| La Commissione prosegue l'esame del testo unificato delle
proposte di legge, sospeso, da ultimo, il 15 aprile 1998.
Rosa JERVOLINO RUSSO, Presidente e relatore,
intervenendo in replica, desidera innanzitutto ringraziare per
gli apprezzamenti che sono stati fatti nei confronti della sua
relazione introduttiva e per l'alto livello della discussione
che è stata di grande qualità e scevra da posizioni
pregiudiziali di carattere ideologico, da divisioni fra
maggioranza e opposizione e da logiche di partito. Tutti i
colleghi che sono intervenuti, della maggioranza e
dell'opposizione, hanno sottolineato l'assoluta necessità di
approvare il provvedimento in esame e la loro volontà di
contribuire a colmare l'attuale vuoto legislativo.
Alcuni colleghi - ad esempio il deputato Corsini - hanno
anche ricordato - cosa della quale si dichiara pienamente
convinta - che vi sono forze economiche che tentano fortemente
di impedire l'approvazione della legge in quanto l'attuale
stato di assoluto disordine del settore è funzionale agli
interessi economici che esse rappresentano. Vi è, quindi, un
punto in comune che unisce tutti i componenti della
Commissione: si tratta della assoluta necessità della rapida
approvazione del provvedimento in esame. Certamente non una
qualsiasi legge ma la migliore legge possibile. E su questo
punto intende svolgere una prima riflessione: certamente ogni
parlamentare (e fra questi anche il relatore) ha non solo il
diritto, ma il preciso dovere di esprimere con chiarezza il
proprio pensiero, le proprie idee, la propria posizione. Ma se
davvero si vuole raggiungere l'obiettivo dell'approvazione
della legge, occorre trovare un punto di equilibrio, una
sintesi alta fra le varie opinioni presenti in Parlamento. La
migliore legge possibile non è quella che ogni parlamentare
immagina dentro di sé, ma quella che ha i consensi sufficienti
per essere varata dal Parlamento, naturalmente purché sia in
armonia con le scelte di valore della Carta costituzionale e
degli Accordi internazionali ratificati dall'Italia.
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Occorre poi avere realisticamente presente la realtà.
Anche nella I Commissione si è discusso come se si dovesse
decidere se permettere o meno la fecondazione medicalmente
assistita per le coppie di fatto o la fecondazione eterologa.
La situazione è completamente diversa: nell'attuale situazione
di vuoto legislativo, fecondazione eterologa e fecondazione
medicalmente assistita per le coppie di fatto (ed interventi
che scuotono la coscienza anche in modo molto più profondo,
come nei vari casi di "utero in affitto"), si fanno già ora e
senza alcun limite. La legge cerca di regolare il fenomeno,
stabilendo una precisa casistica, una procedura vincolante
nonché un serio sistema sanzionatorio. Rispetto a quest'ultimo
si sente molto più vicina alla posizione della Commissione
affari sociali che a quella della Commissione giustizia. Forse
sarà poco "politico" dirlo perché è una affermazione che potrà
essere strumentalizzata da quanti vogliono una legge
maggiormente permissiva, ma il testo sul quale la I
Commissione deve esprimere il parere è fortemente restrittivo
rispetto alla realtà attuale ed inoltre si pone l'obiettivo di
impedire degenerazioni (ad esempio clonazioni, chimere) in un
campo la cui disciplina non può essere priva di valori e di
precisi punti di riferimento.
Questo vale soprattutto per i colleghi - è il suo caso e
quello dei popolari - che non sono favorevoli ad interventi
quali la fecondazione eterologa e la fecondazione per le
coppie di fatto. Vorrebbe, quindi, che fosse chiaro che non ci
si trova di fronte a fenomeni da introdurre nella realtà del
nostro Paese, ma a fenomeni da regolare e contenere alla luce
dei principi generali del rispetto della persona umana e della
tutela degli interessi del bambino.
Ciò premesso, desidera sottolineare con assoluta chiarezza
che non ha mai pensato alle leggi come semplici strumenti di
registrazione dei comportamenti correnti. Esse devono proporre
e realizzare valori: i valori laici della nostra Carta
costituzionale. Per il legislatore non è, però, possibile
ignorare la realtà e tanto meno pretendere che, fra le varie
letture possibili della Costituzione, assuma al rango di
verità assoluta la propria personale lettura. Sia la
Costituzione, sia le norme sulle quali la I Commissione è
chiamata ad esprimere il parere, devono essere lette in modo
sereno e, naturalmente, al di fuori di ogni
strumentalizzazione politica. L'argomento è troppo importante
e delicato per farne oggetto di protagonismi politici o di
polemiche strumentali.
Anche se non nominerà tutti i colleghi, assicura di aver
riflettuto con attenzione su ognuno dei loro interventi, sulle
proposte avanzate e sulle tesi sostenute.
Entrando nel merito delle singole osservazioni che sono
state fatte, l'argomento di un possibile contrasto con gli
articoli 29 e 30 della Costituzione, per quanto riguarda la
fecondazione eterologa e la fecondazione su coppie di fatto, è
stato ripreso da punti di vista diversi da vari colleghi.
