| GIANCARLO PAGLIARINI. I fatti sono questi: all'inizio di
maggio un gruppo di cittadini che fanno parte di una
associazione apolitica e apartitica denominata "la Milano che
produce", che ora rappresento in qualità di portavoce, ha
sollevato durante la riunione mensile dei suoi membri il
problema della tutela della riservatezza dei dati esposti
nelle dichiarazioni dei redditi.
Si tratta di questo: per la dichiarazione dei redditi,
quest'anno, i padani e gli italiani dovranno usare una busta,
secondo quanto previsto da un decreto del Ministero delle
finanze. Un decreto, tanto per cambiare, con un titolo
veramente chilometrico. Queste che leggerò sono le prime tre
righe del titolo: "Approvazione con le relative istruzioni e
busta, del modello unico di dichiarazione che le
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persone fisiche devono presentare nell'anno 1998 ai fini
delle imposte sui redditi, dell'imposta sul valore aggiunto,
nonché..."
Solo il titolo del decreto continua per altre 12 righe:
12, non scherzo! Se non ci credete, dovete solo comprare il
supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 77,
del 2 aprile 1998, che costa ben 30 mila lire, nel quale vi
sono oltre 310 pagine di istruzioni e semplificazioni.
A pagina 311 è pubblicato il fac-simile della busta che
deve essere utilizzata per la dichiarazione dei redditi. Un
bel bustone con il timbrino che garantisce che è stata
stampata dall'Istituto poligrafico e zecca dello Stato.
Questa busta è larga 23 centimetri e lunga 32 e mezzo. Il
contribuente inserisce nella busta la sua dichiarazione dei
redditi, sigilla la busta che sul risvolto è dotata di tutta
la colla necessaria per chiuderla bene in modo da mettere al
sicuro da occhi indiscreti i dati della sua dichiarazione; gli
dà una bella leccata, la chiude e poi consegna in banca oppure
alla posta la sua dichiarazione dei redditi, sempre ben chiusa
nella busta. In banca, oppure alla posta, utilizzando la
fessura della finestra centrale, che non è protetta da una
pellicola trasparente, gli impiegati scriveranno sulla
dichiarazione il numero di protocollo e la data di
presentazione. Poi il contribuente si mette in tasca la prova
di aver consegnato la dichiarazione e se ne va.
Da quel momento in poi tutte le persone a cui capiterà in
mano la busta chiusa potranno in teoria tirare fuori dal
finestrone la dichiarazione dei redditi, guardarla,
fotocopiarla oppure, se sono dei burloni, addirittura
aggiungere o togliere qualcosa, perché il finestrone centrale
è aperto, non ha alcuna protezione e, siccome è largo sei
centimetri e mezzo ed è lungo sedici centimetri e mezzo, è un
gioco da ragazzi togliere e reinserire il contenuto nella
busta.
Il 31 dicembre 1996 il Parlamento aveva approvato una
legge intitolata: "Tutela delle persone e di altri soggetti
rispetto al trattamento dei dati personali", insomma, la
famosa legge sulla privacy. L'articolo 15 di quella
legge sembra scritto su misura per questa busta. Il suo testo
è il seguente: "I dati personali oggetto di trattamento devono
essere custoditi e controllati anche in relazione alle
conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, alla natura
dei dati e alle specifiche caratteristiche del trattamento, in
modo da ridurre al minimo, mediante l'adozione di idonee e
preventive misure di sicurezza, il rischio di distruzione o
perdita, anche accidentale, dei dati stessi, di accesso non
autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme
alla finalità della raccolta". E' evidente che di per sé
l'utilizzo della busta previsto dal Ministero delle finanze è
in contrasto con questa norma.
Il garante è giunto alla nostra stessa conclusione.
Infatti, ha scritto nella sua decisione dell'altro ieri che
"la busta in questione non può ritenersi corrispondente ai
canoni di sicurezza che l'articolo 15, comma 1, della legge n.
675 del 1996 fissa agli effetti della responsabilità
civile".
