| Nerio NESI, presidente, ricorda che nei giorni 4, 5
e 6 giugno 1998 una delegazione della X Commissione (Attività
produttive, commercio e turismo) si è recata in missione a
Torino.
Alla missione a Torino, hanno partecipato i seguenti
deputati della X Commissione: Nerio Nesi (Presidente), Mario
Barral (gruppo lega nord per l'indipendenza della Padania),
Salvatore Buglio (gruppo democratici di sinistra-l'Ulivo),
Giorgio Gardiol (gruppo Misto-verdi), Dario Ortolano (gruppo
rifondazione comunista-progressisti), Gaetano Rasi (gruppo
alleanza nazionale) e Giovanni Saonara (gruppo popolari e
democratici-l'Ulivo). Agli incontri hanno partecipato anche i
seguenti parlamentari, non facenti parte della X Commissione:
Francesco Stradella (gruppo forza Italia), Renato Cambursano
(gruppo popolari e democratici-l'Ulivo), Giuseppe Niedda
(gruppo popolari e democratici-l'Ulivo), Giorgio Panattoni
(gruppo democratici di sinistra) e Sergio Rogna (gruppo
popolari e democratici-l'Ulivo).
Un'analitica relazione sull'andamento degli incontri è
contenuta nel dossier predisposto a seguito della missione.
In sintesi, va ricordato che sono stati visitati gli
impianti dell'Olivetti, della Fiat auto e della Vibel,
un'impresa artigiana operante nel settore della carpenteria
leggera. Si sono poi svolti incontri presso la Prefettura con
alcuni imprenditori operanti in piccole e medie imprese, con i
rappresentanti delle istituzioni locali, con esponenti delle
forze imprenditoriali e sindacali, nonché con il prefetto. E'
infine stata ricevuta una delegazione della rappresentanza
sindacale dell'ILVA di Torino.
Ad Ivrea la delegazione della Commissione ha incontrato i
vertici della OLIVETTI spa ed in particolare l'avvocato
Antonio Tesone e il dottor Roberto Colaninno, rispettivarnente
presidente ed amministratore delegato della società. Va
ricordato che la Commissione attività produttive aveva già
proceduto il 27 novembre 1996 all'audizione dell'avvocato
Tesone e del dottor Colaninno nell'ambito dell'indagine
conoscitiva sulla situazione industriale del gruppo
Olivetti.
Il dottor Roberto Colaninno ha illustrato l'attuale
situazione della società, in particolare confermando che il
gruppo OLIVETTI si trova in una condizione non confrontabile
con quella del 1996. Mentre nel settembre di quell'anno la
situazione finanziaria era senz'altro "seria", oggi la società
ha un piano per i prossimi cinque anni, con strategie e dati
finanziari certi. In particolare, sono già definite le fonti
di finanziamento degli investimenti previsti, con alleati
disposti ad investire nel gruppo, soprattutto nelle
telecomunicazioni, che pesano per il 63 per cento delle
attività dell'intero gruppo. Nella telefonia fissa sono
previste 400 assunzioni fino al 1999. La società prevede di
mantenere ad Ivrea i punti di riferimento strategici, compresi
quelli del gruppo INFOSTRADA. E' stata comunque dichiarata la
disponibilità a verificare ipotesi di collaborazione per
attenuare i momenti di crisi del territorio. In riferimento ad
attività estranee alla zona di Ivrea, ha fatto presente che
per quanto riguarda la società OIS, che impiega 550 persone a
Roma e che realizza soluzioni informatiche per le aziende, non
vi sono motivi di allarme occupazionale, mentre per quanto
riguarda la MODINFORM, che opera a Marcianise, sono state
addirittura decisi
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investimenti per la ristrutturazione dell'impianto, che al
momento genera perdite pari a 35 miliardi ogni 100 di
fatturato.
I risultati raggiunti, pur positivi, vanno considerati
temporanei, a causa della dinamicità del mercato. Il settore
dell'alta tecnologia è infatti caratterizzato dalla
possibilità del consumatore di scegliere prodotti e servizi in
base a qualità e convenienza economica.
Rispondendo ai quesiti posti dai parlamentari, il
dottor Colaninno e l'avvocato Tesone hanno fatto presente che
l'Olivetti non prevede di subire perdite con l'avvento di un
terzo o quarto gestore nella telefonia mobile, in quanto sia
la telefonia mobile che quella fissa fronteggiano ancora un
mercato amplissimo, in cui l'innovazione di prodotto ha
margini di miglioramento notevolissimi. Del resto, nel budget
della società è già scontata l'operatività di un terzo
gestore. In relazione all'accordo per l'utilizzazione dei cavi
a fibre ottiche delle FFSS, è stato sottolineato che il socio
Mannesmann ha concluso un analogo accordo con le ferrovie
tedesche e austriache, per cui l'obiettivo è quello di dar
luogo ad una presenza europea importante nel settore.