A proposito di questo fondamentale argomento, non può che
ribadire quanto da lei diffusamente sostenuto nella sua
relazione introduttiva, soffermandosi ora in modo più
analitico sulle fonti dalle quali ha tratto il suo
convincimento.
Premessa la sua personale contrarietà e la contrarietà dei
popolari al merito di queste due scelte (fecondazione
eterologa e fecondazione per le coppie di fatto, contro le
quali i popolari hanno votato e voteranno) pur riconfermando
la preoccupazione per un possibile svuotamento dall'interno
del modello di famiglia costituzionalmente affermato dal primo
comma dell'articolo 29 della Costituzione, non ritiene che si
possa parlare di contrasto in senso proprio fra le norme sulle
quali la I Commissione è chiamata ad esprimere il parere e la
Carta costituzionale. Non si tratta di avere o non avere
coraggio, come pure qualche organo di stampa ha sostenuto. Al
riguardo, non ritiene corretto che la polemica stampa entri
nelle aule parlamentari. Come Presidente e relatore è tenuta a
rispondere ai colleghi e non ai giornali; pienamente
disponibile, come è doveroso e naturale, a dare in un'altra
sede tutte le spiegazioni richieste. E' chiaro, comunque, che
ciascun
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parlamentare è pienamente libero di esprimere il proprio
pensiero e che non corre alcun rischio.
Nei casi nei quali è convinta di trovarsi dinanzi ad una
legge di difficile armonizzazione con la Carta costituzionale
l'ha detto con grande chiarezza e franchezza,
indipendentemente dalla situazione e dalle alleanze politiche
nelle quali operava od opera il suo partito. E' successo anche
nei giorni scorsi a proposito della legge sull'aborto per la
quale ci sono, a suo parere, problemi di difficile
armonizzazione con gli articoli 29, 30, 32 della Costituzione.
Naturalmente a venti anni dall'approvazione della legge questo
discorso finisce con l'avere una valenza più culturale che
istituzionale. Richiama, però, questo esempio per dire che non
ha l'abitudine di nascondere il suo pensiero. E non è
assolutamente possibile sostenere che, se nutre dei dubbi
sulla compatibilità costituzionale della legge sull'aborto,
deve per forza avere gli stessi dubbi sul provvedimento in
esame. Non vi è alcun collegamento fra le due norme e
comunque, le leggi vanno esaminate una per una e, all'interno
di esse, va esaminata autonomamente ogni singola norma.
Ritornando al merito delle questioni delle quali oggi ci
si deve occupare, uno stretto collegamento fra diritti del
bambino-famiglia-matrimonio può essere anche "dedotto" dalla
Costituzione ma non è in essa previsto in modo chiaro e
tassativo e tale da dar luogo ad un giudizio di
incostituzionalità delle norme in esame.
Si dichiara d'accordo con il deputato Giovanardi quando
afferma che i genitori ai quali l'articolo 30 della
Costituzione attribuisce il diritto-dovere di mantenere,
educare ed istruire i figli, nel pensiero di alcuni
costituenti, siano i genitori di cui al primo comma
dell'articolo 29 della Costituzione (cioè la coppia unita in
matrimonio) ma di questo collegamento stretto e diretto non vi
è traccia esplicita nel testo della Costituzione o nei lavori
preparatori.
Sottolinea di aver affermato con franchezza ed onestà fin
dalla sua relazione introduttiva che delle norme
costituzionali che riguardano il problema in esame sono
possibili più letture. Ribadisce che nessuno (men che meno il
relatore) ha il diritto di imporre la propria lettura o di
ritenerla vera in assoluto. Per interpretare gli articoli
della Costituzione occorre aver presenti una serie di fattori:
la giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di
cassazione, la dottrina, l'atteggiamento del legislatore
ordinario, quello del legislatore regionale.
Anche qui desidera essere chiara: non pensa affatto di
desumere i principi costituzionali dalla legislazione
ordinaria. Sa bene che è la legislazione ordinaria a doversi
adeguare ai principi costituzionali. Si limita soltanto ad
affermare che non può essere indifferente ai fini della
interpretazione della Costituzione il modo nel quale essa è
interpretata dalla Corte costituzionale e dal legislatore.
Per quanto riguarda la Corte costituzionale, anche se la
giurisprudenza non è costante, si fa strada una posizione che
naturalmente, in base al primo comma dell'articolo 29,
riconosce la rilevanza giuridica della "famiglia" come società
naturale fondata sul matrimonio.
Accanto a questo riconoscimento la Corte, basandosi
sull'articolo 2 della Costituzione, in alcune sentenze
riconosce anche la rilevanza della famiglia di fatto come
"formazione sociale ove si realizza la personalità" degli
esseri umani. Ragionando, poi, sul primo comma dell'articolo 3
della Costituzione la Corte prevede la necessità di una
equiparazione dei diritti delle due forme di convivenza.
