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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


377745
STA0361-0522
Somm. e Sten. d'Aula n. 361 del 27 maggio 1998 (STA13-361)
(suddiviso in 540 Unità Documento)
Unità Documento n.522 (che inizia a pag.126 dello stampato)
(il TITOLO si trova nell'Unità Documento n.465)
SEGUITO DISCUSSIONE: C3931. ...(Ripresa esame articolato - articolo 70 - A.C. 3931) LAVASS
...SEGUITO DISCUSSIONE: C3931. ...(Ripresa esame articolato - articolo 70 - A.C. 3931)
MASSIMO D'ALEMA, Presidente della Commissione parlamentare per le riforme costituzionali.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE (ore 17,10)
ZZSTA ZZRES ZZSTA270598 ZZSTA980527 ZZSTA000598 ZZSTA000098 ZZSTA361 ZZ13 ZZDI ZZLL
    MASSIMO D'ALEMA,  Presidente della Commissione
  parlamentare per le riforme costituzionali.  ...e ritenere
  che un compromesso, che fu considerato alto e nobile per
  ragioni che non mi interessa neppure indagare, venga
  considerato in questo momento pericoloso e impercorribile.
     Vorrei altresì aggiungere che non è soltanto legittimo, ma
  anche doveroso lavorare per migliorare il testo.  Da questo
  punto di vista, si è sviluppato sin qui un libero confronto
  parlamentare nell'aula come nella Commissione; anche in questo
  caso vorrei precisare solo per memoria che non è vero che
  abbiamo respinto il federalismo fiscale: abbiamo deciso di
  affrontare la questione dopo l'esame della parte sul
  Parlamento, anche perché si è deciso di mutare questa parte
  accogliendo una delle proposte fondamentali, o che almeno lo
  era quando è stata presentata
 
                              Pag. 127
 
  (ma quelle accolte non sono più considerate fondamentali?).
  Si è deciso cioè di inserire nell'impianto costituzionale un
  Senato federale, che dovrà rappresentare un punto di garanzia
  del federalismo e legare alle funzioni di questa Assemblea il
  fondamentale articolo sul federalismo fiscale.  Non è vero che
  la maggioranza sia stata arroccata e sorda ad ogni esigenza di
  tipo garantistico in materia di giustizia: davvero non voglio
  citare l'enorme letteratura esistente a favore o contro le
  nuove norme che intendiamo proporre.  In particolare, sul
  cruciale articolo 120, quale maggioranza?  La maggioranza è
  stata quella contraria al mio punto di vista, quando si è
  introdotta in Costituzione la modificazione della composizione
  del CSM a favore dei membri di nomina politica e, nello stesso
  tempo, la previsione delle due sezioni del Consiglio
  superiore.  Votai contro quella norma: quale chiusura della
  maggioranza?  La maggioranza comunque era un'altra, perché in
  Commissione si sono via via formate maggioranze costituenti,
  mai ha operato un vincolo di maggioranza di Governo!  Sono
  fatti noti e - ha detto bene l'onorevole Fini - avremo modo e
  tempo di farli presenti alla pubblica opinione.
     Ora siamo ad una stretta.  E' evidente a tutti quanti
  vivono la vita politica e parlamentare che il modo in cui
  l'onorevole Berlusconi ha posto i problemi è precisamente
  volto ad una rottura, non ad un miglioramento del testo.  E'
  evidente a tutti che, quando un  leader politico di
  questo peso dice "o si fa così o niente", pone grandi forze
  politiche in una condizione nella quale diventa pressoché
  impossibile lavorare a nuove intese, che verrebbero
  inevitabilmente ad assumere il carattere di cedimenti, di
  sconfitte.  E' quindi abbastanza chiaro che l'intenzione con
  cui si è promosso questo dibattito è quella di introdurre un
  cuneo, un varco, una frattura che a mio avviso non può che
  essere foriera (come è apparso evidente: d'altro canto,
  l'onorevole Fini non ha fatto altro che ricordare i fatti) di
  una più grave lacerazione.
     E' chiaro che, se sul tema costituzionale delle regole
  viene meno il filo di un compromesso, vi sarà uno scontro
  disordinato, un conflitto di tipo referendario, la ricerca di
  maggioranze trasversali: la questione, cioè, sarà risolta
  attraverso il conflitto, non attraverso l'intesa.  Io non so
  chi potrà prevalere in questo conflitto; evidentemente
  ciascuno guarderà i propri interessi, ma è evidente che il
  conflitto - è apparso chiaro nel dibattito - ha una
  potenzialità disgregante non soltanto nel rapporto necessario
  tra i due poli nella definizione delle regole, ma anche nella
  configurazione stessa degli schieramenti politici che in
  questo momento impersonano quel fragile sistema di alternanza
  che si è venuto costruendo nel nostro paese: fragile, incerto,
  ma che tuttavia io considero comunque un grande passo avanti
  rispetto ad una democrazia bloccata che è naufragata nella
  palude di Tangentopoli.
     E' allora evidente che qui siamo di fronte ad una scelta
  la cui portata politica è enorme e va molto al di là - mi sia
  consentito dirlo - degli emendamenti che vengono colti come
  pretesto, la cui portata mi sembra infinitamente minore, tanto
  che quasi si avverte un certo pudore nel parlarne.  Comunque la
  si pensi, infatti, sul fatto che il potere di scioglimento
  attribuito al Presidente della Repubblica debba intervenire di
  fronte ad una crisi parlamentare oppure liberamente, dopo
  ventiquattro mesi dalle elezioni, sinceramente, che si affermi
  che da questo passi il discrimine tra una riforma vera ed una
  finta fa sorridere ed è rivelatore del fatto che siamo di
  fronte ad un pretesto per porre, legittimamente, una questione
  politica.  Sinceramente, infatti, è questione molto opinabile,
  talmente opinabile che ritengo per certo che vi siano
  parlamentari del centro-sinistra che considerano giusto
  consentire questo al Presidente della Repubblica.
  Personalmente, io penso che sia pericolosa una mora di
  ventiquattro mesi: ve lo immaginate un Parlamento che non è in
  grado di esprimere un Governo ed un Presidente che non può
  scioglierlo?
 
