| MASSIMO D'ALEMA, Presidente della Commissione
parlamentare per le riforme costituzionali. Signor
Presidente, onorevoli colleghi, credo che a nessuno sfugga, e
certamente non ai colleghi che sono intervenuti, la
delicatezza e l'importanza del passaggio che stiamo vivendo
nel nostro Parlamento. Penso che sia quasi obbligato, per chi
ha presieduto per lungo tempo il difficile lavoro che ha
consentito di sottoporre all'esame del Parlamento, per la
prima volta dopo molti anni, una proposta organica di riforma
della seconda parte della Costituzione, difendere anche a
fronte di taluni pentimenti il senso e il valore del lavoro
svolto, un lavoro largamente comune.
Non voglio riferirmi alle molte affermazioni inesatte ed
ingiuste che ho ascoltato; mi riferirò - con citazioni - a ciò
che è accaduto ed ognuno potrà confrontare ciò che è accaduto
con ciò che è stato riferito. In modo particolare, voglio
parlare della questione che abbiamo di fronte, evitando di
allargare l'orizzonte al complesso della riforma
costituzionale, e cioè del nodo, certamente cruciale, della
forma di governo.
Tutti ricordano il modo in cui maturò (un modo per certi
aspetti improvviso ed inatteso) la svolta nel senso
semipresidenzialista. Si dava largamente per scontato che nel
voto tra le due opzioni elaborate dal relatore, cioè quella
del Governo del Primo ministro e quella del Governo
semipresidenziale, avrebbe prevalso la prima ipotesi. La
discussione fu lunga ed accanita. Si precisarono da una parte
e dall'altra i contorni possibili dei due modelli e parlando
di premierato o di cancellierato, anche con un'articolazione
di posizioni nell'ambito delle forze politiche del
centro-sinistra (che mai in nessun momento hanno agito come
maggioranza di Governo nella bicamerale: in nessun momento ed
in nessuna votazione importante; ma sempre in assoluta
libertà, e non soltanto dei singoli partiti, movimenti o
gruppi, ma dei singoli parlamentari, com'è giusto che sia in
un lavoro costituente!), si arrivò a prospettare la
possibilità di un Capo del Governo indicato agli elettori
contestualmente alle elezioni legislative, con facoltà di
scioglimento delle Camere, come il punto più avanzato
possibile di interpretazione del modello del premierato,
ispirandosi all'esperienza costituzionale britannica.
Ciò nonostante, questa ipotesi non fu considerata
sufficiente dai parlamentari del Polo, che insistettero
sull'elezione popolare diretta del Presidente della
Repubblica. Il voto segnò il prevalere di questa scelta. Per
questa ipotesi votò anche più di un parlamentare della
maggioranza di Governo. Noi ne prendemmo atto.
Vorrei ricordare, per inciso, che quella maggioranza
presidenzialista o semipresidenzialista era talmente labile da
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esserci più. Basta, d'altro canto, esaminare nei nostri
fascicoli i numerosi emendamenti di segno antipresidenziale
presentati dal gruppo della lega che, legittimamente,
rivendica in modo aperto il carattere strumentale di quel
voto.
Quindi, noi assumemmo come di tutti la decisione
dell'elezione popolare del Presidente della Repubblica, che
era stata la bandiera del Polo, pure a fronte dell'evidente
insussistenza della maggioranza parlamentare che aveva
determinato quella scelta.
Su questo si aprì una discussione (sono le giornate del
giugno dell'anno scorso; sono gli atti della Camera, non sono
incontri segreti). Risparmio le citazioni anche per rispetto
delle persone che dovrei citare.
Fu il Polo a scartare questa ipotesi che il partito
democratico della sinistra prospettò - in ciò separandosi
dalle altre forze della maggioranza di Governo - di un patto
che comprendesse il doppio turno, uninominale, maggioritario,
accanto ad un più pronunciato semipresidenzialismo ispirato al
modello francese. Questa ipotesi fu scartata dal Polo e si
imboccò, invece, la strada della ricerca di una più larga
intesa con le forze più dichiaratamente antipresidenzialiste;
in particolare con il partito popolare, che in quel momento,
come ora, con grande senso di responsabilità e di lealtà,
lavorò per evitare il naufragio delle riforme
costituzionali.