Attraverso l'evoluzione dell'interpretazione
giurisprudenziale della tutela della famiglia di fatto e
allargata, soprattutto in campo civilistico-patrimoniale, il
convivente ha comunque acquisito, pur limitatamente al profilo
interpersonale, un suo spazio di tutela per più versi simile a
quello riservato al coniuge legittimo.
Un riconoscimento dello status derivante dalla
convivenza è invece rinvenibile in campo
processual-penalistico: l'articolo 199 del codice di procedura
penale, in tema di facoltà di astensione dei prossimi
congiunti, include, infatti, anche la persona
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che, "pur non essendo coniuge dell'imputato, come tale
conviva o abbia convissuto con esso", tra i soggetti esentati
dall'obbligo di deporre, pur limitatamente ai fatti
verificatisi o appresi dall'imputato durante la convivenza
coniugale.
Una ulteriore significativa disposizione è prevista
dall'articolo 681 dello stesso codice di procedura penale che,
innovando rispetto alla disciplina del codice previgente,
include il convivente tra i soggetti che possono sottoscrivere
la domanda di grazia, diretta al Presidente della
Repubblica.
Esistono, inoltre, disposizioni contenute in leggi
speciali che, pur inserite in una disciplina rivolta a
differenti oggetti (anagrafico, penitenziario, locativo,
assistenziale etc.) e, spesso, per finalità che esulano da una
diretta tutela della convivenza, presentano aspetti che
oggettivamente ne prevedono una specifica forma di
considerazione giuridica.
In particolare, segnala le seguenti disposizioni:
l'articolo 2- bis della legge 31 maggio 1965, n.
575, recante disposizioni contro la mafia, che prevede che le
indagini concernenti i soggetti passibili di applicazione di
misure di prevenzione possano essere esperite anche nei
confronti di coloro che nell'ultimo quinquennio hanno
convissuto con i soggetti medesimi;
gli articoli 14- quater e 30 della legge 26 luglio
1975, n. 354 sull'ordinamento penitenziario;
l'articolo 14- quater, in tema di restrizioni per i
detenuti sottoposti a regime di sorveglianza particolare,
inserisce il convivente tra i soggetti ai quali non può
negarsi la facoltà di intrattenere colloqui con il detenuto,
mentre, l'articolo 30 prevede che, nel caso di imminente
pericolo di vita di un familiare o di un convivente, il
detenuto possa richiedere un permesso di visita;
l'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 15 gennaio
1991, n. 8 (convertito nella legge 15 marzo 1991, n. 82), in
tema di misure di protezione per le persone che collaborano
con la giustizia, che prevede, tra l'altro, l'adozione delle
citate misure anche nei confronti dei conviventi dei
collaboranti.
In materia di locazione abitativa, segnala le seguenti
disposizioni:
l'articolo 22 della legge 8 agosto 1977, n. 513, che
include "i conviventi in forma continuativa a qualunque
titolo" tra coloro che appartengono al nucleo familiare
dell'assegnatario;
l'articolo 6, commi 1 e 3, della legge 27 luglio 1978,
n. 392, cosiddetta "legge sull'equo canone", che, a seguito
della sentenza n. 404/1988 della Corte costituzionale,
prevede, in caso di morte del conduttore, la successione del
convivente more uxorio nel contratto di locazione,
nonché, nel caso in cui il conduttore abbia cessato la
convivenza (per allontanamento volontario, quindi, e non per
morte), la successione a favore del già convivente quando vi
sia prole naturale;
gli articoli 3 e 4 del decreto-legge 15 dicembre 1979,
n. 629 (convertito in legge dall'articolo 1 della legge n.
25/1980) che includono "le persone abitualmente conviventi"
con il locatore tra i soggetti i cui redditi vanno calcolati
per la determinazione del reddito complessivo;
l'articolo 17, commi 2 e 3, della legge 17 febbraio
1992, n. 179 recante norme per l'edilizia residenziale
pubblica, che, nel settore delle cooperative edilizie a
proprietà indivisa, in mancanza del coniuge e dei figli
minorenni, attribuisce al convivente more uxorio il
diritto a sostituirsi al socio assegnatario defunto, a
condizione che la convivenza, documentata da apposita
certificazione anagrafica, alla data di decesso del socio,
risulti instaurata da almeno due anni.
Per quanto riguarda la normativa regionale, segnala le
seguenti leggi contenenti
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riconoscimenti a favore delle famiglie di fatto:
legge della regione Emilia Romagna 14 marzo 1984, n. 12,
recante "Norme per l'assegnazione, la gestione, la revoca e la
disciplina dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale
pubblica ai sensi dell'articolo 2, comma 2, della legge 5
agosto 1978, n. 457, in attuazione dei criteri generali
emanati dal CIPE con deliberazione del 19 novembre 1981";
legge della regione Lazio 26 giugno 1987, n. 33, recante
"Disciplina per l'assegnazione e la determinazione dei canoni
di locazione degli alloggi di edilizia residenziale
pubblica";
legge della regione Liguria 3 marzo 1994, n. 10, recante
"Norme per l'edilizia residenziale pubblica";
legge della regione Piemonte 28 marzo 1995, n. 46,
recante "Nuove norme per le assegnazioni e per la
determinazione dei canoni degli alloggi di edilizia
residenziale pubblica";
legge della regione Valle d'Aosta 4 settembre 1995, n.
