Banche dati professionali (ex 3270)
Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

Documento


377929
SMC0355-0127
Bollettino Giunte e Commissioni n. 355 del 28 maggio 1998 - edizione definitiva - (SMC13-355)
(suddiviso in 127 Unità Documento)
Unità Documento n.127 (che inizia a pag.246 dello stampato)
               ...COMMISSIONE PARLAMENTARE
                         DI INCHIESTA
       sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite
                       ad esso connesse
 
 
Seguito dell'esame ed approvazione del documento predisposto dal gruppo di lavoro coordinato dal Vicepresidente deputato Franco Gerardini, relativo alla realizzazione di un sistema industriale nella gestione dei rifiuti per una nuova politica ambientale.
Giovedì 28 maggio 1998. - Presidenza del Presidente Massimo SCALIA.
ZZSMC ZZRES ZZSMC280598 ZZSMC980528 ZZSMC000598 ZZSMC000098 ZZSMC355 ZZ13 ZZD ZZC39 ZZFF
     Il Presidente Massimo SCALIA ricorda che nelle sedute del
  31 marzo e del 22 aprile scorsi è iniziato l'esame del
  documento in titolo; nell'odierna seduta si procederà
  all'esame ed alla votazione delle proposte emendative
  presentate, nonchè all'approvazione del documento nel suo
  complesso.  Successivamente, il gruppo di lavoro coordinato dal
  Vicepresidente Gerardini si occuperà di altre tematiche
  connesse.
     Fa presente che il 5 giugno prossimo, nei locali di via
  del Seminario, si svolgerà la presentazione del rapporto sulla
  gestione dei rifiuti solidi urbani in Italia, realizzato con
  l'Osservatorio nazionale sui rifiuti ed in collaborazione con
  l'ANPA.
     Ricorda che il documento in esame è del seguente
  tenore:
  REALIZZARE UN SISTEMA INDUSTRIALE NELLA GESTIONE DEI RIFIUTI
              PER UNA NUOVA POLITICA AMBIENTALE
                            INDICE
  1.  Premessa.
  2.  La nuova normativa.
  3.  Il concetto di rifiuto.
  4.  La centralità della minimizzazione dei rifiuti.
  5.  Il sistema di gestione dei rifiuti.
    5.1 Effetti economici ed occupazionali del riciclaggio.
    5.2 Primi risultati e prospettive.
    5.3 Il problema del recupero energetico.
  6.  Nuovi strumenti per una più efficace politica dei
  rifiuti.
    6.1 Gli strumenti volontari.
 
                              Pag. 247
 
    6.2 La fiscalità ambientale e gli incentivi economici.
  7.  Proposte operative.
  1.  Premessa.
     La normativa sui rifiuti, anzichè essere vista come
  occasione di sviluppo dal mondo industriale, è solo subìta e
  costituisce un vincolo a causa di molti fattori che qui si
  elencano e che, per converso, facilitano lo sviluppo delle
  organizzazioni malavitose del settore.
     Sinora non vi è stata programmazione del sistema di
  gestione dei rifiuti, ma tutto si è basato sull'emergenza: le
  normative si sono sovrapposte e non sono state coordinate; non
  si sono posti obiettivi realistici ma del tutto inadeguati
  alla realtà esistente anche con riferimento alle strutture di
  controllo ed ai laboratori di analisi.
     Il sistema di controllo è tutto basato su autorizzazioni
  preventive e non su controlli successivi a campione, e le
  autorizzazioni hanno tempi abnormi per il rilascio (e non sono
  fissati termini massimi per l'esaurimento della procedura).
     Non sono previste forme di autocertificazione.
     Non si hanno poi parametri attendibili circa le dimensioni
  del fenomeno e questo forse è l'aspetto più grave (ad esempio
  il fallimento del vecchio catasto rifiuti).  Questo inficia
  qualsiasi tentativo di programmazione e di determinazione di
  ecoincentivi, nonchè ogni seria diagnosi quali-quantitativa ai
  fini di una mappatura impiantistica.
     Una nuova e più corretta strategia in materia di rifiuti
  rappresenta uno dei punti cruciali di una seria ed efficace
  politica dell'ambiente.
     Essa deve essere basata sulla salvaguardia e sull'adeguata
  utilizzazione di materie prime, risorse naturali ed
  ambientali, per mirare a raggiungere quella che si può
  definire una "società a ciclo ecologico".
     Per raggiungere la società a ciclo ecologico è necessario
  basarsi su due pilastri fondamentali: la riduzione a monte
  della produzione dei rifiuti ed un intervento a valle di
  massimo recupero dei rifiuti di materie prime (riutilizzo e
  riciclaggio dei diversi materiali e prodotti) e di energia.
     La Commissione UE con la comunicazione del 30 luglio 1996
  (COM 96/399) ha riesaminato la strategia comunitaria di
  gestione dei rifiuti, il cui pilastro "forte" è la maggiore
  desiderabilità di forme di recupero dei materiali rispetto al
  recupero di energia.  In questo modo è stato eliminato il
  rischio che, considerando il recupero energetico una forma di
  valorizzazione equivalente al riciclaggio, si penalizzasse
  l'aspetto preventivo rispetto all'aspetto
  end-of-pipe.
     Inoltre il riciclaggio, essendo maggiormente
  labour-intensive  rispetto all'incenerimento, ha una
  maggiore efficacia dal punto di vista occupazionale.
     La comunicazione tiene anche a ribadire che la "gerarchia"
  delle diverse attività connesse con il ciclo dei rifiuti deve
  essere applicata tenendo conto del principio della "migliore
  opzione per l'ambiente" e dei costi economici e sociali.
     Attuando queste linee fondamentali che sono contenute nel
  decreto legislativo n.22/97, si avrà come conseguenza la
  riduzione dell'apporto dei rifiuti in discarica e si
  colpiranno alla base le attività illecite, connesse
  prevalentemente con la realizzazione e la gestione delle
  discariche.
     Tutto ciò richiede un cambiamento profondo di tutti i
  soggetti pubblici e privati: dal legislatore alle autorità
  preposte al controllo delle leggi, a tutto il sistema
  nazionale di produzione e consumo.
     L'Unione europea, già all'inizio degli anni novanta,
  nell'ambito del V programma di azione comunitario in materia
  ambientale e per uno sviluppo sostenibile, ha ritenuto
  opportuno introdurre i princìpi di una nuova politica
  ambientale basata essenzialmente sull'azione di prevenzione e
  sul comportamento volontario responsabile di tutti gli
  operatori e dei cittadini.
     Infatti, la legislazione basata unicamente sulla
  regolamentazione dei singoli
 
                              Pag. 248
 
  aspetti della protezione dell'ambiente (emissione
  nell'atmosfera di sostanze inquinanti, scarichi idrici,
  rifiuti, eccetera), attraverso l'emanazione di una normativa
  sempre più fitta e complicata, non ha dato risultati
  soddisfacenti.
     Da una parte, le imprese dimostrano incapacità di
  soddisfare requisiti sempre più numerosi e complessi,
  dall'altra, le autorità preposte al controllo effettuano il
  loro lavoro in maniera episodica ed incompleta.
     L'impresa privata, anche a causa di condizionamenti
  (collusione tra affari e politica, ecomafie, eccetera), non ha
  certamente scommesso sull'innovazione ambientale dei prodotti
  e sul  business  dell'impiantistica ambientale di qualità
  (i finanziamenti disponibili per la gestione dei rifiuti
  industriali sono stati sottoutilizzati), rallentando di fatto
  la modernizzazione del Paese.
  2.  La nuova normativa.
     Il decreto legislativo n.22 del 1997 ha introdotto una
  nuova disciplina generale nella gestione dei rifiuti, che era
  in precedenza caratterizzata da un coacervo di norme
  stratificatesi in modo disorganico e contraddittorio sul
  nucleo normativo fondamentale costituito dal decreto del
  Presidente della Repubblica n.915 del 1982.
     La regolamentazione prevista dal decreto legislativo n.22
  del 1997 ha fornito lo spunto per una serie di analisi sulle
  potenzialità del nostro sistema di gestione dei rifiuti.
     Forse mai come oggi si è realizzata tanta unanimità sulle
  prospettive:
       sviluppo della raccolta differenziata e recupero dei
  materiali da essa provenienti da parte delle filiere
  industriali dell'imballaggio;
       sviluppo delle raccolte selettive del verde e dei
  mercati per la trasformazione in compost di alta qualità;
       trattamento generalizzato a tutta la restante frazione
  di RSU per l'ottenimento di CDR (combustibile derivante dai
  rifiuti) e di compost;
       recupero energetico del CDR e delle altre frazioni di
  rifiuti combustibili;
       smaltimento in discarica delle sole frazioni residuali
  dei trattamenti precedenti, oltre agli inerti e a quei rifiuti
  che saranno individuati con apposito decreto.
     In questo quadro, va posta particolare attenzione alla
  produzione ed utilizzazione del CDR: si deve cercare di
  evitare l'avvio di processi speculativi derivanti dal
  comportamento consistente nel produrre enormi quantità di CDR
  in assenza di una rete adeguata di impianti dedicati di
  combustione.  Infatti, ciò comporterà senz'altro l'avvio del
  CDR nelle discariche, come purtroppo si è già verificato nel
  caso dell'RDF, anch'esso combustibile derivato dai rifiuti.
     Tutta la trasformazione del settore dovrebbe essere
  orientata con una precisa "bussola", che è quella del mercato
  e della concorrenza.  Eccezioni a queste indicazioni dovrebbero
  essere fatte solo per quelle zone ad emergenza rifiuti dove le
  esigenze di lotta alla malavita rendono necessari poteri di
  intervento e pianificazione del settore pubblico
  particolarmente cogenti.
     Il decreto legislativo n.22 del 1997 avrà senz'altro
  alcuni difetti, sono tanti i decreti attuativi per dare tutte
  le gambe alla normativa (ma si realizza una corposa
  delegificazione), alcuni aspetti sono troppo marginali come la
  parte relativa alla prevenzione della produzione dei rifiuti,
  ma possiede una grande qualità: quella di offrire un quadro di
  norme che consentono d'innovare il sistema di gestione dei
  rifiuti e promuovere la crescita di nuove capacità
  imprenditoriali ed occupazionali verso un sistema industriale
  ed una moderna gestione dei servizi.
     E' chiaro che molto dipenderà da come sapranno muoversi,
  da come risponderanno, i vari soggetti, i vari attori in
  campo, che hanno il compito di giocare al meglio le loro
  carte.
     E' una svolta moralizzatrice del settore dei rifiuti,
  perchè intende affermare un concetto di fondo: più legalità
  uguale più modernità e più tutela per l'ambiente.
 
