| Il Presidente Massimo SCALIA ricorda che nelle sedute del
31 marzo e del 22 aprile scorsi è iniziato l'esame del
documento in titolo; nell'odierna seduta si procederà
all'esame ed alla votazione delle proposte emendative
presentate, nonchè all'approvazione del documento nel suo
complesso. Successivamente, il gruppo di lavoro coordinato dal
Vicepresidente Gerardini si occuperà di altre tematiche
connesse.
Fa presente che il 5 giugno prossimo, nei locali di via
del Seminario, si svolgerà la presentazione del rapporto sulla
gestione dei rifiuti solidi urbani in Italia, realizzato con
l'Osservatorio nazionale sui rifiuti ed in collaborazione con
l'ANPA.
Ricorda che il documento in esame è del seguente
tenore:
REALIZZARE UN SISTEMA INDUSTRIALE NELLA GESTIONE DEI RIFIUTI
PER UNA NUOVA POLITICA AMBIENTALE
INDICE
1. Premessa.
2. La nuova normativa.
3. Il concetto di rifiuto.
4. La centralità della minimizzazione dei rifiuti.
5. Il sistema di gestione dei rifiuti.
5.1 Effetti economici ed occupazionali del riciclaggio.
5.2 Primi risultati e prospettive.
5.3 Il problema del recupero energetico.
6. Nuovi strumenti per una più efficace politica dei
rifiuti.
6.1 Gli strumenti volontari.
Pag. 247
6.2 La fiscalità ambientale e gli incentivi economici.
7. Proposte operative.
1. Premessa.
La normativa sui rifiuti, anzichè essere vista come
occasione di sviluppo dal mondo industriale, è solo subìta e
costituisce un vincolo a causa di molti fattori che qui si
elencano e che, per converso, facilitano lo sviluppo delle
organizzazioni malavitose del settore.
Sinora non vi è stata programmazione del sistema di
gestione dei rifiuti, ma tutto si è basato sull'emergenza: le
normative si sono sovrapposte e non sono state coordinate; non
si sono posti obiettivi realistici ma del tutto inadeguati
alla realtà esistente anche con riferimento alle strutture di
controllo ed ai laboratori di analisi.
Il sistema di controllo è tutto basato su autorizzazioni
preventive e non su controlli successivi a campione, e le
autorizzazioni hanno tempi abnormi per il rilascio (e non sono
fissati termini massimi per l'esaurimento della procedura).
Non sono previste forme di autocertificazione.
Non si hanno poi parametri attendibili circa le dimensioni
del fenomeno e questo forse è l'aspetto più grave (ad esempio
il fallimento del vecchio catasto rifiuti). Questo inficia
qualsiasi tentativo di programmazione e di determinazione di
ecoincentivi, nonchè ogni seria diagnosi quali-quantitativa ai
fini di una mappatura impiantistica.
Una nuova e più corretta strategia in materia di rifiuti
rappresenta uno dei punti cruciali di una seria ed efficace
politica dell'ambiente.
Essa deve essere basata sulla salvaguardia e sull'adeguata
utilizzazione di materie prime, risorse naturali ed
ambientali, per mirare a raggiungere quella che si può
definire una "società a ciclo ecologico".
Per raggiungere la società a ciclo ecologico è necessario
basarsi su due pilastri fondamentali: la riduzione a monte
della produzione dei rifiuti ed un intervento a valle di
massimo recupero dei rifiuti di materie prime (riutilizzo e
riciclaggio dei diversi materiali e prodotti) e di energia.
La Commissione UE con la comunicazione del 30 luglio 1996
(COM 96/399) ha riesaminato la strategia comunitaria di
gestione dei rifiuti, il cui pilastro "forte" è la maggiore
desiderabilità di forme di recupero dei materiali rispetto al
recupero di energia. In questo modo è stato eliminato il
rischio che, considerando il recupero energetico una forma di
valorizzazione equivalente al riciclaggio, si penalizzasse
l'aspetto preventivo rispetto all'aspetto
end-of-pipe.
Inoltre il riciclaggio, essendo maggiormente
labour-intensive rispetto all'incenerimento, ha una
maggiore efficacia dal punto di vista occupazionale.
La comunicazione tiene anche a ribadire che la "gerarchia"
delle diverse attività connesse con il ciclo dei rifiuti deve
essere applicata tenendo conto del principio della "migliore
opzione per l'ambiente" e dei costi economici e sociali.
Attuando queste linee fondamentali che sono contenute nel
decreto legislativo n.22/97, si avrà come conseguenza la
riduzione dell'apporto dei rifiuti in discarica e si
colpiranno alla base le attività illecite, connesse
prevalentemente con la realizzazione e la gestione delle
discariche.
Tutto ciò richiede un cambiamento profondo di tutti i
soggetti pubblici e privati: dal legislatore alle autorità
preposte al controllo delle leggi, a tutto il sistema
nazionale di produzione e consumo.
L'Unione europea, già all'inizio degli anni novanta,
nell'ambito del V programma di azione comunitario in materia
ambientale e per uno sviluppo sostenibile, ha ritenuto
opportuno introdurre i princìpi di una nuova politica
ambientale basata essenzialmente sull'azione di prevenzione e
sul comportamento volontario responsabile di tutti gli
operatori e dei cittadini.
Infatti, la legislazione basata unicamente sulla
regolamentazione dei singoli
Pag. 248
aspetti della protezione dell'ambiente (emissione
nell'atmosfera di sostanze inquinanti, scarichi idrici,
rifiuti, eccetera), attraverso l'emanazione di una normativa
sempre più fitta e complicata, non ha dato risultati
soddisfacenti.
Da una parte, le imprese dimostrano incapacità di
soddisfare requisiti sempre più numerosi e complessi,
dall'altra, le autorità preposte al controllo effettuano il
loro lavoro in maniera episodica ed incompleta.
L'impresa privata, anche a causa di condizionamenti
(collusione tra affari e politica, ecomafie, eccetera), non ha
certamente scommesso sull'innovazione ambientale dei prodotti
e sul business dell'impiantistica ambientale di qualità
(i finanziamenti disponibili per la gestione dei rifiuti
industriali sono stati sottoutilizzati), rallentando di fatto
la modernizzazione del Paese.
2. La nuova normativa.
Il decreto legislativo n.22 del 1997 ha introdotto una
nuova disciplina generale nella gestione dei rifiuti, che era
in precedenza caratterizzata da un coacervo di norme
stratificatesi in modo disorganico e contraddittorio sul
nucleo normativo fondamentale costituito dal decreto del
Presidente della Repubblica n.915 del 1982.
La regolamentazione prevista dal decreto legislativo n.22
del 1997 ha fornito lo spunto per una serie di analisi sulle
potenzialità del nostro sistema di gestione dei rifiuti.
Forse mai come oggi si è realizzata tanta unanimità sulle
prospettive:
sviluppo della raccolta differenziata e recupero dei
materiali da essa provenienti da parte delle filiere
industriali dell'imballaggio;
sviluppo delle raccolte selettive del verde e dei
mercati per la trasformazione in compost di alta qualità;
trattamento generalizzato a tutta la restante frazione
di RSU per l'ottenimento di CDR (combustibile derivante dai
rifiuti) e di compost;
recupero energetico del CDR e delle altre frazioni di
rifiuti combustibili;
smaltimento in discarica delle sole frazioni residuali
dei trattamenti precedenti, oltre agli inerti e a quei rifiuti
che saranno individuati con apposito decreto.
In questo quadro, va posta particolare attenzione alla
produzione ed utilizzazione del CDR: si deve cercare di
evitare l'avvio di processi speculativi derivanti dal
comportamento consistente nel produrre enormi quantità di CDR
in assenza di una rete adeguata di impianti dedicati di
combustione. Infatti, ciò comporterà senz'altro l'avvio del
CDR nelle discariche, come purtroppo si è già verificato nel
caso dell'RDF, anch'esso combustibile derivato dai rifiuti.
Tutta la trasformazione del settore dovrebbe essere
orientata con una precisa "bussola", che è quella del mercato
e della concorrenza. Eccezioni a queste indicazioni dovrebbero
essere fatte solo per quelle zone ad emergenza rifiuti dove le
esigenze di lotta alla malavita rendono necessari poteri di
intervento e pianificazione del settore pubblico
particolarmente cogenti.
Il decreto legislativo n.22 del 1997 avrà senz'altro
alcuni difetti, sono tanti i decreti attuativi per dare tutte
le gambe alla normativa (ma si realizza una corposa
delegificazione), alcuni aspetti sono troppo marginali come la
parte relativa alla prevenzione della produzione dei rifiuti,
ma possiede una grande qualità: quella di offrire un quadro di
norme che consentono d'innovare il sistema di gestione dei
rifiuti e promuovere la crescita di nuove capacità
imprenditoriali ed occupazionali verso un sistema industriale
ed una moderna gestione dei servizi.
E' chiaro che molto dipenderà da come sapranno muoversi,
da come risponderanno, i vari soggetti, i vari attori in
campo, che hanno il compito di giocare al meglio le loro
carte.
E' una svolta moralizzatrice del settore dei rifiuti,
perchè intende affermare un concetto di fondo: più legalità
uguale più modernità e più tutela per l'ambiente.
Pag. 249
Tutti concordano che, in questo primo anno di applicazione
della normativa del decreto legislativo n.22 del 1997, due
fattori hanno condizionato l'attuazione della nuova legge: la
complessità e la corposità della normativa, nonchè
l'arretratezza del sistema Italia in questo settore.
Per il primo aspetto, va sottolineato che la necessità di
prevedere decreti attuativi era inevitabile, per il carattere
interdisciplinare, per l'elevato contenuto tecnico della
normativa di settore, che impone un intervento di
completamento della legge da parte dell'autorità
amministrativa competente, e per un impegnativo lavoro di
concertazione (Ministeri competenti, Conferenza Stato-Regioni,
eccetera), per adeguare strumenti operativi già esistenti o da
costituire ex novo (Albo gestori, Osservatorio, CONAI,
catasto, eccetera). A parte ciò si rende necessario un impegno
del Governo a limitare il numero dei decreti, accorpando, ove
possibile, le norme attuative.
Per il secondo aspetto, c'è da rilevare che la portata
innovativa di alcune disposizioni si è scontrata con un
sistema industriale che, a causa della scarsa programmazione e
del prevalere dei fattori emergenziali in materia ambientale,
è risultato ancora impreparato a dare risposte efficaci in
tempi brevi. Infatti, l'industria dei RSU nella sua attuale
struttura non è in grado di garantire una performance
ottimale. Molti degli impianti costruiti si sono rivelati
inadeguati (si pensi alle migliaia di tonnellate di compost e
RDF accantonate in discariche più o meno provvisorie). Il
livello di recupero di materiali ed energia è assai modesto se
comparato con gli standards europei e gli obiettivi
imposti dalle direttive.