39, recante "Normativa e criteri generali per l'assegnazione,
la determinazione dei canoni e la gestione degli alloggi di
edilizia residenziale pubblica";
legge della regione Veneto 2 aprile 1996, n. 10, recante
"Disciplina per l'assegnazione e la fissazione dei canoni
degli alloggi di edilizia residenziale pubblica";
legge della regione Abruzzo 25 ottobre 1996, n. 96,
recante "Norme per l'assegnazione e la gestione degli alloggi
di edilizia residenziale pubblica e per la determinazione dei
relativi canoni di locazione";
legge della regione Calabria 25 novembre 1996, n. 32,
recante "Disciplina per l'assegnazione e la determinazione dei
canoni di locazione degli alloggi di edilizia residenziale
pubblica";
legge della regione Sicilia 9 dicembre 1996, n. 43,
recante "Interventi di solidarietà in favore dei familiari
delle vittime di incidenti stradali causati da mezzi delle
forze dell'ordine in servizio di scorta";
legge della regione Toscana 20 dicembre 1996, n. 96,
recante "Disciplina per l'assegnazione, gestione e
determinazione del canone di locazione degli alloggi di
edilizia residenziale pubblica";
legge della regione Umbria 23 dicembre 1996, n. 33,
recante "Disciplina per l'assegnazione, la gestione e la
determinazione dei canoni di locazione degli alloggi di
edilizia residenziale pubblica";
legge della regione Basilicata 22 aprile 1997, n. 20,
recante "Norme per l'assegnazione, la gestione degli alloggi
di edilizia residenziale pubblica e per la determinazione dei
canoni di locazione";
legge regionale della Campania 2 luglio 1997, n. 18,
recante "Nuova disciplina per l'assegnazione degli alloggi di
Edilizia residenziale pubblica";
legge della regione Marche 22 luglio 1997, n. 44,
recante "Norme in materia di assegnazione, gestione degli
alloggi di edilizia residenziale pubblica e riordino del
Consiglio di amministrazione degli istituti autonomi per le
case popolari della regione".
Nel suo intervento in discussione generale il deputato
Corsini ha giustamente ricordato che nelle leggi statali e
regionali non vi è una equiparazione esplicita della famiglia
fondata sul matrimonio alla famiglia di fatto, ma una
regolamentazione delle conseguenze della convivenza more
uxorio.
Per quanto riguarda le norme dinanzi citate, questo è
certamente vero. Una eccezione può essere - purtroppo, dal suo
punto di vista - riscontrata nella legge recante "Iniziative a
favore della famiglia" approvata il 14 aprile scorso dal
Consiglio regionale della Valle d'Aosta. L'articolo 1, comma
2, di tale legge prevede, infatti, che: "la Regione, ai fini
dell'applicazione della presente legge, riconosce, inoltre,
come formazione sociale primaria e soggetto di fondamentale
interesse
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pubblico la famiglia comunque formata fondata su legami
socialmente assunti di convivenza anagrafica, di solidarietà,
di mutuo aiuto, di responsabilità nella cura delle persone che
la compongono e nell'educazione dei minori".
Il comma 1 di tale articolo si riferisce non soltanto
all'articolo 29 della Costituzione, ma agli articoli 2 e 3,
facendo sostanzialmente proprio il ragionamento della Corte
costituzionale al quale ha fatto prima riferimento.
Personalmente dichiara di non condividere la scelta fatta
dalla regione Valle d'Aosta sia nel merito, sia perché non
ritiene possibile che il legislatore regionale, con proprie
norme, definisca un istituto giuridico quale la famiglia in
modo difforme da quanto previsto dalla Costituzione. Questo
non toglie però che la norma esista e che il Commissario di
Governo l'abbia vistata. Comunque le norme sulle quali la I
Commissione è chiamata ad esprimere il parere hanno una
portata molto più limitata rispetto all'articolo 1 della
citata legge della Valle d'Aosta perché non intendono affatto
definire la famiglia di fatto ma, più specificamente,
riguardano il diritto dei conviventi ad accedere alla
fecondazione medicalmente assistita.