                              Pag. 249
 
     Tutti concordano che, in questo primo anno di applicazione
  della normativa del decreto legislativo n.22 del 1997, due
  fattori hanno condizionato l'attuazione della nuova legge: la
  complessità e la corposità della normativa, nonchè
  l'arretratezza del sistema Italia in questo settore.
     Per il primo aspetto, va sottolineato che la necessità di
  prevedere decreti attuativi era inevitabile, per il carattere
  interdisciplinare, per l'elevato contenuto tecnico della
  normativa di settore, che impone un intervento di
  completamento della legge da parte dell'autorità
  amministrativa competente, e per un impegnativo lavoro di
  concertazione (Ministeri competenti, Conferenza Stato-Regioni,
  eccetera), per adeguare strumenti operativi già esistenti o da
  costituire  ex novo  (Albo gestori, Osservatorio, CONAI,
  catasto, eccetera).  A parte ciò si rende necessario un impegno
  del Governo a limitare il numero dei decreti, accorpando, ove
  possibile, le norme attuative.
     Per il secondo aspetto, c'è da rilevare che la portata
  innovativa di alcune disposizioni si è scontrata con un
  sistema industriale che, a causa della scarsa programmazione e
  del prevalere dei fattori emergenziali in materia ambientale,
  è risultato ancora impreparato a dare risposte efficaci in
  tempi brevi.  Infatti, l'industria dei RSU nella sua attuale
  struttura non è in grado di garantire una  performance
  ottimale.  Molti degli impianti costruiti si sono rivelati
  inadeguati (si pensi alle migliaia di tonnellate di compost e
  RDF accantonate in discariche più o meno provvisorie).  Il
  livello di recupero di materiali ed energia è assai modesto se
  comparato con gli  standards  europei e gli obiettivi
  imposti dalle direttive.
  3.  Il concetto di rifiuto.
     Un primo ostacolo da superare per poter attuare la nuova
  normativa sui rifiuti consiste nell'interpretazione del
  concetto di rifiuto.
     La direttiva 91/156/CEE intende per rifiuto "qualsiasi
  sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate
  nell'allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso
  o abbia l'obbligo di disfarsi".
     La nuova definizione risulta essere frutto della
  combinazione di un criterio oggettivo "qualsiasi sostanza od
  oggetto che rientri nelle categorie riportate nell'allegato A"
  con un criterio soggettivo "di cui il detentore si disfi o
  abbia l'obbligo di disfarsi".  Il legislatore ha quindi inteso
  rafforzare il ruolo del criterio oggettivo, così come
  stabilito dalla direttiva 91/156, che ha modificato la
  definizione di cui all'articolo 1 della direttiva 75/442:
  "qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o
  abbia l'obbligo di disfarsi secondo le disposizioni
  vigenti".
     Nella nuova ottica il riconoscimento della qualità di
  rifiuto deriva da una duplice valutazione: l'appartenenza del
  "residuo" all'allegato A e la volontà del produttore-detentore
  di disfarsene.
     L'allegato A ripropone sostanzialmente l'allegato 1B della
  direttiva 91/156, con l'indicazione di quindici categorie di
  rifiuti e di un'ultima categoria "conclusiva" in base alla
  quale è rifiuto qualsiasi sostanza, materia o prodotto che non
  rientri nelle categorie sopra elencate.  Il valore
  classificatorio di tale formula è evidentemente scarso, in
  quanto di fatto tutto può essere rifiuto.  In questo modo
  finisce per risultare prevalente la rilevanza del criterio
  soggettivo, poichè, a fronte dello scarso rilievo della
  condizione oggettiva, occorre accertare la destinazione che il
  soggetto ha deciso di dare o ha dato a tale sostanza.  Sotto
  questo secondo profilo diviene fondamentale una piena
  comprensione del termine "disfarsi", per stabilire con quali
  operazioni o con l'avvio di quale  iter  il soggetto rende
  nota la propria volontà di disfarsi di una certa cosa o di una
  certa sostanza.  La distinzione fra prodotti e rifiuti rimane
  quindi molto problematica.
     In merito al significato del termine "disfarsi", va
  ricordato che il gruppo di lavoro creato  ad hoc,
  nell'ambito del comitato previsto dall'articolo 18 della
  direttiva 91/156, non ha mai trovato una soluzione,
  riunendosi, peraltro, un numero
 
                              Pag. 250
 
  limitato di volte.  L'Italia, in quel contesto, pur avendo
  presentato una sua proposta, non ha mai ottenuto la
  possibilità di discussione.  D'altra parte, la stessa DGXI, nel
  suo rapporto del 27 febbraio 1997, ha dovuto riconoscere che
  non vi è un solo Stato in regola con la direttiva 91/156 e con
  le interpretazioni fornite dalla DGXI stessa.
     Ciò è emerso anche nel corso delle due questioni
  pregiudiziali discusse dinanzi alla Corte di giustizia europea
  e che hanno portato alle sentenze del 25 giugno 1997 e 18
  dicembre 1997.
     Le memorie difensive dei vari Stati e le conclusioni del
  procuratore generale hanno mostrato tutta la loro diversità di
  opinioni da quelle della DGXI.
     In un recente rapporto redatto per il Parlamento europeo
  nel novembre 1997 dall'IPTS di Siviglia (che è lo stesso
  organismo incaricato di redigere le BAT in attuazione della
  direttiva 96/91 in materia di IPPC) viene chiaramente
  affermato che la principale causa del negativo impatto della
  normativa sui rifiuti sul sistema è la diversa interpretazione
  della nozione di rifiuto che danno i vari Stati membri, in
  assenza di indicazioni unitarie e vincolanti da parte della
  DGXI.
     Infatti, la stessa Commissione Unione europea registra
  (Bruxelles 27 febbraio 1997, COM (97) 23 def) "... una
  notevole divergenza terminologica fra gli Stati membri...".
     Per offrire un contributo, la definizione di rifiuto
  potrebbe essere nei fatti interpretata con un tentativo di
  "oggettivizzazione" dei criteri soggettivi nel modo seguente:
  qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie
  riportate nell'allegato A e che il detentore abbia avviato ad
  una delle operazioni individuali ai sensi degli allegati B e
  C, come smaltimento e recupero (ricomprendendo naturalmente
  anche tutte le ipotesi di abbandono illecito dei rifiuti).
     In conclusione, l'importanza di una chiara ed univoca
  nozione di rifiuto, oltre che essere un presupposto
  indispensabile per un'efficace protezione ambientale, è
  condizione essenziale per un corretto funzionamento
  dell'economia, in particolare del regime di regolamentazione
  degli scambi commerciali nel mercato interno.  La comunicazione
  96/399 evidenzia che la legislazione europea sui rifiuti deve
  coniugare due esigenze: elevata protezione ambientale e
  corretto funzionamento del mercato interno.  Infatti, è basata
  in parte sull'articolo 100A ed in parte sull'articolo 130S del
  Trattato.
     L'introduzione del concetto di materie prime equivalenti -
  MPE - (nella sua definizione di "materie e materiali con
  caratteristiche equivalenti alle materie prime utilizzate nei
  cicli di produzione e, pertanto, in quanto impiegati negli
  stessi settori di produzione, sottoposti al regime normativo
  delle materie prime") appare un segno (uno dei tanti) legato
  alle difficoltà connesse all'interpretazione della nozione di
  rifiuto (e di disfarsi).
     Pervenire ad un'univoca interpretazione del concetto di
  rifiuto è dunque un'esigenza non più rinviabile.
     Una differente interpretazione della definizione di
  rifiuto, infatti, potrebbe condurre ad assegnare alla stessa
  materia un valore commerciale ed economico diverso, da Stato a
  Stato, ed essere sottoposta a differenti vincoli allo scambio
  tra le imprese, alterando di fatto i corretti meccanismi della
  concorrenza.
     In particolare, va rimarcato che le conseguenze di
  un'interpretazione "allargata" della nozione di rifiuto
  porterebbe ad una situazione in cui gli impianti industriali,
  che si trovassero a utilizzare come rifiuti dei materiali fino
  ad allora considerati delle vere e proprie materie prime,
  diventerebbero delle industrie del recupero, assoggettate agli
  stringenti vincoli amministrativi e tecnologici di cui s'è
  fatto cenno sopra, con un'indubbia alterazione della
  competitività a livello nazionale e soprattutto
  internazionale.
     A questo potrebbero aggiungersi ricadute negative anche da
  un punto di vista ambientale, in quanto la complessità degli
  adempimenti previsti dalla normativa potrebbe indurre il
  detentore del materiale, qualora fosse qualificato come
  rifiuto, a disfarsene piuttosto che avviarlo ad un
 
                              Pag. 251
 
  suo effettivo utilizzo, azzerando i benefìci ambientali che
  deriverebbero invece da un suo impiego e che riguardano la
  riduzione dell'uso delle risorse e dell'energia, ostacolando
  di fatto il raggiungimento della "società a ciclo ecologico"
  in precedenza richiamata.
  4.  La centralità della minimizzazione dei
  rifiuti.
     Il decreto legislativo n.22 del 1997 offre un quadro di
  norme che consentono l'innovazione del sistema di smaltimento
  e la crescita di nuove capacità imprenditoriali ed
  occupazionali, e con esso il nostro Paese si allinea con i
  nuovi princìpi europei cui si deve ispirare la gestione dei
  rifiuti.
     Esso pertanto rappresenta una straordinaria opportunità
  per realizzare un sistema industriale nella gestione dei
  rifiuti, che presuppone lo sviluppo di innovazione tecnologica
  e di moderna gestione dei servizi.
     Il decreto legislativo n.22 del 1997 contiene alcuni
  princìpi che in altri Paesi europei sono da tempo una realtà.
  Il principio di prossimità, per cui i rifiuti devono essere
  smaltiti il più possibile vicino ai luoghi dove sono prodotti;
  il principio di autosufficienza; il principio di chi
  inquina-paga; il principio delle 4R secondo una ben definita
  gerarchia che vede al primo posto la riduzione della quantità
  dei rifiuti prodotti e della loro pericolosità, il riutilizzo,
  il riciclo dei materiali, il recupero sia in termini di
  materia che di energia, lo smaltimento finale che diviene una
  mera fase residuale del ciclo; il principio della
  responsabilità condivisa per cui la gestione dei rifiuti deve
  essere ripartita fra tutti i soggetti coinvolti nelle varie
  fasi del ciclo di vita dei materiali, dalla produzione allo
  smaltimento.
     In sintesi, come avviene nella maggior parte dei Paesi
  europei, per risolvere il problema dei rifiuti si deve
  applicare il seguente schema di priorità: riduzione e
  minimizzazione all'origine dei rifiuti; riutilizzo,
  riciclaggio; recupero energetico; avvio a discarica.
     La questione fondamentale è la riduzione dei rifiuti, cioè
  la nascita di politiche di gestione dei rifiuti dal lato della
  domanda di prodotti.  La  waste minimization  non risolve
  tutti i problemi ma costituisce un tassello fondamentale del
  life-cicle-analysis,  per esempio degli imballaggi.
     Negli anni 1993-94 la produzione complessiva dei rifiuti
  in Italia è stata stimata in 63,6 milioni di tonnellate: di
  questi 22,7 milioni di tonnellate tossici nocivi e 14,3
  milioni di tonnellate inerti, mentre circa 200.000 tonnellate
  erano stimati i rifiuti ospedalieri.
     Dal 1991 al 1994 i RSU sono aumentati (Relazione sullo
  stato dell'ambiente) del 13 per cento, con una crescita media
  annua del 3-4 per cento.  Nel 1995 (dati Federambiente) si è
  avuta una diminuzione di 300.000 tonnellate di RSU, con una
  produzione per abitante/anno di 450 Kg.
     Le famiglie producono circa il 50-60 per cento del totale
  dei RSU, mentre il restante 40-50 per cento è prodotto da reti
  commerciali, esercizi pubblici e terziario.
     Lo spazio della minimizzazione è enorme.  Essa potrebbe, in
  primo luogo, consentire un 15-20 per cento di crescita evitata
  della quantità dei rifiuti nel prossimo decennio.  Ed è anche
  un 10-15 per cento di riduzione subito ottenibile rispetto
  alla situazione attuale.  Anche intervenendo sul solo comparto
  imballaggi è realisticamente possibile conseguire una
  riduzione di questo ordine di grandezza agendo in cinque
  direzioni (Duccio Bianchi, 1997): una riduzione della quantità
  di imballo per unità di prodotti (razionalizzazione,
  alleggerimenti materiali); l'eliminazione
  dell' overpackaging  e in specie dell'imballo secondario;
  l'impiego di contenitori a rendere per liquidi con il ricorso
  anche a materiali leggeri plastici ri-riempibili; l'impiego di
  imballi a rendere per l'imballaggio terziario (trasporto); la
  riduzione dell'imballaggio non obbligato nella grande
  distribuzione (cestelli, eccetera).
 