3. Il concetto di rifiuto.
Un primo ostacolo da superare per poter attuare la nuova
normativa sui rifiuti consiste nell'interpretazione del
concetto di rifiuto.
La direttiva 91/156/CEE intende per rifiuto "qualsiasi
sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate
nell'allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso
o abbia l'obbligo di disfarsi".
La nuova definizione risulta essere frutto della
combinazione di un criterio oggettivo "qualsiasi sostanza od
oggetto che rientri nelle categorie riportate nell'allegato A"
con un criterio soggettivo "di cui il detentore si disfi o
abbia l'obbligo di disfarsi". Il legislatore ha quindi inteso
rafforzare il ruolo del criterio oggettivo, così come
stabilito dalla direttiva 91/156, che ha modificato la
definizione di cui all'articolo 1 della direttiva 75/442:
"qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o
abbia l'obbligo di disfarsi secondo le disposizioni
vigenti".
Nella nuova ottica il riconoscimento della qualità di
rifiuto deriva da una duplice valutazione: l'appartenenza del
"residuo" all'allegato A e la volontà del produttore-detentore
di disfarsene.
L'allegato A ripropone sostanzialmente l'allegato 1B della
direttiva 91/156, con l'indicazione di quindici categorie di
rifiuti e di un'ultima categoria "conclusiva" in base alla
quale è rifiuto qualsiasi sostanza, materia o prodotto che non
rientri nelle categorie sopra elencate. Il valore
classificatorio di tale formula è evidentemente scarso, in
quanto di fatto tutto può essere rifiuto. In questo modo
finisce per risultare prevalente la rilevanza del criterio
soggettivo, poichè, a fronte dello scarso rilievo della
condizione oggettiva, occorre accertare la destinazione che il
soggetto ha deciso di dare o ha dato a tale sostanza. Sotto
questo secondo profilo diviene fondamentale una piena
comprensione del termine "disfarsi", per stabilire con quali
operazioni o con l'avvio di quale iter il soggetto rende
nota la propria volontà di disfarsi di una certa cosa o di una
certa sostanza. La distinzione fra prodotti e rifiuti rimane
quindi molto problematica.
In merito al significato del termine "disfarsi", va
ricordato che il gruppo di lavoro creato ad hoc,
nell'ambito del comitato previsto dall'articolo 18 della
direttiva 91/156, non ha mai trovato una soluzione,
riunendosi, peraltro, un numero
Pag. 250
limitato di volte. L'Italia, in quel contesto, pur avendo
presentato una sua proposta, non ha mai ottenuto la
possibilità di discussione. D'altra parte, la stessa DGXI, nel
suo rapporto del 27 febbraio 1997, ha dovuto riconoscere che
non vi è un solo Stato in regola con la direttiva 91/156 e con
le interpretazioni fornite dalla DGXI stessa.
Ciò è emerso anche nel corso delle due questioni
pregiudiziali discusse dinanzi alla Corte di giustizia europea
e che hanno portato alle sentenze del 25 giugno 1997 e 18
dicembre 1997.
Le memorie difensive dei vari Stati e le conclusioni del
procuratore generale hanno mostrato tutta la loro diversità di
opinioni da quelle della DGXI.
In un recente rapporto redatto per il Parlamento europeo
nel novembre 1997 dall'IPTS di Siviglia (che è lo stesso
organismo incaricato di redigere le BAT in attuazione della
direttiva 96/91 in materia di IPPC) viene chiaramente
affermato che la principale causa del negativo impatto della
normativa sui rifiuti sul sistema è la diversa interpretazione
della nozione di rifiuto che danno i vari Stati membri, in
assenza di indicazioni unitarie e vincolanti da parte della
DGXI.
Infatti, la stessa Commissione Unione europea registra
(Bruxelles 27 febbraio 1997, COM (97) 23 def) "... una
notevole divergenza terminologica fra gli Stati membri...".
Per offrire un contributo, la definizione di rifiuto
potrebbe essere nei fatti interpretata con un tentativo di
"oggettivizzazione" dei criteri soggettivi nel modo seguente:
qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie
riportate nell'allegato A e che il detentore abbia avviato ad
una delle operazioni individuali ai sensi degli allegati B e
C, come smaltimento e recupero (ricomprendendo naturalmente
anche tutte le ipotesi di abbandono illecito dei rifiuti).
In conclusione, l'importanza di una chiara ed univoca
nozione di rifiuto, oltre che essere un presupposto
indispensabile per un'efficace protezione ambientale, è
condizione essenziale per un corretto funzionamento
dell'economia, in particolare del regime di regolamentazione
degli scambi commerciali nel mercato interno. La comunicazione
96/399 evidenzia che la legislazione europea sui rifiuti deve
coniugare due esigenze: elevata protezione ambientale e
corretto funzionamento del mercato interno. Infatti, è basata
in parte sull'articolo 100A ed in parte sull'articolo 130S del
Trattato.
L'introduzione del concetto di materie prime equivalenti -
MPE - (nella sua definizione di "materie e materiali con
caratteristiche equivalenti alle materie prime utilizzate nei
cicli di produzione e, pertanto, in quanto impiegati negli
stessi settori di produzione, sottoposti al regime normativo
delle materie prime") appare un segno (uno dei tanti) legato
alle difficoltà connesse all'interpretazione della nozione di
rifiuto (e di disfarsi).
Pervenire ad un'univoca interpretazione del concetto di
rifiuto è dunque un'esigenza non più rinviabile.
Una differente interpretazione della definizione di
rifiuto, infatti, potrebbe condurre ad assegnare alla stessa
materia un valore commerciale ed economico diverso, da Stato a
Stato, ed essere sottoposta a differenti vincoli allo scambio
tra le imprese, alterando di fatto i corretti meccanismi della
concorrenza.
In particolare, va rimarcato che le conseguenze di
un'interpretazione "allargata" della nozione di rifiuto
porterebbe ad una situazione in cui gli impianti industriali,
che si trovassero a utilizzare come rifiuti dei materiali fino
ad allora considerati delle vere e proprie materie prime,
diventerebbero delle industrie del recupero, assoggettate agli
stringenti vincoli amministrativi e tecnologici di cui s'è
fatto cenno sopra, con un'indubbia alterazione della
competitività a livello nazionale e soprattutto
internazionale.
A questo potrebbero aggiungersi ricadute negative anche da
un punto di vista ambientale, in quanto la complessità degli
adempimenti previsti dalla normativa potrebbe indurre il
detentore del materiale, qualora fosse qualificato come
rifiuto, a disfarsene piuttosto che avviarlo ad un
Pag. 251
suo effettivo utilizzo, azzerando i benefìci ambientali che
deriverebbero invece da un suo impiego e che riguardano la
riduzione dell'uso delle risorse e dell'energia, ostacolando
di fatto il raggiungimento della "società a ciclo ecologico"
in precedenza richiamata.
4. La centralità della minimizzazione dei
rifiuti.
Il decreto legislativo n.22 del 1997 offre un quadro di
norme che consentono l'innovazione del sistema di smaltimento
e la crescita di nuove capacità imprenditoriali ed
occupazionali, e con esso il nostro Paese si allinea con i
nuovi princìpi europei cui si deve ispirare la gestione dei
rifiuti.
Esso pertanto rappresenta una straordinaria opportunità
per realizzare un sistema industriale nella gestione dei
rifiuti, che presuppone lo sviluppo di innovazione tecnologica
e di moderna gestione dei servizi.
Il decreto legislativo n.22 del 1997 contiene alcuni
princìpi che in altri Paesi europei sono da tempo una realtà.
Il principio di prossimità, per cui i rifiuti devono essere
smaltiti il più possibile vicino ai luoghi dove sono prodotti;
il principio di autosufficienza; il principio di chi
inquina-paga; il principio delle 4R secondo una ben definita
gerarchia che vede al primo posto la riduzione della quantità
dei rifiuti prodotti e della loro pericolosità, il riutilizzo,
il riciclo dei materiali, il recupero sia in termini di
materia che di energia, lo smaltimento finale che diviene una
mera fase residuale del ciclo; il principio della
responsabilità condivisa per cui la gestione dei rifiuti deve
essere ripartita fra tutti i soggetti coinvolti nelle varie
fasi del ciclo di vita dei materiali, dalla produzione allo
smaltimento.
In sintesi, come avviene nella maggior parte dei Paesi
europei, per risolvere il problema dei rifiuti si deve
applicare il seguente schema di priorità: riduzione e
minimizzazione all'origine dei rifiuti; riutilizzo,
riciclaggio; recupero energetico; avvio a discarica.
La questione fondamentale è la riduzione dei rifiuti, cioè
la nascita di politiche di gestione dei rifiuti dal lato della
domanda di prodotti. La waste minimization non risolve
tutti i problemi ma costituisce un tassello fondamentale del
life-cicle-analysis, per esempio degli imballaggi.
Negli anni 1993-94 la produzione complessiva dei rifiuti
in Italia è stata stimata in 63,6 milioni di tonnellate: di
questi 22,7 milioni di tonnellate tossici nocivi e 14,3
milioni di tonnellate inerti, mentre circa 200.000 tonnellate
erano stimati i rifiuti ospedalieri.
Dal 1991 al 1994 i RSU sono aumentati (Relazione sullo
stato dell'ambiente) del 13 per cento, con una crescita media
annua del 3-4 per cento. Nel 1995 (dati Federambiente) si è
avuta una diminuzione di 300.000 tonnellate di RSU, con una
produzione per abitante/anno di 450 Kg.
Le famiglie producono circa il 50-60 per cento del totale
dei RSU, mentre il restante 40-50 per cento è prodotto da reti
commerciali, esercizi pubblici e terziario.
Lo spazio della minimizzazione è enorme. Essa potrebbe, in
primo luogo, consentire un 15-20 per cento di crescita evitata
della quantità dei rifiuti nel prossimo decennio. Ed è anche
un 10-15 per cento di riduzione subito ottenibile rispetto
alla situazione attuale. Anche intervenendo sul solo comparto
imballaggi è realisticamente possibile conseguire una
riduzione di questo ordine di grandezza agendo in cinque
direzioni (Duccio Bianchi, 1997): una riduzione della quantità
di imballo per unità di prodotti (razionalizzazione,
alleggerimenti materiali); l'eliminazione
dell' overpackaging e in specie dell'imballo secondario;
l'impiego di contenitori a rendere per liquidi con il ricorso
anche a materiali leggeri plastici ri-riempibili; l'impiego di
imballi a rendere per l'imballaggio terziario (trasporto); la
riduzione dell'imballaggio non obbligato nella grande
distribuzione (cestelli, eccetera).
