| (Esame per il parere, ai sensi dell'articolo 143, comma 4,
del Regolamento e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento.
Luigi OLIVIERI (gruppo democratici di
sinistra-l'Ulivo), relatore, osserva che l'istituto
della multiproprietà è attualmente privo di specifica
disciplina nel diritto italiano.
Nata dalla prassi, particolarmente da quella immobiliare
in zone turistiche, la multiproprietà, rapidamente diffusasi,
e peraltro tuttora giuridicamente connotata da talune
incertezze di natura principalmente sistematica, più volte
evidenziate dalla dottrina, che si è affannata per inquadrarla
variamente nel novero dei diritti reali, che è incentrato
tuttavia, come è ben noto, sul principio del numero chiuso
degli stessi.
In estrema sintesi, e nella forma più diffusa del
contratto de qua, nella multiproprietà a ciascun
soggetto comproprietario e attribuito il diritto di godere in
modo esclusivo di una frazione immobiliare. Tale frazione,
quindi viene alienata separatamente a più soggetti, ma solo
per periodi di tempo limitati e predeterminati, ed è
evidentemente fruibile a turno con gli altri
comproprietari.
Gli accennati sforzi della dottrina per ricondurre ad
unità l'istituto in esame devono, peraltro, essere posti a
raffronto con una prassi che si compendia in una varietà
negoziale assai articolata, che determina più di uno specifico
problema di qualificazione.
In particolare, la multiproprietà, nella prassi, si
articola principalmente nelle forme della multiproprietà
immobiliare (la più diffusa, che si sostanzia nell'acquisto da
parte del singolo di una quota di un'unità immobiliare in
comproprietà indivisa), della multiproprietà azionaria (ossia
nell'acquisto di azioni della società alla quale è intestato
l'immobile, nel qual
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caso, peraltro, non si acquista il bene, ma piuttosto la
qualità di socio - il godimento del bene è peraltro di solito
connesso al possesso di azioni privilegiate), e della
multiproprietà alberghiera (in cui al multiproprietario spetta
un diritto di godimento commisurato ad una quota determinata
solo nel genere ma non previamente individuata nell'ambito del
complesso immobiliare oggetto del contratto).
Appare quindi evidente che solo la prima delle descritte
forme di multiproprietà può essere adeguatamente inquadrata
nell'ambito dei diritti reali (di godimento) e, quindi, la
dottrina che ha affrontato l'argomento sotto tale profilo si è
concentrata in particolare sulla prima delle accennate forme
negoziali, che è stata ricostruita ora come comunione tra i
vari contitolari delle singole unità immobiliari ora come un
diritto reale atipico, costituito per contratto del pari
atipico.
In ogni caso la dottrina ha sempre rilevato la necessità
di uno specifico e complessivo intervento legislativo in
materia, al fine di fornire di adeguata disciplina un istituto
la cui utilizzazione diventa sempre più diffusa ed ha
acquistato un rilievo economico di primaria importanza.
Lo schema di decreto legislativo all'esame della
Commissione sembra venire incontro a tale esigenza solo
parzialmente, in coerenza peraltro con l'oggetto della
direttiva da cui trae origine nonché con i criteri e principi
direttivi della relativa delega per il recepimento della
stessa. Essa infatti, concernente esclusivamente i profili di
tutela dell'acquirente per taluni aspetti dei contratti
relativi all'acquisizione di un diritto parziale di godimento
a tempo parziale su beni immobili. Restano pertanto esclusi
dalla proposta disciplina in esame taluni aspetti sistematici
la cui definizione avrebbe presumibilmente consentito una più
chiara puntualizzazione dell'istituto e contribuito a
risolvere le accennate incertezze interpretative.
La direttiva 94/47/CE concerne taluni aspetti del
contratto di acquisizione di un diritto di godimento a tempo
parziale di beni immobili, quali gli la definizione degli
elementi costitutivi del contratto; gli obblighi di
informazione a carico del venditore e le modalità di
trasmissione di tale informazione; le procedure e le modalità
di risoluzione e recesso.
La direttiva ha previsto che gli Stati membri mantengono
le loro competenze per tutti gli altri aspetti.
Per quanto riguarda il contenuto della direttiva occorre
segnalare alcuni elementi qualificanti della disciplina
introdotta a livello comunitario.
Il venditore deve consegnare ad ogni persona che richieda
informazioni sul bene immobile un documento che contenga una
descrizione generale del bene e altre informazioni più
dettagliate fissate da un apposito allegato. Tutte le predette
informazioni devono inoltre far parte integrante del
contratto. Modifiche a tali informazioni devono essere
comunicate all'acquirente prima della conclusione del
contratto.