                              Pag. 252
 
     Esistono aree in cui è possibile ottenere risultati
  positivi aumentando le  performances  dei materiali,
  riducendo il peso degli stessi.  Ad esempio per il cartone
  ondulato, cioè gli scatoloni, che sono circa 2 milioni di
  tonnellate, il 20 per cento degli imballaggi in Italia, sulla
  base di studi compiuti, si stima addirittura una possibile
  riduzione di peso, con conseguente riduzione di impatto
  sull'ambiente di quasi il 20 per cento in cinque anni.
     Nel corso della progettazione degli imballaggi è possibile
  mettere in atto strategie integrate per la riduzione
  dell'impatto ambientale che contemplino diverse fasi del ciclo
  di vita dei prodotti.  Le principali prescrizioni sono le
  seguenti:  design  per la diminuzione del consumo delle
  risorse, per l'allungamento della vita del prodotto, per il
  riciclo, per il disassemblaggio.  Così come risultano
  essenziali mirate azioni di informazione del consumatore.
     Altre e importanti possibilità esistono, ad esempio nel
  lavoro di ufficio, dove le tecnologie informatiche e la
  standardizzazione di alcune procedure aprirebbero la
  possibilità di riduzioni di alcune quote non marginali di
  rifiuto cartaceo.
     In altri termini, vale per la gestione dei rifiuti ciò che
  vale per la gestione dell'energia: la necessità di impostare
  una politica dal lato della domanda, di risparmio e riduzione,
  e non solo di miglioramento delle modalità di smaltimento.
     Il decreto legislativo n.22 del 1997 ha recepito la
  gerarchia comunitaria, che pone l'accento sulla
  necessità-priorità di perseguire la minimizzazione dei
  rifiuti, sposando i contenuti dell'agenda XXI per ciò che
  attiene la gestione integrata dei rifiuti.
     Nella terminologia anglosassone per  waste minimization
  si intende tutta una serie di operazioni finalizzate ad
  un'effettiva riduzione del volume e della produzione del
  rifiuto, se quest'ultimo è pericoloso, e indica una riduzione
  dei rischi per l'uomo e per l'ambiente.  Pertanto è un concetto
  innovativo che incentiva la prevenzione, riducendo all'origine
  la produzione del rifiuto stesso.
     E' possibile raggiungere buoni risultati se si agisce sui
  seguenti quattro livelli: misure di tipo economico dirette
  (tasse e tariffe) o indirette (incentivi ed esenzioni); misure
  amministrative che limitano il consumo e la distribuzione di
  determinati tipi di prodotto o l'impiego di determinate
  sostanze o la qualità di rifiuti; accordi di programma con il
  sistema delle imprese e della distribuzione; politiche di
  prodotto attraverso obblighi derivanti dal principio di
  responsabilità del produttore (obblighi di recupero e gestione
  del prodotto a fine vita) o misure di promozione (eco-label,
  indirizzi per gli acquisti da parte del sistema pubblico), e
  attività di formazione sociale finalizzate ad incoraggiare
  stili di vita e prodotti ecologicamente più sostenibili.
     I costi e le convenienze per il produttore, o per il
  consumatore, tendono poi a determinare la scelta tra azioni di
  minimizzazione o di riciclaggio.
     Inoltre, la gestione dei rifiuti si dovrà basare su
  sistemi integrati da una combinazione di metodi diversi.
  Infatti, anche con il più alto tasso possibile di riduzione e
  riciclaggio, sarà sempre necessario trattare i rifiuti ed
  esistono tecnologie in grado di trattare efficacemente i
  rifiuti in modo sicuro dal punto di vista ambientale.
     I diversi metodi non solo non dovrebbero essere in
  contraddizione tra di loro ma dovrebbero, al contrario, essere
  considerati reciprocamente complementari: recupero di
  materiali domestici ed industriali, che prevede il diretto
  coinvolgimento dei residenti e delle industrie in cooperazione
  con coloro cui sono stati affidati la raccolta, il recupero ed
  il riciclaggio dei diversi materiali e prodotti; incremento
  dell'utilizzazione di materiali e fonti energetiche
  provenienti da rifiuti industriali, e quindi la conservazione
  delle risorse dovrebbe essere attuata principalmente
  all'interno dell'industria, attraverso l'uso di tecnologie a
  basso contenuto di rifiuti, ed attraverso il recupero interno
  di residui e rifiuti; trattamento termico dei rifiuti con
  recupero energetico; utilizzazione della parte facilmente
  biodegradabile
 
                              Pag. 253
 
  dei rifiuti organici per la produzione di biogas e compost;
  discarica che, indipendentemente dagli altri metodi
  utilizzati, resterà sempre un impianto residuale.
  5.  Il sistema di gestione dei rifiuti.
  5.1 Effetti economici ed occupazionali del riciclaggio.
     Il sistema di smaltimento dei rifiuti solidi urbani in
  Italia solo negli ultimi anni ha cominciato ad evolversi nel
  senso della gestione integrata degli stessi.  Tuttavia si può
  osservare che:
     lo smaltimento in discarica resta il sistema prevalente
  sia su scala nazionale (circa l'85 per cento dei rifiuti
  urbani) che per ogni singola regione; solo in alcune regioni
  del centro-nord (Alto-Adige, Lombardia, Emilia, Toscana,
  Umbria) si registra un sistema di smaltimento articolato, nel
  quale le forme di trattamento e smaltimento alternative alla
  discarica incidono almeno sul 30 per cento dei rifiuti
  prodotti; la termodistruzione (con recupero di energia nel 70
  per cento degli impianti esistenti) riguarda appena il 7 per
  cento dei rifiuti urbani (cioè circa 1,8 milioni t/a) ed è
  concentrata per oltre il 60 per cento in Lombardia ed in
  Emilia Romagna; secondo recenti studi, attualmente operano 23
  impianti di selezione di rifiuti t/q, dai quali si ottiene: 23
  per cento compost, 39 per cento frazione combustibile, 13 per
  cento scarti, 25 per cento perdite.  La frazione combustibile
  ottenuta viene per il 20 per cento smaltita in impianti di
  incenerimento, per l'1 per cento ceduta a terzi, e per il 79
  per cento smaltita in discarica.
     Sono sei i principali schemi di gestione dei rifiuti.
     Interramento dissipativo: è l'opzione basata sulla
  discarica, con una bassa raccolta differenziata, ed è il
  sistema prevalente in Italia.  Con tale sistema la raccolta
  differenziata non riguarda più del 10 per cento dei rifiuti
  prodotti.
     Massima valorizzazione energetica: tale opzione punta
  massimamente sull'incenerimento dei rifiuti prodotti, ma -
  allo stato attuale - lo scarso recupero energetico italiano la
  rende ambientalmente debole e in contrasto con il decreto
  legislativo n.22 del 1997.  Anche con tale sistema la raccolta
  differenziata non supera il 10 per cento, mentre
  all'incenerimento finisce circa l'80 per cento dei rifiuti, e
  un restante 10 per cento di tal quale finisce in discarica.
     Valorizzazione del rifiuto indifferenziato: è l'opzione
  basata sugli impianti compost/rdf, ma non garantisce un
  prodotto di qualità e dunque il suo rendimento anche
  economico; la raccolta differenziata oscilla da un minimo del
  5 per cento a un massimo del 25 per cento e una quota
  rilevante dei rifiuti finisce al trattamento termico.
     Sistema integrato con forte valorizzazione energetica:
  adottato in buona parte dell'Europa centrale e settentrionale,
  porta la raccolta differenziata a quasi il 50 per cento dei
  rifiuti, e ha punte di termodistruzione fino al 70 per cento;
  è minimizzato il ricorso alla discarica e ha tra gli aspetti
  positivi un'omogeneità dei rifiuti da bruciare.
     Sistema integrato a bassa valorizzazione energetica:
  variante del sistema precedente, è lo schema adottato ad
  esempio a Milano, e consente l'uso della frazione combustibile
  anche in impianti di combustione non dedicati, come i
  cementifici.
     Sistema ad elevato recupero senza trattamenti termici:
  utilizzato in aree europee a bassa densità abitativa, porta la
  raccolta differenziata a punte del 60 per cento, con un
  rendimento nel trattamento del rifiuto differenziato fino al
  70 per cento.
     La composizione merceologica dei rifiuti solidi urbani sta
  cambiando negli ultimi anni con la crescita delle frazioni
  secche (carte, plastica, vetro, metalli) rispetto alla
  frazione organica.
     Da un confronto di diverse analisi sulla composizione peso
  dei rifiuti, l'organico rappresenta circa il 30 per cento, la
  plastica e la gomma rappresentano circa il 14-15 per cento, la
  carta e cartoni circa il 27 per cento, il vetro circa il 7 per
  cento ed i metalli circa il 5 per cento.
 