Pag. 252
Esistono aree in cui è possibile ottenere risultati
positivi aumentando le performances dei materiali,
riducendo il peso degli stessi. Ad esempio per il cartone
ondulato, cioè gli scatoloni, che sono circa 2 milioni di
tonnellate, il 20 per cento degli imballaggi in Italia, sulla
base di studi compiuti, si stima addirittura una possibile
riduzione di peso, con conseguente riduzione di impatto
sull'ambiente di quasi il 20 per cento in cinque anni.
Nel corso della progettazione degli imballaggi è possibile
mettere in atto strategie integrate per la riduzione
dell'impatto ambientale che contemplino diverse fasi del ciclo
di vita dei prodotti. Le principali prescrizioni sono le
seguenti: design per la diminuzione del consumo delle
risorse, per l'allungamento della vita del prodotto, per il
riciclo, per il disassemblaggio. Così come risultano
essenziali mirate azioni di informazione del consumatore.
Altre e importanti possibilità esistono, ad esempio nel
lavoro di ufficio, dove le tecnologie informatiche e la
standardizzazione di alcune procedure aprirebbero la
possibilità di riduzioni di alcune quote non marginali di
rifiuto cartaceo.
In altri termini, vale per la gestione dei rifiuti ciò che
vale per la gestione dell'energia: la necessità di impostare
una politica dal lato della domanda, di risparmio e riduzione,
e non solo di miglioramento delle modalità di smaltimento.
Il decreto legislativo n.22 del 1997 ha recepito la
gerarchia comunitaria, che pone l'accento sulla
necessità-priorità di perseguire la minimizzazione dei
rifiuti, sposando i contenuti dell'agenda XXI per ciò che
attiene la gestione integrata dei rifiuti.
Nella terminologia anglosassone per waste minimization
si intende tutta una serie di operazioni finalizzate ad
un'effettiva riduzione del volume e della produzione del
rifiuto, se quest'ultimo è pericoloso, e indica una riduzione
dei rischi per l'uomo e per l'ambiente. Pertanto è un concetto
innovativo che incentiva la prevenzione, riducendo all'origine
la produzione del rifiuto stesso.
E' possibile raggiungere buoni risultati se si agisce sui
seguenti quattro livelli: misure di tipo economico dirette
(tasse e tariffe) o indirette (incentivi ed esenzioni); misure
amministrative che limitano il consumo e la distribuzione di
determinati tipi di prodotto o l'impiego di determinate
sostanze o la qualità di rifiuti; accordi di programma con il
sistema delle imprese e della distribuzione; politiche di
prodotto attraverso obblighi derivanti dal principio di
responsabilità del produttore (obblighi di recupero e gestione
del prodotto a fine vita) o misure di promozione (eco-label,
indirizzi per gli acquisti da parte del sistema pubblico), e
attività di formazione sociale finalizzate ad incoraggiare
stili di vita e prodotti ecologicamente più sostenibili.
I costi e le convenienze per il produttore, o per il
consumatore, tendono poi a determinare la scelta tra azioni di
minimizzazione o di riciclaggio.
Inoltre, la gestione dei rifiuti si dovrà basare su
sistemi integrati da una combinazione di metodi diversi.
Infatti, anche con il più alto tasso possibile di riduzione e
riciclaggio, sarà sempre necessario trattare i rifiuti ed
esistono tecnologie in grado di trattare efficacemente i
rifiuti in modo sicuro dal punto di vista ambientale.
I diversi metodi non solo non dovrebbero essere in
contraddizione tra di loro ma dovrebbero, al contrario, essere
considerati reciprocamente complementari: recupero di
materiali domestici ed industriali, che prevede il diretto
coinvolgimento dei residenti e delle industrie in cooperazione
con coloro cui sono stati affidati la raccolta, il recupero ed
il riciclaggio dei diversi materiali e prodotti; incremento
dell'utilizzazione di materiali e fonti energetiche
provenienti da rifiuti industriali, e quindi la conservazione
delle risorse dovrebbe essere attuata principalmente
all'interno dell'industria, attraverso l'uso di tecnologie a
basso contenuto di rifiuti, ed attraverso il recupero interno
di residui e rifiuti; trattamento termico dei rifiuti con
recupero energetico; utilizzazione della parte facilmente
biodegradabile
Pag. 253
dei rifiuti organici per la produzione di biogas e compost;
discarica che, indipendentemente dagli altri metodi
utilizzati, resterà sempre un impianto residuale.
5. Il sistema di gestione dei rifiuti.
5.1 Effetti economici ed occupazionali del riciclaggio.
Il sistema di smaltimento dei rifiuti solidi urbani in
Italia solo negli ultimi anni ha cominciato ad evolversi nel
senso della gestione integrata degli stessi. Tuttavia si può
osservare che:
lo smaltimento in discarica resta il sistema prevalente
sia su scala nazionale (circa l'85 per cento dei rifiuti
urbani) che per ogni singola regione; solo in alcune regioni
del centro-nord (Alto-Adige, Lombardia, Emilia, Toscana,
Umbria) si registra un sistema di smaltimento articolato, nel
quale le forme di trattamento e smaltimento alternative alla
discarica incidono almeno sul 30 per cento dei rifiuti
prodotti; la termodistruzione (con recupero di energia nel 70
per cento degli impianti esistenti) riguarda appena il 7 per
cento dei rifiuti urbani (cioè circa 1,8 milioni t/a) ed è
concentrata per oltre il 60 per cento in Lombardia ed in
Emilia Romagna; secondo recenti studi, attualmente operano 23
impianti di selezione di rifiuti t/q, dai quali si ottiene: 23
per cento compost, 39 per cento frazione combustibile, 13 per
cento scarti, 25 per cento perdite. La frazione combustibile
ottenuta viene per il 20 per cento smaltita in impianti di
incenerimento, per l'1 per cento ceduta a terzi, e per il 79
per cento smaltita in discarica.
Sono sei i principali schemi di gestione dei rifiuti.
Interramento dissipativo: è l'opzione basata sulla
discarica, con una bassa raccolta differenziata, ed è il
sistema prevalente in Italia. Con tale sistema la raccolta
differenziata non riguarda più del 10 per cento dei rifiuti
prodotti.
Massima valorizzazione energetica: tale opzione punta
massimamente sull'incenerimento dei rifiuti prodotti, ma -
allo stato attuale - lo scarso recupero energetico italiano la
rende ambientalmente debole e in contrasto con il decreto
legislativo n.22 del 1997. Anche con tale sistema la raccolta
differenziata non supera il 10 per cento, mentre
all'incenerimento finisce circa l'80 per cento dei rifiuti, e
un restante 10 per cento di tal quale finisce in discarica.
Valorizzazione del rifiuto indifferenziato: è l'opzione
basata sugli impianti compost/rdf, ma non garantisce un
prodotto di qualità e dunque il suo rendimento anche
economico; la raccolta differenziata oscilla da un minimo del
5 per cento a un massimo del 25 per cento e una quota
rilevante dei rifiuti finisce al trattamento termico.
Sistema integrato con forte valorizzazione energetica:
adottato in buona parte dell'Europa centrale e settentrionale,
porta la raccolta differenziata a quasi il 50 per cento dei
rifiuti, e ha punte di termodistruzione fino al 70 per cento;
è minimizzato il ricorso alla discarica e ha tra gli aspetti
positivi un'omogeneità dei rifiuti da bruciare.
Sistema integrato a bassa valorizzazione energetica:
variante del sistema precedente, è lo schema adottato ad
esempio a Milano, e consente l'uso della frazione combustibile
anche in impianti di combustione non dedicati, come i
cementifici.
Sistema ad elevato recupero senza trattamenti termici:
utilizzato in aree europee a bassa densità abitativa, porta la
raccolta differenziata a punte del 60 per cento, con un
rendimento nel trattamento del rifiuto differenziato fino al
70 per cento.
La composizione merceologica dei rifiuti solidi urbani sta
cambiando negli ultimi anni con la crescita delle frazioni
secche (carte, plastica, vetro, metalli) rispetto alla
frazione organica.
Da un confronto di diverse analisi sulla composizione peso
dei rifiuti, l'organico rappresenta circa il 30 per cento, la
plastica e la gomma rappresentano circa il 14-15 per cento, la
carta e cartoni circa il 27 per cento, il vetro circa il 7 per
cento ed i metalli circa il 5 per cento.
Pag. 254
Gli imballaggi sono diventati la componente maggioritaria
nei RSU (circa il 35 per cento in peso ed il 50 per cento in
volume).
In Italia non sono disponibili basi statistiche
attendibili ed affidabili sui costi attuali dei servizi di
gestione dei rifiuti; le indagini compiute e le ricostruzioni
condotte da vari istituti sui costi dei servizi di raccolta e
smaltimento sono basate in parte su stime ingegneristiche.
Il costo della raccolta indifferenziata è una variabile
che decresce tendenzialmente all'aumentare della
concentrazione della popolazione nei bacini di raccolta e
varia secondo i sistemi di raccolta.
... (omissis) ...
Per quanto riguarda i servizi di raccolta differenziata,
comportano un beneficio netto sia in termini di costi di
gestione che in termini di occupati. Lo sviluppo delle
raccolte differenziate sposta il ciclo di gestione dei rifiuti
verso attività caratterizzate - sia in fase di raccolta che in
fase di trattamento - da un'alta intensità di lavoro.
L'insieme ponderato delle raccolte differenziate (RD totale)
comporta costi inferiori al ciclo di raccolta e smaltimento
dei rifiuti indifferenziati (con discarica o inceneritore),
anche assumendo un ricavo pari a zero lire per la vendita dei
materiali raccolti e senza considerare che i costi di raccolta
e valorizzazione degli imballaggi dovrebbero gravare sui
consorzi di produttori ed utilizzatori.
La raccolta del vetro e della carta, quasi con metodologia
ed in qualsiasi area territoriale, ha costi largamente
competitivi con la raccolta del rifiuto indifferenziato. La
raccolta della plastica, viceversa, ha costi molto elevati,
soprattutto in contesti ad elevata dispersione.
La raccolta della frazione organica è fortemente sensibile
ai rendimenti di intercettazione dei materiali.
