| FABIO MUSSI. C'è un po' meno entusiasmo, si è rallentato,
per il bipolarismo, la democrazia dell'alternanza, il potere
ai cittadini. C'è un'offensiva conservatrice in corso,
legittima, e molte nostalgie per l'Italia che fu.
Naturalmente può capitare perfino (non sarebbe la prima
volta) che le offensive conservatrici siano presentate come
rivoluzionarie: si chiede di più contentandosi di ottenere di
meno, anche molto meno (per esempio, il mantenimento dello
statu quo ante). Buttiglione, per esempio, ha detto che
la situazione attuale è assolutamente insoddisfacente: infatti
lui lavora per tornare a quella precedente (Applausi dei
deputati del gruppo dei democratici di sinistra-l'Ulivo).
Si è già visto!
Intendiamoci, colleghi. Quando si fa un esperimento, si
imbocca una strada, si compie un tentativo, si cercano anche
modelli nuovi senza copiare semplicemente l'esperienza di
altri paesi, non soltanto è legittimo il dubbio, ma sono
possibili la problematicità, l'inquietudine: anche nelle
nostre file, anche tra molti dei miei compagni e colleghi.
Lei, onorevole Berlusconi, vorrebbe di più dalla riforma
della forma di governo. Il testo che abbiamo discusso, al
quale sono riferiti gli emendamenti presentati, prevede
rilevanti innovazioni; su alcune di esse continua perfino ad
essere aperta la discussione, come nel caso del problema
dell'esercizio concreto dei poteri del Presidente in materia
di politica estera e di difesa. Ma il potere di scioglimento
che introduciamo, che la bicamerale ha introdotto, prevede due
casi esemplari che fanno del Presidente eletto direttamente
dal popolo un arbitro vero: la crisi della maggioranza che
sostiene il Governo (il potere di scioglimento è esercitato
senza controfirma) oppure la possibilità da parte del
Presidente della Repubblica neoeletto di sciogliere e di
verificare il significato politico - anche in rapporto al
Governo - del voto che ha ricevuto.
Quale sarebbe la riforma autentica? Un potere assoluto ed
indiscriminato del Presidente della Repubblica eletto
direttamente dal popolo? Un Presidente che, pur in presenza di
un Capo del Governo e di un Governo, può sciogliere quando
vuole? Come pensate che funzionerebbe un sistema con un
Governo parlamentare ed un Presidente padrone? Potrebbe
determinarsi quel meccanismo che il presidente della
bicamerale ha definito di Governo occulto: il supergoverno di
un Presidente che non ha ricevuto il mandato di governare, ma
che tuttavia lo fa attraverso il potere autoritativo e non
condizionato di scioglimento.
Si può ritenere che questa idea sia buona, ma non si può
pretendere che venga condivisa, anche perché ad una analisi
appaiono tutte le debolezze ed i pericoli. Se si vuole
coltivare lo spirito costituente, bisogna ascoltare
l'obiezione.
L'onorevole Berlusconi ci ha detto che la maggioranza ha
tutelato le sue posizioni e che D'Alema è stato il garante
della sua maggioranza. Ma come sarebbe? Quando siamo entrati
nella Commissione bicamerale i colleghi popolari hanno
presentato il modello del cancellierato, noi il modello del
premierato. E' il voto congiunto del Polo e della lega che ci
ha sconfitti ed ha introdotto una terza ipotesi; anzi, una
seconda ipotesi, perché il testo proposto dal relatore,
collega Salvi, presentava due ipotesi: quella da noi
caldeggiata (il premierato) e l'altra del
semipresidenzialismo. Se ne è dimenticato, onorevole
Buttiglione? Ma lei ha votato quello che oggi dice essere
assolutamente inaccettabile! L'ha votato due volte!
(Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di
sinistra-l'Ulivo e dei popolari e democratici-l'Ulivo).
La proposta di un presidenzialismo all'americana, diciamo,
la proposta di un Presidente governante non c'era: è stata
subito abbandonata. Si è lavorato sulle altre due ipotesi. Noi
abbiamo perso,
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onorevole Berlusconi, ma abbiamo accettato il verdetto.
Quando è passato il sistema semipresidenziale temperato, sono
state le forze del Polo a mettere sui muri scritte che
parlavano di vittoria. Non si può essere di memoria così
debole!
Si poteva trovare un altro punto di equilibrio? Certo,
abbiamo anche avanzato l'ipotesi più vicina al modello
francese, ma siccome i modelli costituzionali non si possono
fare con il bricolage e devono funzionare, abbiamo detto
che sarebbe stato possibile trovare un diverso punto di
equilibrio tra i poteri, se si fosse prevista una pari
legittimazione, un identico meccanismo di elezione,
un'identica legge elettorale.