Il contratto deve essere obbligatoriamente stipulato per
iscritto e deve contenere gli elementi informativi indicati
nell'apposito allegato alla direttiva.
Sia il contratto che il documento di carattere informativo
devono essere redatti nella lingua dello Stato membro in cui
risiede l'acquirente, oppure a scelta di quest'ultimo nella
lingua dello Stato membro di cui è cittadino.
Il venditore deve fornire all'acquirente una traduzione
conforme del contratto nella lingua dello Stato membro in cui
è situato il bene immobile, purché si tratti di una delle
lingue ufficiali della Comunità.
L'acquirente ha il diritto di recedere dal contratto,
senza indicarne le ragioni, entro 10 giorni civili dalla firma
del contratto o del contratto preliminare vincolante. In tale
caso l'acquirente può esercitare il diritto di recesso senza
essere tenuto ad alcun rimborso.
Nel caso il contratto non contenga alcune delle
informazioni previste dall'allegato alla direttiva,
l'acquirente ha il diritto di recedere al contratto entro i
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successivi tre mesi. E' vietato il versamento di acconti
prima della fine del periodo di esercizio del diritto di
recesso.
Osserva che l'articolo 1 della legge 24 aprile 1998, n.
128 (legge comunitaria 1995-1997) ha conferito al Governo la
delega legislativa da esercitare entro il termine di un anno
dalla data di entrata in vigore della presente legge per una
serie di direttive comunitarie, tra cui la direttiva 94/47/CE.
Per tale direttiva (inserita nell'allegato B della legge
comunitaria 1995-1997) è prevista l'espressione del parere
delle Commissioni parlamentari competenti per materia sullo
schema di decreto legislativo entro il termine di quaranta
giorni, trascorso il quale i decreti possono essere emanati
anche in assenza di parere.
L'articolo 4 della legge comunitaria 1995-1997 ha fissato
inoltre i seguenti principi e criteri direttivi per
l'attuazione della delega, che corrispondono a princìpi
presenti nella direttiva da attuare, quali, le conseguenze
all'acquirente di un documento informativo; la redazione del
contratto iscritto; la possibilità per l'acquirente di
esercitare il diritto di recesso senza alcuna penalità; la
risoluzione di diritto, nell'ipotesi di recesso dell'eventuale
contratto di concessione di credito; l'inefficacia di clausole
contrattuali o di patti aggiunta di rinuncia dei diritti
dell'acquirente e di esonero di responsabilità del venditore;
i casi di nullità dei contratti e sanzioni per l'operatore
commerciale nelle ipotesi di violazioni delle norme del
decreto delegato; l'obbligo del venditore di fornire delle
garanzie patrimoniali a favore dell'acquirente; la previsione
di un foro territoriale inderogabile nelle ipotesi di
controversie derivanti dall'applicazione delle norme del
decreto delegato.
Oltre a quanto già evidenziato ravvisa la necessità di
rafforzare altri punti del decreto legislativo, quali, il
diritto di recesso ed il divieto di acconti all'articolo 5,
primo comma del decreto legislativo occorre meglio specificare
che l'acquirente deve rimborsare al venditore solo le spese
sostenute e documentate per la conclusione del contratto, di
cui è fatta menzione nello stesso e che corrispondono ad atti
da espletare tassativamente prima dello scadere del periodo di
recesso. Solo inserendo tale precisazione si assicura la
conformità al dettato della direttiva.
L'articolo 6 del testo che richiama il generale divieto di
acconti previsto a sua volta dall'articolo 6 dalla direttiva,
così come formulato potrebbe non impedire che al consumatore
venga chiesto un anticipo delle spese necessarie per la
conclusione del contratto, che sono quelle spese che il
consumatore sarebbe tenuto a rimborsare nel caso di recesso.
Osserva che l'articolo 5 della direttiva, richiamato
dall'articolo 41, primo comma, lettera c) della legge
delega, prevede espressamente che le spese che il consumatore
deve pagare nell'eventualità in cui eserciti il diritto di
recesso possano essere esclusivamente rimborsate e in nessun
caso anticipate.
Osserva, infine, che non pare adeguata l'entità della
sanzione prevista dall'articolo 12.
Vittorio TARDITI (gruppo forza Italia) annuncia la
propria intenzione di intervenire durante la discussione sul
provvedimento in esame, in considerazione della rilevanza
dell'argomento.
Anna Maria SERAFINI, Presidente, ricorda che la
Commissione ha l'obbligo di esprimere il parere sul decreto
legislativo in esame entro il 7 luglio, per cui la prossima
settimana la Commissione potrà proseguire l'esame.
Rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 16.
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