La raccolta del verde e dell'organico è ancora rallentata
dalla carenza di impianti di compostaggio. E' comunque
possibile raggiungere risultati tra i 60 ed i 150 Kg/ab di
organico da compostare; la frazione organica può rappresentare
in peso il 30 per cento dei RSU.
Peraltro, l'uso dei composter si colloca nell'ambito delle
attività di riduzione dei rifiuti. Nel suo insieme, quindi, le
raccolte differenziate hanno una redditività economica che
cresce all'aumentare del costo di smaltimento a discarica
evitato, all'aumentare delle rese unitarie ed infine
all'aumentare del costo di mercato dei prodotti recuperati.
Inoltre, considerati gli obblighi di recupero degli
imballaggi, una parte consistente dei costi del sistema dei RD
sarà trasferita sul sistema delle imprese produttrici e
distributrici, riducendo il costo del servizio di gestione dei
rifiuti (Duccio Bianchi - Ambiente Italia).
E' opportuno mettere in evidenza che non è sufficiente
stabilire la quantità di materiale da recuperare con la RD, ma
è anche necessario considerare la qualità
Pag. 255
dei materiali raccolti, che devono essere valorizzati
attraverso l'effettivo reinserimento sul mercato.
Risulta indispensabile, nell'ambito del contesto normativo
ed infrastrutturale idoneo, attuare accordi ben precisi con i
consorzi di filiera, il CONAI, al fine di creare le condizioni
per lo sviluppo di un mercato che attualmente è ancora
insufficiente e presenta notevoli difficoltà di crescita, per
il quale è opportuno prevedere meccanismi di incentivazione
all'utilizzo del materiale riciclato e studi per aumentare le
performances di prodotto.
Il CONAI è stato istituito il 30 ottobre 1997 ed ha
costituito i suoi organi il 25 novembre 1997. Ha incontrato
numerose difficoltà per avviare il suo lavoro, a causa della
complessità delle procedure tecnico-giuridiche relative alla
sostituzione dello svolgimento dei compiti dei consorzi
esistenti.
Tutti i consorzi di filiera previsti hanno approvato gli
statuti, che sono al vaglio dei Ministeri competenti.
La tabella successiva mostra il costo per la gestione di
un Kg di rifiuti in maniera differenziata (come somma dei
costi di raccolta e di valorizzazione, riciclaggio o
compostaggio) a confronto con il costo di raccolta e
smaltimento (in discarica o inceneritore) di un Kg di RSU
indifferenziato.
... (omissis) ...
Il valore "economico" della raccolta differenziata è stato
studiato su due possibili scenari: il primo con raccolta
differenziata al 50 per cento, il secondo con tale valore al
35 per cento. Il risultato della simulazione evidenzia che il
primo scenario risulta il più vantaggioso sotto tutti i punti
di vista: consente infatti di ridurre del 10 per cento i costi
di investimento rispetto al solo mantenimento dell'esistente
(grazie soprattutto ai ridottissimi costi di discarica e al
basso impiego della termodistruzione, i cui impianti sono
invece assai costosi), di mantenere inalterati i costi di
gestione (e quindi il costo per i cittadini) bilanciando le
maggiori uscite per la raccolta differenziata e per il
riciclaggio con le minori spese in raccolta indifferenziata e
riciclaggio, e soprattutto di alimentare 41.008
Pag. 256
posti di lavoro rispetto ai 26.862 attuali (con una crescita
quindi del 53 per cento).
Lo scenario al 35 per cento, anche se meno vantaggioso
rispetto al precedente, è tuttavia competitivo con il sistema
attuale (e comunque in linea con il decreto legislativo n. 22
del 1997): puntando in maniera più marcata sulla
termodistruzione, determinerebbe un aumento degli
investimenti, con costi superiori rispetto al sistema attuale;
anche i costi di gestione risulterebbero superiori, mentre gli
addetti salirebbero a 38.716 unità (+44 per cento).
Va aggiunto che, in entrambe le simulazioni, sono sempre
la raccolta differenziata e le attività di riciclaggio e
compostaggio a determinare la maggiore crescita di
occupazione. Ulteriori considerazioni generali possono
riguardare: i costi dei servizi, che attualmente sono anche
influenzati da politiche assistenziali che specie nel settore
pubblico - hanno dato luogo a sovradimensionamenti del
personale rispetto alle reali esigenze; i costi dei servizi di
trattamento, che dipendono anche dalla qualità tecnologica
degli stessi, allo stato attuale in Italia decisamente
modesta; i costi di gestione, oggi distorti dalla presenza di
incentivi e assistenze statali varie (es. ex Cip); i costi
delle discariche, che oggi possono variare fino a 10 volte il
minimo, soprattutto al nord dove esistono particolari
situazioni di mercato, mentre nel meridione i costi inferiori
spesso corrispondono all'assenza dei minimi standards di
qualità.
5.2 Primi risultati e prospettive.
Ad un anno dall'entrata in vigore della riforma sono stati
raggiunti importanti risultati.
E' indubbio che la nuova normativa ha innescato un
processo che sta migliorando le prestazione del sistema di
gestione dei rifiuti nel suo complesso.
Si registrano, ad esempio, dei buoni risultati per quanto
riguarda la raccolta differenziata e la progressiva
affermazione delle nuove strategie tra tutte le pubbliche
amministrazioni, i cittadini, i privati.
Nonostante gli effetti della riforma siano evidentemente
moderati, si è passati dal 6,7 per cento di raccolta
differenziata del 1996 all'8,6 per cento del 1997.
... (omissis) ...
Pag. 257
Il settore dei rifiuti si viene strutturando (studio
IEFE/ECO 1997) intorno a nuovi poli. La competizione non è più
fra modelli organizzativi (gestione pubblica o gestione
privata), ma fra filiere tecnologiche, variamente coordinate
ed integrate, nelle quali pubblico e privato non sono
generalmente antagonisti, ma piuttosto funzionali l'uno
all'altro.
Quello che oggi appare necessario, come riconoscono tutti
gli osservatori, è un sistema di gestione integrata, in grado
di farsi carico, con continuità ed in modo economicamente ed
ecologicamente sostenibile, del problema dei rifiuti.
E' necessario che si eviti un dibattito, così come si è
sviluppato sino ad oggi, tutto fondato su una semplicistica
contrapposizione tra le diverse opzioni tecnologiche.
Bisogna invece che le diverse opzioni (riduzione della
produzione dei rifiuti, raccolta differenziata, recupero e
riciclo dei materiali, recupero di energia), consentano
un'integrazione sinergica per far uscire il settore rifiuti
dalla continua emergenza, realizzando una rete integrata di
servizi e di impianti.
Si riportano alcuni punti per una proposta di politica
industriale nel settore dei rifiuti.
Superare l'assetto dominato dalla pianificazione
regionale, che non ha funzionato: i piani sono stati approvati
con ritardo, costruiti a tavolino secondo "mode" tecnologiche
del momento, e giacciono quasi del tutto inattuati. Per gli
impianti completati spesso non si è "chiuso il cerchio".
Ripensare i problemi: pianificazione rigida in un settore
altamente dinamico; sovrapposizione fra funzioni di Governo e
funzioni di gestione; ecocrazia (burocrazia ambientale) per
imprese pubbliche e private; distorta applicazione dei
princìpi di prossimità ed autosufficienza.
Il futuro: strumenti diversi dal passato. Il piano
regionale come documento strategico che espliciti obiettivi e
linee di azione, fissando incentivi e disincentivi; non
dovrebbe occuparsi delle scelte tecnologiche e/o delle
localizzazioni; prevedere meccanismi di tipo negoziale fra gli
attori (enti locali, imprese di gestione rifiuti pubbliche e
private, sistema industriale), prevedendo la regolamentazione
autoritativa solo in caso di fallimento del meccanismo
negoziale; assecondare, anche proceduralmente, l'evoluzione
delle imprese verso le funzioni specializzate, all'interno
delle quali trovano posto la crescita delle tecniche di
recupero e di riciclaggio; individuazione elastica dei bacini
di autosufficienza, in modo da favorire l'aggregazione della
domanda e non limitare l'offerta.
5.3 Il problema del recupero energetico.
A seguito della "responsabilità del produttore", la
gestione futura dei rifiuti registrerà molto probabilmente un
decremento dei quantitativi di RSU da trattare rispetto ai
quantitativi attuali. La quantità di RSU inceneriti in
impianti per il recupero energetico diminuirà ma, al tempo
stesso, si apriranno nuove possibilità di un aumento di
rifiuti industriali da incenerire per il recupero energetico
in relazione alle forti restrizioni decise in sede comunitaria
per l'avvio a discarica di RSU organici e combustibili. Tutto
ciò causerà in molti Paesi europei una richiesta di maggiore
capacità di incenerimento.
E' necessario innalzare la percentuale dei rifiuti
utilizzati per produrre energia. Questo non significa
"incenerimento selvaggio" come è stato, con toni drammatici,
sollevato da associazioni ambientaliste, che hanno denunciato
una corsa sfrenata all'incenerimento, peraltro smentita dal
Ministero dell'ambiente.
Infatti, in Italia si producono circa 26 milioni di RSU
l'anno. Prevedendo il raggiungimento degli obiettivi di
raccolta differenziata, come previsto dal decreto legislativo
n.22 del 1997 (35-50 per cento), rimane una quantità di circa
13 milioni di tonnellate di RSU che, almeno per una parte,
possono essere utilizzati come combustibile derivato dai
rifiuti (CDR) per produrre energia elettrica.
Pag. 258
... (omissis) ...
Si avrebbero alcune conseguenze positive, perchè è
possibile in questo modo sostituire altro combustibile
(carbone e petrolio) risparmiando risorse e riducendo
l'inquinamento nonchè la quantità di rifiuti da smaltire in
discariche.
Il meccanismo del CIP/6 di incentivazione delle fonti
rinnovabili è superato perchè inadeguato. La sospensione del
provvedimento CIP/6, avvenuta come noto con il decreto
ministeriale 24 gennaio 1997, si è resa necessaria in quanto
tale provvedimento, pur avendo contribuito positivamente allo
sviluppo delle fonti rinnovabili, risultava inadeguato per un
sistema in profonda evoluzione come quello del settore
elettrico. In sostituzione ci vogliono nuovi strumenti per lo
sviluppo delle energie rinnovabili e quindi anche delle
energie da rifiuti, tramite il meccanismo degli incentivi
pubblici.
