamento non
  poteva essere cancellato, perché farlo sarebbe stato
  scorretto.  E questo spazio c'è stato per le discussioni svolte
  in aula finora.  Fu un impegno tra di noi con quello spirito
  che ci animava.  Perché lasciarlo oggi?  Quali sono queste
  ragioni di merito - ecco la seconda considerazione - che poco
  fa ho ascoltato in quest'aula?
     Sul federalismo dobbiamo ancora discutere, ma è emersa una
  formula di dialettica, nel paese, di decentramento, di poteri
  veri, di cambiamento dell'assetto dello Stato che possiamo
  difendere e che qui in aula, con il voto comune di diverse
  parti politiche, abbiamo anche migliorato.
     Sulla giustizia sappiamo che vi sono problemi aperti.  Per
  quanto riguarda il mio gruppo - e chi vi parla in particolare
  - non abbiamo mai trascurato il rilievo di questo problema:
  fissare i principi innanzitutto di garanzia per il cittadino.
  Abbiamo dimostrato, con posizioni anche sofferte tra noi, che
  non è che sottovalutiamo questo aspetto nelle varie tappe
  dell'esame in aula.  Si stava discutendo con molta serietà, per
  cui credo che dobbiamo sdrammatizzare questo problema dalla
  carica degli altri problemi che vi sono, che sono contingenti
  ed importanti.  Forse, possiamo arrivarci.
     Sulla sussidiarietà, per rispetto vostro mi fermo qui,
  perché quando ne sento parlare da alcune posizioni resto un
  po' sbalordito.  Certe volte è la scoperta di una parola che fa
  enfatizzare posizioni che nulla hanno a che fare con i
  principi dai quali questo valore è partito, onorevole
  Buttiglione  (Applausi dei deputati dei gruppi dei popolari
  e democratici-l'Ulivo e dei democratici di
  sinistra-l'Ulivo).
     Onorevole Buttiglione, mi rivolgo a lei per la frase che
  ha pronunciato: non c'è la sussidiarietà.  Nella Costituzione
  precedente non c'era questo principio riguardante i rapporti
  tra società e Stato; la questione è stata posta da noi,
  insieme con altri, e debbo dire che anche chi, per la propria
  storia o cultura, lo sentiva meno, ha capito cos'è il
  principio di sussidiarietà.  E' una rottura tra società e
  Stato?  E' lo spazio ad un liberismo economico sociale e
  sfrenato?  Vede, onorevole Buttiglione, nella storia di queste
  cose - che io e lei dovremmo conoscere - è vero che nel corso
  del novecento tutte le volte che quell'insegnamento è
  intervenuto ha raccomandato, dinanzi agli Stati pervasivi
  dell'Europa, che lo Stato si ritraesse valorizzando le
  posizioni della società e della persona; questo è vero, ma noi
 
                              Pag. 115
 
  abbiamo trovato una soluzione di raccordo tra questa esigenza
  e quella di uno Stato che deve guardare all'interesse
  generale.  La nascita della parola e dell'impostazione però si
  colloca alla fine dell'ottocento, in un documento
  straordinario, all'interno di una enciclica; accanto alla
  rivendicazione della libertà della società vi è, in quella
  condizione storica, l'invocazione allo Stato liberale italiano
  di intervenire con un minimo di giustizia e di legislazione
  sociale: in una condizione storica diversa si esprimevano
  parole diverse.
     Al di là della forza della società e del rispetto
  dell'iniziativa della persona, vi è sempre l'equilibrio che
  quell'insegnamento non ha mai abbandonato, a differenza di lei
  che, nelle parole dette qui e altrove, sembra imboccare una
  via che porta ad un liberismo sfrenato che quella concezione
  non ha mai accettato  (Applausi dei deputati dei gruppi dei
  popolari e democratici-l'Ulivo e dei democratici di
  sinistra-l'Ulivo).
     Per quanto riguarda la forma di Governo, nella Commissione
  bicamerale si sono registrati contrasti veri e valutazioni
  differenti; si potevano trovare soluzioni diverse, lo so, ma è
  stato esercitato un atto di responsabilità, da parte di tutti,
  per individuare una soluzione.  Non abbiamo votato il
  presidenzialismo alla francese; abbiamo deciso, e c'è ragione
  di farlo nelle attuali condizioni storiche dell'Italia, di
  eleggere per via diretta, con il voto dei cittadini, il
  Presidente della Repubblica.
     Esistono parecchie ragioni per dire che ciò è giustificato
  - lo dice anche chi non era partito da queste posizioni -
  considerate le condizioni storiche attuali, ma il Governo
  restava di espressione parlamentare, della sua maggioranza.
  Quindi, un equilibrio veniva raggiunto e dunque non c'è
  bicefalismo o commistione di responsabilità in questa
  impostazione.
     Poiché questa non era la nostra posizione di partenza,
  dico che qui si è esercitata la nostra capacità di
  sintetizzare le ragioni e il rispetto del Parlamento con le
  sue divisioni e le sue posizioni diversificate in materia.
  Votammo, dopo lunghissime discussioni, e rispettammo il voto
  della lega che fu determinante per quel voto.  Non dicemmo di
  non tenerne conto; no, ne tenemmo conto, perché questi erano i
  rapporti presenti in Commissione...
 
DATA=980527 FASCID=STA13-361 TIPOSTA=STA LEGISL=13 NCOMM= SEDE= NSTA=0361 TOTPAG=0209 TOTDOC=0540 NDOC=0498 TIPDOC=O DOCTIT=0465 COMM= DI PAGINIZ=0133 RIGINIZ=043 PAGFIN=0135 RIGFIN=043 UPAG=NO PAGEIN=113 PAGEFIN=115 SORTRES=9805273 SORTDDL= FASCIDC=13STA 00361 SORTNAV=59805272 00361 200000 ZZSTA361 NDOC0498 TIPDOCO DOCTIT0465 NDOC0465



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