| VITTORIO SGARBI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi,
la rappresaglia non si manifesta con le parole, sia pure
parole che molti hanno giudicato offensive, per cui forse io
dovrei fare qui un autodafé ed implorare la pietà di
quei colleghi che, come Bonito, talvolta hanno visto che il
Parlamento me l'ha concessa. Forse dovrò arrivare a questa
soluzione estrema: chiedere la vostra indulgenza, e
chiedervela nel momento in cui il Parlamento non ha un
esponente rissoso e individualista all'estremo, che insulta le
persone comuni per delirio personale o per vanità, la quale
ben rappresenta la mia natura, ma un potere contro un potere.
L'altro ieri, mentre noi eravamo qui a discutere, con Sgarbi,
inopinatamente forse, all'ordine del giorno (quindi non il
parlamentare che interviene su un emendamento ma uno dei punti
dell'ordine del giorno), ebbene, Sgarbi era processato a
Brescia e condannato a tre mesi, per aver detto cose
evidentemente molto gravi, pur sapendo quel tribunale che qui
c'era l'aula (questo verrà oggi forse all'ordine del giorno),
attraverso il giudizio di parole che la Giunta aveva già
giudicato insindacabili. Il tribunale di Brescia è più
importante di questo Parlamento. Secondo non il PM - che a
quel punto era diventato anche possibilista - ma il presidente
del tribunale, io dovevo andare a Brescia. Non vorrei definire
quella una rappresaglia, di fronte ad un documento già
esperito e delibato dalla Giunta, che aveva concesso, per sua
grazia, l'insindacabilità; quella è l'espressione di un potere
che io sento violento. L'ho sentito purtroppo, cari colleghi,
quando ero non come adesso, con un favore popolare crescente
(che può essere più o meno giustificato) ma completamente
solo.
Vorrei dire che sono non offeso ma semplicemente
dispiaciuto per le osservazioni dell'onorevole Meloni, che
continua a chiamarmi intrattenitore: ebbene, sarò un buffone,
sarò un guitto, sarò un intrattenitore, ma ero l'unico che
parlava quando tutti tacevano. E quel potere che l'altro
giorno processava il Parlamento con l'ordine del giorno
ignorato, quel potere era quello che teneva in carcere il
generale Conforti (di questo si parla), carabiniere che io
conosco per aver consentito il recupero di migliaia di opere
d'arte rubate, uomo di specchiata onestà,
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incarcerato per le parole del pentito Felice Maniero ("faccia
d'angelo"), che allora era libero, mentre Conforti era in
carcere.
Onorevole Meloni, vada a chiedere alla moglie di Conforti
quale parola abbiano avuto, lei e i suoi figli, di conforto
per non ritenere il marito un criminale comune! Vada a
chiedere a tanti che stavano in carcere se
quell'intrattenitore televisivo non abbia svolto una funzione
se non altro cristiana, di sostegno non buffonesco ma
profondamente morale di quell'uomo che io ho visto in carcere
a Peschiera, arrestato per la parola falsa di un pentito! Era
un uomo di grande valore, e quindi io difendevo
un'istituzione, caro onorevole Ciani, sia pure con l'eccesso,
all'abuso della carcerazione preventiva. Si tratta di un tema
fondante di tanti dibattiti, tema centrale di cui si è
discusso qui come in televisione in pubblici dibattiti. Da
quell'atteggiamento violento di quel potere io tentavo di
difendere il generale Conforti, il quale ancora oggi ritiene
che la sua tanto precoce liberazione sia dovuta anche a
quell'intervento così irriguardoso, così maleducato, così
abusivo, onorevole Ciani, ma che era una violenza delle parole
contro la violenza ingiusta delle manette. Non sono persone
che non si possono difendere: si coprono l'un l'altro e
vengono coperti da un organo che tutela loro ben più di quanto
voi tuteliate non me ma voi stessi.
Prima - mi dispiace averlo detto, e voglio che rimanga
agli atti, onorevole Presidente - erano ancora in corso i
lavori della Commissione bilancio e non c'era quasi nessuno
quando io non dico affermavo la verità, che non pretendo dire,
ma portavo i riscontri di un giudice (Davigo) che aveva
archiviato la questione di un altro giudice, che il CSM aveva
considerato questione assolutamente pertinente. Tutelandosi
l'un l'altro stabilivano il diritto che chi arresta, chi fa un
atto di corruttela favorendo un mafioso, se è un magistrato
può farlo. Ebbene, il potere di due magistrati di arrestare un
uomo non è irrilevante, talvolta è un abuso.
Posso aver sbagliato: chiedo scusa a tutti i colleghi per
le mie intemperanze, ma il mio abuso verbale è stato in quel
momento l'unica risposta all'abuso materiale di quelle manette
che tenevano in carcere un uomo onesto, che tanto ha fatto per
i beni culturali della nazione (Applausi dei deputati del
gruppo di forza Italia). E contemporaneamente il
carabiniere, l'istituzione che io difendevo in lui, mi poneva
anche nella condizione di difendere il soprintendente Vozza,
il più grande soprintendente siciliano, arrestato anch'egli
perché forse aveva messo una firma per delle opere andate in
Giappone. Anche in quel caso attaccavo il magistrato, ma sono
certo come dell'onestà di mio padre che quel soprintendente
era onesto, che il carabiniere generale Conforti era onesto.