Attualmente, dei circa 8.000 MW provenienti da impianti
ammessi alla cessione di energia, 670 MW provengono da
impianti alimentati dai rifiuti (dati ENEL). Le opzioni di
recupero energetico dai rifiuti sono state sinora penalizzate
dai bassi rendimenti elettrici (5-20 per cento), mentre con le
nuove tecnologie si può arrivare oggi ad oltre il 40 per
cento.
Il parco incenerimento del nostro Paese tratta solo il 5-6
per cento del totale dei RSU, ed in più è obsoleto
tecnologicamente e di piccola taglia.
Nei Paesi europei di elevato grado industriale, tale
percentuale va dal 35 per cento al 75 per cento con
l'eccezione dell'Inghilterra, che utilizza come discariche il
gran numero di miniere dismesse, e della Spagna, per il suo
ritardo nel processo di industrializzazione.
Il recente decreto 19 novembre 1997, n.503, del ministro
dell'ambiente, con cui si recepiscono le direttive 89/369/CEE
e 89/429/CEE rispettivamente in materia di prevenzione
dell'inquinamento atmosferico provocato dai nuovi e dagli
esistenti impianti di incenerimento atmosferico dei RSU, ha
introdotto norme particolarmente severe per la qualità delle
emissioni, per garantire un'elevata protezione dell'ambiente,
adeguando il parco esistente alle migliori tecnologie
disponibili.
E' necessario, come auspicato dal presidente dell'ENEL,
utilizzare la potenzialità degli impianti di
termovalorizzazione di rifiuti per produrre energia, che
potrebbe coprire circa il 10 per cento dei consumi elettrici
per usi domestici, contribuendo anche a ridurre le emissioni
di C02.
L'ENEL ha individuato 15 centrali nelle quali utilizzare
il combustibile da rifiuti (CDR) per produrre elettricità.
Così come si ritiene indispensabile il varo di accordi di
programma con le cementerie per l'utilizzo di CDR per produrre
energia.
Situazione inceneritori rifiuti solidi urbani: sono 32 gli
impianti di incenerimento installati in Italia tra il 1965 e
il 1995, che corrispondono ad una capacità complessiva di
smaltimento pari a circa 1.300.000 t./a. di rifiuti solidi
urbani (5 per cento dei RSU).
Questi stessi impianti, per effetto del decreto del
ministro dell'ambiente n.503 del 1997, dovranno adeguarsi ai
nuovi standards di emissione e di efficienza energetica
sulla base dei provvedimenti che le regioni dovranno adottare
entro il 31 dicembre 1999.
Pag. 259
Inoltre si sono aggiunti 3 impianti (Scarlino, S. Vittore
del Lazio e Mortara) nel 1997: l'inceneritore di Marghera e 2
impianti per il combustibile da rifiuti (CDR) a Pietrasanta e
Rimini. Tutti questi impianti sono attualmente in costruzione
e non ancora funzionanti.
6. Nuovi strumenti per una più efficace politica dei
rifiuti.
Nei capitoli precedenti si è fatto riferimento all'attuale
normativa sui rifiuti ed agli adempimenti che le imprese
debbono rispettare. Si è parlato del sistema autorizzativo e
del sistema di controllo, dell'insieme cioè della
regolamentazione in materia di rifiuti.
Come riportato nella premessa, la Commissione europea, nel
suo quinto programma d'azione in materia ambientale, ha
tuttavia rimarcato l'esigenza di superare la logica del
"comando e controllo", sottolineando che il solo sistema di
regolamentazione non è sufficiente a garantire il
raggiungimento di adeguati obiettivi ambientali. Di qui la
necessità di affiancare la regolamentazione con altri
strumenti di politica dell'ambiente.
6.1 Gli strumenti volontari.
Lo strumento volontario per l'ecogestione e l'audit - EMAS
(environmental management and audit scheme).
Scopo della nuova politica ambientale, proposta dalla
Commissione europea, è quello di far leva, oltre che sulla
regolamentazione, sull'uso di strumenti volontari, con
l'obiettivo di indurre nuovi comportamenti presso il sistema
industriale nel suo complesso e presso i consumatori.
Si punta in altri termini sul recupero di un ciclo
virtuoso, nel quale siano coinvolti spontaneamente tutti gli
operatori che, come cittadini, sono consapevoli del rischio
collegato al degrado ambientale e richiedono una maggiore
protezione dell'ambiente.
Il principio "dalla culla alla tomba" è perfettamente
aderente a quello della "responsabilità condivisa", secondo il
quale tutti gli attori coinvolti nel ciclo di vita di un
prodotto devono assumersi determinate responsabilità anche
quando il prodotto diventa un rifiuto. Il principio della
responsabilità del produttore, introdotto con la comunicazione
del 1989, ha rappresentato una novità nel diritto ambientale
comunitario.
Il sistema di ecogestione e audit (EMAS), emanato dalla UE
nel 1993 con il regolamento 1836, è forse l'espressione più
evidente di questo nuovo indirizzo.
Esso si propone di favorire una riorganizzazione e
razionalizzazione della gestione ambientale dell'azienda
basate, non solo sul rispetto dei limiti imposti dalle leggi,
che rimane comunque un obbligo dovuto, ma sul rapporto nuovo
tra imprese, istituzioni e pubblico, che abbia come elementi
di riferimento l'adesione volontaria delle imprese, la
cooperazione con l'amministrazione, il supporto reciproco e la
trasparenza.
Con il nuovo sistema proposto dal legislatore europeo,
viene delineato un modo di produrre e di gestire l'azienda
finalizzato al miglioramento delle condizioni ambientali, che,
se attuato con correttezza e completezza, comporta un
riconoscimento pubblico valido per tutti i suoi interlocutori
sia a livello delle istituzioni, sia nei confronti del
mercato, sia infine della pubblica opinione: per le imprese
che hanno deciso di aderire al regolamento EMAS, di
rispettarne quindi i principi e le relative procedure, e
acquisire così il diritto di iscrivere il loro sito
nell'apposito registro europeo.
Il regolamento prevede differenti specifici compiti.
Essi sono nell'ordine: l'analisi ambientale iniziale del
sito industriale, il programma ambientale, la politica
ambientale aziendale, il sistema di gestione ambientale,
l'attività di auditing interna nel sito e, infine, la
dichiarazione ambientale, che rappresenta la parte più
impegnativa a carico dell'impresa e comprende la descrizione
delle attività produttive, le incidenze che esse hanno
sull'ambiente, i risultati ottenuti dall'impresa per un minor
impatto ambientale, sia infine l'enunciazione
Pag. 260
degli obiettivi di miglioramento conseguibili con i programmi
futuri. La dichiarazione ambientale dovrà poi essere
convalidata da verificatori ambientali accreditati e quindi
inviata all'organismo nazionale competente per EMAS, che
provvede alla registrazione del sito nel registro europeo e
sancisce il diritto dell'impresa di avere il riconoscimento
nei confronti dell'esterno (pubblico, autorità di controllo,
clienti, ecc.) del carattere ambientalmente corretto dei
sistemi di produzione.
L'EMAS, dopo un periodo di transizione, è divenuto
operativo in Europa nell'aprile 1995. Attualmente circa 1000
siti sono stati inseriti nel registro europeo, con una
conferma della massiccia adesione dell'industria tedesca
(circa l'80 per cento dei siti) ed un significativo
ampliamento dei settori industriali coinvolti.
L'organismo competente italiano, che svolge anche la
funzione di organismo di accreditamento e che è divenuto
pienamente operativo solo di recente, ha già provveduto a
definire le procedure per l'accreditamento di verificatori
ambientali come organizzazioni e per la registrazione dei
siti; ha registrato i primi tre siti industriali collocati sul
territorio nazionale ed ha accreditato il primo verificatore
ambientale italiano.
Nel presente anno, accanto alle attività di registrazione
e accreditamento, il comitato intende attivare: una
consultazione delle associazioni industriali, delle
associazioni ambientaliste e dei consumatori, delle piccole e
medie industrie e dell'artigianato per un'analisi delle
problematiche legate all'applicazione del sistema EMAS; una
collaborazione con l'Unioncamere per concordare i servizi
reali che possono essere messi a disposizione delle imprese
per la diffusione dell'EMAS; un incontro con le autorità
ambientali a livello locale per una valutazione delle azioni
che possano essere attuate per favorire l'applicazione di
metodologie di gestione ambientale delle varie strutture
produttive e di servizio; un esame della possibilità di
applicazione a distretti industriali caratterizzati da
uniformità di tecnologie produttive e creazione di aree
ecologicamente attrezzate come presupposto per una più facile
registrazione EMAS per nuovi insediamenti industriali; il
lancio di alcuni programmi sperimentali di applicazione del
sistema EMAS ai servizi municipalizzati, con particolare
attenzione alle aziende di gestione dei rifiuti e dei
trasporti; l'organizzazione di incontri con una rappresentanza
pluralistica dei settori di interesse per seguire le linee di
evoluzione delle modifiche del regolamento da parte delle
strutture comunitarie.
In ambito EMAS, la gestione del ciclo dei rifiuti
rappresenta evidentemente un aspetto prioritario, che
l'impresa deve ottimizzare puntando sia sulla riduzione a
monte della produzione dei rifiuti, sia sulla loro massima
riutilizzazione interna o esterna all'impresa, in modo da
ridurre l'apporto a discarica.
Un'impresa che registri su base volontaria il proprio sito
secondo EMAS ha pertanto una gestione ottimale anche del ciclo
dei rifiuti e garantisce il suo impegno per una assoluta
trasparenza di comportamento nei confronti dell'ambiente,
escludendo qualsiasi illecito, attraverso la pubblicità della
politica ambientale che l'impresa volontariamente si dà. E'
dunque evidente che un diffuso sviluppo del sistema EMAS possa
essere la reale mossa vincente, anche se non evidentemente
esclusiva, per attuare nei fatti la nuova politica di
controllo del ciclo dei rifiuti sul piano nazionale.
Gli accordi di programma.
Accanto all'EMAS e, in alcuni casi, anche come sostegno
alla sua diffusione, si collocano gli accordi di programma.
Accordi di programma con il sistema delle imprese e della
distribuzione sono diffusi in vari Paesi europei ed hanno
spesso la finalità di stimolare politiche di riduzione o
recupero dei rifiuti.
Lo strumento degli accordi di programma è variamente
regolato e può assumere forme diverse. L'efficacia di questo
strumento e però in gran parte legata alla credibilità del
decisore pubblico
Pag. 261
e della pubblica amministrazione. Poiché l'accordo di
programma presuppone una verifica dilazionata nel tempo,
l'effettiva implementazione da parte della controparte sarà
condizionata alla certezza che il decisore pubblico sia capace
di dar corso alle eventuali misure sostitutive e
sanzionatorie.