Io mi sono premurato, per il mio gruppo, di presentare un
emendamento che prevedeva il doppio turno per l'elezione
diretta del Presidente ed il doppio turno per l'elezione del
Parlamento. Tale emendamento, però, è stato respinto. Abbiamo
accettato il verdetto, ma quel voto sulla
costituzionalizzazione di un principio di legge elettorale ha
inevitabilmente portato ad un altro approdo, quello del
modello semipresidenziale.
Un modello, il semipresidenzialismo temperato, che si è
detto largamente condiviso - ci sono gli atti della
Commissione! - a partire dalla straordinaria novità
dell'elezione popolare diretta, sulla quale tutti, salvo
rifondazione comunista, che lealmente ha espresso dall'inizio
la sua contrarietà, abbiamo dichiarato un voto favorevole. Lo
hanno fatto anche i gruppi che avevano qualche dubbio in più,
come ha ricordato il collega Marini.
Io ricordo, onorevole Berlusconi, il suo discorso in aula
ed i punti qui esplicitati di riserva o di dissenso. Lei dice
che sono stati tutti respinti: non è vero. Vada a guardare il
titolo I, che riguarda la forma di Stato: il testo emendato,
approvato dalla Camera, è molto diverso da quello uscito dalla
bicamerale. Altro che sacro ed immodificabile! E se lei andrà
a guardare attentamente, troverà molte modifiche del testo
della Commissione relativamente alla questione del
federalismo, modifiche nelle quali il suo gruppo, che ha
presentato tanti emendamenti, potrà riconoscersi.
Certo, abbiamo accantonato la questione, qui sottolineata
come rilevante, del federalismo fiscale, per poterci lavorare
ancora insieme e per arrivare ad una soluzione comune, anche
sul problema di quali risorse per quali poteri.
Quanto poi al principio di sussidiarietà, vi è stata una
discussione. Il tema, in quell'articolo della parte seconda
della Costituzione, era quello che si chiama della
sussidiarietà verticale, cioè del rapporto tra i poteri dello
Stato, delle regioni, delle province, dei comuni, delle città
metropolitane, tutti alla pari, parti della Repubblica. La
novità viene già dal primo rigo del primo articolo della
seconda parte della Costituzione.
C'è stata una discussione e si è trovato un punto, ma non
si può dire: o si costituzionalizza il libero mercato in
questa parte oppure il testo non si può votare. Ci siamo
ascoltati e, certo, alla fine qualcuno potrà ritenere di
essere più soddisfatto e qualcun altro meno, ma andate a
riguardare quel testo per capire che c'è una novità, che non è
vero che è acqua fresca e che non cambia niente nella vita
della Repubblica italiana e nel rapporto tra lo Stato e la
società.
La giustizia: è stato il punto più controverso, quello che
non abbiamo votato in bicamerale. Siamo venuti in aula senza
un voto. Qui vi sono posizioni che sono anche distanti. E noi
tuttavia pensiamo - ci arriveremo a quel titolo - che nella
Costituzione debbano essere chiaramente affermati principi che
danno corpo ai valori di libertà e di legalità, alle garanzie
per i cittadini, ad una chiara separazione dei poteri entro lo
Stato di diritto ispirata al principio di autonomia
dell'ordine giudiziario. Ci arriveremo, discuteremo, voteremo,
ma non si può dire assolutamente che vi sia stata chiusura e
sordità.
In conclusione, sarebbe un'amara giornata oggi se fosse
quella in cui il nostro paese, ancora una volta, perde la
strada, dopo tanti anni, e deve prendere atto che
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non ce la facciamo, che non c'è una classe dirigente
all'altezza della domanda di riforme.
Penso che non possiamo gettare la spugna e neppure
accettare le condizioni ultimative: o si dialoga oppure non vi
è possibilità di costruzione. Tanto meno pensiamo oggi che il
tentativo, generoso e difficile, che abbiamo fatto in questo
anno e mezzo, possa essere accantonato distrattamente o
superficialmente: il lavoro non può fermarsi! Credo che si
debba andare fino in fondo, innanzitutto nell'assunzione
chiara di responsabilità.
Chi poi vorrà bocciare il testo lo faccia, ma non si può
dire: vogliamo le riforme vere! Ma quali sono le riforme vere?
Le mie! Non è possibile (Commenti). Se ognuno pensa che
vera sia solo la propria, non c'è possibilità di costruzione
di un testo costituzionale. Nessun costituente, nel 1946-1948,
sarebbe arrivato da qualche parte, e non ci arriveremo noi, se
è questo il principio; non si fanno Costituzioni ma si
preparano nuove crisi per il nostro paese. Le Costituzioni
nascono da un dialogo e da un compromesso.
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