| STEFANO BASTIANONI. Io credo che l'emergenza lavoro
costituisca una sfida, per il Governo, per il Parlamento
tutto, per le regioni, per gli enti locali, le forze sociali,
le imprese. Costituisce quindi un momento forte di confronto,
ma anche di risposta ad un'emergenza che, seppure localizzata
(gli incidenti di questi giorni a Napoli rivelano tutta la sua
pericolosità sociale), per la carica che queste situazioni -
se non canalizzate in risposte che le istituzioni, tutte le
istituzioni, possono dare - può sfuggire di mano ed assumere
proporzioni più vaste.
Naturalmente, non entro nel merito di elementi di
artificiosità creati da persone che vengono coinvolte con
altri obiettivi, che non sono quelli di una reazione ad una
mortificazione, ad uno stato di disagio e di sofferenza. Ci
sono anche queste situazioni, ci sono anche quelli che si
mischiano a coloro che hanno bisogno e cercano di lavorare per
fare altre operazioni, che nulla hanno a che vedere con queste
e che naturalmente vanno represse.
Il ministro ci ha detto che è in corso un'azione diretta
al superamento dei lavori socialmente utili, attraverso una
loro profonda riforma, che è già intervenuta. Ricordiamo che
la precedente normativa, la legge n. 608, è stata rinnovata
dal "pacchetto Treu" con la legge n. 196 e si è passati da una
concezione dei lavori socialmente utili come ammortizzatore
sociale alla previsione di una politica
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attiva del lavoro: i lavori socialmente utili devono
trasformarsi e consolidarsi in posti di lavoro certi. Questo è
stabilito dalle norme dei decreti attuativi dell'articolo 26
della legge n. 196. E' chiaro che questo percorso vede
coinvolti vari soggetti: le commissioni regionali per
l'impiego, gli uffici del lavoro, le regioni (si chiede tanto
federalismo, poi non si può imputare sempre tutto al Governo:
le regioni devono svolgere un ruolo importante).
Questi lavori socialmente utili devono diventare uno degli
strumenti della politica attiva del lavoro, attraverso le
forme previste, in particolare quelle dei lavori di pubblica
utilità, che si rivolgono ai settori dei servizi alla persona,
della salvaguardia e della cura dell'ambiente e del
territorio, del recupero e della riqualificazione degli spazi
urbani e dei beni culturali. Quindi, debbono offrire sbocchi
in imprese, in consorzi di imprese, misti e privati, quindi
anche con la partecipazione degli enti pubblici, che possono
perciò offrire risposte concrete. Vanno però promosse anche
forme di autoimprenditorialità. E' stato ricordato che anche
le imprese debbono svolgere un ruolo importante: certo, ma
anche l'autoimprenditorialità deve essere promossa, non solo
il lavoro dipendente, ma anche il lavoro indipendente.
Quindi, è necessaria un'azione forte, ricordando che
certamente non possono essere i 100 mila soggetti interessati
dai lavori di pubblica utilità - peraltro in gran parte
concentrati in Sicilia e in Campania, per circa il 60 per
cento del loro totale - a risolvere il problema della
disoccupazione. Ma è una risposta che va in direzione del
consolidamento di situazioni precarie, per trovare uno sbocco
certo. I casi sono due: o si va verso questa soluzione, oppure
deve essere prevista una forma di rotazione tra i soggetti
interessati, altrimenti non è possibile mantenere la forma
assistenziale costituita da questo strumento.
Quindi, noi del gruppo di rinnovamento italiano chiediamo
a tutte le forze politiche ed a tutti i soggetti interessati
(Governo, enti locali, forze sociali) di fare ciascuno la
propria parte.
Forse è il caso di aprire un dibattito più vasto in
Parlamento e nelle istituzioni. Oggi l'occasione ci è stata
offerta dall'informativa del ministro sulla situazione della
Campania. Ma il problema del lavoro è troppo importante per
essere affrontato soltanto quando si verificano fatti
sgradevoli, frutto di una situazione pesante e pericolosa che
invece deve trovare da parte nostra - come rappresentanti del
popolo - risposte certe, che vadano nella direzione di dare
garanzie a coloro che le richiedono.
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