E' stato poi sottolineato che nel gruppo è già conosciuto
un sistema di retribuzioni legato alla produttività. In
particolare, è stato concordato un premio retributivo
collegato al grado di soddisfazione del cliente, che
costituisce una novità delle relazioni industriali.
Sul tema della riduzione dell'orario di lavoro a 35 ore, è
stato messo in evidenza che si tratta di una tematica più
propria del settore della produzione che non di quello dei
servizi. Ad esempio, il telefonista deve essere sempre
presente, per cui sono necessari flessibilità e
part-time. In ogni caso, la riduzione a 35 ore può
essere un'operazione di buon senso o un'operazione dirigista:
l'intervento per legge non sembra idoneo alla ricerca di
quelle soluzioni articolate, caso per caso, che sembrano
invece più consone alla realtà.
In relazione a questioni attinenti all'Olivetti spa,
definita una public company, è stato chiarito che manca
un azionista di riferimento. Si è così determinata la
situazione un po' paradossale per cui il consiglio di
amministrazione propone se stesso all'assemblea. Alcune
difficoltà sono legate alla carenza di una significativa
esperienza in Italia nella gestione di public companies.
E' stata, comunque, ricordata la presenza nel consiglio di
un rappresentante dei fondi di investimento. L'avvocato Tesone
ha poi fatto presente che oramai la conferma del gruppo
dirigente trae legittimazione dai risultati raggiunti: nel
momento in cui i risultati dovessero essere considerati
insufficienti, il vertice sarà senz'altro cambiato
dall'assemblea. In riferimento ai chiarimenti richiesti
sull'accordo con la Wang, l'avvocato Tesone ha precisato che
l'accordo è stato indispensabile per raggiungere una massa
critica adeguata per sopportare la concorrenza di livello
mondiale.
Sono state poi affrontate diverse situazioni specifiche
del gruppo Olivetti. In primo luogo, è stato affrontato il
tema della possibilità di assorbire ad Ivrea il personale in
esubero della Olivetti Personal Computer (OPC) di Scarmagno,
scorporata dall'Olivetti spa. Il dottor Colaninno ha
dichiarato in proposito che la concentrazione ad Ivrea del
"quartier generale" della società corrisponde anche
all'esigenza di far fronte ai problemi occupazionali della
zona. L'avvocato Tesone ha inoltre sottolineato che il
distacco della OPC di Scarmagno dall'Olivetti è stata
fondamentale per il risanamento della società. In ogni caso
l'informatica non è stata abbandonata, ma ha solo un minor
rilievo nel gruppo. Ancora oggi il dottor Colaninno siede nel
consiglio di amministrazione della Wang global. E' stato poi
ricordato che la partecipazione dell'Olivetti spa nel capitale
dell'OPC risponde in larga parte ad esigenze di finanziamento;
peraltro, all'interno dell'accordo raggiunto al momento della
cessione a Gottesmann, è previsto che entro il 1999 una quota
parte delle azioni ancora dell'Olivetti sarà ceduta, con
l'obbligo per lo stesso Gottesmann di trovare un
acquirente.
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Sull'Olivetti ricerca, è stata invece annunciata la
possibilità di una sua trasformazione in una società no
profit, eventualmente anche con partners pubblici. Il
consorzio così composto potrebbe anche operare al di fuori dei
gruppi Olivetti e Wang; tuttavia, occorre ancora verificare la
percorribilità di questa ipotesi.
Sulla cessione dell'ELEA, è stata ribadita la possibilità
che l'Olivetti utilizzi la stessa ELEA per le attività di
formazione.
In relazione alla LEXICON, è stato sottolineato un
problema di personale, in quanto occorre rinnovare le risorse
umane. Infatti, nel settore commerciale sono più adatti
lavoratori più giovani, mentre per le attività di
progettazione sono utilizzabili lavoratori più esperti. In
ogni caso, il ricambio può avvenire in condizioni di
tranquillità finanziaria.
La delegazione ha poi incontrato una rappresentanza
sindacale aziendale dei dirigenti Olivetti. Nel corso di
quest'incontro, è stato ricordato che dai circa 54 mila
dipendenti degli anni '70, l'Olivetti spa è passata agli
attuali 14 mila dipendenti, compresi quelli della Omnitel. Nel
Canavese, in particolare, operano 3.500 dipendenti della
Olivetti, cui vanno aggiunti altri 500 lavoratori, dipendenti
dalla Olsy, ceduta a marzo. L'OPC, ormai scorporata dalla
Olivetti, impiega 1.200 lavoratori. E' stato segnalato che
questo fenomeno comporta la scomparsa di varie figure
professionali qualificate ed effetti drammatici sull'indotto.
E' stato quindi chiesta l'adozione di un piano di
riconversione industriale per la riaggregazione del
territorio.
Per quanto riguarda in particolare i dirigenti della
Olivetti, la riduzione nel corso degli anni '90 è stata da 900
a 200, tramite prepensionamenti ed uscite volontarie.