                              Pag. 254
 
     Gli imballaggi sono diventati la componente maggioritaria
  nei RSU (circa il 35 per cento in peso ed il 50 per cento in
  volume).
     In Italia non sono disponibili basi statistiche
  attendibili ed affidabili sui costi attuali dei servizi di
  gestione dei rifiuti; le indagini compiute e le ricostruzioni
  condotte da vari istituti sui costi dei servizi di raccolta e
  smaltimento sono basate in parte su stime ingegneristiche.
     Il costo della raccolta indifferenziata è una variabile
  che decresce tendenzialmente all'aumentare della
  concentrazione della popolazione nei bacini di raccolta e
  varia secondo i sistemi di raccolta.
                      ...  (omissis) ...
     Per quanto riguarda i servizi di raccolta differenziata,
  comportano un beneficio netto sia in termini di costi di
  gestione che in termini di occupati.  Lo sviluppo delle
  raccolte differenziate sposta il ciclo di gestione dei rifiuti
  verso attività caratterizzate - sia in fase di raccolta che in
  fase di trattamento - da un'alta intensità di lavoro.
  L'insieme ponderato delle raccolte differenziate (RD totale)
  comporta costi inferiori al ciclo di raccolta e smaltimento
  dei rifiuti indifferenziati (con discarica o inceneritore),
  anche assumendo un ricavo pari a zero lire per la vendita dei
  materiali raccolti e senza considerare che i costi di raccolta
  e valorizzazione degli imballaggi dovrebbero gravare sui
  consorzi di produttori ed utilizzatori.
     La raccolta del vetro e della carta, quasi con metodologia
  ed in qualsiasi area territoriale, ha costi largamente
  competitivi con la raccolta del rifiuto indifferenziato.  La
  raccolta della plastica, viceversa, ha costi molto elevati,
  soprattutto in contesti ad elevata dispersione.
     La raccolta della frazione organica è fortemente sensibile
  ai rendimenti di intercettazione dei materiali.
     La raccolta del verde e dell'organico è ancora rallentata
  dalla carenza di impianti di compostaggio.  E' comunque
  possibile raggiungere risultati tra i 60 ed i 150 Kg/ab di
  organico da compostare; la frazione organica può rappresentare
  in peso il 30 per cento dei RSU.
     Peraltro, l'uso dei composter si colloca nell'ambito delle
  attività di riduzione dei rifiuti.  Nel suo insieme, quindi, le
  raccolte differenziate hanno una redditività economica che
  cresce all'aumentare del costo di smaltimento a discarica
  evitato, all'aumentare delle rese unitarie ed infine
  all'aumentare del costo di mercato dei prodotti recuperati.
     Inoltre, considerati gli obblighi di recupero degli
  imballaggi, una parte consistente dei costi del sistema dei RD
  sarà trasferita sul sistema delle imprese produttrici e
  distributrici, riducendo il costo del servizio di gestione dei
  rifiuti (Duccio Bianchi - Ambiente Italia).
     E' opportuno mettere in evidenza che non è sufficiente
  stabilire la quantità di materiale da recuperare con la RD, ma
  è anche necessario considerare la qualità
 
                              Pag. 255
 
  dei materiali raccolti, che devono essere valorizzati
  attraverso l'effettivo reinserimento sul mercato.
     Risulta indispensabile, nell'ambito del contesto normativo
  ed infrastrutturale idoneo, attuare accordi ben precisi con i
  consorzi di filiera, il CONAI, al fine di creare le condizioni
  per lo sviluppo di un mercato che attualmente è ancora
  insufficiente e presenta notevoli difficoltà di crescita, per
  il quale è opportuno prevedere meccanismi di incentivazione
  all'utilizzo del materiale riciclato e studi per aumentare le
  performances  di prodotto.
     Il CONAI è stato istituito il 30 ottobre 1997 ed ha
  costituito i suoi organi il 25 novembre 1997.  Ha incontrato
  numerose difficoltà per avviare il suo lavoro, a causa della
  complessità delle procedure tecnico-giuridiche relative alla
  sostituzione dello svolgimento dei compiti dei consorzi
  esistenti.
     Tutti i consorzi di filiera previsti hanno approvato gli
  statuti, che sono al vaglio dei Ministeri competenti.
     La tabella successiva mostra il costo per la gestione di
  un Kg di rifiuti in maniera differenziata (come somma dei
  costi di raccolta e di valorizzazione, riciclaggio o
  compostaggio) a confronto con il costo di raccolta e
  smaltimento (in discarica o inceneritore) di un Kg di RSU
  indifferenziato.
                      ...  (omissis) ...
     Il valore "economico" della raccolta differenziata è stato
  studiato su due possibili scenari: il primo con raccolta
  differenziata al 50 per cento, il secondo con tale valore al
  35 per cento.  Il risultato della simulazione evidenzia che il
  primo scenario risulta il più vantaggioso sotto tutti i punti
  di vista: consente infatti di ridurre del 10 per cento i costi
  di investimento rispetto al solo mantenimento dell'esistente
  (grazie soprattutto ai ridottissimi costi di discarica e al
  basso impiego della termodistruzione, i cui impianti sono
  invece assai costosi), di mantenere inalterati i costi di
  gestione (e quindi il costo per i cittadini) bilanciando le
  maggiori uscite per la raccolta differenziata e per il
  riciclaggio con le minori spese in raccolta indifferenziata e
  riciclaggio, e soprattutto di alimentare 41.008
 
                              Pag. 256
 
  posti di lavoro rispetto ai 26.862 attuali (con una crescita
  quindi del 53 per cento).
     Lo scenario al 35 per cento, anche se meno vantaggioso
  rispetto al precedente, è tuttavia competitivo con il sistema
  attuale (e comunque in linea con il decreto legislativo n. 22
  del 1997): puntando in maniera più marcata sulla
  termodistruzione, determinerebbe un aumento degli
  investimenti, con costi superiori rispetto al sistema attuale;
  anche i costi di gestione risulterebbero superiori, mentre gli
  addetti salirebbero a 38.716 unità (+44 per cento).
     Va aggiunto che, in entrambe le simulazioni, sono sempre
  la raccolta differenziata e le attività di riciclaggio e
  compostaggio a determinare la maggiore crescita di
  occupazione.  Ulteriori considerazioni generali possono
  riguardare: i costi dei servizi, che attualmente sono anche
  influenzati da politiche assistenziali che specie nel settore
  pubblico - hanno dato luogo a sovradimensionamenti del
  personale rispetto alle reali esigenze; i costi dei servizi di
  trattamento, che dipendono anche dalla qualità tecnologica
  degli stessi, allo stato attuale in Italia decisamente
  modesta; i costi di gestione, oggi distorti dalla presenza di
  incentivi e assistenze statali varie (es. ex Cip); i costi
  delle discariche, che oggi possono variare fino a 10 volte il
  minimo, soprattutto al nord dove esistono particolari
  situazioni di mercato, mentre nel meridione i costi inferiori
  spesso corrispondono all'assenza dei minimi  standards  di
  qualità.
  5.2 Primi risultati e prospettive.
     Ad un anno dall'entrata in vigore della riforma sono stati
  raggiunti importanti risultati.
     E' indubbio che la nuova normativa ha innescato un
  processo che sta migliorando le prestazione del sistema di
  gestione dei rifiuti nel suo complesso.
     Si registrano, ad esempio, dei buoni risultati per quanto
  riguarda la raccolta differenziata e la progressiva
  affermazione delle nuove strategie tra tutte le pubbliche
  amministrazioni, i cittadini, i privati.
     Nonostante gli effetti della riforma siano evidentemente
  moderati, si è passati dal 6,7 per cento di raccolta
  differenziata del 1996 all'8,6 per cento del 1997.
                      ...  (omissis) ...
 
                              Pag. 257
 
     Il settore dei rifiuti si viene strutturando (studio
  IEFE/ECO 1997) intorno a nuovi poli.  La competizione non è più
  fra modelli organizzativi (gestione pubblica o gestione
  privata), ma fra filiere tecnologiche, variamente coordinate
  ed integrate, nelle quali pubblico e privato non sono
  generalmente antagonisti, ma piuttosto funzionali l'uno
  all'altro.
     Quello che oggi appare necessario, come riconoscono tutti
  gli osservatori, è un sistema di gestione integrata, in grado
  di farsi carico, con continuità ed in modo economicamente ed
  ecologicamente sostenibile, del problema dei rifiuti.
     E' necessario che si eviti un dibattito, così come si è
  sviluppato sino ad oggi, tutto fondato su una semplicistica
  contrapposizione tra le diverse opzioni tecnologiche.
     Bisogna invece che le diverse opzioni (riduzione della
  produzione dei rifiuti, raccolta differenziata, recupero e
  riciclo dei materiali, recupero di energia), consentano
  un'integrazione sinergica per far uscire il settore rifiuti
  dalla continua emergenza, realizzando una rete integrata di
  servizi e di impianti.
     Si riportano alcuni punti per una proposta di politica
  industriale nel settore dei rifiuti.
     Superare l'assetto dominato dalla pianificazione
  regionale, che non ha funzionato: i piani sono stati approvati
  con ritardo, costruiti a tavolino secondo "mode" tecnologiche
  del momento, e giacciono quasi del tutto inattuati.  Per gli
  impianti completati spesso non si è "chiuso il cerchio".
     Ripensare i problemi: pianificazione rigida in un settore
  altamente dinamico; sovrapposizione fra funzioni di Governo e
  funzioni di gestione; ecocrazia (burocrazia ambientale) per
  imprese pubbliche e private; distorta applicazione dei
  princìpi di prossimità ed autosufficienza.
     Il futuro: strumenti diversi dal passato.  Il piano
  regionale come documento strategico che espliciti obiettivi e
  linee di azione, fissando incentivi e disincentivi; non
  dovrebbe occuparsi delle scelte tecnologiche e/o delle
  localizzazioni; prevedere meccanismi di tipo negoziale fra gli
  attori (enti locali, imprese di gestione rifiuti pubbliche e
  private, sistema industriale), prevedendo la regolamentazione
  autoritativa solo in caso di fallimento del meccanismo
  negoziale; assecondare, anche proceduralmente, l'evoluzione
  delle imprese verso le funzioni specializzate, all'interno
  delle quali trovano posto la crescita delle tecniche di
  recupero e di riciclaggio; individuazione elastica dei bacini
  di autosufficienza, in modo da favorire l'aggregazione della
  domanda e non limitare l'offerta.
  5.3 Il problema del recupero energetico.
     A seguito della "responsabilità del produttore", la
  gestione futura dei rifiuti registrerà molto probabilmente un
  decremento dei quantitativi di RSU da trattare rispetto ai
  quantitativi attuali.  La quantità di RSU inceneriti in
  impianti per il recupero energetico diminuirà ma, al tempo
  stesso, si apriranno nuove possibilità di un aumento di
  rifiuti industriali da incenerire per il recupero energetico
  in relazione alle forti restrizioni decise in sede comunitaria
  per l'avvio a discarica di RSU organici e combustibili.  Tutto
  ciò causerà in molti Paesi europei una richiesta di maggiore
  capacità di incenerimento.
     E' necessario innalzare la percentuale dei rifiuti
  utilizzati per produrre energia.  Questo non significa
  "incenerimento selvaggio" come è stato, con toni drammatici,
  sollevato da associazioni ambientaliste, che hanno denunciato
  una corsa sfrenata all'incenerimento, peraltro smentita dal
  Ministero dell'ambiente.
     Infatti, in Italia si producono circa 26 milioni di RSU
  l'anno.  Prevedendo il raggiungimento degli obiettivi di
  raccolta differenziata, come previsto dal decreto legislativo
  n.22 del 1997 (35-50 per cento), rimane una quantità di circa
  13 milioni di tonnellate di RSU che, almeno per una parte,
  possono essere utilizzati come combustibile derivato dai
  rifiuti (CDR) per produrre energia elettrica.
 