In ben sette articoli del decreto legislativo n. 22 del
1997 è prevista la possibilità di concludere accordi di
programma tra i più diversi interlocutori: pubblica
amministrazione, filiere produttive, consorzi, singole
industrie o singoli insediamenti produttivi. I contenuti degli
accordi di programma possono essere vari: prevenzione e
riduzione della quantità e pericolosità dei rifiuti; recupero
dei rifiuti all'interno di insediamenti industriali esistenti,
al di fuori del piano regionale; piani di settore per il
recupero dei rifiuti, con l'impiego dei materiali riciclati;
la diffusione dell'eco-audit e dell'ecolabel; la gestione di
particolari tipologie di rifiuti.
E' necessaria un'ampia diffusione di accordi di programma
promuovendoli ai vari livelli. Si sono ormai affermati come
uno dei principali strumenti di gestione delle politiche
ambientali, perché favoriscono un atteggiamento proattivo da
parte delle imprese e sono più flessibili rispetto agli
strumenti tradizionali.
Nell'ambito dei flussi prioritari dei rifiuti individuati
dalla strategia comunitaria per la gestione dei rifiuti
(1991), è opportuno stringere i tempi per una rete di accordi
di programma (pneumatici fuori uso, veicoli a fine vita,
solventi clorurati, rifiuti ospedalieri, rifiuti da
costruzione e demolizione rifiuti da dispositivi elettrici ed
elettronici). Per i PFU è stata approvata l'11 dicembre 1997,
dalla Commissione ambiente della Camera dei deputati, una
specifica risoluzione, la n.7-00315, per incentivare in modo
particolare l'attività di ricostruzione dei PFU. Gli accordi
di programma dovrebbero anche contenere misure, strumenti
economici, in grado di incentivare comportamenti virtuosi da
parte del sistema industriale, semplificazioni amministrative
giustificate dagli obiettivi concertati. La conclusione di
accordi può risultare più rapida dell'azione legislativa anche
perchè lo sviluppo sostenibile richiede azioni, anzichè
reazioni, da parte dei settori industriali interessati.
Sono in corso di predisposizione i seguenti accordi di
programma: compost di qualità controllata, proveniente da
raccolta differenziata dal trattamento dei rifiuti urbani
(recupero per usi agronomici per recupero ambientale); CDR
(produzione e recupero); rifiuti cellulosici (prevenzione e
recupero); beni durevoli (prevenzione e recupero); macchine
fotografiche monouso (recupero-reimpiego).
Sono in fase di studio: vuoti a rendere (bottiglie e vetro
birra); inerti (prevenzione e recupero); pneumatici
(prevenzione, reimpiego, riciclaggio, recupero energetico);
amalgame dentarie contenenti mercurio ed argento (prevenzione
e recupero).
6.2 La fiscalità ambientale e gli incentivi economici.
Accanto agli strumenti volontari, gli altri strumenti che
debbono affiancare la regolamentazione sono quelli
economici.
L'ecofiscalità.
In linea di massima, gli Stati membri sono liberi di
istituire il regime fiscale che ritengano più adeguato. Ma
devono tener conto del fatto che il regime applicato ai
prodotti nazionali costituisce la referenza per determinare se
ai prodotti di altri Paesi partners venga applicato un
prelievo fiscale più gravoso. E soprattutto non trascurare che
un'imposizione più gravosa sul prodotto proveniente da un
altro Stato, rispetto ad un prodotto nazionale, costituisce
una palese infrazione ai princìpi della concorrenza e della
libera circolazione.
In nessun dei Paesi i prelievi verdi dovranno aumentare il
carico fiscale globale, e i proventi delle eco-tasse devono
essere destinati alla protezione dell'ambiente ed alla
riduzione della tassazione del lavoro. Queste sono le
indicazioni sulle imposte ed i prelievi fiscali ambientali
Pag. 262
espresse dal CES, il comitato economico-sociale, riunito in
sessione plenaria. Esso, oltre a dare una definizione
indicativa unica delle tasse e dei tributi, determina le
caratteristiche del tributo ambientale: un tributo cioè la cui
base imponibile abbia manifesti effetti negativi
sull'ambiente. Ma potrebbe anche rientrare in questa categoria
un tributo i cui effetti positivi sull'ambiente siano
chiaramente individuabili. Fornisce a sostegno di questa
definizione l'esempio della tassazione differenziale dei
carburanti, in funzione di finalità ambientali, a seconda cioè
dei contenuti di piombo.
I tributi sui prodotti sono invece applicati alle materie
prime, ai fattori produttivi incorporati, come i concimi, i
pesticidi, la ghiaia, le acque sotterranee, e ai prodotti di
consumo, come le batterie, gli imballaggi a perdere, i
pneumatici e i sacchetti di plastica. Alcuni di questi
tributi, applicati già da anni, particolarmente nel settore
energetico, sono ormai considerati un elemento di integrazione
tra la politica dell'ambiente e quella energetica.
Gli strumenti economici dovrebbero avere lo scopo di
permettere un approccio più efficace rispetto alla gestione
dei rifiuti.
Il ruolo primario degli strumenti economici in questo
settore è quello di sfruttare l'effetto del meccanismo del
prezzo per modificare il comportamento dei singoli e degli
operatori.
Questo può risultare più flessibile delle misure
legislative. Tale flessibilità darà spazio ad approcci più
creativi, favorendo quindi il progresso tecnologico. Si
possono identificare tre diversi strumenti economici validi su
larga scala nella gestione dei RSU, che hanno un effetto
incentivante maggiore sulla riduzione al minimo dei rifiuti e
sui cambiamenti comportamentali: tassa o imposta sulle
discariche; costi diretti dei rifiuti (tassa-tariffa); costi
unitari o del prodotto (un costo unitario o del prodotto
dovrebbe coprire il costo di recupero marginale).
Dalla tassa alla tariffa.
La volontà di trasformare la tassa per lo smaltimento dei
RSU in una tariffa correlata all'erogazione di un omologo
servizio offre la possibilità di progettare un sistema
tariffario e di sussidio delle attività di smaltimento dei RSU
in grado di cogliere differenti, per quanto interconnessi,
obiettivi.
Nel contesto delle finalità generali del provvedimento, la
tariffa dovrebbe porsi come: strumento economico di attuazione
del principio di "responsabilizzazione e di cooperazione di
tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella
distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui
originano i rifiuti"; strumento economico di incentivazione di
comportamenti degli utenti coerenti con gli obiettivi di fondo
del decreto stesso, riduzione dei rifiuti, massimizzazione del
recupero, minimizzazione del ricorso alla discarica.
La tariffa sulla quantità di rifiuti prodotti si
presterebbe a tre soluzioni gestionali, che permetterebbero la
misurazione corretta e il pagamento adeguato da parte degli
utenti: tariffe commisurate al volume dei rifiuti; tariffe
commisurate al volume ed alla frequenza di svuotamento;
tariffe commisurate direttamente al peso dei rifiuti.
E' opportuno che si affronti, prima dell'emanazione del
decreto attuativo, la problematica relativa all'IVA connessa
con la tariffa.
Gli incentivi economici.
La politica degli incentivi gioca un ruolo importante sia
per prevenire la produzione dei rifiuti che per una corretta
loro gestione una volta prodotti.
Gli incentivi vanno visti come uno strumento che si
integra con quello della tassa e della tariffa.
La situazione in Italia su questa materia è piuttosto
complessa, in quanto negli anni si sono andate stratificando
numerose leggi di sostegno alle imprese in diversi settori.
In fase di applicazione di tali leggi, attraverso delibere
CIPI, circolari ministeriali,
Pag. 263
decreti attuativi, sono state inserite le problematiche
ambientali, che hanno trovato spesso una risposta positiva da
parte delle imprese.
Una valutazione complessiva della portata di tali
strumenti in direzione della tutela dell'ambiente non è
disponibile; tuttavia è possibile ritenere che il loro uso è
ancora limitato e quindi insufficiente alle esigenze di
crescita della qualità dell'ambiente, che vengono sempre più
richieste e, nello specifico, nel campo della minimizzazione
dei rifiuti e di una loro efficace gestione.
E' opportuno in particolare prendere in considerazione gli
strumenti che incentivano le piccole e medie imprese, che
costituiscono, da un lato, il fattore di gran lunga più
importante per affermare la competitività del nostro Paese ma,
dall'altra, quelle che più di altre soffrono nell'adeguarsi
alle nuove sfide imposte dalla politica ambientale più
recente.
Un altro degli aspetti da considerare, più volte
richiamati nel presente documento, è quello del sostegno
economico allo sviluppo ed alla diffusione dell'innovazione
tecnologica, che costituisce un fattore determinante per
attuare una politica sui rifiuti che dia risultati
apprezzabili. Tale sostegno, anche in questo caso, dovrà
rivolgersi in primo luogo alle piccole e medie imprese, e
riguardare in modo prioritario la riduzione a monte dei
rifiuti, quindi il riutilizzo, il riciclaggio ed il
recupero.
Un terzo elemento essenziale consiste nel sostenere le
aree del nostro Paese tradizionalmente poco sviluppate, dove,
tra l'altro, i fenomeni malavitosi sono anche più accentuati,
per fare in modo che si sviluppi una sana imprenditoria
industriale che faccia della prevenzione in materia ambientale
e della riduzione dei rifiuti uno degli obiettivi prioritari,
ed una altrettanto sana "imprenditoria verde" che consenta lo
sviluppo di tecnologie avanzate di recupero e riciclaggio dei
rifiuti, evitando il flusso a discarica.
Su questi tre aspetti è opportuno concentrare
l'attenzione, esaminando le leggi di incentivazione di cui è
dotato il nostro Paese. Sarà necessario definire le modalità
per un loro utilizzo a fini ambientali.
Nell'allegato sono riportate le principali leggi di
agevolazione finanziaria a favore di attività economiche.
7. Proposte operative.
Alla luce delle considerazioni sinora fatte, emergono, da
un lato, elementi che consentono di affermare che ci si trova
finalmente di fronte ad una svolta nella politica dei rifiuti
che potrà segnare un passo decisivo per adeguare il nostro
Paese agli standards dei nostri partners europei,
in particolare del nord Europa, e ridurre drasticamente le
influenze della malavita organizzata in questo settore;
dall'altro, si evidenziano altri elementi che denotano
l'esistenza ancora di fattori negativi, che impediscono che si
realizzi a pieno una riforma radicale in direzione di un
efficace sistema di gestione dei rifiuti strettamente legato
ad un miglioramento complessivo della qualità
dell'ambiente.
