| MARIO BRUNETTI. Il crescente debito estero è il male
nascosto dell'umanità. Il debito non si vede, resta occultato
nei rapporti bilaterali fra ministri del tesoro; non suscita
interessi o passioni. Ma è la radice profonda di molti mali
del mondo: di carestie, di epidemie, guerre, disastri
ambientali. I costi del debito sono impressionanti. Creato nel
nome di un nuovo sviluppo produce una spirale di povertà e
distruzione che rende schiavi milioni di persone nei paesi
poveri del mondo. Debiti che arricchiscono i creditori e che
lasciano milioni di bambini malnutriti, mentre le loro
famiglie vivono in disperata povertà. Le politiche di
aggiustamento strutturale imposte dai paesi creditori e dagli
organismi internazionali, come il Fondo monetario e la Banca
mondiale, hanno aggravato la povertà; in molti casi hanno
innescato tensioni sociali, etniche e religiose, senza
risolvere i problemi finanziari.
Il debito non risparmia nessuno: si traduce in
devastazione delle risorse naturali, in migrazioni forzate, in
guerre e in epidemie. Tutti sono consapevoli dell'urgenza di
dare soluzione ad un dramma che sembra senza speranza. Ora
occorre avere il coraggio, alle soglie del terzo millennio, di
uscire dalla spirale del debito in modo definitivo. Una data
simbolica, l'anno 2000 appunto, è il riferimento delle
campagne che chiedono la cancellazione del debito dei paesi
più poveri e reclamano politiche coraggiose da parte dei paesi
creditori. Le parole del Papa, che ha dato voce alla
sterminata moltitudine di umanità costretta alla fame ed alla
miseria, per cancellare il debito iniziando dai 41 paesi più
poveri del pianeta, dovrebbero trovare in quest'aula non solo
un formale consenso. Dovrebbe essere uno dei principali
impegni del nostro paese nel consesso internazionale. Abbiamo
registrato, invece, il fallimento di Birmingham, dove il G8
non ha assunto alcuna iniziativa per cancellare il debito.
Abbiamo ascoltato con preoccupazione le parole impotenti
del Presidente Prodi con l'infelice - vorremmo essere cauti -
uscita sulla necessità di "stare attenti a cancellare il
debito ai paesi poveri, perché c'è il rischio che essi usino
queste risorse per comprare armi". Strana preoccupazione
questa del Presidente del Consiglio, visto che, purtroppo,
anche questo Governo, non ha disdegnato di stipulare contratti
di cessione di armi con paesi indebitatissimi come
l'Indonesia, nonostante fosse noto a tutti il carattere
antipopolare e guerrafondaio del regime dittatoriale di
Suharto. Del resto, è noto a tutti, che gran parte del debito
contratto dai paesi poveri è dovuto proprio al commercio delle
armi prodotte dalle industrie dei paesi più ricchi, Italia
compresa. Se il monito del Presidente Prodi ha un qualche
senso esso dovrebbe essere rivolto in primis ai paesi
produttori di questi strumenti di morte responsabili oltre che
di rapinare le già scarse risorse economiche dei paesi poveri
anche di diffondere guerre e regimi dittatoriali.
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La cancellazione del debito, invece, secondo la nostra
lettura del problema, può diventare il punto di influenza di
un secolo che ha visto mutamenti drammatici, l'inizio di un
nuovo millennio denso di sfide e il "grande Giubileo" dell'era
cristiana, che fonda le sue radici nella tradizione biblica
della remissione dei debiti.
Certo, da questo punto di vista, il ministro Ciampi, per
così dire, "marca male". Infatti, come è stato denunciato
dalle organizzazioni non governative (mentre le stesse
dichiarazioni recenti di Clinton tendono a cancellare il
debito ai paesi africani più poveri) il rappresentante
italiano, per conto del ministro del tesoro, nel Fondo
monetario internazionale, Enzo Grilli, si è opposto a che
venisse ridotto il debito estero di un paese come il
Mozambico. Una posizione, questa, portata avanti in quel club
di Parigi che riunisce i paesi creditori che stanno giocando
un ruolo molto negativo nei confronti di questo paese
africano, dove il reddito annuo pro capite è di 90
dollari e il cui debito estero è non pagabile. Perché il
titolare del tesoro - così chiuso nelle sue asettiche tabelle
economiche - non va a chiedere nelle strade di Maputo ai
mozambicani quanto debito possono pagare? Forse si
accorgerebbe che il recente regolamento approvato dal suo
ministero sui cosiddetti swap, ovvero la riconversione
dei crediti in investimenti, avrà effetti assolutamente
negativi per i paesi debitori. Il regolamento infatti snatura
le operazioni di riconversione "buona" (ambiente e sviluppo),
dal momento che la controparte possibile in questi casi è solo
il Governo (le organizzazioni internazionali e le
organizzazioni non governative non vengono neanche nominate)
ed in pratica prevede solo quelle di riconversione "cattiva",
che cioè si traducono in prezzi bassissimi di quote azionarie
di imprese pubbliche e private del paese debitore (ovviamente
le più redditizie) da parte di operatori privati. Il risultato
è che il paese debitore non potrà più rinegoziare il proprio
debito a livello globale con il paese creditore, ma dovrà far
fronte ai propri impegni nei confronti di una molteplicità di
soggetti privati, escludendo a priori qualsiasi
possibilità di soluzione politica.
Insomma, siamo alla privatizzazione del debito - una sorta
di usura nei confronti dei poveri affinché sia loro estorto il
più possibile. In più, i fondi delle operazioni di swap
confluiscono nel fondo di dotazione della SACE e del
Mediocredito, con buona pace delle esigenze di sviluppo dei
paesi debitori. Nel caso dei fondi di Mediocredito inoltre, si
tratta dei rientri dei crediti di aiuto concessi nel quadro
della cooperazione allo sviluppo: in pratica, fondi usciti
dalla cooperazione e che rientrano al tesoro per finanziare
politiche italiane. Insomma, l'aiuto allo sviluppo, serve
dunque a drenare risorse dai poveri del mondo per far entrare
l'Italia nei parametri di Maastricht. Votiamo pure, colleghi
deputati, la mozione oggi in discussione, ma essa deve
vincolare, almeno moralmente l'Italia a cambiare la sua
politica, egoistica nei confronti del problema del debito.
Occorre sviluppare, in buona sostanza, idee innovative come il
condono del debito in cambio della tutela della natura o di
azioni di sviluppo umano e sociale. La grandezza di un paese
la si misura anche e soprattutto dalla capacità di aiutare
quella parte così larga dell'umanità oggi sull'orlo di un
terribile olocausto. Alla moltitudine affamata è assurdo
continuare a puntare alla tempia la pistola del debito.
Occorre riporla quell'arma: occorre cancellare questa
vergogna.
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