Alcuni deputati per invocare la illegittimità
costituzionale delle norme in esame, hanno fatto riferimento
al diritto del bambino a vivere in famiglia e precisamente
nella propria famiglia naturale composta dai genitori
biologici regolarmente uniti in matrimonio. Certamente questa
posizione è ricca di valori e costituisce un obiettivo
auspicabile, ma non esiste nella Costituzione una norma che
individui con precisione tale diritto. Al riguardo ricorda che
l'articolo 1 della legge n. 184 del 1983, relativo
all'adozione speciale, riconosce al bambino il diritto a
vivere nella propria famiglia. Sia la relatrice del
provvedimento, senatrice Giglia Tedesco, che il capogruppo
dell'MSI, senatore Filetti (vedi resoconto della seduta del
Senato del 30 luglio del 1982) sottolinearono la portata
innovativa di questa norma introdotta per la prima volta
nell'ordinamento giuridico. Se quindi, nel 1983, costituiva
una novità riconoscere per legge ordinaria il diritto del
bambino a vivere nella propria famiglia, questo diritto non
era evidentemente compreso nelle norme costituzionali. Anche
nella legge n. 184 si parla di "famiglia" e non di "famiglia
fondata sul matrimonio", né può essere a questo proposito
invocata la Convenzione ONU di New York del 1989 sui diritti
del bambino, che nel riferirsi alla famiglia, si appoggia su
definizioni di tipo sociologico estremamente ampie e
generiche. Inoltre dei 191 paesi che al febbraio di quest'anno
hanno ratificato la Convenzione, nessuno ha precisato che la
famiglia alla quale la Convenzione stessa fa riferimento debba
essere esclusivamente quella fondata sul matrimonio. Non si
può quindi confondere ciò che si desidera con la realtà
normativa.
Il deputato Garra ha fatto riferimento all'articolo 31
della Costituzione, il cui secondo comma indica, fra gli
obiettivi della Repubblica, la "protezione della maternità".
Ritiene corretta l'affermazione dello stesso deputato Garra,
secondo la quale non si tratta soltanto di tutelare il
benessere fisico della madre, ma anche di tutelare la vita
come evento precedente e coevo alla nascita. Di questa
affermazione ritiene che il testo in esame si faccia carico,
ad esempio con la fondamentale disposizione contenuta al primo
comma dell'articolo 16 che vieta qualsiasi sperimentazione su
embrioni umani. Tale norma naturalmente potrà essere ancora
migliorata nella sede propria nella quale si concluderà in
questo ramo del Parlamento (Assemblea, o Commissione affari
sociali in sede redigente come personalmente si augura) ma si
tratta di una norma di forte, chiara protezione dell'embrione
e quindi della vita e della maternità. Comunque la tutela
dell'embrione è punto centrale e qualificante di questa
legge.
Ampia attenzione è stata anche riservata all'articolo 32
della Costituzione. Ha ragione il deputato Giovanardi quando
ricorda che in base ad esso la legge non può in nessun caso
violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Di
tale
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obbligo il testo in esame si fa correttamente carico quando
prevede il divieto di donazione umana, la produzione di ibridi
e di chimere, la fecondazione di un gamete umano con un gamete
di specie diversa, la miscelazione di liquido seminale
proveniente da persone diverse. L'articolo 32 è stato poi
richiamato dalle colleghe Cossutta e Mancina per esprimere
dubbi sulla esclusione della donna sola dai soggetti che
possono ricorrere alle tecniche di fecondazione assistita.
Comunque, dichiara di non concordare con il rilievo in
base al quale il trattamento di fecondazione artificiale
sarebbe un trattamento terapeutico inerente alla tutela della
salute e come tale costituirebbe diritto fondamentale di ogni
essere umano. A tale proposito ricorda quanto detto nella sua
relazione introduttiva circa la natura sanitaria e non
terapeutico-curativa dell'intervento stesso. A tal proposito,
richiama di nuovo l'articolo 41 del nuovo codice di
deontologia medica italiano del 1995, il quale afferma che la
fecondazione assistita ha lo scopo di "ovviare" e non di
"curare" la sterilità.
Premesso quanto sopra, conferma la convinzione espressa
nella relazione introduttiva. Per quanto riguarda la
competenza della Commissione sussistono i motivi per esprimere
parere favorevole all'ulteriore corso del provvedimento.
Preannuncia quindi che lo schema di parere che sottoporrà
all'esame ed al voto della Commissione partirà dalla
constatazione dell'assoluta necessità della rapida
approvazione di una legge sulla fecondazione medicalmente
assistita. Aggiungerà poi i motivi che la inducono a dare un
giudizio positivo del lavoro svolto dalla Commissione affari
sociali, facendo riferimento a quanto già espresso nella sua
relazione introduttiva. Aggiungerà alla proposta di parere
favorevole quattro condizioni:
1) la necessità di rivedere la parte finale del comma 3
dell'articolo 4, laddove si prevede il ricorso a tecniche di
procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, anche
qualora sia accertata la sussistenza di gravi malattie
ereditarie o infettive trasmissibili; tale previsione infatti
può dar luogo a fenomeni di selezione genetica;
2) la necessità che all'articolo 5 sia meglio precisato
ciò che il legislatore intende per coppie "stabilmente legate
da convivenza", indicando validi sistemi di verifica della
situazione reale, al fine di evitare raggiri che portino a
superare il divieto di fecondazione medicalmente assistita di
singles;
3) la necessità che sia previsto lo status di
figlio legittimo anche per i nati a seguito dell'applicazione
delle tecniche di procreazione medicalmente assistita che
avvengono al di fuori delle procedure previste dal testo in
esame; non è infatti possibile far ricadere sui figli le
conseguenze dell'inosservanza della legge operate dai genitori
sui quali ultimi soltanto deve gravare una eventuale
sanzione;
4) la necessità di rafforzare la tutela dell'embrione
anche sulla base delle indicazioni che sono emerse nel corso
della discussione.