La delegazione parlamentare ha poi incontrato in maniera
informale i lavoratori dell'Olivetti Personal Computer (OPC),
che hanno dimostrato contro la preannunciata lettera di
comunicazione di collocazione in cassa integrazione per 449
dipendenti, poi formalizzata nei giorni successivi.
Nel corso del successivo incontro la delegazione
parlamentare ha ascoltato la rappresentanza sindacale unitaria
dell'Olivetti. Durante l'incontro è stato sottolineato il
ruolo tuttora vitale dell'informatica (in particolare quella
legata alla produzione di software), anche dopo che
l'Olivetti ha deciso di puntare sulle telecomunicazioni. In
particolare è stato sottolineato che il settore dei
personal computer non sta affrontando una crisi di
mercato, per cui le difficoltà sono solo di livello aziendale.
Pertanto occorre che nella trattativa in corso presso il
Ministero
dell'industria sia sciolto il dubbio se eventuali
finanziamenti per il Canavese siano destinati solo alle
telecomunicazioni o anche all'informatica. E' stato poi
ricordato che l'accorso con la Wang ha portato alla cessione a
quest'ultima della Olsy, ossia la più avanzata azienda del
gruppo nel settore informatico. E' quindi in corso e sarà via
via più accentuato il sacrificio dell'attività di ricerca e di
sviluppo.
Nell'immediato, è stato messo in evidenza che la richiesta
di cassa integrazione per 449 lavoratori per lo stabilimento
di Scarmagno è un atto non solo grave in se stesso, ma anche
un preoccupante segnale che sembra mettere in pericolo
l'operatività dell'intero stabilimento. Nel medio periodo si
pensa all'ingresso nel capitale dell'OPC da parte
dell'ITAINVEST. Tuttavia quest'ultima ha chiesto, prima di
assumere la sua quota di capitale una serie di garanzie che
hanno fatto passare molto tempo, per cui sta venendo meno il
progetto iniziale di attrarre investitori privati con
l'intervento di un soggetto pubblico. E' stato infatti
ricordato che l'ITAINVEST dovrebbe intervenire sia con un
investimento in conto capitale che con un prestito
obbligazionario, per un ammontare di circa 30 milioni di
dollari. Nel caso in cui l'operazione avesse successo, con
l'ingresso dei fondi di investimento nella società, si
potrebbe pensare ad una ricapitalizzazione di circa 100
miliardi. La stessa immagine dell'OPC
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è stata però seriamente compromessa dalle modalità di
cessione da parte dell'Olivetti, che ha scoraggiato
l'intervento di qualsiasi investitore potenzialmente
interessato all'azienda. Un altro elemento di crisi deriva
dalla riduzione di ordinativi di computer da parte
dell'Olivetti, che non acquista più i previsti 12 mila
apparecchi all'anno. Sono state poi ricordate le mai chiarite
circostanze che hanno portato alla cessione del ramo
d'azienda, su cui si potrebbe eventualmente aprire qualche
approfondimento. Un ultimo paradosso da evitare è che
l'ingresso dell'ITAINVEST nel capitale sociale sia
condizionato alla riduzione del personale. E' stato in
proposito ricordato che entro il 20 giugno dovrebbe
concludersi il processo di due diligence da parte della
stessa ITAINVEST.
Nel pomeriggio del 5 giugno la delegazione parlamentare ha
incontrato i vertici della Fiat auto presso gli stabilimenti
di Mirafiori. In particolare è stato posto il quesito sulla
evoluzione della presenza della Fiat nella città e nella
provincia di Torino e in subordine sulle possibilità di
reazione dell'area alla diminuzione della presenza della
Fiat.
L'ingegner Roberto Testore, amministratore delegato
della Fiat auto, ha preliminarmente ricordato che la capacità
produttiva della Fiat è di circa 3 milioni di auto nel mondo,
di cui 1 milione e 900 mila in Italia. Lo scorso anno la
produzione è stata di 2 milioni e 700 mila, di cui 1 milione e
800 mila in Italia. Tradizionalmente, la Fiat è molto forte
nella gamma media e bassa del mercato automobilistico e ciò
determina favorevoli prospettive di espansione in quei paesi
(in particolare Russia, India, Polonia e Cina) in cui è
previsto la maggiore espansione della richiesta di auto.
Occorre tuttavia produrre localmente le vetture, perché sono
previsti vincoli all'importazione molto rigidi. Pur nella
diversità delle regolamentazioni nazionali, inoltre, i
quantitativi prodotti localmente consentono di sbloccare
l'esportazione di vetture italiane, con un meccanismo di
"bonus" all'importazione. Per quanto concerne l'andamento
dell'import-export tra l'Europa ed i paesi extracomunitari, è
stato ricordato che comunque le importazioni sono largamente
compensate dalle esportazioni.