                              Pag. 128
 
     Credo, tutto sommato, che sia difficile pensare ad un
  Presidente che scioglie il Parlamento non in presenza di una
  crisi politica e parlamentare, per quanto la Costituzione
  glielo consenta.  Credo, insomma, che siamo di fronte ad una
  materia estremamente opinabile: ma, sinceramente, che lì stia
  la soglia tra il bene ed il male, tra il bianco ed il nero,
  tra la vera e la finta riforma, è cosa che si potrà sostenere,
  forse, in un comizio elettorale, ma difficilmente alla luce di
  un esame oggettivo della materia che stiamo esaminando.
     In me prevale la preoccupazione che un Presidente che ha
  un potere di scioglimento non vincolato possa farlo valere non
  per sciogliere il Parlamento, ma per esercitare un potere di
  Governo in modo occulto, un condizionamento sul Governo.
     Credo che, se la preoccupazione vera è quella di evitare i
  conflitti istituzionali, noi rischiamo di innescarne uno
  latente e permanente, cioè che un Presidente della Repubblica
  possa dire ad un Governo che funziona: bada che, se tu non
  prendi questo provvedimento, vi sciolgo.  Credo che questo non
  sia sano in un sistema istituzionale che abbiamo disegnato,
  ritengo, in modo efficace ed innovativo.
     Non voglio riprendere le argomentazioni del relatore, che
  ha ampiamente dimostrato come modelli di semipresidenzialismo
  temperato costituiscano oggi una parte fondamentale delle
  nuove elaborazioni costituzionali.  Credo che il Presidente
  eletto dai cittadini abbia una grande funzione ed un grande
  potere: non soltanto la funzione di rinsaldare il rapporto tra
  le istituzioni ed il paese, ma anche il potere fondamentale
  che gli viene attribuito di vigilare sul fatto che la volontà
  popolare non sia tradita, di nominare il Capo del Governo
  sulla base dei risultati elettorali e non sulla base delle
  alchimie parlamentari, di essere quindi vigile guardiano di un
  nuovo sistema politico.  E' una funzione alta ed importante.
     Oltre a ciò, stavamo e stiamo discutendo; come abbiamo
  discusso esaminando gli emendamenti.  Quando ci si chiese se
  fosse possibile che il Capo dello Stato, di fronte ad un
  Governo che per timore di attivare il potere di scioglimento
  non facesse funzionare la sua maggioranza, non potesse
  chiedere al Presidente del Consiglio di recarsi di fronte alle
  Camere, lo si mise, con uno degli emendamenti introdotti a
  novembre.  Lo stesso avvenne quando, ancora prima, si disse:
  bisogna consentire ad un Presidente della Repubblica, nel
  momento in cui viene eletto, qualora quella votazione metta in
  evidenza una clamorosa difformità tra orientamenti popolari e
  composizione del Parlamento, di sciogliere il Parlamento.  E
  voi sapete quanto questa scelta fu delicata e difficile,
  perché comportò, e tuttora comporta, uno strappo, un diverso
  modo di vedere tra i democratici di sinistra ed il partito
  popolare, che ancora si oppone a tale previsione, la quale
  tuttavia ha trovato posto nel testo costituzionale che è al
  nostro esame.
     Questi sono i fatti, ed è persino umiliante doverli
  ricordare, perché dovrebbero essere a tutti noti.  Non sono
  contrario ad una pausa di riflessione, ma certamente una cosa
  è la riflessione ed altra cosa è pensare che una parte larga,
  forse maggioritaria, non lo so (lo sapremo quando si voterà),
  del Parlamento possa piegarsi ad un  ultimatum.
     Vorrei però dire una cosa: questo progetto di riforma è
  arrivato in Parlamento per la volontà determinante
  dell'onorevole Berlusconi, perché egli ha lavorato attivamente
  per raggiungere questo compromesso, scartandone altri
  possibili, e perché il suo voto favorevole ha fatto sì che la
  proposta arrivasse qui; altrimenti non vi sarebbe mai
  arrivata.
     Comprendo con quanta amarezza l'onorevole Fini dica: io la
  penso così ma certo, di fronte alla posizione di forza Italia,
  nessuno può pensare che noi ci possiamo sottrarre ad una
  responsabilità bipolare.  E' una posizione politica che non
  condivido ma che rispetto; però vorrei essere chiaro da questo
  punto di vista: noi qui operiamo di fronte al popolo italiano,
  questa proposta di riforma è arrivata nel libero Parlamento
  attraverso un voto, ne uscirà in piedi, o abbattuta,
  attraverso un
 
                              Pag. 129
 
  voto  (Applausi dei deputati dei gruppi democratici di
  sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo, di
  rinnovamento italiano, misto-verdi-l'Ulivo e misto-socialisti
  democratici italiani),  perché la democrazia comporta una
  chiara assunzione di responsabilità e penso che tutti noi
  ragioniamo in modo molto aperto, disponibile e cerchiamo di
  capire le ragioni, di valutare ciascuno con la propria testa.
  Ma pensare che ci si ritiri di fronte ad un  ultimatum,
  questo no; diciamo pure che si tratta di qualcosa che non può
  essere chiesta a forze politiche che non hanno questa
  abitudine, questa vocazione.
       Una voce dai banchi dei deputati del gruppo di forza
  Italia:  Nessuno l'ha chiesto!
 
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