Si augura naturalmente che su tali posizioni possano
convergere il maggior numero possibile di colleghi.
Carlo GIOVANARDI (gruppo misto-CCD), nel ringraziare il
Presidente per l'ampia ed articolata illustrazione delle linee
guida della proposta di parere sul testo unificato in esame,
rileva tuttavia di non condividerla. Gli sembra, infatti, che
si violino i valori fondamentali presenti nella Carta
costituzionale. Si intende infatti scardinare in sede di
legislazione ordinaria quei principi che hanno permesso per
anni lo sviluppo della famiglia.
Rileva, altresì, che tali forme di procreazione sembrano
essere proprie del mondo animale piuttosto che del genere
umano. Non vorrebbe, poi, che l'accesso alle tecniche di
procreazione medicalmente assistita rendesse possibile ai
genitori di determinare a priori le caratteristiche
genetiche dei propri figli. Quanto
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alla fecondazione eterologa, non condivide il fatto che un
donatore possa fecondare più donne.
Non condivide, poi, l'opportunità di disciplinare per
legge fenomeni attuali e diffusi, seppure negativi. Il fatto
che in alcuni paesi vi sia la schiavitù, la tratta delle
bianche nonché il fenomeno della prostituzione non vuol dire
che occorra predisporre una normativa ad hoc. Esprime
contrarietà anche in ordine alla possibilità di procedere al
congelamento dei gameti. Ritiene, altresì, che il testo in
esame si ponga in contrasto con gli articoli 30, 31 e 32 della
Costituzione, creando una sorta di filiazione artificiale.
Sottolinea, quindi, che le norme in materia di procreazione
medicalmente assistita pongono problemi di ordine giuridico,
morale, eugenetico, nonché economico. Si tratta di questioni
che andrebbero analizzate attentamente, in quanto sembra
attentarsi alle forme di procreazione naturale, per accedere a
tecniche del tutto artificiali.
Ritiene, poi, che una donna che intenda essere fecondata
tramite le tecniche di procreazione medicalmente assistita
voglia conoscere quanto meno il colore della pelle del
donatore. Vi è, quindi, il rischio di creare donatori di serie
A e di serie B, dando vita ad una sorta di mercato della
procreazione. Sebbene la società moderna vada in tale
direzione, ciò non significa che la strada intrapresa sia
quella giusta. Pur apprezzando lo sforzo di approfondimento
del relatore, preannuncia l'orientamento contrario della sua
parte politica sul testo unificato in esame.
Antonio SODA (gruppo democratici di sinistra-l'Ulivo)
esprime piena adesione ai criteri che informeranno la proposta
di parere preannunciata dal Presidente, in ragione dell'etica
laica che li ispira. Nelle considerazioni del Presidente è
stata fermamente respinta una concezione della natura e del
diritto viziata, a suo parere, dall'astrattezza con la quale
si configurano i processi di riproduzione dell'umanità. Anche
qualora venisse accolta la tesi restrittiva secondo la quale
nella Costituzione esiste un favor familiae, è indubbio
che ogni singola norma costituzionale non può essere
interpretata se non nel quadro del sistema complessivo di
valori tutelati dalla Carta fondamentale. In questo senso,
l'articolo 29 della Costituzione deve essere letto in
combinato disposto con quanto enunciato all'articolo 2 della
Costituzione, che tutela i diritti della persona umana, sia
individualmente che come componente di una formazione sociale.
Richiama, al riguardo, il secolare dibattito giuridico sulle
teorie del diritto naturale come diritto delle genti e, a
partire dalla cultura classica e cristiana, come diritto delle
creature umane non riducibile al diritto che in un determinato
momento storico è comune ad una certa civiltà. Il diritto
naturale è sempre stato riferito, in altri termini, ad ogni
singola creatura concreta, in sé irripetibile, salvo il
rispetto del limite consistente nel riconoscimento di diritti
della persona effettivamente meritevoli di tutela a giudizio
della collettività. La Costituzione italiana, nell'accogliere
tali concezioni, ha posto al centro dell'ordinamento la
singola persona umana. Pertanto, laddove la Costituzione
riconosce la famiglia fondata sul matrimonio non intende, per
ciò solo, escludere il riconoscimento dell'esistenza di altri
rapporti umani e personali e di altre formazioni sociali in
cui si realizza l'aspirazione a vivere una vita compiuta,
posto che per formazione sociale ai sensi dell'articolo 2
della Costituzione deve intendersi anche la relazione
intercorrente tra due persone, indipendentemente dalla forma
giuridica da essa rivestita. Se, dunque, è questa la tavola
dei valori costituzionali, non può non affermarsi che
l'aspirazione alla procreazione rappresenta in sé un fatto
eticamente apprezzabile. D'altra parte, di fronte ad una
realtà naturale in evoluzione il legislatore non può restare
immobile. Non ritiene corretto, quindi, sostenere che il
legislatore, nell'intervenire con misure quali quelle previste
dal provvedimento in esame, negherebbe la natura intesa come
concetto assoluto ed immodificabile, poiché la natura non è un
dato aprioristico, bensì un processo evolutivo
Pag. 14
continuo, in seno al quale si registra un incessante
mutamento dei rapporti che la persona umana intrattiene con la
realtà esterna e degli stessi rapporti tra i sessi e tra le
diverse sessualità umane. Tutto ciò non significa, peraltro,
esaltare il piano delle scelte individuali. Il provvedimento
in esame contempera, infatti, l'aspirazione degli individui
alla procreazione con le esigenze di tutela dei nascituri.