Anche in questo quadro globale, la produzione italiana non
dovrebbe diminuire. Pur essendo il mercato europeo
principalmente un mercato di ricambio, la produzione Fiat,
concentrata principalmente in Italia e Polonia, dovrebbe
rimanere sui livelli attuali. Infatti, anche se è prevista una
contrazione della richiesta italiana, a seguito della fine
della vigenza degli incentivi, si prevede un recupero a
livello comunitario. Attualmente in Europa la Fiat possiede
una quota di mercato che si aggira intorno all'11-12 per cento
di produzione e l'obiettivo futuro è quello di mantenersi
intorno a questo livello. Non esiste quindi nessun piano di
modifica dell'assetto produttivo in Italia, come del resto
neanche in Polonia e Turchia, paesi destinati ad entrare
nell'Unione europea.
Dopo le domande dei componenti della delegazione
parlamentare, l'ingegner Roberto TESTORE ha preannunciato che
fino al 2007, ossia sino all'anno di scadenza del piano
decennale in preparazione, è previsto che l'industria
automobilistica mantenga il suo rilievo, anche se potrà
modificarsi in modo di produrre. Ovviamente, queste previsioni
si basano sull'ipotesi che non si verificheranno
stravolgimenti nei modelli di consumo.
In merito ai rapporti con i fornitori, è stato rilevato
che - anche se è sempre minore la percentuale di componenti
prodotti direttamente dal costruttore automobilistico rispetto
a quelli acquistati all'esterno - è evidente che i costruttori
non potranno abbandonare ai fornitori lo studio e la ricerca
sulla componentistica. Attualmente, per realizzare un'auto si
ricorre a circa 150 fornitori, con una percentuale di
materiali acquistati all'esterno che a volte si aggira intorno
al 75 per cento. Comunque, il rapporto con i fornitori
dovrebbe rimanere molto stretto, come dimostra il fatto che
spesso i fornitori si espandono insieme con la Fiat,
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magari trainati all'estero dalla attività della casa madre.
Si può anzi definire sistematica la presentazione sui nuovi
mercati dei fornitori della Fiat, nello sforzo di avviare una
delocalizzazione virtuosa e non certo a carattere speculativo.
E' stato poi segnalato il fenomeno per cui molte
multinazionali sono interessate all'acquisto delle società
fornitrici della Fiat: al di là di ogni valutazione, ciò fa
registrare dei risultati positivi in termini di occupazione e
di dimensioni, in quanto si diviene fornitori anche di altre
case automobilistiche.
In relazione all'impegno della Fiat verso i propri
rifornitori, è stato ribadito che la produzione nei paesi
extracomunitari non è destinata a sostituire la produzione
interna. La componentistica è comunque un settore in grande
cambiamento ed i fornitori si potranno avvantaggiare della
produzione all'estero della Fiat. Ovviamente questa evoluzione
non è possibile per tutti; tuttavia, sono ormai generalmente
necessarie dimensioni delle imprese (anche fornitrici)
adeguate per poter agire in tutto il mondo.
Per quanto riguarda i mille lavoratori assunti con
contratto a tempo determinato nel periodo di vigenza degli
incentivi, è stato ricordato che 80 di essi sono stati assunti
in pianta stabile, mentre per gli altri non si è ancora presa
una decisione. Va tuttavia ricordato che, nei giorni scorsi,
il dottor Cantarella, amministratore delegato della Fiat, ha
annunciato che tutti gli assunti con contratto di lavoro a
tempo determinato saranno confermati a titolo definitivo. In
ogni caso, nel valutare l'effetto degli incentivi alla
rottamazione di auto, bisogna ricordare che per ogni addetto
direttamente assunto dalle case automobilistiche ce ne sono
altri nove che vivono a vario titolo nel mercato dell'auto
(assicuratori, concessionari, eccetera). Oltre ai vantaggi
dell'indotto, comunque, è stato ricordato che al momento
dell'introduzione degli incentivi molti lavoratori erano in
cassa integrazione. Oggi tutte quelle ore di cassa
integrazione sono state riassorbite, per cui c'è già stato un
primo effetto positivo delle misure adottate.
Sulla riduzione per legge dell'orario di lavoro, sono
state manifestate perplessità in quanto occorrerebbe
consentire diverse forme di flessibilità, rimettendo la
questione alle fonti contrattuali.
Sulla disciplina della subfornitura, di prossima
approvazione da parte del Parlamento, è stato assicurato che
la Fiat rispetterà le leggi dello Stato.
La questione del livello dell'imposizione fiscale che
grava sull'auto va valutata sul fronte del mercato e su quello
produttivo. Sotto il primo profilo, l'imposizione italiana è
quasi a livello da record. A titolo di esempio mentre
all'estero il rapporto tra il mercato delle auto nuove e
quello delle auto usate è di 1 a 3, in Italia è di 1 a 1,7,
proprio per motivi fiscali. In ogni caso è comprensibile che
un bene come l'automobile sia stato oggetto, in momenti di
ristrettezze, di varie misure impositive, ma si spera per il
futuro in una riduzione degli oneri fiscali. Per quanto
riguarda il settore produttivo, invece, occorre rilevare che
il costo del lavoro per le imprese non è correlato con le
entrate dei dipendenti, per cui si potrebbe intervenire per
rimeditare la situazione.