                              Pag. 258
 
                      ...  (omissis) ...
     Si avrebbero alcune conseguenze positive, perchè è
  possibile in questo modo sostituire altro combustibile
  (carbone e petrolio) risparmiando risorse e riducendo
  l'inquinamento nonchè la quantità di rifiuti da smaltire in
  discariche.
     Il meccanismo del CIP/6 di incentivazione delle fonti
  rinnovabili è superato perchè inadeguato.  La sospensione del
  provvedimento CIP/6, avvenuta come noto con il decreto
  ministeriale 24 gennaio 1997, si è resa necessaria in quanto
  tale provvedimento, pur avendo contribuito positivamente allo
  sviluppo delle fonti rinnovabili, risultava inadeguato per un
  sistema in profonda evoluzione come quello del settore
  elettrico.  In sostituzione ci vogliono nuovi strumenti per lo
  sviluppo delle energie rinnovabili e quindi anche delle
  energie da rifiuti, tramite il meccanismo degli incentivi
  pubblici.
     Attualmente, dei circa 8.000 MW provenienti da impianti
  ammessi alla cessione di energia, 670 MW provengono da
  impianti alimentati dai rifiuti (dati ENEL).  Le opzioni di
  recupero energetico dai rifiuti sono state sinora penalizzate
  dai bassi rendimenti elettrici (5-20 per cento), mentre con le
  nuove tecnologie si può arrivare oggi ad oltre il 40 per
  cento.
     Il parco incenerimento del nostro Paese tratta solo il 5-6
  per cento del totale dei RSU, ed in più è obsoleto
  tecnologicamente e di piccola taglia.
     Nei Paesi europei di elevato grado industriale, tale
  percentuale va dal 35 per cento al 75 per cento con
  l'eccezione dell'Inghilterra, che utilizza come discariche il
  gran numero di miniere dismesse, e della Spagna, per il suo
  ritardo nel processo di industrializzazione.
     Il recente decreto 19 novembre 1997, n.503, del ministro
  dell'ambiente, con cui si recepiscono le direttive 89/369/CEE
  e 89/429/CEE rispettivamente in materia di prevenzione
  dell'inquinamento atmosferico provocato dai nuovi e dagli
  esistenti impianti di incenerimento atmosferico dei RSU, ha
  introdotto norme particolarmente severe per la qualità delle
  emissioni, per garantire un'elevata protezione dell'ambiente,
  adeguando il parco esistente alle migliori tecnologie
  disponibili.
     E' necessario, come auspicato dal presidente dell'ENEL,
  utilizzare la potenzialità degli impianti di
  termovalorizzazione di rifiuti per produrre energia, che
  potrebbe coprire circa il 10 per cento dei consumi elettrici
  per usi domestici, contribuendo anche a ridurre le emissioni
  di C02.
     L'ENEL ha individuato 15 centrali nelle quali utilizzare
  il combustibile da rifiuti (CDR) per produrre elettricità.
     Così come si ritiene indispensabile il varo di accordi di
  programma con le cementerie per l'utilizzo di CDR per produrre
  energia.
     Situazione inceneritori rifiuti solidi urbani: sono 32 gli
  impianti di incenerimento installati in Italia tra il 1965 e
  il 1995, che corrispondono ad una capacità complessiva di
  smaltimento pari a circa 1.300.000 t./a. di rifiuti solidi
  urbani (5 per cento dei RSU).
     Questi stessi impianti, per effetto del decreto del
  ministro dell'ambiente n.503 del 1997, dovranno adeguarsi ai
  nuovi  standards  di emissione e di efficienza energetica
  sulla base dei provvedimenti che le regioni dovranno adottare
  entro il 31 dicembre 1999.
 
                              Pag. 259
 
     Inoltre si sono aggiunti 3 impianti (Scarlino, S. Vittore
  del Lazio e Mortara) nel 1997: l'inceneritore di Marghera e 2
  impianti per il combustibile da rifiuti (CDR) a Pietrasanta e
  Rimini.  Tutti questi impianti sono attualmente in costruzione
  e non ancora funzionanti.
  6.  Nuovi strumenti per una più efficace politica dei
  rifiuti.
     Nei capitoli precedenti si è fatto riferimento all'attuale
  normativa sui rifiuti ed agli adempimenti che le imprese
  debbono rispettare.  Si è parlato del sistema autorizzativo e
  del sistema di controllo, dell'insieme cioè della
  regolamentazione in materia di rifiuti.
     Come riportato nella premessa, la Commissione europea, nel
  suo quinto programma d'azione in materia ambientale, ha
  tuttavia rimarcato l'esigenza di superare la logica del
  "comando e controllo", sottolineando che il solo sistema di
  regolamentazione non è sufficiente a garantire il
  raggiungimento di adeguati obiettivi ambientali.  Di qui la
  necessità di affiancare la regolamentazione con altri
  strumenti di politica dell'ambiente.
  6.1 Gli strumenti volontari.
     Lo strumento volontario per l'ecogestione e l'audit - EMAS
  (environmental management and audit scheme).
     Scopo della nuova politica ambientale, proposta dalla
  Commissione europea, è quello di far leva, oltre che sulla
  regolamentazione, sull'uso di strumenti volontari, con
  l'obiettivo di indurre nuovi comportamenti presso il sistema
  industriale nel suo complesso e presso i consumatori.
     Si punta in altri termini sul recupero di un ciclo
  virtuoso, nel quale siano coinvolti spontaneamente tutti gli
  operatori che, come cittadini, sono consapevoli del rischio
  collegato al degrado ambientale e richiedono una maggiore
  protezione dell'ambiente.
     Il principio "dalla culla alla tomba" è perfettamente
  aderente a quello della "responsabilità condivisa", secondo il
  quale tutti gli attori coinvolti nel ciclo di vita di un
  prodotto devono assumersi determinate responsabilità anche
  quando il prodotto diventa un rifiuto.  Il principio della
  responsabilità del produttore, introdotto con la comunicazione
  del 1989, ha rappresentato una novità nel diritto ambientale
  comunitario.
     Il sistema di ecogestione e audit (EMAS), emanato dalla UE
  nel 1993 con il regolamento 1836, è forse l'espressione più
  evidente di questo nuovo indirizzo.
     Esso si propone di favorire una riorganizzazione e
  razionalizzazione della gestione ambientale dell'azienda
  basate, non solo sul rispetto dei limiti imposti dalle leggi,
  che rimane comunque un obbligo dovuto, ma sul rapporto nuovo
  tra imprese, istituzioni e pubblico, che abbia come elementi
  di riferimento l'adesione volontaria delle imprese, la
  cooperazione con l'amministrazione, il supporto reciproco e la
  trasparenza.
     Con il nuovo sistema proposto dal legislatore europeo,
  viene delineato un modo di produrre e di gestire l'azienda
  finalizzato al miglioramento delle condizioni ambientali, che,
  se attuato con correttezza e completezza, comporta un
  riconoscimento pubblico valido per tutti i suoi interlocutori
  sia a livello delle istituzioni, sia nei confronti del
  mercato, sia infine della pubblica opinione: per le imprese
  che hanno deciso di aderire al regolamento EMAS, di
  rispettarne quindi i principi e le relative procedure, e
  acquisire così il diritto di iscrivere il loro sito
  nell'apposito registro europeo.
     Il regolamento prevede differenti specifici compiti.
     Essi sono nell'ordine: l'analisi ambientale iniziale del
  sito industriale, il programma ambientale, la politica
  ambientale aziendale, il sistema di gestione ambientale,
  l'attività di  auditing  interna nel sito e, infine, la
  dichiarazione ambientale, che rappresenta la parte più
  impegnativa a carico dell'impresa e comprende la descrizione
  delle attività produttive, le incidenze che esse hanno
  sull'ambiente, i risultati ottenuti dall'impresa per un minor
  impatto ambientale, sia infine l'enunciazione
 
                              Pag. 260
 
  degli obiettivi di miglioramento conseguibili con i programmi
  futuri.  La dichiarazione ambientale dovrà poi essere
  convalidata da verificatori ambientali accreditati e quindi
  inviata all'organismo nazionale competente per EMAS, che
  provvede alla registrazione del sito nel registro europeo e
  sancisce il diritto dell'impresa di avere il riconoscimento
  nei confronti dell'esterno (pubblico, autorità di controllo,
  clienti, ecc.) del carattere ambientalmente corretto dei
  sistemi di produzione.
     L'EMAS, dopo un periodo di transizione, è divenuto
  operativo in Europa nell'aprile 1995.  Attualmente circa 1000
  siti sono stati inseriti nel registro europeo, con una
  conferma della massiccia adesione dell'industria tedesca
  (circa l'80 per cento dei siti) ed un significativo
  ampliamento dei settori industriali coinvolti.
     L'organismo competente italiano, che svolge anche la
  funzione di organismo di accreditamento e che è divenuto
  pienamente operativo solo di recente, ha già provveduto a
  definire le procedure per l'accreditamento di verificatori
  ambientali come organizzazioni e per la registrazione dei
  siti; ha registrato i primi tre siti industriali collocati sul
  territorio nazionale ed ha accreditato il primo verificatore
  ambientale italiano.
     Nel presente anno, accanto alle attività di registrazione
  e accreditamento, il comitato intende attivare: una
  consultazione delle associazioni industriali, delle
  associazioni ambientaliste e dei consumatori, delle piccole e
  medie industrie e dell'artigianato per un'analisi delle
  problematiche legate all'applicazione del sistema EMAS; una
  collaborazione con l'Unioncamere per concordare i servizi
  reali che possono essere messi a disposizione delle imprese
  per la diffusione dell'EMAS; un incontro con le autorità
  ambientali a livello locale per una valutazione delle azioni
  che possano essere attuate per favorire l'applicazione di
  metodologie di gestione ambientale delle varie strutture
  produttive e di servizio; un esame della possibilità di
  applicazione a distretti industriali caratterizzati da
  uniformità di tecnologie produttive e creazione di aree
  ecologicamente attrezzate come presupposto per una più facile
  registrazione EMAS per nuovi insediamenti industriali; il
  lancio di alcuni programmi sperimentali di applicazione del
  sistema EMAS ai servizi municipalizzati, con particolare
  attenzione alle aziende di gestione dei rifiuti e dei
  trasporti; l'organizzazione di incontri con una rappresentanza
  pluralistica dei settori di interesse per seguire le linee di
  evoluzione delle modifiche del regolamento da parte delle
  strutture comunitarie.
     In ambito EMAS, la gestione del ciclo dei rifiuti
  rappresenta evidentemente un aspetto prioritario, che
  l'impresa deve ottimizzare puntando sia sulla riduzione a
  monte della produzione dei rifiuti, sia sulla loro massima
  riutilizzazione interna o esterna all'impresa, in modo da
  ridurre l'apporto a discarica.
     Un'impresa che registri su base volontaria il proprio sito
  secondo EMAS ha pertanto una gestione ottimale anche del ciclo
  dei rifiuti e garantisce il suo impegno per una assoluta
  trasparenza di comportamento nei confronti dell'ambiente,
  escludendo qualsiasi illecito, attraverso la pubblicità della
  politica ambientale che l'impresa volontariamente si dà.  E'
  dunque evidente che un diffuso sviluppo del sistema EMAS possa
  essere la reale mossa vincente, anche se non evidentemente
  esclusiva, per attuare nei fatti la nuova politica di
  controllo del ciclo dei rifiuti sul piano nazionale.
  Gli accordi di programma.
     Accanto all'EMAS e, in alcuni casi, anche come sostegno
  alla sua diffusione, si collocano gli accordi di programma.
     Accordi di programma con il sistema delle imprese e della
  distribuzione sono diffusi in vari Paesi europei ed hanno
  spesso la finalità di stimolare politiche di riduzione o
  recupero dei rifiuti.
     Lo strumento degli accordi di programma è variamente
  regolato e può assumere forme diverse.  L'efficacia di questo
  strumento e però in gran parte legata alla credibilità del
  decisore pubblico
 