Ribadisce, pertanto, il proprio apprezzamento per lo
sforzo compiuto dal Presidente, che deve essere interpretato
come un contributo essenziale sulla via di una acquisizione da
parte della società italiana di una maggiore consapevolezza
dei nuovi diritti della persona umana. Il provvedimento in
esame non afferma, peraltro, un indiscriminato diritto alla
procreazione artificiale: esso è soltanto volto ad affermare
il principio secondo cui la scienza non può essere sottoposta
a limiti che non siano funzionali alla tutela e alla
promozione della persona umana. La scienza come tale, infatti,
deve considerarsi a sua volta natura, in quanto prodotto del
continuo adattamento dell'uomo alla realtà circostante.
Carlo GIOVANARDI (gruppo misto-CCD), interrompendo, si
domanda quali siano i rimedi atti ad impedire che si arrivi ad
operare selezioni di stampo nazista, cui potrebbero dar luogo
la compravendita dei gameti e la selezione di questi per le
esigenze più diverse.
Antonio SODA (gruppo democratici di sinistra-l'Ulivo),
rispondendo al deputato Giovanardi, fa presente che la I
Commissione è chiamata ad esprimere un parere di legittimità
costituzionale sul complesso del provvedimento in esame, senza
entrare specificamente nel merito dei singoli profili.
Occorre, invece fornire una risposta alla domanda di fondo
riguardante la possibile lesione dei diritti della persona
umana che eventualmente derivasse dal ricorso a forme di
assistenza tecnico-scientifica nella materia in esame. Sul
punto, ritiene che tale lesione non sussista e ribadisce di
condividere tanto l'analisi condotta dal Presidente, quanto le
conclusioni da ella raggiunte, in ordine alle quali si riserva
soltanto di formulare alcuni rilievi nel momento in cui
saranno formalizzate nella proposta di parere preannunciata
dal Presidente.
Raffaele CANANZI (gruppo popolari e
democratici-l'Ulivo), dopo aver ascoltato con attenzione le
considerazioni svolte dal Presidente e dai membri della
Commissione, ritiene opportuno svolgere talune ulteriori
osservazioni.
Rileva che nella attuale fase si sta assistendo ad un
fenomeno drammatico costituito dalla "degenerazione" più che
dalla "generazione" umana. E' pur vero che la grandezza
dell'uomo è data dal fatto che possiede forza e volontà,
tuttavia non vi è dubbio che i progressi della scienza e della
tecnica debbano essere posti al servizio dell'uomo per evitare
che vengano usati in modo distorto, dando vita ad un processo
involutivo della natura umana. Sottolinea quindi che il quadro
ambientale e materiale nel quale l'uomo vive è determinato in
parte dal legislatore che, soprattutto in questa materia, è
chiamato ad evitare un'involuzione.
La materia in esame pone problemi di grande rilievo etico:
non si può approvare una "qualunque" legge, in quanto la legge
non ha soltanto una finalità regolativa di determinati
fenomeni, quanto piuttosto un valore educativo. Ritiene
infatti che il contesto storico-sociale della materia in esame
sia di grande complessità. Occorre, quindi, giungere alla
elaborazione di un testo che, pur non essendo la "miglior
legge" possibile, tenga conto dei valori umani
costituzionalmente protetti e garantiti.
Occorre grande senso di responsabilità e la necessaria
cautela nel predisporre una disciplina legislativa della
procreazione medicalmente assistita. E' necessario infatti
tutelare sia i genitori, sia il nascituro. Il profilo
dell'aspettativa alla vita deve essere considerato, a suo
giudizio, non tanto come un sentimento egoistico, quanto
piuttosto come un atto d'amore. Dovrebbe parlarsi
preferibilmente di diritto
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ed amore alla vita. Si tratta quindi di salvaguardare
"l'umanizzazione" della generazione.
Occorre valutare attentamente i principi costituzionali in
materia, nonché le questioni interpretative delle norme
fondamentali, anche attraverso l'ausilio della giurisprudenza
della Corte costituzionale. Pur condividendo che i costituenti
hanno inteso tutelare la persona umana nella sua interezza,
come affermato dal deputato Soda, ricorda che l'articolo 2
della Costituzione fa espresso riferimento ai diritti
inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni
sociali ove si svolge la sua personalità.
