| OLIVIERO DILIBERTO, Ministro di grazia e giustizia.
Signor Presidente, onorevole Savelli, devo dire innanzitutto
che, francamente, trovo un po' sorprendente la discussione che
si è aperta intorno a questo problema (e non, ovviamente, la
garbatissima interrogazione dell'onorevole Savelli). Infatti
la legge sul giudice unico è già legge dello Stato: fu
approvata l'8 luglio 1997 con una larghissima maggioranza,
trasversale rispetto alla maggioranza di Governo (274 voti
favorevoli ed 89 voti contrari). Devo aggiungere che tra i
favorevoli vi fu il gruppo di forza Italia, che anzi si
adoperò (secondo me encomiabilmente) affinché la legge venisse
rapidamente approvata. Tanto che in sede di dichiarazione di
voto finale il rappresentante di quella parte politica
dichiarò - cito testualmente dal resoconto stenografico - che
il gruppo di forza Italia era stato "trainante" nella
discussione e nell'approvazione del provvedimento, un
"provvedimento di civiltà giuridica". E' sorprendente -
consentitemi di dirlo - che oggi forza Italia proponga
addirittura il referendum abrogativo di una norma votata dai
suoi gruppi parlamentari.
E' altrettanto sorprendente, inoltre, che operatori della
giustizia chiedano non l'abrogazione, in questo caso, ma la
non applicazione di una legge dello Stato. Avrò una concezione
un po' antica dei ruoli costituzionali, ma ritengo che le
leggi dello Stato debbano essere rispettate ed applicate.
Non voglio fare polemica con nessuno, né con forze
politiche né con la magistratura. Lavoriamo tutti insieme - in
Parlamento, innanzitutto - nello stesso spirito con cui
approvammo la legge sul giudice unico, dunque in un rapporto
di collaborazione tra la maggioranza e l'opposizione, per
varare gli indispensabili provvedimenti normativi. Tutti
riconoscono che questo adempimento è necessario; io per primo
in tempi non sospetti (l'11 novembre) ho dichiarato
ufficialmente davanti al Senato (ma in seguito ho avuto modo
di ribardirlo davanti alla Commissione giustizia della Camera
dei deputati) che quei provvedimenti sono indispensabili.
Bisogna fare delle leggi. Il Ministero, per quanto potrà,
metterà in campo tutti i provvedimenti organizzativi e
ordinamentali, a cominciare dall'edilizia, cioè dalle cose
pratiche che si possono e si debbono fare. E gli uffici
giudiziari - ed i loro dirigenti - facciano la loro parte.
Ho ereditato questo provvedimento - e tutti i
provvedimenti correlati - dal precedente Governo, dal
precedente ministro e dalla precedente maggioranza che lo ha
varato.
Ritengo sia mio dovere - non mio diritto - in qualità di
ministro di grazia e giustizia fare ogni sforzo perché il 2
giugno non vi sia una ulteriore proroga.
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