La disciplina sulla sicurezza del lavoro, a sua volta, va
introdotta ed applicata con attenzione, in quanto se è
ovviamente indispensabile proteggere il lavoratore nel modo
migliore, è d'altro canto necessario contrastare i pericoli
reali senza introdurre regole non giustificate. La Fiat è
particolarmente interessata alla materia, data anche l'età
media elevata dei suoi operai.
In merito alla ricerca sul miglioramento delle prestazioni
ambientali delle autovetture, è stato sottolineato il ruolo
centrale della compatibilità dell'auto con le esigenze
collettive. Mentre i singoli costruttori possono fare poco o
nulla per risolvere i problemi del traffico, molto si sta
facendo sul versante della ecocompatibilità, con particolare
riferimento alle emissioni, ai consumi e alla sicurezza.
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Così la Fiat e anche gli altri produttori stanno investendo
moltissimo nella ricerca. C'è quindi la sensazione di poter
far molto per ridurre l'impatto ambientale delle auto, anche
se la fissazione di scadenze rigide per il raggiungimento di
parametri predeterminati può provocare notevoli difficoltà ai
costruttori. In generale, nel corso degli ultimi 15 anni,
l'inquinamento causato da un auto è stato ridotto dell'80 per
cento e diminuirà nei prossimi anni di un altro 80 per cento
rispetto al livello attuale. Anche sul fronte della sicurezza
si stanno facendo dei passi in avanti. Ad esempio, si pensa di
poter risolvere nei prossimi 10 anni il problema della guida
nella nebbia con l'utilizzazione di nuove tecnologie.
Sulle possibili alleanze della Fiat nel settore
automobilistico, è stato chiarito che le decisioni spettano ai
vertici del gruppo. In ogni caso Fiat auto può rimanere anche
da sola, considerando - come già detto - che lo sviluppo di
mercato interesserà principalmente le gamme basse, ossia il
punto di forza della Fiat. Del resto, nel 1997 la Fiat è stata
la quinta azienda automobilistica nel mondo.
Per quanto riguarda la competizione con le marche
asiatiche, corrisponde a verità la difficoltà nei confronti di
alcune case, che si possono avvantaggiare di barriere doganali
e svalutazioni competitive. Ad esempio, i coreani beneficiano
dei vantaggi di una svalutazione pari a circa il 60 per cento
della loro moneta; tuttavia questa situazione ha natura
temporanea perché, una volta esaurite le scorte, le spese per
l'acquisto di materie prime comporteranno un riallineamento
delle posizioni. E' stato infine ricordato che l'insediamento
di uno stabilimento della Toyota in Francia, generalmente
accolto in maniera positiva, contrasta in realtà con gli
accordi presi tra le case europee, volti a fronteggiare una
situazione di iperproduzione. In sostanza si era convenuto di
non insediare stabilimenti destinati a produzioni aggiuntive,
mentre le vetture della Toyota faranno diminuire le vendite
dei concorrenti europei.
Gli incontri presso la prefettura si sono svolti nel
pomeriggio del 4 giugno e nella mattinata del 6 giugno.
Il 4 giugno la delegazione della Commissione ha incontrato
alcuni piccoli e medi imprenditori. In particolare, sono stati
ascoltati i titolari della VIBEL, della VIBERTI, della
SICME-SIVA e della SAIAG.
La VIBEL è l'impresa artigiana di cui sono stati anche
visitati gli impianti. L'impresa occupa I 5 dipendenti e opera
nel settore della carpenteria leggera.
La VIBERTI produce rimorchi e semirimorchi ed è stata
oggetto, due armi e mezzo fa, di cessione alla famiglia
Acerbi, con l'intervento anche della GEPI (ora ITAINVEST).
Tuttora l'ITAINVEST possiede una partecipazione del 48 per
cento del capitale.
La SICME-SIVA è un gruppo formato da tre aziende e opera
nel settore dell'isolamento dei conduttori elettrici di rame.
Il gruppo opera da circa 40 anni in tutto il mondo in un
settore a tecnologia avanzata ed ha una fortissima propensione
all'esportazione. Il gruppo ha anche aperto in Cina un'azienda
di vernici con l'aiuto della SIMEST. Il gruppo impiega 350
addetti.
La SAIAG produce componenti per automobili. L'impresa ha
circa 2600 dipendenti in Italia e 1600 all'estero, con un
fatturato di circa 1230 miliardi di lire e una dipendenza
dagli ordinativi FIAT per circa il 18 per cento del
fatturato.