Occorrerà dunque agire soprattutto su questi ultimi
fattori in tempi brevi, per ricondurre la politica di gestione
dei rifiuti sul piano della massima efficienza.
In primo luogo, è necessario che il Parlamento prenda
iniziative affinché il Governo, nella sua interezza, si faccia
promotore di un intervento forte e possibilmente risolutivo
nei confronti della Commissione europea, per giungere ad una
interpretazione univoca della nozione di rifiuto, con lo scopo
di evitare sia effetti negativi sul piano ambientale che in
termini di concorrenza tra imprese che operano in Paesi
diversi dell'Unione europea.
In secondo luogo, è necessario che si affermi con maggior
forza la centralità della minimizzazione dei rifiuti che, come
è noto, risulta al primo posto della scala gerarchica degli
interventi in materia di rifiuti. Su questo fronte le azioni
governative sono scarse se non nulle, mentre meriterebbero
un'attenzione prioritaria. Si propone pertanto la promozione
di iniziative, come una conferenza sulla minimizzazione dei
rifiuti, che consenta, tra
Pag. 264
l'altro, di fare il punto sullo stato delle tecnologie in
Italia che permettono di ridurre la produzione dei rifiuti,
sulle proposte del Governo per promuovere lo sviluppo e la
diffusione di tali tecnologie, nonchè sul ruolo degli Enti di
ricerca e di innovazione tecnologica (ENEA e CNR).
In terzo luogo, occorre che sia profondamente rivisto il
sistema autorizzativo per renderlo più snello e flessibile, in
modo da responsabilizzare l'imprenditore, che deve diventare
partecipe del miglioramento ambientale. L'amministrazione
deve, da parte sua, assumere maggiore responsabilità non
potendo far ricadere sull'utente le lungaggini burocratiche
per la concessione di un'autorizzazione. Questo significa
semplificazioni procedurali, fare maggior uso
dell'autocertificazione, definire tempi massimi disponibili
per l'autorità amministrativa. Queste esigenze, valide in
linea generale, diventano ancor più pressanti per gli impianti
che riciclano o recuperano rifiuti, ivi incluso il recupero
energetico, che costituiscono la sfida più importante per
raggiungere gli obiettivi fissati dalla nuova normativa.
Accanto a questo dovrà essere intensificata l'attività di
controllo sul territorio, per garantire l'efficacia degli
interventi che si intende realizzare. Perché tutto ciò si
metta in pratica occorrerà un'azione del Parlamento e del
Governo affinchè vengano introdotti tali princìpi nei decreti
applicativi della "legge Bassanini" e vengano potenziate le
strutture di controllo.
Tutto ciò comunque potrebbe risultare del tutto vano se
non si affermino comportamenti adeguati da parte di tutti gli
attori coinvolti nel ciclo dei rifiuti e, soprattutto, se non
si affermi una nuova cultura dell'ambiente che coinvolga,
oltre i cittadini, anche il management delle aziende. E'
necessario dunque che si sviluppi e si diffonda anche in
Italia l'uso degli strumenti volontari, tra cui in primo luogo
l'EMAS. Il sistema è, come ricordato, volontario; occorre
quindi porsi il problema su come si debba operare perché il
suo sviluppo abbia le dimensioni auspicate. Una strada è
quella di semplificare le procedure e le regolamentazioni
ambientali per le imprese che aderiscono a EMAS. Occorrerà al
più presto un intervento del legislatore che renda espliciti
tali benefìci nell'ambito del più generale riordino della
materia che avrà luogo in relazione al recepimento delle
direttive comunitarie per l'IPPC e per la VIA. Il Parlamento,
che si accinge ad approvare la delega al Governo per il
recepimento di tali direttive, ha una concreta occasione per
indicare quali possano essere i vantaggi da assicurare sul
piano regolamentare alle imprese che registrino il proprio
sito secondo EMAS e che quindi rappresentino la contropartita
agli oneri non indifferenti che l'applicazione del sistema
comporta per le imprese stesse.
Accanto all'EMAS ed anche per una sua affermazione,
occorrerà che il Governo faccia maggior uso degli accordi
volontari, che consentono di raggiungere obiettivi ambientali
attraverso un processo di negoziazione che garantisce spesso
risultati superiori a quelli della semplice normativa. E'
necessario dunque che gli accordi già previsti siano resi
immediatamente operativi e che se ne individuino altri,
consentendo il diffondersi di un sistema di confronto tra le
parti che favorisca atteggiamenti attivi del mondo industriale
verso il miglioramento della qualità dell'ambiente.
Un quinto elemento da considerare è l'attenzione specifica
che deve essere rivolta alle piccole e medie imprese ed
all'artigianato, per i quali è necessario prevedere appositi
strumenti di sostegno e benefìci regolamentari che possono
godere le imprese registrate EMAS, o utilizzando quelli già
esistenti ai fini ambientali. Un esempio riguarda
l'applicazione dell'EMAS a tali imprese, che rappresentano una
realtà percentualmente molto significativa del nostro sistema
produttivo. Le piccole imprese non hanno al loro interno la
cultura e la competenza per attuare e seguire le procedure
previste dal regolamento EMAS. Appare quindi necessario
organizzare in modo sistematico un supporto alle piccole e
medie industrie ed una fornitura di servizi reali di
consulenza a costi agevolati; l'insieme di questi
Pag. 265
provvedimenti richiede decisioni che devono essere prese a
livello del Governo centrale o di quello regionale. In tal
modo sarà possibile affrontare, con possibilità di successo,
non solo la lotta per la difesa dell'ambiente ma anche quella
per la competitività delle nostre industrie sul mercato
europeo e mondiale.
Sempre nel campo degli incentivi, occorrerà provvedere,
con apposite direttive del Governo, ad adattare gli strumenti
di incentivazione all'innovazione tecnologica alle esigenze di
garantire un sistema più efficace di prevenzione e gestione
dei rifiuti. Sotto questa luce dovranno, in particolare,
essere riesaminate la legge n. 46 del 1982 e la legge n. 317
del 1991, e, per quanto riguarda le aree depresse, la legge n.
488 del 1992.
Infine, sarà necessario fare maggiore ricorso alle
ecofiscalità, che potranno agire sia sul fronte della
minimizzazione dei rifiuti che sulla diffusione delle attività
di riciclo e recupero.
LEGGI DI AGEVOLAZIONE FINANZIARIA A FAVORE DI ATTIVITA'
ECONOMICHE
(in ordine cronologico).
1. Legge n.50/1953 (Danni subiti a seguito di pubbliche
calamità)
2. Legge n.517/1975 (Credito agevolato alle PMI
commerciali)
3. Decreto del Presidente della Repubblica n.902/1976
(Disciplina del credito agevolato al settore industriale.
Agevolazioni alle imprese del centro-nord)
4. Legge n.675/1977 (Sostegno alla ristrutturazione e alla
riconversione industriale)
5. Legge n.219/1981 (Interventi di ricostruzione e di
sviluppo industriale delle zone terremotate della Campania e
della Basilicata colpite dal sisma del novembre 1980)
6. Legge n.46/1982 - Artt. 14-18 (Incentivazione di
programmi di innovazione tecnologica).
7. Legge n.308/1982 (Risparmio energetico)
8. Legge n.752/1982 - Artt. 9, 12 e 17 (Politica
mineraria)
9. Legge n.887/1982 - Art. 9 (Agevolazioni finanziarie
alle cooperative e ai consorzi fidi costituiti da soggetti
operanti nel settore del commercio e del turismo)
10. Decreto del Presidente della Repubblica n.915/1982 -
Art. 23 (Incentivazione di iniziative finalizzate allo
smaltimento o al recupero di rifiuti industriali e non
industriali)
11. Regolamento CEE n.216/1984 (Sviluppo di attività per
la creazione di posti di lavoro nelle zone colpite da crisi in
seguito alla ristrutturazione dell'industria siderurgica)
12. Regolamento CEE n.217/1984 (Rimozione degli ostacoli
allo sviluppo di nuove attività economiche in talune zone
colpite dalla ristrutturazione del settore della costruzione
navale)
13. Legge n.798/1984 (Interventi per la salvaguardia della
città di Venezia e per il suo recupero architettonico,
urbanistico, ambientale ed economico)
14. Legge n.49/1985 (titolo I: provvedimenti per il
credito alla cooperazione; titolo II: misure urgenti a
salvaguardia dei livelli di occupazione)
15. Legge n.198/1985 - Art. 9 (Interventi per i danni
causati dalle eccezionali calamità naturali ed avversità
atmosferiche nei mesi di dicembre 1984 e gennaio 1985)
16. Legge n.808/1985 - Art. 3 (Promozione dello sviluppo
delle collaborazioni internazionali in campo aeronautico)
17. Legge n.41/1986 - Art. 11 (Interventi a favore di
centri commerciali e mercati agro-alimentari)
18. Legge n.64/1986 (Disciplina dell'intervento
straordinario nel Mezogiomo)
19. Legge n.15/1987 (Sostegno finanziario alle PMI dei
settori commercio e turismo per l'acquisto di locali
precedentemente in fitto)
20. Legge n.119/1987 - Art. 5 - Conversione del
decreto-legge n.10/1987 (Realizzazione di programmi di ricerca
in materia di scarichi dei frantoi oleari)
Pag. 266
21. Legge n.121/1987 Art. 3- octies (Interventi in
materia di distribuzione commerciale e sulla disciplina del
credito agevolato al commercio)
22. Legge n.399/1987 - Art. 3 (Programmi e progetti di
sostegno all'artigianato)
23. Legge n.67/1988 - Art. 15, commi 13 e 14 (Creazione
nel Mezzogiorno di centri di servizi per lo sviluppo
dell'imprenditorialità- CISI - incubatori di imprese)
24. Legge n.67/1988 - Art. 15, comma 40 (Sostegno
finanziario alle imprese commerciali, turistiche e di servizi
operanti nel Mezzogiomo)
25. Legge n.41/1989 - Art. 1 e legge n.221/1990 - Art. 3
(Sviluppo di attività economiche nei bacini minerari
interessati da processi di ristrutturazione o sospensione
parziale o totale dell'attività mineraria comportanti
contrazione di manodopera)
26. Legge n.181/1989 - Programma speciale di
reindustrializzazione IRI (Reindustrializzazione aree colpite
da crisi siderurgica e sostegno all'occupazione)
27. Legge n.181/1989 - Programma di promozione industriale
SPI (Reindustrializzazione aree di crisi siderurgica.