                              Pag. 261
 
  e della pubblica amministrazione.  Poiché l'accordo di
  programma presuppone una verifica dilazionata nel tempo,
  l'effettiva implementazione da parte della controparte sarà
  condizionata alla certezza che il decisore pubblico sia capace
  di dar corso alle eventuali misure sostitutive e
  sanzionatorie.
     In ben sette articoli del decreto legislativo n. 22 del
  1997 è prevista la possibilità di concludere accordi di
  programma tra i più diversi interlocutori: pubblica
  amministrazione, filiere produttive, consorzi, singole
  industrie o singoli insediamenti produttivi.  I contenuti degli
  accordi di programma possono essere vari: prevenzione e
  riduzione della quantità e pericolosità dei rifiuti; recupero
  dei rifiuti all'interno di insediamenti industriali esistenti,
  al di fuori del piano regionale; piani di settore per il
  recupero dei rifiuti, con l'impiego dei materiali riciclati;
  la diffusione dell'eco-audit e dell'ecolabel; la gestione di
  particolari tipologie di rifiuti.
     E' necessaria un'ampia diffusione di accordi di programma
  promuovendoli ai vari livelli.  Si sono ormai affermati come
  uno dei principali strumenti di gestione delle politiche
  ambientali, perché favoriscono un atteggiamento proattivo da
  parte delle imprese e sono più flessibili rispetto agli
  strumenti tradizionali.
     Nell'ambito dei flussi prioritari dei rifiuti individuati
  dalla strategia comunitaria per la gestione dei rifiuti
  (1991), è opportuno stringere i tempi per una rete di accordi
  di programma (pneumatici fuori uso, veicoli a fine vita,
  solventi clorurati, rifiuti ospedalieri, rifiuti da
  costruzione e demolizione rifiuti da dispositivi elettrici ed
  elettronici).  Per i PFU è stata approvata l'11 dicembre 1997,
  dalla Commissione ambiente della Camera dei deputati, una
  specifica risoluzione, la n.7-00315, per incentivare in modo
  particolare l'attività di ricostruzione dei PFU.  Gli accordi
  di programma dovrebbero anche contenere misure, strumenti
  economici, in grado di incentivare comportamenti virtuosi da
  parte del sistema industriale, semplificazioni amministrative
  giustificate dagli obiettivi concertati.  La conclusione di
  accordi può risultare più rapida dell'azione legislativa anche
  perchè lo sviluppo sostenibile richiede azioni, anzichè
  reazioni, da parte dei settori industriali interessati.
     Sono in corso di predisposizione i seguenti accordi di
  programma: compost di qualità controllata, proveniente da
  raccolta differenziata dal trattamento dei rifiuti urbani
  (recupero per usi agronomici per recupero ambientale); CDR
  (produzione e recupero); rifiuti cellulosici (prevenzione e
  recupero); beni durevoli (prevenzione e recupero); macchine
  fotografiche monouso (recupero-reimpiego).
     Sono in fase di studio: vuoti a rendere (bottiglie e vetro
  birra); inerti (prevenzione e recupero); pneumatici
  (prevenzione, reimpiego, riciclaggio, recupero energetico);
  amalgame dentarie contenenti mercurio ed argento (prevenzione
  e recupero).
  6.2 La fiscalità ambientale e gli incentivi economici.
     Accanto agli strumenti volontari, gli altri strumenti che
  debbono affiancare la regolamentazione sono quelli
  economici.
  L'ecofiscalità.
     In linea di massima, gli Stati membri sono liberi di
  istituire il regime fiscale che ritengano più adeguato.  Ma
  devono tener conto del fatto che il regime applicato ai
  prodotti nazionali costituisce la referenza per determinare se
  ai prodotti di altri Paesi  partners  venga applicato un
  prelievo fiscale più gravoso.  E soprattutto non trascurare che
  un'imposizione più gravosa sul prodotto proveniente da un
  altro Stato, rispetto ad un prodotto nazionale, costituisce
  una palese infrazione ai princìpi della concorrenza e della
  libera circolazione.
     In nessun dei Paesi i prelievi verdi dovranno aumentare il
  carico fiscale globale, e i proventi delle eco-tasse devono
  essere destinati alla protezione dell'ambiente ed alla
  riduzione della tassazione del lavoro.  Queste sono le
  indicazioni sulle imposte ed i prelievi fiscali ambientali
 
                              Pag. 262
 
  espresse dal CES, il comitato economico-sociale, riunito in
  sessione plenaria.  Esso, oltre a dare una definizione
  indicativa unica delle tasse e dei tributi, determina le
  caratteristiche del tributo ambientale: un tributo cioè la cui
  base imponibile abbia manifesti effetti negativi
  sull'ambiente.  Ma potrebbe anche rientrare in questa categoria
  un tributo i cui effetti positivi sull'ambiente siano
  chiaramente individuabili.  Fornisce a sostegno di questa
  definizione l'esempio della tassazione differenziale dei
  carburanti, in funzione di finalità ambientali, a seconda cioè
  dei contenuti di piombo.
     I tributi sui prodotti sono invece applicati alle materie
  prime, ai fattori produttivi incorporati, come i concimi, i
  pesticidi, la ghiaia, le acque sotterranee, e ai prodotti di
  consumo, come le batterie, gli imballaggi a perdere, i
  pneumatici e i sacchetti di plastica.  Alcuni di questi
  tributi, applicati già da anni, particolarmente nel settore
  energetico, sono ormai considerati un elemento di integrazione
  tra la politica dell'ambiente e quella energetica.
     Gli strumenti economici dovrebbero avere lo scopo di
  permettere un approccio più efficace rispetto alla gestione
  dei rifiuti.
     Il ruolo primario degli strumenti economici in questo
  settore è quello di sfruttare l'effetto del meccanismo del
  prezzo per modificare il comportamento dei singoli e degli
  operatori.
     Questo può risultare più flessibile delle misure
  legislative.  Tale flessibilità darà spazio ad approcci più
  creativi, favorendo quindi il progresso tecnologico.  Si
  possono identificare tre diversi strumenti economici validi su
  larga scala nella gestione dei RSU, che hanno un effetto
  incentivante maggiore sulla riduzione al minimo dei rifiuti e
  sui cambiamenti comportamentali: tassa o imposta sulle
  discariche; costi diretti dei rifiuti (tassa-tariffa); costi
  unitari o del prodotto (un costo unitario o del prodotto
  dovrebbe coprire il costo di recupero marginale).
  Dalla tassa alla tariffa.
     La volontà di trasformare la tassa per lo smaltimento dei
  RSU in una tariffa correlata all'erogazione di un omologo
  servizio offre la possibilità di progettare un sistema
  tariffario e di sussidio delle attività di smaltimento dei RSU
  in grado di cogliere differenti, per quanto interconnessi,
  obiettivi.
     Nel contesto delle finalità generali del provvedimento, la
  tariffa dovrebbe porsi come: strumento economico di attuazione
  del principio di "responsabilizzazione e di cooperazione di
  tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella
  distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui
  originano i rifiuti"; strumento economico di incentivazione di
  comportamenti degli utenti coerenti con gli obiettivi di fondo
  del decreto stesso, riduzione dei rifiuti, massimizzazione del
  recupero, minimizzazione del ricorso alla discarica.
     La tariffa sulla quantità di rifiuti prodotti si
  presterebbe a tre soluzioni gestionali, che permetterebbero la
  misurazione corretta e il pagamento adeguato da parte degli
  utenti: tariffe commisurate al volume dei rifiuti; tariffe
  commisurate al volume ed alla frequenza di svuotamento;
  tariffe commisurate direttamente al peso dei rifiuti.
     E' opportuno che si affronti, prima dell'emanazione del
  decreto attuativo, la problematica relativa all'IVA connessa
  con la tariffa.
  Gli incentivi economici.
     La politica degli incentivi gioca un ruolo importante sia
  per prevenire la produzione dei rifiuti che per una corretta
  loro gestione una volta prodotti.
     Gli incentivi vanno visti come uno strumento che si
  integra con quello della tassa e della tariffa.
     La situazione in Italia su questa materia è piuttosto
  complessa, in quanto negli anni si sono andate stratificando
  numerose leggi di sostegno alle imprese in diversi settori.
     In fase di applicazione di tali leggi, attraverso delibere
  CIPI, circolari ministeriali,
 
                              Pag. 263
 
  decreti attuativi, sono state inserite le problematiche
  ambientali, che hanno trovato spesso una risposta positiva da
  parte delle imprese.
     Una valutazione complessiva della portata di tali
  strumenti in direzione della tutela dell'ambiente non è
  disponibile; tuttavia è possibile ritenere che il loro uso è
  ancora limitato e quindi insufficiente alle esigenze di
  crescita della qualità dell'ambiente, che vengono sempre più
  richieste e, nello specifico, nel campo della minimizzazione
  dei rifiuti e di una loro efficace gestione.
     E' opportuno in particolare prendere in considerazione gli
  strumenti che incentivano le piccole e medie imprese, che
  costituiscono, da un lato, il fattore di gran lunga più
  importante per affermare la competitività del nostro Paese ma,
  dall'altra, quelle che più di altre soffrono nell'adeguarsi
  alle nuove sfide imposte dalla politica ambientale più
  recente.
     Un altro degli aspetti da considerare, più volte
  richiamati nel presente documento, è quello del sostegno
  economico allo sviluppo ed alla diffusione dell'innovazione
  tecnologica, che costituisce un fattore determinante per
  attuare una politica sui rifiuti che dia risultati
  apprezzabili.   Tale sostegno, anche in questo caso, dovrà
  rivolgersi in primo luogo alle piccole e medie imprese, e
  riguardare in modo prioritario la riduzione a monte dei
  rifiuti, quindi il riutilizzo, il riciclaggio ed il
  recupero.
     Un terzo elemento essenziale consiste nel sostenere le
  aree del nostro Paese tradizionalmente poco sviluppate, dove,
  tra l'altro, i fenomeni malavitosi sono anche più accentuati,
  per fare in modo che si sviluppi una sana imprenditoria
  industriale che faccia della prevenzione in materia ambientale
  e della riduzione dei rifiuti uno degli obiettivi prioritari,
  ed una altrettanto sana "imprenditoria verde" che consenta lo
  sviluppo di tecnologie avanzate di recupero e riciclaggio dei
  rifiuti, evitando il flusso a discarica.
     Su questi tre aspetti è opportuno concentrare
  l'attenzione, esaminando le leggi di incentivazione di cui è
  dotato il nostro Paese.  Sarà necessario definire le modalità
  per un loro utilizzo a fini ambientali.
     Nell'allegato sono riportate le principali leggi di
  agevolazione finanziaria a favore di attività economiche.
  7.  Proposte operative.
     Alla luce delle considerazioni sinora fatte, emergono, da
  un lato, elementi che consentono di affermare che ci si trova
  finalmente di fronte ad una svolta nella politica dei rifiuti
  che potrà segnare un passo decisivo per adeguare il nostro
  Paese agli  standards  dei nostri  partners  europei,
  in particolare del nord Europa, e ridurre drasticamente le
  influenze della malavita organizzata in questo settore;
  dall'altro, si evidenziano altri elementi che denotano
  l'esistenza ancora di fattori negativi, che impediscono che si
  realizzi a pieno una riforma radicale in direzione di un
  efficace sistema di gestione dei rifiuti strettamente legato
  ad un miglioramento complessivo della qualità
  dell'ambiente.
     Occorrerà dunque agire soprattutto su questi ultimi
  fattori in tempi brevi, per ricondurre la politica di gestione
  dei rifiuti sul piano della massima efficienza.
     In primo luogo, è necessario che il Parlamento prenda
  iniziative affinché il Governo, nella sua interezza, si faccia
  promotore di un intervento forte e possibilmente risolutivo
  nei confronti della Commissione europea, per giungere ad una
  interpretazione univoca della nozione di rifiuto, con lo scopo
  di evitare sia effetti negativi sul piano ambientale che in
  termini di concorrenza tra imprese che operano in Paesi
  diversi dell'Unione europea.
     In secondo luogo, è necessario che si affermi con maggior
  forza la centralità della minimizzazione dei rifiuti che, come
  è noto, risulta al primo posto della scala gerarchica degli
  interventi in materia di rifiuti.  Su questo fronte le azioni
  governative sono scarse se non nulle, mentre meriterebbero
  un'attenzione prioritaria.  Si propone pertanto la promozione
  di iniziative, come una conferenza sulla minimizzazione dei
  rifiuti, che consenta, tra
 