Combattevo nel nome di persone tanto oneste che sentivo di
spendere per loro la mia parola. E nel clima in cui molti di
loro non c'erano sentivo dire da quella parte politica verso i
corrotti quello che oggi viene rimproverato a me. Da ogni
parte, da tutti i vostri banchi, si sentiva dire: ladro,
corrotto, mafioso. La rete, attraverso Alfredo Galasso, disse
qualunque cosa qui ai forse possibili corrotti o mafiosi di
questa parte politica, che allora era il pentapartito.
Ebbene, sembrava legittimo. Questo non è legittimo per me!
Le parole di tanti uomini della rete e di tanti uomini della
sinistra non sono giuste. E' vero: io sono colpevole. Sono
soltanto un buffone, un intrattenitore, un uomo che nulla ha
fatto per la sensibilità di persone che ho visto piangere. Il
Pietro Battaglia sindaco, che ha fatto 13 mesi in carcere, è
stato incastrato da un pentito! Quel Simi de Burgis, quel
Davigo, a cui voi mi mandate davanti, si sono tenuti fuori da
qualunque processo, autogarantendosi.
E anche il riferimento - la prego di consentirmelo,
onorevole Meloni - alla professoressa non è un caso personale:
è un tema dell'università corrotta che manda in cattedra le
mogli, che scrivono "sta" con l'accento! Anche quello
rivendico, non il fatto personale! Mi hanno bocciato in tanti
concorsi: sono felice!
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Hanno bocciato me, sono in cattedra loro! C'è il dottor Aceto
in cattedra, vanno bene loro, però "sta" con l'accento non lo
tollererò mai, né per lei né per quell'altra donna che con
quello "stà" dichiara che è andata in cattedra soltanto per la
protezione mafiosa del mondo universitario! Quello io colpivo,
non la persona con la quale mi scuso, ed anche con lei
(Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e della
lega nord per l'indipendenza della Padania)! Quella era la
prova che senza conoscere la grammatica era in cattedra, come
altri magistrati sono arrivati a livelli molto importanti
senza conoscere grammatica e sintassi, come ben sappiamo! Io
quelle difendo: ho il difetto di difendere la grammatica e la
sintassi!
E anche il mio attacco a tal Bonito Oliva, protetto da
Craxi e da Del Turco, era un attacco alla biennale come
istituzione, che lottizzava i posti e li dava a uomini che
dicono: Andy Warhol è per il nostro secolo quello che è stato
Raffaello per il quattrocento... Raffaello è un pittore del
cinquecento! Ignoranti come le capre prendono posti così! Io
attaccavo l'ignoranza delle istituzioni (Applausi dei
deputati del gruppo di forza Italia )! Se Raffaello è un
pittore del quattrocento, Andy Warhol è un pittore
dell'ottocento, allora! Questo ho detto! Ho detto che Craxi ha
protetto Bonito Oliva! Attaccavo la biennale con il suo
sistema spartitorio e lottizzatore, che oggi in parte l'Ulivo
moderatamente applica alla televisione di Stato, alla
quadriennale, alla telefonia, all'ENEL (quello che si applica
normalmente). Chi comanda dà i posti!
Facevo allegorie, che avevano dei nomi, ma nomi che non
avrei fatto se non avessero ignorato la grammatica e la
sintassi! Altro articolo di Bonito Oliva: Achille Bonito Oliva
par lui meme, di Achille Bonito Oliva! Ridondante
dichiarazione della propria identità ed esistenza. Ogni volta
ho toccato errori: mi dispiace che lei ritenga fossero
questioni personali!
Ebbene, io sono un intrattenitore che attacca il prossimo
per suo puro divertimento! Lo chieda, allora, alla vedova di
Cagliari, lo chieda alla vedova di Caneschi, lo chieda alla
figlia di Gamberale, lo chieda alla figlia di Moroni, lo
chieda a quelle persone che hanno sentito in questo stronzo,
che sono io - lo dico a me stesso -, assassino e mafioso, che
sono io, qualche parola per coloro che erano ingiustamente
trattenuti in carcere da quel potere!
Allora, il voto di questa mattina mi ha amareggiato non
perché io tema i processi: posso andare - onorevole Bonito -
davanti a qualunque tribunale con la ferma certezza che non
cambierò una parola e che non sono mai pentito di nulla quando
avrò indicato quelle colpe e quelle collusioni che portano
Davigo - lo dico in aula - a coprire Simi de Burgis! Non so se
sia vero; so che è un dato inoppugnabile nelle carte, carte
che questa mattina io ho portato mentre voi non c'eravate. E
quel voto che avete dato contro di me non mi indigna, mi
mortifica, perché sono un intrattenitore senza dignità e senza
valore. Sono anche pagato, ho anche la cravatta. Non valgo
nulla. Ero purtroppo solo quando troppi di voi erano latitanti
perfino per Barbara Pollastrini, per Cervetti, per Greganti,
per Burlando! A difendere Burlando ingiustamente incarcerato
c'era un solo stronzo in questo Parlamento: ero io! Ero
intrattenitore, però...
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