Il dottor Virginio Carnevali, che è responsabile per il
fisco delle consulte economiche della lega nord per
l'indipendenza della Padania, e dopo di lui tanti altri, tra
cui anche il collega Giulio Tremonti, hanno spedito degli
indignati esposti al garante per la protezione dei dati
personali.
Finalmente l'altro ieri, il 26 maggio, il garante ha
risposto al ricorso del nostro Virginio Carnevali. La risposta
ufficiale si conclude con la segnalazione che il garante
"ritiene necessario inviare una segnalazione al Ministero
delle finanze ai sensi dell'articolo 31, comma 1, lettera
c), della legge n. 675". Per la cronaca, il testo della
lettera c) è del seguente tenore: "Il Garante ha il
compito di segnalare le modificazioni opportune al fine di
rendere il trattamento conforme alle disposizioni vigenti".
Questo significa che, prima dell'intervento della lega nord,
l'impianto previsto dal Ministero delle finanze non
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era conforme alle disposizioni vigenti. Non lo era prima del
nostro intervento e non lo è nemmeno oggi.
Nella sua decisione l'autorità garante per la protezione
dei dati personali ha ammesso che "i rilievi concernenti la
busta sono fondati". Questo il garante lo ha deciso e lo ha
scritto dopo aver invitato il Ministero delle finanze a
formulare per iscritto ogni considerazione ritenuta utile per
le valutazioni del caso. Il 22 maggio il Ministero delle
finanze ha fornito al garante le sue considerazioni sul
problema.
Nella decisione del garante sul ricorso di Carnevali si
può leggere che le considerazioni del Ministero delle finanze,
in sintesi, sono state le seguenti: in primo luogo, la
finestra serve per apporre sulla dichiarazione, anziché sulla
busta, il numero di protocollo e la data di presentazione, in
modo da fornire al contribuente la garanzia dell'avvenuta
presentazione; in secondo luogo, la finestra serve per
individuare velocemente gli elementi utili al rilascio della
ricevuta al contribuente, vale a dire gli estremi anagrafici,
la data di presentazione, il numero di protocollo e il tipo di
modello; in terzo luogo, il Ministero delle finanze ha detto
al garante che questo tipo di busta non consentirebbe di
prendere conoscenza dell'intero frontespizio della
dichiarazione se non tramite manovre intenzionali, il che
ovviamente è vero.
Il Ministero ha anche detto al garante che questo tipo di
busta non permetterebbe neanche di estrarre la dichiarazione
dalla busta se non apportando evidenti lacerazioni alla busta
stessa; il che non è affatto vero, come hanno dimostrato le
immagini trasmesse da Striscia la notizia e addirittura
dal TG1.
In definitiva, nella decisione del garante sul nostro
ricorso, si può leggere che, secondo il Ministero delle
finanze, le esigenze di riservatezza dei contribuenti sono
soddisfatte anche in considerazione del fatto che gli
intermediari bancari o postali devono rispettare specifiche
regole di custodia e di sicurezza dei dati.
Ho detto io queste cose per evitare che il sottosegretario
Vigevani, che è qui in aula in rappresentanza del ministro
Visco, ce le ripeta. Infatti, il Ministero delle finanze ha
già detto queste cose al garante e il garante stesso, tenendo
conto di tutte queste considerazioni e di altre ancora, ha
svolto la sua istruttoria ed ha deciso che i nostri rilievi
concernenti la busta sono fondati.
Quindi, senatore Vigevani, queste cose non ce le ripeta -
se per caso ne aveva l'intenzione - perché non hanno spessore.
Infatti il garante ha concluso che "l'esigenza di apporre un
numero di protocollo e la data di presentazione poteva essere
soddisfatta con soluzioni diverse e già in uso corrente" e che
"l'inadeguata soluzione tecnica prescelta permette
all'impiegato che riceve la dichiarazione di prendere
facilmente visione dell'intero frontespizio e questa
possibilità è offerta anche ad ogni altro addetto che presti
servizio presso i soggetti legittimati a trasmettere le
dichiarazioni dei redditi all'amministrazione finanziaria, in
particolare banche e uffici postali, o presso eventuali
organismi esterni che dovranno elaborare i dati che dovranno
inviare poi al Ministero delle finanze".