                              Pag. 264
 
  l'altro, di fare il punto sullo stato delle tecnologie in
  Italia che permettono di ridurre la produzione dei rifiuti,
  sulle proposte del Governo per promuovere lo sviluppo e la
  diffusione di tali tecnologie, nonchè sul ruolo degli Enti di
  ricerca e di innovazione tecnologica (ENEA e CNR).
     In terzo luogo, occorre che sia profondamente rivisto il
  sistema autorizzativo per renderlo più snello e flessibile, in
  modo da responsabilizzare l'imprenditore, che deve diventare
  partecipe del miglioramento ambientale.  L'amministrazione
  deve, da parte sua, assumere maggiore responsabilità non
  potendo far ricadere sull'utente le lungaggini burocratiche
  per la concessione di un'autorizzazione.  Questo significa
  semplificazioni procedurali, fare maggior uso
  dell'autocertificazione, definire tempi massimi disponibili
  per l'autorità amministrativa.  Queste esigenze, valide in
  linea generale, diventano ancor più pressanti per gli impianti
  che riciclano o recuperano rifiuti, ivi incluso il recupero
  energetico, che costituiscono la sfida più importante per
  raggiungere gli obiettivi fissati dalla nuova normativa.
  Accanto a questo dovrà essere intensificata l'attività di
  controllo sul territorio, per garantire l'efficacia degli
  interventi che si intende realizzare.  Perché tutto ciò si
  metta in pratica occorrerà un'azione del Parlamento e del
  Governo affinchè vengano introdotti tali princìpi nei decreti
  applicativi della "legge Bassanini" e vengano potenziate le
  strutture di controllo.
     Tutto ciò comunque potrebbe risultare del tutto vano se
  non si affermino comportamenti adeguati da parte di tutti gli
  attori coinvolti nel ciclo dei rifiuti e, soprattutto, se non
  si affermi una nuova cultura dell'ambiente che coinvolga,
  oltre i cittadini, anche il  management  delle aziende.  E'
  necessario dunque che si sviluppi e si diffonda anche in
  Italia l'uso degli strumenti volontari, tra cui in primo luogo
  l'EMAS.  Il sistema è, come ricordato, volontario; occorre
  quindi porsi il problema su come si debba operare perché il
  suo sviluppo abbia le dimensioni auspicate.  Una strada è
  quella di semplificare le procedure e le regolamentazioni
  ambientali per le imprese che aderiscono a EMAS.  Occorrerà al
  più presto un intervento del legislatore che renda espliciti
  tali benefìci nell'ambito del più generale riordino della
  materia che avrà luogo in relazione al recepimento delle
  direttive comunitarie per l'IPPC e per la VIA.  Il Parlamento,
  che si accinge ad approvare la delega al Governo per il
  recepimento di tali direttive, ha una concreta occasione per
  indicare quali possano essere i vantaggi da assicurare sul
  piano regolamentare alle imprese che registrino il proprio
  sito secondo EMAS e che quindi rappresentino la contropartita
  agli oneri non indifferenti che l'applicazione del sistema
  comporta per le imprese stesse.
     Accanto all'EMAS ed anche per una sua affermazione,
  occorrerà che il Governo faccia maggior uso degli accordi
  volontari, che consentono di raggiungere obiettivi ambientali
  attraverso un processo di negoziazione che garantisce spesso
  risultati superiori a quelli della semplice normativa.  E'
  necessario dunque che gli accordi già previsti siano resi
  immediatamente operativi e che se ne individuino altri,
  consentendo il diffondersi di un sistema di confronto tra le
  parti che favorisca atteggiamenti attivi del mondo industriale
  verso il miglioramento della qualità dell'ambiente.
     Un quinto elemento da considerare è l'attenzione specifica
  che deve essere rivolta alle piccole e medie imprese ed
  all'artigianato, per i quali è necessario prevedere appositi
  strumenti di sostegno e benefìci regolamentari che possono
  godere le imprese registrate EMAS, o utilizzando quelli già
  esistenti ai fini ambientali.  Un esempio riguarda
  l'applicazione dell'EMAS a tali imprese, che rappresentano una
  realtà percentualmente molto significativa del nostro sistema
  produttivo.  Le piccole imprese non hanno al loro interno la
  cultura e la competenza per attuare e seguire le procedure
  previste dal regolamento EMAS.  Appare quindi necessario
  organizzare in modo sistematico un supporto alle piccole e
  medie industrie ed una fornitura di servizi reali di
  consulenza a costi agevolati; l'insieme di questi
 
                              Pag. 265
 
  provvedimenti richiede decisioni che devono essere prese a
  livello del Governo centrale o di quello regionale.  In tal
  modo sarà possibile affrontare, con possibilità di successo,
  non solo la lotta per la difesa dell'ambiente ma anche quella
  per la competitività delle nostre industrie sul mercato
  europeo e mondiale.
     Sempre nel campo degli incentivi, occorrerà provvedere,
  con apposite direttive del Governo, ad adattare gli strumenti
  di incentivazione all'innovazione tecnologica alle esigenze di
  garantire un sistema più efficace di prevenzione e gestione
  dei rifiuti.  Sotto questa luce dovranno, in particolare,
  essere riesaminate la legge n. 46 del 1982 e la legge n. 317
  del 1991, e, per quanto riguarda le aree depresse, la legge n.
  488 del 1992.
     Infine, sarà necessario fare maggiore ricorso alle
  ecofiscalità, che potranno agire sia sul fronte della
  minimizzazione dei rifiuti che sulla diffusione delle attività
  di riciclo e recupero.
  LEGGI DI AGEVOLAZIONE FINANZIARIA A FAVORE DI ATTIVITA'
                          ECONOMICHE
                   (in ordine cronologico).
     1.  Legge n.50/1953 (Danni subiti a seguito di pubbliche
  calamità)
     2.  Legge n.517/1975 (Credito agevolato alle PMI
  commerciali)
     3.  Decreto del Presidente della Repubblica n.902/1976
  (Disciplina del credito agevolato al settore industriale.
  Agevolazioni alle imprese del centro-nord)
     4.  Legge n.675/1977 (Sostegno alla ristrutturazione e alla
  riconversione industriale)
     5.  Legge n.219/1981 (Interventi di ricostruzione e di
  sviluppo industriale delle zone terremotate della Campania e
  della Basilicata colpite dal sisma del novembre 1980)
     6.  Legge n.46/1982 - Artt. 14-18 (Incentivazione di
  programmi di innovazione tecnologica).
     7.  Legge n.308/1982 (Risparmio energetico)
     8.  Legge n.752/1982 - Artt. 9, 12 e 17 (Politica
  mineraria)
     9.  Legge n.887/1982 - Art. 9 (Agevolazioni finanziarie
  alle cooperative e ai consorzi fidi costituiti da soggetti
  operanti nel settore del commercio e del turismo)
     10.  Decreto del Presidente della Repubblica n.915/1982 -
  Art. 23 (Incentivazione di iniziative finalizzate allo
  smaltimento o al recupero di rifiuti industriali e non
  industriali)
     11.  Regolamento CEE n.216/1984 (Sviluppo di attività per
  la creazione di posti di lavoro nelle zone colpite da crisi in
  seguito alla ristrutturazione dell'industria siderurgica)
     12.  Regolamento CEE n.217/1984 (Rimozione degli ostacoli
  allo sviluppo di nuove attività economiche in talune zone
  colpite dalla ristrutturazione del settore della costruzione
  navale)
     13.  Legge n.798/1984 (Interventi per la salvaguardia della
  città di Venezia e per il suo recupero architettonico,
  urbanistico, ambientale ed economico)
     14.  Legge n.49/1985 (titolo I: provvedimenti per il
  credito alla cooperazione; titolo II: misure urgenti a
  salvaguardia dei livelli di occupazione)
     15.  Legge n.198/1985 - Art. 9 (Interventi per i danni
  causati dalle eccezionali calamità naturali ed avversità
  atmosferiche nei mesi di dicembre 1984 e gennaio 1985)
     16.  Legge n.808/1985 - Art. 3 (Promozione dello sviluppo
  delle collaborazioni internazionali in campo aeronautico)
     17.  Legge n.41/1986 - Art. 11 (Interventi a favore di
  centri commerciali e mercati agro-alimentari)
     18.  Legge n.64/1986 (Disciplina dell'intervento
  straordinario nel Mezogiomo)
     19.  Legge n.15/1987 (Sostegno finanziario alle PMI dei
  settori commercio e turismo per l'acquisto di locali
  precedentemente in fitto)
     20.  Legge n.119/1987 - Art. 5 - Conversione del
  decreto-legge n.10/1987 (Realizzazione di programmi di ricerca
  in materia di scarichi dei frantoi oleari)
 