Nel corso di questi incontri è stato in particolare
esaminata la possibilità per l'imprenditoria torinese di
condurre un'attività autonoma rispetto agli ordinativi della
FIAT. E' emersa una diffusa preoccupazione rispetto
all'ipotesi di un disimpegno della FIAT dall'area torinese. E'
stato segnalato che troppe imprese si accontentano degli
ordinativi della FIAT, senza ricercare orizzonti diversi. Gli
imprenditori intervenuti non si sono poi mostrati
particolarmente interessati ad un'eventuale ingresso nel
capitale delle rispettive società di partner finanziari
provenienti dal mondo creditizio. La prospettiva di
un'espansione delle rispettive
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imprese è stata considerata auspicabile, ma è stata in genere
collocata in un'ottica di medio-lungo periodo.
E' stata infine espressa insoddisfazione sul ruolo della
GEPI e della SIMEST, che non assicurano agli imprenditori
condizioni di particolare favore che compensino il
rallentamento dei tempi decisionali.
Il 6 giugno la Commissione ha incontrato il prefetto, i
rappresentanti degli enti locali e delle forze imprenditoriali
e sindacali.
Il dottor Mario Moscatelli, prefetto di Torino, ha
sottolineato le difficoltà derivanti dalla forte evoluzione
del mondo produttivo, che richiede notevole elasticità di
adattamento. In ogni caso il 40 per cento delle imprese
presenti a Torino ha una presenza all'estero, oppure sta per
avviarla. La provincia è uscita fuori dalla crisi degli anni
'80, che ha provocato numerose ristrutturazioni e
delocalizzazioni. E' però difficile intravedere una
prospettiva di stabilità. Sul fronte delle infrastrutture gli
obiettivi sono la metropolitana, il polo universitario e il
passante ferroviario. Interessanti sono le prospettive del
turismo, che può essere rilanciato con iniziative quali
appuntamenti annuali o percorsi studiati. Il settore edilizio
può essere anch'esso oggetto di rilancio, con un ruolo
trainante per il sistema economico. Altri settori che possono
dare interessanti prospettive di sviluppo sono quelli delle
telecomunicazioni e dell'aerospazio. Più in generale, un
tentativo di superare l'isolamento della città potrebbe
derivare dal collegamento con l'economia francese. Per quanto
riguarda le prospettive derivanti dalla fusione tra Sanpaolo e
Imi, è stata messa in evidenza l'esigenza di un disegno
strategico complessivo che coinvolga le istituzioni bancarie,
il ceto borghese-imprenditoriale e le autorità pubbliche,
anche in considerazione del fatto che i fondi strutturali
comunitari, che hanno consentito di ammortizzare alcuni
problemi, sono destinati a ridursi.
Il professor Valentino Castellani, sindaco di Torino,
ha sottolineato che il principale punto interrogativo che
grava sull'economia di Torino rimane quello relativo alle
prospettive successive al periodo di incentivazione
dell'acquisto di auto. E' noto che la Fiat ritiene di poter
mantenere la produzione attuale, ma il settore è esposto a
vincoli e a parametri globali che possono rendere la
situazione difficilmente governabile da parte della stessa
azienda. Torino rimane comunque la città con il più alto
numero di addetti nell'industria, che si aggira intorno al 20
per cento. Tuttavia occorre variare la base produttiva: alcuni
nuovi settori sono stati individuati, quali le
telecomunicazioni, l'aerospazio, la telefonia cellulare di
terza generazione (è stato ricordato l'insediamento della
Motorola) e le attività produttive e artigianali compatibili
con la città. Esiste poi la risorsa della cultura e del
turismo da sviluppare. Infine, per superare la marginalità
nord occidentale, è stato fatto cenno alle infrastrutture,
quali il passante ferroviario, la metropolitana e
l'aeroporto.
Il professor Mario Rey, vicepresidente della giunta
provinciale, ha illustrato le differenziazioni territoriali
della provincia, composta da 315 comuni. Accanto alle zone di
crisi più note, esistono aree, come il Canavese occidentale,
in cui c e forte richiesta di addetti nel settore meccanico.
In generale la provincia è molto sensibile alle variazioni
dell'economia mondiale, per cui un quadro europeo più stabile
potrebbe dare maggiori certezze agli imprenditori. Ha infine
ricordato il patto territoriale concluso nel Canavese.
La signora Barbara Tibaldi, assessore provinciale al
lavoro, ha ribadito la scarsa omogeneità della provincia, in
cui convivono zone tradizionalmente industrializzate e altre
con bassissima concentrazione industriale. Un problema da
affrontare è comunque quello della formazione, resa però
difficile dalla presenza di un'alta percentuale di personale
scarsamente qualificato, tra cui molte donne.
L'avvocato Franco Maria Botta, assessore regionale per
i lavori pubblici, ha
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sottolineato i deficit infrastrutturali della regione
con particolare riferimento alla situazione ferroviaria e
aeroportuale. La regione ha assicurato anche disponibilità per
le modifiche del piano regolatore necessarie per consentire
gli insediamenti produttivi all'interno delle città.
