| FAUSTO VIGEVANI, Sottosegretario di Stato per le
finanze. Signor Presidente, gli interpellanti, premesso che
un'apposita commissione, istituita presso il Ministero delle
finanze, sta predisponendo alcuni elenchi di cespiti
immobiliari che potranno essere ceduti ai privati attraverso
l'istituzione di fondi immobiliari, hanno chiesto di conoscere
se corrispondano al vero le dichiarazioni del professor
Vaciago, coordinatore della predetta Commissione, sulla
possibile vendita di immobili del patrimonio immobiliare dello
Stato di particolare interesse storico-artistico che, in
quanto tale, deve essere considerato "elemento costitutivo del
nostro paese" e pertanto tutelato dalla Carta
costituzionale.
Al riguardo, si rappresenta che l'articolo 3, comma 86 e
seguenti, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, il collegato
alla legge finanziaria per il 1997, prevede l'attivazione del
processo di dismissione del patrimonio immobiliare dello
Stato, attraverso la costituzione di appositi fondi
immobiliari.
Con tali disposizioni, che nel complesso danno luogo ad
una nuova disciplina organica della gestione di tutti i beni
dello Stato, demaniali e patrimoniali, sia disponibili sia
indisponibili, il legislatore ha inteso preliminarmente
avviare la ricognizione dei beni del patrimonio attraverso una
catalogazione territoriale e funzionale, al fine di consentire
il recupero e la migliore gestione di quei beni che non
risultano proficuamente utilizzati ovvero versano in stato di
abbandono, così da permettere la circolazione di una ricchezza
immobiliare che fino ad ora è stata poco sfruttata.
Il termine "patrimonio", di cui alla citata legge n. 662
(articolo 3, comma 88), è stato utilizzato dal legislatore in
senso generico, comprendendo, quindi, anche i beni demaniali,
tra cui figurano quelli di interesse storico, artistico ed
archeologico nonché quelli del patrimonio indisponibile.
Sono previste nella predetta legge tre modalità di
dismissione: conferimento a fondi immobiliari di immobili -
aventi valore significativo - suscettibili di valorizzazione e
di proficua gestione; alienazione diretta (mediante asta
pubblica o trattativa privata) dei beni non conferiti nei
fondi; alienzaione, permuta, valorizzazione, gestione, di
immobili in uso alle forze armate, da parte del Ministero
della difesa.
In ciascuno dei tre casi, si tratta di immobili per i
quali sono cessate le esigenze di pubblico interesse alla loro
utilizzazione. Viene sempre riconosciuto un diritto di
prelazione agli enti locali, che sono anche direttamente
coinvolti, mediante conferenza di servizi e accordi di
programma, nelle operazioni di valorizzazione.
Solo nel terzo caso, in base all'articolo 3, comma 112,
cioè per la alienazione dei beni in uso alle forze armate, vi
è nella legge n. 662 del 1996 l'esplicito rinvio all'articolo
24 della legge 1^ giugno 1939, n. 1089, che prevede come
condizione per l'alienazione l'autorizzazione del ministro per
i beni culturali e ambientali, sempre che non derivi danno
alla conservazione degli immobili soggetti a tutela, e non ne
sia menomato il pubblico godimento. Nulla si dice per i primi
due casi di dismissione (fondi immobiliari e alienazione
diretta), per i quali la previsione dell'articolo 24 della
legge n. 1089 del 1939 è stata successivamente ribadita
dall'articolo 12, comma 3, della legge 15 maggio 1997, n. 127.
In virtù di tale ultima disposizione, l'alienazione di cose di
antichità e d'arte, di proprietà dello Stato o di altri enti
pubblici, può essere
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autorizzata purché ne sia salvaguardata la loro conservazione
e non ne sia menomato il pubblico godimento.
Lo stesso articolo 12 della legge n. 127 del 1997, al
primo e al secondo comma, innova la normativa relativa
all'alienazione di immobili degli enti locali, salvo
innovazioni o modificazioni deliberate dal Parlamento
successivamente, delle quali occorrerà esaminare la relativa
portata e quindi gli effetti sulla regolamentazione ora
illustrata.
Ciò posto, la ratio delle disposizioni richiamate è
quella di favorire la dismissione di immobili non più utili
per esigenze di pubblico interesse. In conseguenza di ciò, è
evidente che beni come, per esempio, il Colosseo non sono
conferibili ai predetti fondi immobiliari, in quanto sono
attualmente in uso secondo la loro destinazione naturale.
La disciplina pertanto non desta preoccupazioni, anche in
considerazione del duplice vantaggio che le operazioni
comporteranno in termini di maggiori entrate per lo Stato e,
si spera, di creazione di nuovi posti di lavoro.
In attuazione delle predette disposizioni normative, la
commissione di studio, istituita con decreto ministeriale in
data 9 aprile 1997, ha il compito di predisporre gli atti
necessari per consentire la sottoscrizione da parte del
ministro del tesoro delle quote di fondi immobiliari e
l'individuazione dei beni da includere nell'elenco attualmente
in fase di compilazione.
E' stato predisposto, in vista della originaria scadenza
dei lavori fissata al 31 dicembre 1997, un primo elenco di
beni conferibili, già inviato al Ministero del tesoro.
A seguito del disposto di cui all'articolo 14, comma 11,
della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (collegata alla legge
finanziaria per l'anno 1998), il termine per la
predisposizione dell'elenco definitivo di tali beni è stato
prorogato al 30 giugno 1998. I lavori della commissione sono
ancora in corso di svolgimento.
Circa, pertanto, le dichiarazioni del coordinatore della
predetta commissione, si osserva che, come rilevato dal
medesimo professor Vaciago, il comunicato-stampa ANSA del 21
aprile scorso chiaramente indicava che le dichiarazioni sulla
possibile vendita di immobili come il Colosseo e gli Uffizi
erano solo una "battuta". Una parte della stampa l'ha
perfettamente capito e solo alcuni giornali hanno dato
credibilità alla cosa, cui hanno tempestivamente replicato il
ministro delle finanze (Il Messaggero - 23 aprile 1998)
e lo stesso professor Vaciago (Il Sole 24 ore - 23
aprile 1998).
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