Questa intesa fu ricercata e raggiunta. Io ricordo i
passaggi: un intervento assai bello dell'onorevole De Mita,
con il quale egli chiese una sospensione dei nostri lavori, un
approfondimento; ricordo la risposta, a nome del Polo. Si
ricercò un'intesa, quella racchiusa nel testo che è all'esame
del Parlamento. L'intesa fu esplicitamente motivata: si spiegò
che, da una parte, vi era stata la rinuncia ad una
pregiudiziale contro l'elezione popolare del Presidente,
considerata pericolosa, foriera di un rischio plebiscitario,
dall'altra, la rinuncia ad un modello presidenzialista, in
vista di un semipresidenzialismo temperato, adeguato, adattato
alla tradizione parlamentare italiana.
Vorrei ricordare le parole dette nella seduta del 30
giugno, quando noi votammo il testo (diciamo che è per
scherzare, perché ho sentito che l'onorevole Buttiglione ha
detto che non abbiamo mai votato!). Sono gli atti della
Camera: "La parola all'onorevole Buttiglione. Ne ha
facoltà".
"Signor Presidente, il nostro giudizio sui lavori della
bicamerale e sul testo che viene sottoposto oggi alla nostra
approvazione è complessivamente positivo. Esprimeremo, quindi,
un voto favorevole" (Si ride - Applausi dei deputati dei
gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e
democratici-l'Ulivo, misto-socialisti democratici italiani e
di deputati del gruppo di alleanza nazionale)!
Ma non fa niente, signor Presidente, io non voglio
polemizzare. Ha ragione l'onorevole Buttiglione quando dice
che il nostro bipolarismo non va bene. Egli, d'altro canto, lo
ha percorso tutto, e quindi lo conosce meglio di ciascuno di
noi (Si ride - Applausi dei deputati dei gruppi dei
democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e
democratici-l'Ulivo, misto-socialisti democratici italiani e
di deputati dei gruppi di alleanza nazionale e
misto-CCD)!
Ma io voglio riferirmi invece, avendo concluso questo
intermezzo di carattere satirico, ad un testo politicamente
assai più rilevante, cioè al discorso dell'onorevole Silvio
Berlusconi, per la consistenza del discorso stesso, per la
chiarezza della posizione e per il suo alto significato
politico.
"I lineamenti di riforma della Costituzione e gli
orientamenti per una nuova legge elettorale che consegniamo
alle Camere per una impegnativa ed autonoma valutazione da
parte delle Assemblee sono l'espressione di un accordo
faticoso ma trasparente, difficile ma necessario per il paese.
Il tempo dimostrerà che un conto è l'eterno teatrino dei
pettegolezzi e delle battute, più o meno felici, un conto è lo
sforzo, impegnativo e serio, di trovare un
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giusto mezzo fra esigenze diverse, visioni diverse e diversi
interessi che sono in campo ogni qualvolta in una libera
democrazia si rimette mano alla Carta fondamentale che regge e
governa il regime politico".
Più oltre, parlando del tema cruciale dell'elezione del
Presidente della Repubblica, l'onorevole Berlusconi diceva che
occorrerà discutere e precisare i poteri del Presidente. Dirò
poi anche come li abbiamo precisati nell'esame degli
emendamenti, con le citazioni dovute. Ma sottolineava la
novità che introduciamo: "(...) è importante ed esprime una
netta discontinuità con un passato in cui il legame tra
elettori e Capo dello Stato era mediato da un sistema di
elezioni che affidava il gioco interamente nelle mani delle
forze politiche". Certo è molto diverso parlare di un impianto
costituzionale da respingere perché pericoloso per la
democrazia, rispetto ad una valutazione favorevole che,
certamente, sottolineava l'esigenza di discutere e precisare
taluni aspetti ma rimarcando la grande novità storica di
questa intesa.
Vorrei ricordare come si concluse l'intervento: "Non
succede tutti i giorni che la classe dirigente dia prova di
responsabilità" - quanto profetiche queste parole! - " e di
senso dello Stato, al di là della divisione politica che resta
ed è salutare tra maggioranza e opposizione. Questo è uno di
quei momenti in cui, malgrado la fatica degli ultimi mesi e
qualche amarezza, bisogna ammettere che è stato bello
esserci", onorevole Berlusconi. Anch'io, in questo momento di
amarezza, vorrei ricordare che, a differenza di quanto è stato
sostenuto qui circa il ruolo svolto dal presidente della
Commissione, l'onorevole Berlusconi votando questo testo, anzi
questo testo senza una serie di emendamenti rafforzativi dei
poteri presidenziali da noi approvati - dunque, un testo
ancora più debole - volle volentieri darmi atto di aver
mantenuto, su questa cruciale questione, un atteggiamento di
garanzia e di imparzialità assolutamente encomiabile...
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