| FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, a Napoli come in
tutta la Campania e nel Mezzogiorno è esplosa la rabbia sulla
drammatica questione della disoccupazione. E' bastata questa
breve e dolente irruzione del paese reale per cancellare
d'incanto l'euforia per l'unificazione monetaria e riportare
con i piedi per terra il dibattito sulle performance
della nostra economia.
Ieri sono nuovamente scesi in piazza a Napoli i giovani
disoccupati, i corsisti, i precari, gli impiegati nei
cosiddetti lavori socialmente utili. Vorremmo evitare, signor
ministro, che l'unica forma di comunicazione con lo Stato
siano, come si sta ripetendo da troppo tempo, gli scontri con
le forze dell'ordine. Sarebbe una responsabilità
insopportabile, se derubricassimo
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un grande tema sociale a questione di ordine pubblico: noi
questa responsabilità non sentiamo di accollarcela e
critichiamo apertamente il comportamento finora tenuto.
D'altronde, non siamo i soli a lamentare una difficoltà di
intervento sulle questioni dell'occupazione: i sindacati hanno
recentemente lamentato inerzie e ritardi e preparano una
mobilitazione nazionale.
Signor ministro, ieri a Napoli c'erano le istituzioni
locali, ma le possibilità concrete di lavoro aggiuntivo
rischiano di essere del tutto insufficienti, nonostante le
responsabilità degli enti locali, se il Governo non dice cosa
mette di suo sul terreno dell'occupazione.
Come lei sa, a Napoli ci sono 38 mila lavoratori
socialmente utili e la regione ha un piano per 2 mila. Di quei
38 mila molti contratti sono in scadenza. Noi vi chiediamo una
presenza immediata a Napoli per aprire un confronto
programmatico vero, invece di assistere un po' passivi ed
inerti allo svolgersi delle cronache sociali.
Sull'occupazione il Governo, non in verità questo o quel
ministro, rischia un tragico fallimento. Quale politica
industriale? L'azionista pubblico, lo Stato, attiva
dismissioni, privatizzazioni, disperde un patrimonio
tecnologico di impianti produttivi ed anche di risorse
umane.
Sbaglio, o in Campania, a Napoli, hanno problemi la Safer,
l'Alenia, la FIAT-Avio, l'AVIS di Castellamare di Stabia, cioè
imprese tecnologicamente valide, che possono avere una
prospettiva anche sul mercato? Sul deserto non si costruisce
nulla! Si dismettono importanti settori strategici e poi si
incentivano, come lei anche oggi ci ha spiegato, flessibilità,
precarietà e così via. Vengono riproposti i contratti d'area
ed i patti territoriali: vorrei ricordarle, signor ministro,
che su questi due strumenti non concordiamo, perché provocano
una rincorsa all'abbattimento di vincoli sul piano dei diritti
dei lavoratori, ma anche di vincoli ambientali. Francamente,
dopo Sarno e Quindici, non ci sentiamo di continuare in questa
logica di competizione tra aree, una logica che molto spesso è
una competizione tra aree deboli e soggetti deboli: il punto è
che bisogna arrivare ad una svolta.
Approfitto di questa occasione per rilevare che ieri è
stata nuovamente avanzata la proposta (succede ciclicamente)
di introdurre salari più bassi per il Mezzogiorno. Una
proposta avanzata autorevolmente, addirittura dal segretario
dei democratici di sinistra. Innanzitutto vorrei polemizzare
sul fatto che questa è una proposta innovativa. Ridurre
infatti il salario ai lavoratori è l'aspirazione degli
imprenditori e dei datori di lavoro che dura da circa due
secoli. Dubito che concretamente essa sia una proposta
efficace, perché, come lei sicuramente sa, i salari nel
Mezzogiorno sono inferiori mediamente di circa il 25-30 per
cento rispetto a quelli del centro-nord.
La Campania è la regione in cui il tasso di precarietà e
di flessibilità salariale è più alto. Questa sarebbe la
ricetta per incentivare il lavoro nel Mezzogiorno? Una
proposta di questo tipo mi pare francamente inaccettabile ed è
anche un po' paradossale che essa venga avanzata da
sinistra.
Credo quindi che quella proposta rischi solo ed
esclusivamente di determinare una logica sostitutiva di
forza-lavoro e non una logica aggiuntiva, come a dire che può
avere un lavoro, come sta accadendo per i contratti d'area,
qualche figlio dei tanti padri che state licenziando (mi
riferisco anche all'azionista pubblico) per una dissennata
politica industriale.
Vi chiediamo una programmazione di qualità. Non vogliamo
l'insediamento di imprese a bassa competitività dal punto di
vista qualitativo. Non possiamo contare solo sulla
competitività dei prezzi. Vogliamo infrastrutturazione,
credito, commercializzazione dei prodotti. Vogliamo
un'assistenza e una politica industriale sulle
telecomunicazioni, sui trasporti, sull'energia e
sull'agro-industria. In tal caso, siamo favorevoli ai lavori
socialmente utili, non ho alcun dubbio a dichiararlo, ma
vogliamo lavori socialmente utili che
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non siano bricolage, interstizio, sussidio di 800 e
oltre mila lire al mese, o comunque copertura
assistenziale.
Vogliamo che in Campania, come nel resto del Mezzogiorno,
si possa avere stabilità qualitativa ed occupazionale.
Vogliamo che il lavoro possa diventare un volano per la
programmazione del Mezzogiorno. Questa è l'agenzia per il sud
che vogliamo, non il conflitto tra ministeri cui abbiamo
assistito fino ad oggi, non l'idea vecchia che viene
riproposta, non vecchie logiche di intervento nel sud. Dio sa
quanto ci sia bisogno nel Mezzogiorno di valorizzare
l'ambiente, quanto ci sia bisogno di lavori di cura, di
socialità, quanto ci sia bisogno di lavori a redditività
differita, cioè lavori su cui il privato non possa
intervenire.
Temo che sulla questione del lavoro si stia precostituendo
una distanza strategica tra noi e i piani del Governo. Non
credo che per la via che lei ci propone si possano dare
risposte al milione di disoccupati della Campania, né ai tanti
disoccupati di tutta Italia (Applausi dei deputati del
gruppo di rifondazione comunista-progressisti).
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