Il punto veramente importante è che il garante ha anche
scritto che "il riconoscimento della fondatezza del reclamo
renderebbe necessaria, a rigore, l'immediata sostituzione
della busta con un modello più idoneo". Senatore Vigevani, non
ci sono santi: questo significa che, da un punto di vista
tecnico, e giuridico, questa busta deve essere sostituita.
Altrimenti la privacy dei contribuenti non è
tutelata.
Tuttavia il garante ha deciso di non inibire l'utilizzo
della busta perché "ciò renderebbe inevitabile un differimento
legislativo dei termini della dichiarazione". E il garante non
può scrivere e approvare decreti-legge e spostare la data di
presentazione della dichiarazione dei redditi, quindi non
poteva che dire questo. Contemporaneamente egli ha anche
segnalato al Ministero delle finanze la necessità di
regolamentare diversamente la procedura
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a partire dalla dichiarazione dei redditi da presentare nel
1999. Dunque la procedura di quest'anno è illegale e non
tutela i contribuenti.
La decisione del garante è sconcertante perché le
possibilità sono solo due: o la busta tutela la privacy
e dunque la si usa, o non la tutela e allora la si cambia.
Questo punto è stato colto chiaramente dalla stampa. Ecco
alcuni titoli dei giornali di ieri mattina. Il Sole 24
ore: "Unico 98 infrange la privacy ma il Garante non
interviene"; La Stampa: "Fisco, Rodotà boccia l'Unico.
Chiunque può violare la segretezza delle buste"; Il
Giorno: "La busta che contiene il nuovo modello fiscale ha
una finestra anti- privacy. Rodotà boccia le trasparenze
di Unico"; Corriere della Sera: "Tasse, Rodotà boccia
Unico. La finestra della busta non tutela la riservatezza dei
dati"; la Repubblica: "Il Garante della privacy
boccia il modello Unico. Dure critiche del Garante alla
denuncia dei redditi: la busta è da rifare"; la Padania,
dulcis in fundo: "Il nuovo 740 è proprio fuori legge".
Ieri il ministro "Fisco" ha dichiarato all'ANSA che "la
busta modello unico non comporta problemi seri per la
privacy, perché se ci fossero stati problemi seri Rodotà
ci avrebbe fatto cambiare la busta". Non è vero; i problemi
seri ci sono, eccome. Il fatto è che il garante Rodotà ha
ammesso che la busta con il finestrone non protetto permette
addirittura di estrarre la dichiarazione "con relativa
facilità".
Dunque i problemi ci sono, e sono sicuramente molto seri,
perché è dimostrato che con questa busta la riservatezza dei
dati dei contribuenti non è tutelata. Il garante Rodotà non ha
chiesto al ministro delle finanze di cambiare la busta solo
perché, come abbiamo visto, si è in presenza di "una
situazione eccezionale creata dall'imminente scadenza del 1^
giugno".
Ebbene, noi siamo convinti che la riservatezza dei dati
dei cittadini sia un valore meritevole di tutela. Senatore
Vigevani, lo dica al ministro Visco: il garante non ha chiesto
di cambiare la busta solo perché si è in presenza di "una
situazione eccezionale creata dall'imminente scadenza del 1^
giugno". Ebbene, è sufficiente spostare la scadenza del 1^
giugno per i tempi tecnici necessari per, in primo luogo, la
modifica del decreto di approvazione del modello di busta, in
secondo luogo per la sua ristampa ed in terzo luogo per la sua
distribuzione.
Per questi motivi, esposti nella nostra interpellanza
urgente ed ora supportati anche dalla decisione scritta del
garante per la protezione dei casi personali, chiediamo al
Governo di spostare la scadenza del 1^ giugno, di modificare
il decreto di approvazione del modello di busta, di ristampare
buste normali, con la finestra più piccola, e di
distribuirle.
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