Promozione industriale)
28. Legge n.181/1989 - Art. 11, comma 1
(Reindustrializzazione aree siderurgiche)
29. Legge 221/1990 - Art. 9 e legge n.204/1993 - Art. 1
(Riassetto e riabilitazione ambientale delle aree
minerarie)
30. Legge n.10/1991 - Artt. 11, 12 e 14 (Uso razionale
dell'energia e utilizzo fonti rinnovabili)
31. Legge n.317/1991 - Artt. 5, 6 e 12 (Interventi per
l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese - Acquisto
di macchinari a tecnologia avanzata)
32. Legge n.317/1991 - Art. 8 (Interventi per
l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese. Spese di
ricerca)
33. Legge n.317/1991 - Artt. 17, 23 e 34 (Interventi per
l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese - Contributi
a favore dei consorzi e società consortili tra PMI)
34. Legge n.317/1991 - Art. 27 (Interventi per
l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese. Contributi
a favore delle società consortili miste)
35. Legge n.317/1991 - Art. 33 (Interventi per
l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese. Contributi
a favore dei consorzi di garanzia collettiva fidi)
36. Legge n.215/1992 (Promozione dell'imprenditoria
femminile)
37. Legge n.257/1992 (Sostegno all'attuazione di programmi
finalizzati alla riconversione delle produzioni a base di
amianto e allo sviluppo e produzione di materiali innovativi e
sostitutivi del-l'amianto)
38. Legge n.488/1992 (Sviluppo delle attività produttive
nelle aree depresse)
39. Legge n.237/1993 - Art. 6 (Ristrutturazione e
riconversione produttiva delle imprese operanti nel settore
della produzione di materiale di armamento)
40. Legge n.471/1994 (Provvidenze economiche per le
imprese colpite da fenomeni alluvionali nei mesi
settembre-dicembre 1993)
41. Legge n.481/1994 (Disposizioni urgenti per
l'attuazione del piano di ristrutturazione del comparto
siderurgico)
42. Legge n.35/1995 - Art. 2- bis (Sostegno
finanziario dei consorzi e delle cooperative di garanzia
mutualistica fidi - CONFIDI)
43. Legge n.341/1995. Conversione decreto-legge n.244/95 -
Art. 1 (Agevolazioni in forma automatica a favore delle
imprese industriali localizzate nelle aree depresse)
44. Legge n.341/1995. Conversione decreto-legge n.244/95 -
Art. 9 (Sostegno a interventi di modernizzazione delle imprese
operanti nel settore del commercio)
45. Legge n.549/1995 - Art. 2, comma 42 (Agevolazioni alle
imprese del commercio e del turismo nelle aree depresse)
46. Legge n.549/1995 - Art. 3, commi 24-39 (Imposta
speciale conferimento in discarica dei rifiuti)
47. Legge n.344/1997 - Art. 2 (Promozione delle tecnologie
pulite e dello sviluppo della sostenibilità urbana)
Pag. 267
48. Legge n.30/1997. Conversione decreto-legge n.669/1996
- Art. 29 (Contributo per l'acquisto di autoveicoli nuovi a
fronte della rottamazione di analoghi beni usati)
49. Legge n.449/1997 - Art. 4, comma 9 (Legge finanziaria
1998 Incentivi per le piccole e medie imprese)
50. Legge n.449/1997 - Art. 17, comma 29 (Legge
finanziaria 1998. Disposizioni tributarie in materia di
veicoli)
51. Legge n.449/1997 - Art. 18 (Imposta erariale regionale
sulle emissioni sonore degli aeromobili).
Invita il Vicepresidente Gerardini a prendere la
parola.
Il deputato Franco GERARDINI, in qualità di relatore,
avverte che al documento prima ricordato sono state presentate
alcune proposte emendative. Illustra quelle presentate dal
deputato Oreste Rossi, che sono del seguente tenore:
"Al capitolo 3, tredicesimo comma, dopo le parole: 'della
nozione di rifiuto (e di disfarsi)' aggiungere: 'Tanto è vero
che nella versione definitiva del decreto che disciplina le
procedure 'agevolate' sul recupero dei rifiuti non pericolosi
(DM 5 febbraio 1998, pubblicato in SO n.72 alla Gazzetta
Ufficiale n.88 del 16 aprile 1998) i ministri concertanti
hanno soppresso le MPE ripristinando il termine di materie
prime secondarie. Probabilmente per timore di incorrere in
ulteriori procedure di infrazione in sede Ue, poichè il
concetto di MPS si allontana meno di quello di MPE dalla
legislazione e soprattutto dalla giurisprudenza europea, che è
risultata sempre meno propensa ad escludere dalla nozione di
rifiuto quelle sostanze od oggetti suscettibili di
riutilizzazione economica (Corte di giustizia europea 25
giugno 1997, Tombesi), anche se inserite in un processo di
produzione industriale (Corte di giustizia europea 18 dicembre
1997)".
"Al capitolo 6.1, subito prima del paragrafo 'Gli accordi
di programma', aggiungere: 'Un altro strumento volontario di
politica ambientale, di cui è auspicabile la diffusione, sono
le norme della serie ISO 14000 (certificazione di qualità
ambientale). La certificazione, secondo tali norme, per certi
aspetti simili all'EMAS e in parte meno vincolanti (manca,
infatti, nel sistema ISO l'onerosa 'dichiarazione
ambientale'), ha il vantaggio di essere riconosciuta su scala
internazionale - e non solo in ambito strettamente Ue, come
l'EMAS - ed è ottenibile piuttosto agevolmente da chi ha già
ottenuto la registrazione del sito come EMAS. Inoltre le ISO
14000, al contrario dell'EMAS, si rivolgono a tutti i tipi di
aziende e non solo ai siti industriali'".
Illustra quindi le proposte emendative presentate dal
Presidente Scalia, che sono del seguente tenore:
"Al capitolo 1, primo comma, sostituire le parole:
'costituisce un vincolo' con le parole: 'ha costituito sino
all'emanazione del decreto legislativo n.22 del 1997 un
vincolo'.
Al capitolo 1, quarto comma, sostituire le parole: 'non
sono previste' con le parole: 'non erano previste'.
Al capitolo 2, sesto comma, dopo le parole: 'alcuni
aspetti' aggiungere le parole: '-anche per via dei limiti
imposti dalla legge delega-'.
Al capitolo 2, ultimo comma, aggiungere dopo le parole:
'sistema industriale' le parole: 'ed
istituzionale-amministrativo'.
Al capitolo 6.2, nel paragrafo 'dalla tassa alla tariffa'
sopprimere l'ultimo comma".
Accetta le proposte emendative testè illustrate.
Il Presidente Massimo SCALIA pone in votazione le proposte
emendative presentate dal deputato Oreste Rossi, che vengono
approvate.
Passa quindi alla votazione delle proposte emendative da
lui presentate.
Pag. 268
Il senatore Giuseppe SPECCHIA, riferendosi alla prima
proposta emendativa del Presidente Scalia, chiede al relatore
di valutare l'opportunità di mantenere il testo originario.
Il deputato Franco GERARDINI, in qualità di relatore,
ritiene opportuna la modifica proposta dal Presidente
Scalia.
Il Presidente Massimo SCALIA si dichiara d'accordo con il
deputato Gerardini.
Pone in votazione le prime quattro proposte emendative da
lui presentate, che vengono approvate.
Passa quindi alla votazione dell'ultima proposta
emendativa.
Il senatore Giuseppe SPECCHIA, in riferimento all'ultima
proposta emendativa del Presidente Scalia, ritiene che, invece
di sopprimere il comma, si debba procedere alla seguente nuova
formulazione: "E' opportuno che si affronti, contestualmente
all'emanazione del decreto attuativo, la problematica relativa
all'IVA connessa con la tariffa".
Il deputato Franco GERARDINI, in qualità di relatore, si
dichiara d'accordo con tale nuova formulazione.
Il Presidente Massimo SCALIA accetta la formulazione del
comma espressa dal senatore Specchia.
Pone quindi in votazione l'ultima proposta emendativa da
lui presentata, che viene approvata.
Passa quindi alla votazione del documento nel suo
complesso.
Il senatore Giuseppe SPECCHIA ringrazia innanzitutto il
relatore, i consulenti e la segreteria della Commissione per
il contributo offerto alla predisposizione del documento in
esame, che ha rivelato aspetti assai complessi e certamente
innovativi nel panorama normativo del nostro Paese.
Ritiene che il documento possa essere l'occasione per
l'inizio di una cultura rivolta all'ambiente di stampo
innovativo, in cui l'attività della pubblica amministrazione,
ed in particolare degli enti locali, possa costituire il segno
di una nuova epoca: esprime, a tale proposito, la necessità
che siano posti in essere gli adeguati controlli affinchè non
continuino ad essere attuati ai danni dell'ambiente quei
comportamenti che attentano alla vita sociale ed alla salute
pubblica.
Esprimerà il suo voto favorevole, pur mostrando riserve
sulla parte del documento relativa alla tassa-tariffa.
Il deputato Pierluigi COPERCINI, esprimendo consenso sulle
premesse e sulle finalità sottese al documento in esame,
auspica che vengano attuati al più presto i princìpi contenuti
nel decreto legislativo n.22 del 1997, che incontra ancora -
come è emerso dalle audizioni svolte nei giorni scorsi in
Sicilia - considerevoli resistenze.
Esprimerà il suo voto favorevole, nella certezza che il
miglioramento dell'ambiente costituisca la premessa per un
migliore futuro della vita della popolazione.
Il Presidente Massimo SCALIA ricorda che il gruppo di
lavoro coordinato dal Vicepresidente Gerardini ha elaborato
anche un progetto di legge relativo agli incentivi alle
imprese per lo sviluppo sostenibile: data la sua complessità,
ritiene che possa essere esaminato nelle prossime
settimane.
Il deputato Franco GERARDINI, in qualità di relatore, si
dichiara d'accordo su quanto testè prospettato dal Presidente
Scalia e precisa che con il progetto di legge citato si
intende incentivare l'applicazione del sistema EMAS in Italia:
a tal fine, ritiene opportuno che siano svolte alcune
audizioni, in particolare con i rappresentanti delle piccole
imprese e degli artigiani, del comitato EMAS, dell'ENEA e
dell'ANPA.
Il Presidente Massimo SCALIA pone infine in votazione il
documento nel suocomplesso. Viene approvato all'unanimità.
La seduta termina alle 14,15.
| |