Si sofferma sul rapporto intercorrente tra l'articolo 2 e
l'articolo 29 della Costituzione, considerato come un rapporto
di genus a species. Ritiene infatti che se il
costituente non avesse inteso tutelare la famiglia come
società naturale fondata sul matrimonio (articolo 29, comma
1), sarebbe stato sufficiente il riferimento alle formazioni
sociali contenuto nell'articolo 2. Si tratta di una
interpretazione che a suo giudizio serve a comprendere meglio
la collocazione dell'articolo 29 nell'ambito della Carta
costituzionale. Non ritiene opportuno dilungarsi ulteriormente
su altre questioni che saranno valutate nel corso dell'esame
in Assemblea. Evidenzia tuttavia come sia già stato rilevato
il contrasto con gli articoli 2, 3, 29, 30 e 31 della
Costituzione. Quanto alla possibilità per le coppie di fatto
di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente
assistita, ritiene che tale previsione sia costituzionalmente
illegittima. La specialità della materia in esame impone,
infatti, uno stretto collegamento interpretativo fra gli
articoli 30 e 31 della Costituzione. Pur nella consapevolezza
che la Commissione esprimerà comunque un parere favorevole sul
testo in esame, ritiene che esso ponga non tanto meri dubbi di
legittimità costituzionale, quanto piuttosto un vero e proprio
contrasto con il dettato della Carta fondamentale.
Non si sentirebbe poi vincolato nè dalla legge ordinaria
statale, in corso di approvazione, nè tanto meno dalle leggi
regionali già vigenti in materia che possono essere sempre
sottoposte al giudizio di legittimità costituzionale. Non
crede quindi che le leggi regionali possano considerarsi
validi precedenti interpretativi in tale settore. Nel
ringraziare il relatore per aver fatto proprie talune delle
sue considerazioni in materia di statuto degli embrioni,
osserva altresì che occorre evitare di prevedere nella
disciplina in esame casi di interruzione della gravidanza
ulteriori e diversi rispetto a quelli già disciplinati dalla
legge n. 194 del 1978. Auspica, in conclusione, di poter
disporre quanto prima della proposta di parere del relatore
per poter attentamente riflettere su di essa.
Riccardo MIGLIORI (gruppo alleanza nazionale) ricorda
che il suo gruppo nutre sul provvedimento in esame una serie
di perplessità che inducono a considerare necessaria
un'approfondita discussione in Assemblea. Fa notare, poi, che
di recente il Ministero della sanità ha sollevato l'allarme
sull'attuale situazione dei centri privati di raccolta del
seme, situazione che si situa al di là del confine della
legalità, essendosi registrati episodi di raccolta di sperma
infetto. Ciò conferma ancora di più l'esigenza di approvare
una nuova disciplina legislativa della materia.
Dopo aver rilevato l'esistenza di profili di
incostituzionalità nelle disposizioni relative all'accesso
alle tecniche riproduttive in questione da parte delle
famiglie di fatto, nonché alla fecondazione eterologa e alla
tutela dell'embrione, sul merito delle quali anche il
Presidente ha espresso forti riserve, sottolinea come il
riferimento alle coppie di fatto senza ulteriori
specificazioni apra sostanzialmente il varco alla fecondazione
assistita per i single, al di fuori di qualunque
habitat familiare che, invece, dovrebbe essere garantito
al bambino. Condivide, poi, i timori del Presidente relativi
al rischio che l'ammissione della fecondazione eterologa
consenta l'affermazione di concezioni eugenetiche e fa
presente che un'effettiva
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tutela dell'embrione dovrebbe essere coessenziale alle misure
previste nel provvedimento in esame.
Soffermandosi, infine, sui profili procedurali per
l'espressione del parere di competenza alla Commissione affari
sociali, fa presente che il suo gruppo non ha particolari
preferenze in ordine alla via procedurale da seguire,
potendosi procedere tanto alla presentazione di proposte di
modifica alla proposta di parere del relatore, quanto alla
presentazione di vere e proprie proposte alternative di
parere.
Rosa JERVOLINO RUSSO, Presidente e relatore,
ritiene che, al fine di mantenere il clima di estrema lealtà
che ha caratterizzato finora il dibattito in Commissione,
sarebbe opportuno consentire a tutte le posizioni politiche di
esprimersi tramite la presentazione di proposte di parere,
ferma restando la sua disponibilità a riformulare la propria
proposta di parere in accoglimento di suggerimenti che non ne
stravolgano il senso. In tal modo, si voterebbe prima la
proposta di parere del relatore e, in caso di reiezione di
questa, verrebbero poste in votazione le proposte alternative
di parere. Del resto, la procedura suindicata appare più
funzionale all'esigenza di concludere in tempo utile l'esame
in sede consultiva del provvedimento al fine di non provocare
il rischio di ritardi nell'inizio della discussione in
Assemblea del provvedimento medesimo, inserito nel programma
dei lavori per il mese di giugno.
Non essendovi obiezioni, propone, pertanto, di fissare a
lunedì, 1^ giugno 1998, alle ore 20, il termine per la
presentazione delle proposte di parere, in modo da consentire
alla Commissione di esaminarle e votarle nella seduta di
martedì 2 giugno 1998.
La Commissione concorda.
Rosa JERVOLINO RUSSO, Presidente, rinvia, infine,
il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 11,05.
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