Dopo le richieste di chiarimento dei componenti della
delegazione parlamentare, il professor Valentino Castellani,
sindaco di Torino, ha sottolineato che le polemiche seguite
alla designazione della sede dell'autorità per le
telecomunicazioni aveva natura prevalentemente simbolica. Il
problema è ora quello di dar luogo alla piattaforma digitale e
di collegare le attività di Rai e Telecom a Torino, con
effetti positivi sulla ricerca e sulle attività produttive.
Il dottor Francesco Devalle, presidente della locale
unione industriali, ha ricordato che la popolazione torinese
si è ridotta ed invecchiata e che l'attività terziaria si è
espansa in misura insufficiente a compensare la riduzione
dell'attività industriale, che rimane tuttavia la principale
vocazione della città. E' in corso una moderata ripresa anche
con riflessi occupazionali specie nei settori contrassegnati
da maggiore flessibilità, con lavori a part-time o a
tempo determinato.
Ha in particolare proposto di destinare un contratto
d'area alla città di Torino.
La dottoressa Ida Vana, presidente provinciale
dell'associazione piccole e medie industrie (API), ha
sottolineato che la competizione avviene ormai non più fra
prodotti, ma fra processi produttivi. Il momento di crisi
attuale deriva anche dal fatto che molti ordinativi sono
venuti meno. Esiste poi un problema di liquidità, causato
dalla caduta delle esportazioni verso l'Asia. Un problema
specifico è quello della crisi dell'industria grafica e
cartaria. Infine è stato ricordato il patto territoriale del
Canavese e la necessità di tutelare il settore informatico che
rimane una produzione di eccellenza almeno per quanto riguarda
il software.
Il dottor Pier Giorgio Scoffone, vicepresidente del
sindacato provinciale artigiani CASA, ha ricordato che le
imprese artigiane lavorano in prevalenza solo per il mercato
interno. Ciò implica che la produzione dipenda da alcune
variabili macroeconomiche interne, quali il fatto che i
consumi delle famiglie siano costanti, le grandi imprese non
delocalizzino le loro attività e si semplifichi il rapporto
con la pubblica amministrazione.
L'ingegner Enrico Salza, componente della giunta della
camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ha
convenuto sul fatto che l'Euro costringerà le imprese italiane
ad un salto di qualità. Ha quindi sottolineato che Sanpaolo ed
Imi hanno tradizioni complementari, per cui la fusione non
porterà ad una riduzione degli organici. Del resto le
concentrazioni nel settore creditizio sono necessarie, se si
vuole una struttura forte che accompagni le imprese. Il
patrimonio del nuovo Sanpaolo può essere stimato in circa 8-9
miliardi di lire. Positivamente va valutata anche l'operazione
Unicredito-Credito italiano, anche se parte dell'attività si
sposterà nell'area milanese. D'altra parte non esistevano
grandi alternative alla fusione. Il patrimonio della Cassa di
risparmio di Torino può essere stimato in circa 7 mila
miliardi. Un altro tema di rilievo è quello delle
privatizzazioni: per AEM sono giunte 17 offerte che superano
di media la valutazione dell' advisor. La cessione del 43
per cento del capitale ad un unico gestore può essere legata
ad un impegno per investimenti. Per quanto riguarda la
situazione degli aeroporti, non c'è dualismo con Malpensa. Il
mercato in realtà offre infatti uno spazio anche per
l'aeroporto di Torino. Occorrono tuttavia 400 miliardi di
investimenti in termini brevi che non possono certo essere
garantiti dagli enti locali, per cui occorre avviare una
privatizzazione almeno parziale con la nomina di un
advisor.
E' seguito l'incontro con le organizzazioni sindacali, che
hanno sottolineato che nella fase di trasformazione che sta
interessando la città di Torino occorre coniugare
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la salvaguardia dei fattori esistenti e la ricerca di nuovi
investimenti. In prospettiva, la Fiat non può rimanere l'unico
punto di riferimento, anche se Torino non può essere
immaginata come una città non industriale. Un altro tema di
interesse è quello delle aree dismesse: occorrerebbe un
intervento simile a quelli avviati a Bagnoli a Sesto San
Giovanni, con possibili buoni risultati anche in termini
occupazionali. E' stato poi messo in evidenza la necessità di
un rapporto diretto con il Governo, mediante l'istituzione di
un interlocutore privilegiato, come richiesto anche al
Presidente Prodi, se si vuol fare di Torino un punto chiave
per il nord ovest. Infine, per favorire il rilancio degli
investimenti è stata dichiarata la disponibilità per
interventi sul costo del lavoro, a condizione che si
assicurino però regole certe, abbandonando il susseguirsi di
deroghe e misure emergenziali.