                              Pag. 266
 
     21.  Legge n.121/1987 Art. 3- octies  (Interventi in
  materia di distribuzione commerciale e sulla disciplina del
  credito agevolato al commercio)
     22.  Legge n.399/1987 - Art. 3 (Programmi e progetti di
  sostegno all'artigianato)
     23.  Legge n.67/1988 - Art. 15, commi 13 e 14 (Creazione
  nel Mezzogiorno di centri di servizi per lo sviluppo
  dell'imprenditorialità- CISI - incubatori di imprese)
     24.  Legge n.67/1988 - Art. 15, comma 40 (Sostegno
  finanziario alle imprese commerciali, turistiche e di servizi
  operanti nel Mezzogiomo)
     25.  Legge n.41/1989 - Art. 1 e legge n.221/1990 - Art. 3
  (Sviluppo di attività economiche nei bacini minerari
  interessati da processi di ristrutturazione o sospensione
  parziale o totale dell'attività mineraria comportanti
  contrazione di manodopera)
     26.  Legge n.181/1989 - Programma speciale di
  reindustrializzazione IRI (Reindustrializzazione aree colpite
  da crisi siderurgica e sostegno all'occupazione)
     27.  Legge n.181/1989 - Programma di promozione industriale
  SPI (Reindustrializzazione aree di crisi siderurgica.
  Promozione industriale)
     28.  Legge n.181/1989 - Art. 11, comma 1
  (Reindustrializzazione aree siderurgiche)
     29.  Legge 221/1990 - Art. 9 e legge n.204/1993 - Art. 1
  (Riassetto e riabilitazione ambientale delle aree
  minerarie)
     30.  Legge n.10/1991 - Artt. 11, 12 e 14 (Uso razionale
  dell'energia e utilizzo fonti rinnovabili)
     31.  Legge n.317/1991 - Artt. 5, 6 e 12 (Interventi per
  l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese - Acquisto
  di macchinari a tecnologia avanzata)
     32.  Legge n.317/1991 - Art. 8 (Interventi per
  l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese.  Spese di
  ricerca)
     33.  Legge n.317/1991 - Artt. 17, 23 e 34 (Interventi per
  l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese - Contributi
  a favore dei consorzi e società consortili tra PMI)
     34.  Legge n.317/1991 - Art. 27 (Interventi per
  l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese.  Contributi
  a favore delle società consortili miste)
     35.  Legge n.317/1991 - Art. 33 (Interventi per
  l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese.  Contributi
  a favore dei consorzi di garanzia collettiva fidi)
     36.  Legge n.215/1992 (Promozione dell'imprenditoria
  femminile)
     37.  Legge n.257/1992 (Sostegno all'attuazione di programmi
  finalizzati alla riconversione delle produzioni a base di
  amianto e allo sviluppo e produzione di materiali innovativi e
  sostitutivi del-l'amianto)
     38.  Legge n.488/1992 (Sviluppo delle attività produttive
  nelle aree depresse)
     39.  Legge n.237/1993 - Art. 6 (Ristrutturazione e
  riconversione produttiva delle imprese operanti nel settore
  della produzione di materiale di armamento)
     40.  Legge n.471/1994 (Provvidenze economiche per le
  imprese colpite da fenomeni alluvionali nei mesi
  settembre-dicembre 1993)
     41.  Legge n.481/1994 (Disposizioni urgenti per
  l'attuazione del piano di ristrutturazione del comparto
  siderurgico)
     42.  Legge n.35/1995 - Art. 2- bis  (Sostegno
  finanziario dei consorzi e delle cooperative di garanzia
  mutualistica fidi - CONFIDI)
     43.  Legge n.341/1995.  Conversione decreto-legge n.244/95 -
  Art. 1 (Agevolazioni in forma automatica a favore delle
  imprese industriali localizzate nelle aree depresse)
     44.  Legge n.341/1995.  Conversione decreto-legge n.244/95 -
  Art. 9 (Sostegno a interventi di modernizzazione delle imprese
  operanti nel settore del commercio)
     45.  Legge n.549/1995 - Art. 2, comma 42 (Agevolazioni alle
  imprese del commercio e del turismo nelle aree depresse)
     46.  Legge n.549/1995 - Art. 3, commi 24-39 (Imposta
  speciale conferimento in discarica dei rifiuti)
     47.  Legge n.344/1997 - Art. 2 (Promozione delle tecnologie
  pulite e dello sviluppo della sostenibilità urbana)
 
                              Pag. 267
 
     48.  Legge n.30/1997.  Conversione decreto-legge n.669/1996
  - Art. 29 (Contributo per l'acquisto di autoveicoli nuovi a
  fronte della rottamazione di analoghi beni usati)
     49.  Legge n.449/1997 - Art. 4, comma 9 (Legge finanziaria
  1998 Incentivi per le piccole e medie imprese)
     50.  Legge n.449/1997 - Art. 17, comma 29 (Legge
  finanziaria 1998.  Disposizioni tributarie in materia di
  veicoli)
     51.  Legge n.449/1997 - Art. 18 (Imposta erariale regionale
  sulle emissioni sonore degli aeromobili).
     Invita il Vicepresidente Gerardini a prendere la
  parola.
     Il deputato Franco GERARDINI, in qualità di relatore,
  avverte che al documento prima ricordato sono state presentate
  alcune proposte emendative.  Illustra quelle presentate dal
  deputato Oreste Rossi, che sono del seguente tenore:
     "Al capitolo 3, tredicesimo comma, dopo le parole: 'della
  nozione di rifiuto (e di disfarsi)' aggiungere: 'Tanto è vero
  che nella versione definitiva del decreto che disciplina le
  procedure 'agevolate' sul recupero dei rifiuti non pericolosi
  (DM 5 febbraio 1998, pubblicato in SO n.72 alla Gazzetta
  Ufficiale n.88 del 16 aprile 1998) i ministri concertanti
  hanno soppresso le MPE ripristinando il termine di materie
  prime secondarie.  Probabilmente per timore di incorrere in
  ulteriori procedure di infrazione in sede Ue, poichè il
  concetto di MPS si allontana meno di quello di MPE dalla
  legislazione e soprattutto dalla giurisprudenza europea, che è
  risultata sempre meno propensa ad escludere dalla nozione di
  rifiuto quelle sostanze od oggetti suscettibili di
  riutilizzazione economica (Corte di giustizia europea 25
  giugno 1997, Tombesi), anche se inserite in un processo di
  produzione industriale (Corte di giustizia europea 18 dicembre
  1997)".
     "Al capitolo 6.1, subito prima del paragrafo 'Gli accordi
  di programma', aggiungere: 'Un altro strumento volontario di
  politica ambientale, di cui è auspicabile la diffusione, sono
  le norme della serie ISO 14000 (certificazione di qualità
  ambientale).  La certificazione, secondo tali norme, per certi
  aspetti simili all'EMAS e in parte meno vincolanti (manca,
  infatti, nel sistema ISO l'onerosa 'dichiarazione
  ambientale'), ha il vantaggio di essere riconosciuta su scala
  internazionale - e non solo in ambito strettamente Ue, come
  l'EMAS - ed è ottenibile piuttosto agevolmente da chi ha già
  ottenuto la registrazione del sito come EMAS.  Inoltre le ISO
  14000, al contrario dell'EMAS, si rivolgono a tutti i tipi di
  aziende e non solo ai siti industriali'".
     Illustra quindi le proposte emendative presentate dal
  Presidente Scalia, che sono del seguente tenore:
     "Al capitolo 1, primo comma, sostituire le parole:
  'costituisce un vincolo' con le parole: 'ha costituito sino
  all'emanazione del decreto legislativo n.22 del 1997 un
  vincolo'.
     Al capitolo 1, quarto comma, sostituire le parole: 'non
  sono previste' con le parole: 'non erano previste'.
     Al capitolo 2, sesto comma, dopo le parole: 'alcuni
  aspetti' aggiungere le parole: '-anche per via dei limiti
  imposti dalla legge delega-'.
     Al capitolo 2, ultimo comma, aggiungere dopo le parole:
  'sistema industriale' le parole: 'ed
  istituzionale-amministrativo'.
     Al capitolo 6.2, nel paragrafo 'dalla tassa alla tariffa'
  sopprimere l'ultimo comma".
     Accetta le proposte emendative testè illustrate.
     Il Presidente Massimo SCALIA pone in votazione le proposte
  emendative presentate dal deputato Oreste Rossi, che vengono
  approvate.
     Passa quindi alla votazione delle proposte emendative da
  lui presentate.
 
                              Pag. 268
 
     Il senatore Giuseppe SPECCHIA, riferendosi alla prima
  proposta emendativa del Presidente Scalia, chiede al relatore
  di valutare l'opportunità di mantenere il testo originario.
     Il deputato Franco GERARDINI, in qualità di relatore,
  ritiene opportuna la modifica proposta dal Presidente
  Scalia.
     Il Presidente Massimo SCALIA si dichiara d'accordo con il
  deputato Gerardini.
     Pone in votazione le prime quattro proposte emendative da
  lui presentate, che vengono approvate.
     Passa quindi alla votazione dell'ultima proposta
  emendativa.
     Il senatore Giuseppe SPECCHIA, in riferimento all'ultima
  proposta emendativa del Presidente Scalia, ritiene che, invece
  di sopprimere il comma, si debba procedere alla seguente nuova
  formulazione: "E' opportuno che si affronti, contestualmente
  all'emanazione del decreto attuativo, la problematica relativa
  all'IVA connessa con la tariffa".
     Il deputato Franco GERARDINI, in qualità di relatore, si
  dichiara d'accordo con tale nuova formulazione.
     Il Presidente Massimo SCALIA accetta la formulazione del
  comma espressa dal senatore Specchia.
     Pone quindi in votazione l'ultima proposta emendativa da
  lui presentata, che viene approvata.
     Passa quindi alla votazione del documento nel suo
  complesso.
     Il senatore Giuseppe SPECCHIA ringrazia innanzitutto il
  relatore, i consulenti e la segreteria della Commissione per
  il contributo offerto alla predisposizione del documento in
  esame, che ha rivelato aspetti assai complessi e certamente
  innovativi nel panorama normativo del nostro Paese.
     Ritiene che il documento possa essere l'occasione per
  l'inizio di una cultura rivolta all'ambiente di stampo
  innovativo, in cui l'attività della pubblica amministrazione,
  ed in particolare degli enti locali, possa costituire il segno
  di una nuova epoca: esprime, a tale proposito, la necessità
  che siano posti in essere gli adeguati controlli affinchè non
  continuino ad essere attuati ai danni dell'ambiente quei
  comportamenti che attentano alla vita sociale ed alla salute
  pubblica.
     Esprimerà il suo voto favorevole, pur mostrando riserve
  sulla parte del documento relativa alla tassa-tariffa.
     Il deputato Pierluigi COPERCINI, esprimendo consenso sulle
  premesse e sulle finalità sottese al documento in esame,
  auspica che vengano attuati al più presto i princìpi contenuti
  nel decreto legislativo n.22 del 1997, che incontra ancora -
  come è emerso dalle audizioni svolte nei giorni scorsi in
  Sicilia - considerevoli resistenze.
     Esprimerà il suo voto favorevole, nella certezza che il
  miglioramento dell'ambiente costituisca la premessa per un
  migliore futuro della vita della popolazione.
     Il Presidente Massimo SCALIA ricorda che il gruppo di
  lavoro coordinato dal Vicepresidente Gerardini ha elaborato
  anche un progetto di legge relativo agli incentivi alle
  imprese per lo sviluppo sostenibile: data la sua complessità,
  ritiene che possa essere esaminato nelle prossime
  settimane.
     Il deputato Franco GERARDINI, in qualità di relatore, si
  dichiara d'accordo su quanto testè prospettato dal Presidente
  Scalia e precisa che con il progetto di legge citato si
  intende incentivare l'applicazione del sistema EMAS in Italia:
  a tal fine, ritiene opportuno che siano svolte alcune
  audizioni, in particolare con i rappresentanti delle piccole
  imprese e degli artigiani, del comitato EMAS, dell'ENEA e
  dell'ANPA.
     Il Presidente Massimo SCALIA pone infine in votazione il
  documento nel suocomplesso.  Viene approvato all'unanimità.
 
     La seduta termina alle 14,15.
 
DATA=980528 FASCID=SMC13-355 TIPOSTA=SMC LEGISL=13 NCOMM=39 SEDE= NSTA=0355 TOTPAG=0271 TOTDOC=0127 NDOC=0127 TIPDOC=B DOCTIT=0000 COMM=C39D F PAGINIZ=0246 RIGINIZ=015 PAGFIN=0268 RIGFIN=069 UPAG=NO PAGEIN=246 PAGEFIN=268 SORTRES=9805283 SORTDDL= FASCIDC=13SMC 00355 SORTNAV=59805280 00355 b00000 ZZSMC355 NDOC0127 TIPDOCB DOCTIT0127 NDOC0127



Ritorna al menu della banca dati