E' stata poi illustrata la situazione del settore
metalmeccanico. Se è vero che esistono segni di ripresa
occupazionale, è altrettanto vero che tutte le grandi imprese
sono alla vigilia di trasformazioni. L'esperienza
dell'informatica ha già dimostrato che non è vero che la
frantumazione della grande industria provochi il diffondersi
di piccole imprese. Nel Canavese, ad esempio, sono rimaste
solo attività che richiedono bassa qualificazione.
Per quanto riguarda la Fiat, i cui operai hanno una età
media intorno ai 50 anni, dopo aver sottolineato l'importanza
della stabilizzazione del rapporto di lavoro dei giovani
assunti nel periodo delle incentivazioni, è stato sottolineato
che anche l'attività dei fornitori è destinata a recedere se
la produzione delle auto non rimane a Torino.
Nei prossimi 2 anni dovranno quindi essere affrontati
alcuni nodi fondamentali quali la qualificazione di alcuni
settori strategici (difesa, auto, informatica), la
conservazione della dimensione industriale della città e la
qualificazione della forza lavoro.
Infine, la delegazione parlamentare ha incontrato una
rappresentanza sindacale dei lavoratori dell'ILVA di Torino.
E' stato ricordata la mobilitazione generale indetta per
impedire la chiusura dell'impianto. Dopo l'acquisto dell'ILVA
da parte della famiglia Riva era stato pattuito l'impegno a
tenere aperto l'impianto per almeno tre anni. Il termine è
appena scaduto, ma la volontà di chiudere lo stabilimento
appare legata a motivazioni ulteriori. La produzione di Torino
è legata alla fornitura di materiale semilavorato per le
automobili. Evidentemente, con la fine del periodo
dell'incentivazione, la famiglia Riva ritiene che l'impianto
sia destinato a perdere valore. Infine è stato sottolineato
che la chiusura dell'impianto porterebbe ad una perdita
produttiva del nostro paese pari a circa 350 mila tonnellate
di acciaio. E' stato sollecitato un intervento più incisivo
del Governo nell'ambito della trattativa con la famiglia Riva,
in particolare facendo leva sull'interesse dimostrato dal
gruppo Riva verso i moli di Genova.
In merito alla situazione del gruppo Olivetti, e, più in
particolare, alla cessione al socio Mannesmann dei contratti
di lavoro di 1.300 persone, sottolinea che sussistono elementi
per ritenere che la società di personal computer sia stata
costituita appositamente allo scopo di trasferirvi i
sopracitati dipendenti con l'ulteriore intento di chiuderla
successivamente. Si tratta di una finalità, che, qualora fosse
provata, non potrebbe certamente ritenersi moralmente
ineccepibile; è necessario conoscere in proposito se il
Governo fosse o meno a conoscenza di questa situazione.
Ricorda inoltre che il gruppo Olivetti ha mutato le sue
caratteristiche, poiché, di fatto, si è trasformato in una
holding con una serie di partecipazioni.
Pertanto la visita a questo gruppo ha determinato
impressioni contraddittorie che dimostrano come ci si trovi di
fronte ad un'azienda che presenta una serie di problematiche
irrisolte.
In merito alla situazione della FIAT, sulla quale
trapelano ogni giorno notizie diverse, sottolinea che la
presenza del
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gruppo FIAT a Torino è destinata a diminuire
progressivamente, poiché l'azienda cerca di eliminare ogni
produzione che non abbia strettamente natura industriale.
A suo giudizio, quindi, il lento processo di minor
presenza del gruppo FIAT a Torino, come tale ineliminabile,
determinerà sicuramente effetti negativi sulla città, che può
definirsi "psicologicamente FIAT dipendente".
Gaetano RASI (gruppo alleanza nazionale), dopo aver
manifestato il suo apprezzamento per il modo in cui la
missione è stata condotta, sottolinea di aver maturato un'idea
meno pessimista di quella espressa dal Presidente. Più in
particolare rileva di non condividere l'opinione espressa
dall'industriale Valetto circa l'assenza di avvenire per le
piccole imprese; ritiene, al contrario, che le piccole e medie
imprese riusciranno a garantire la maggiore occupazione nel
futuro poiché sono maggiormente in grado di acquisire la
flessibilità richiesta dalle esigenze del mercato e dei
committenti, anche in relazione alle affermazioni relative
alla circostanza, che, nel momento attuale, la competizione
non avviene più tra i prodotti ma tra i processi
produttivi.
Ritiene inoltre che, sebbene si determinerà certamente un
processo di ridimensionamento della grande impresa in
Piemonte, per il settore della componentistica delle
automobili già si profila l'uscita dalla crisi.
Diversa, invece, è la situazione dell'hardware, settore
che agisce al riparo di una concessione governativa: si tratta
in fatti di servizi che non hanno nulla a che vedere con la
tipica produzione industriale.
Nerio NESI, presidente, considerata la necessità
dello svolgimento degli altri punti all'ordine del giorno
della Commissione rinvia il seguito della discussione sulle
comunicazioni del Presidente.
La seduta termina alle 16,40.
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